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Autore: LoveStoriesInMyHead    20/06/2015    8 recensioni
Due storie. Due coppie. Estremamente diverse ma legate dall'amicizia:
Erika era sempre stata una ragazza esuberante, spensierata e amichevole. La sua vita non poteva andare meglio: era contentissima di varcare la soglia della London High School, ma non sapeva che la sua felicità si sarebbe presto trasformata in qualcos'altro.
Conobbe Jason, un ragazzo a dir poco spaventoso e inquietante. Odiato da tutti e tenuto alla larga per il suo passato altrettanto oscuro.
Erika sarà l'unica in grado di avvicinarlo, capirlo, amarlo. Tenterà in tutti i modi di scoprire cosa si cela dietro quel misterioso ragazzo.
***
Samantha è la migliore amica di Erika. Hanno sempre condiviso tutto ed adesso si ritrovano a frequentare anche lo stesso liceo. Sam, come le piace farsi chiamare, è uno spirito libero e non ama molto stare alle regole. I suoi rapporti amorosi ne sono la prova. È innamorata perdutamente di Luke, un ragazzo che già frequenta l'università e che possiede una moto di tutto rispetto. Appartengono a due mondi separati, ma, proprio per questo, si completano. Intrighi, litigate, alcol e tante altre cose entreranno a fare parte della vita di Sam. Che esito avrà tutto ciò?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Scesi le scale freneticamente, continuavo a guardarmi indietro, non volevo assolutamente che mi seguisse. Anche se un po' ci speravo, se l'avesse fatto, avrei compreso che almeno ci teneva a me, poco, ma ci teneva.
Con le mani tremanti cercai di aprire il portone e, dopo vari tentativi, riuscii a farlo. Lo spalancai ed uscii fuori. Non appena lo feci, un leggero vento mi scompigliò i capelli, asciugandomi le lacrime che mi cadevano sulle guance. Tirai su con il naso e mi richiusi la porta alle spalle. Stranamente faceva freddo, così indossai la giacca, misi sulla testa il cappuccio e tirai giù le maniche per ripararmi le mani dal vento. Camminai lentamente, alzai il capo e osservai le luci della città. Di colpo mi ricordai delle cuffie che stavano nella tasca destra della giacca. Sorrisi leggermente ringraziando me stessa per non averle lasciate nello zaino.
In quel momento avevo bisogno di rifugiarmi fra le braccia della mia amata musica. Presi il cellulare ed andai nelle mie playlist. Ne avevo una per ogni stato d'animo o occasione. C'era la playlist per quando vado in autobus, quella per quando faccio un bagno caldo, quella con le canzoni più gettonate e allegre e quella per i momenti no, creata apposta per confortarmi e cullarmi con quelle note tristi e delicate. Selezionai quest'ultima e impostazioni la modalità shuffle.
Le prime note di Afire love di Ed Sheeran si fecero sentire attraverso le cuffie, per andarsi ad intrufolare in tutte le più piccole crepe del mio cuore. Continuando a camminare senza meta, le canzoni scorrevano e con esse anche le immagini delle ultime settimane passate. Un nodo mi si formò alla gola e sentivo gli occhi inumidirsi di nuovo. Cercai di non piangere, ma fu più forte di me. Portai una mano a livello dell'occhio e asciugai l'ennesima lacrima che mi rigava il viso.
Fu la volta di Born to die di Lana de Rey. Quella canzone, così cupa e triste, ma allo stesso tempo coinvolgente e profonda mi travolse completamente, inondandomi di emozioni contrastanti. Avrei voluto tornare indietro, parlare con Jason, chiarire, ma avrei anche preferito camminare, allontanarmi, fino a quando le gambe non avrebbero ceduto, stanche di portarmi via.
Arrivai in un piccolo parco e mi sedetti in una vecchia panchina arrugginita. Portai le gambe al petto e infilai il viso tra le ginocchia, chiusi gli occhi e per un momento cercai di non pensare a niente.
Jason's pov
Mi sedetti sul divano, gomiti sulle ginocchia e testa tra le mani. Le parole di Erika continuavano a tormentarmi.
'Continui a vivere con i tuoi scheletri e non riesci a lasciarteli alle spalle. Vivrai nel passato fino a quando non ne sarai completamente sommerso.'
Lo credeva veramente? La gente pensava questo di me guardandomi? Non era assolutamente quella l'impressione che avrei voluto dare.
Sospirai e presi il mio portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans. Lo aprii e tirai fuori la foto di Erika che avevo preso quella volta a casa sua. La rividi sorridere, quel sorriso che quella sera avevo visto spegnersi, quel sorriso che ogni volta cerco di far nascere in lei, quel sorriso che riusciva a calmarmi, ma allo stesso tempo mi rendeva irrequieto ed agitato. Riposi la foto e mi alzai. Andai alla porta, presi le chiavi ed uscii di casa. Avevo commesso un errore e non volevo assolutamente perdere una persona così speciale per una sciocchezza.
Erika's pov
Rimasi seduta in quella panchina mentre le canzoni continuavano ad accarezzarmi con mano buona e gentile.
Alzai il capo ed afferrai il cellulare. Lo accesi e guardai l'orario. Mancavano dieci minuti alle ventidue. Si stava facendo tardi e non era molto sicuro per una ragazza stare in giro a quell'ora. Pensai per un attimo ad una possibile chiamata a Jason, arrivai persino a comporre il numero, ma lo cancellai immediatamente scrollando la testa e riposandolo nella tasca. Spensi la musica e tolsi le cuffie.
Mi guardai intorno, non c'erano molte persone per le strade, ogni tanto si intravedeva qualche solitario con il proprio cane, ma niente di più.
Effettivamente ero finita nella zona periferica della città.
Piegai le braccia e posai il mento sugli avambracci, mentre osservavo l'oscillare dell'altalena mossa dal vento.
Fino a quando una figura si posò tra me e la giostra. Rizzai la schiena ed alzai il capo lentamente: un ragazzo molto alto con addosso un lungo cappotto ed una sciarpa a coprirgli mezzo viso. Cercai di fissarlo negli occhi, ma c'era talmente buio che non riuscivo nemmeno a distinguere la sua figura con il paesaggio. Solo un piccolo lampione in fondo alla strada illuminava leggermente l’ambiente.
"Erika che ci fai qui da sola?" si liberò nell'aria una voce profonda.
Trasalii non appena il mio nome, pronunciato da quello sconosciuto, arrivò alle mie orecchie.
"L-lei chi è? Come mi conosce?" balbettai poggiando i piedi a terra.
"Oh forse non mi hai riconosciuto conciato così" rise il ragazzo sfilandosi la sciarpa.
Gli si scompigliarono i capelli e potei notare un tatuaggio sul lato destro del collo. Raggomitolò la sciarpa in una mano mentre con l'altra si aggiustava i capelli scuri. Poi infilò una mano sulla tasca e tirò fuori un paio di occhiali. Se li poggiò sul naso e si abbassò al mio livello, fissandomi negli occhi attraverso le lenti. Riconobbi quegli occhi di cristallo e quel sorriso ipnotico.
"P-professore" sussurrai sorpresa e in imbarazzo.
"Sono proprio io" esclamò aprendo le braccia, "ma chiamami Adam, non siamo a scuola" disse facendomi l'occhiolino.
Si sedette accanto a me e mi osservò attentamente, poi, dopo un lungo silenzio, parlò:
"Cosa ti è successo?"
"Niente di grave" minimizzai abbassando il capo.
"Hai gli occhi rossi e sei da sola in questo parchetto. Preferisci parlare qui o davanti ad una cioccolata calda?" mi chiese poggiandomi una mano sulla spalla.
Sentendo quell'ultima frase sollevai il capo e lo guardai con occhi brillanti. Mi ero infreddolita a stare in quella panchina ed avevo proprio voglia di qualcosa di gustoso e caldo.
"Vorrei una cioccolata calda" dissi tirando su col naso.
Sul suo volto nacque un leggero sorriso soddisfatto e mi invitò a mettermi in piedi porgendomi una mano.
"Vieni allora, ti porto nel miglio bar di Londra!"
Ce la stava mettendo tutta per tirarmi su di morale e devo dire che ci stava riuscendo… e anche bene.
Mi porse la sua mano ed io l'accettai. Era fredda, ma stranamente mi diffondeva un calore che arrivò dritto al cuore. Di colpo avvampai e quel piccolo calore si trasformò in un incendio nella mia anima.
La situazione in cui mi trovavo stava diventando seriamente strana ed imbarazzante. Stavo andando in un bar mano nella mano con il mio professore di biologia. Era moralmente sbagliato fantasticare su una storia d'amore tra noi due, ma come aveva detto lui poco prima, adesso ci trovavamo al di fuori della scuola. Io ero semplicemente io e lui era semplicemente Adam.
Mentre camminavamo potei accorgermi di parecchi particolari che in classe mi erano sfuggiti: gli orecchini neri su entrambe le orecchie, i capelli privi di piega ed arruffati, i vestiti decisamente più giovanili ed appunto, il tatuaggio che spiccava sul suo collo. Era completamente un'altra persona, se non fosse stato per gli occhiali non l'avrei di certo riconosciuto. Devo ammettere che era decisamente più attraente in questa sua versione più casual e disinvolta.
Arrivammo alla Chocolate's house, un locale abbastanza vicino il parco. Entrammo ed un'ondata di profumo invase le mie narici. Cioccolato fondente e arancia, menta e cioccolato bianco, mille combinazioni di profumi e sapori regnavano in quel bar. Ero meravigliata da tutta quella bellezza.
"Che cosa prendi?" mi chiese rivolgendomi uno sguardo carico di dolcezza.
"U-una cioccolata al fondente e arancia" dissi rigirandomi i pollici.
Adam si avvicinò al bancone e si rivolse al barista con un sorriso.
"Prendiamo due cioccolate" disse poggiando una banconota sul bancone.
Il negoziante picchiettò sulla tastiera della cassa e fece uscire lo scontrino che porse al ragazzo. Poi girò attorno al bancone e andò dietro la lunga vetrina di dolci e bevande.
"Che gusti prendete?"
"Cioccolato fondente e arancia e cioccolato al latte con granella di nocciole" rispose per entrambi.
L'uomo annuì e ci preparò le rispettive bevande. La mia la versò in un lungo e stretto bicchiere di un marrone molto scuro e lo decorò con una fetta di arancia sul bordo del bicchiere, mentre quella di Adam la versò in un bicchiere beige con la granella su tutto il bordo. Ci porse dei cucchiaini e dei fazzolettini, dopodiché ci accomodammo in uno dei tavolini rotondi che ci stavano attorno.
Poggiai entrambe le mani sul bicchiere mentre con la bocca soffiavo leggermente per raffreddare la bevanda. Il fumo mi solleticava il naso, il che mi portava a storcerlo ogni tanto.
Lui rise ed io drizzai il capo per guardarlo. Non mi ero accorta che aveva rimosso gli occhiali e che adesso i suoi occhi nudi si posavano su di me. Vederli senza coperture mi faceva un altro effetto, più intenso ed indefinito.
"Ho qualcosa sul viso?" chiesi in imbarazzo.
"No, niente del genere. Sei solo molto bella, non l'avevo mai notato prima" mi rispose schietto poggiando i gomiti sul tavolino e posando il mento sul palmo della sua mano destra.
Arrossii all'istante a quelle semplici parole. Il cuore cominciò a martellarmi in petto, le gambe iniziarono a tremare sotto il tavolino, la mani sudavano, quasi mi scivolava la bevanda. La avvicinai al viso e provai ad assaggiarne un sorso. Schiusi la bocca e lasciai scivolare la cioccolata che, non appena toccò il mio palato, mi regalò una delle sensazioni più belle che avessi mai provato. Era davvero buonissima.
"Vedo che ti piace" affermò bevendo la sua cioccolata, "ne sono felice" sorrise.
"Grazie mille professore. Ci voleva proprio" lo ringraziai, "oh, mi scusi… Adam" mi corressi portando una mano alla bocca.
Lui rise della mia goffaggine e mi porse un fazzolettino, lo guardai con aria interrogativa poi si toccò le labbra mimandomi che mi ero macchiata. Le mie guance tornarono ad essere rosse e velocemente tolsi via il cioccolato.
"Puoi darmi del tu" sorrise.
Sorrisi di rimando e riprovai:
"Grazie Adam, sei stato molto d'aiuto" sospirai poggiando una mano sul tavolino mentre con l'altra riprendevo a bere la mia bevanda.
"Di niente. Adesso ti andrebbe di raccontarmi quello che ti è successo?"
Il suo sguardo si fece serio e la sua espressione assunse una nota preoccupata corrugando le sopracciglia. Presto anche il mio umore cambiò.
"Ho avuto un'incomprensione con una persona" mi sforzai di rimanere vaga.
"C'entra quell'Evans, vero?" mi chiese puntando i suoi occhi su di me.
Evitai il suo sguardo, mi sentivo come se stesse cercando di scrutarmi nell'anima ed io non potevo assolutamente permetterlo.
"Non riguarda Jason" risposi poggiando il bicchiere sul tavolino.
Lo guardai, la sua mascella si era irrigidita, i suoi occhi persero il loro bagliore cristallino, lasciando spazio ad una colorazione tendente al grigio. Emanava un'aura oscura e il silenzio calò su di noi.
"È meglio andare, si è fatto tardi" disse finendo la sua cioccolata.
Era diventato freddo e distaccato, sicuramente l'argomento-Jason lo disturbava non poco.
Bevvi la restante cioccolata tutta d'un sorso, ustionandomi la lingua.
Ci alzammo ed uscimmo dal locale. Non spiccicava parola, camminava davanti a me, il suo respiro era pesante ed irregolare. Credo fosse davvero arrabbiato, ma non capivo il perché di così tanto interessamento.
Ripassammo per il parco, poi mi chiese indicazioni su dove abitassi. Non esitai a rispondere e gli spiegai dove si trovava il palazzo. Il suo atteggiamento non era cambiato.
Finalmente rividi il profilo del mio edificio, ci avvicinammo e quando fui a pochi passi dal portone, mi accorsi di un ragazzo seduto sullo scalino dell'entrata. Era Jason, con la testa tra le mani. Lo chiamai e lui scattò in piedi, era agitato e sorpreso allo stesso tempo.
"Erika dove sei stata?" mi chiese venendomi in contro, "ti ho cercata dappertutto."
"Jason parliamone a casa, ti prego" risposi indicando Adam, che era rimasto ad osservare la scena.
"C-cosa ci fa lui qui?" si agitò, "che le hai detto?" si rivolse sgarbato al nostro professore.
"Erika era da sola per strada, le sarebbe successo qualcosa se non l'avessi aiutata" ribatté Adam avvicinandosi.
"Tu! Cosa?"
Erano entrambi furiosi, stavo cominciando a spaventarmi.
"Jason, Adam per favore, basta!" li supplicai mettendomi in mezzo.
"Oh adesso lo chiami anche per nome?!" insistette Jason.
"Evans!" iniziò con tono di sfida, "sta pur certo che non lascerò che Erika cada tra le tue grinfie. La proteggerò, dovesse costarmi il mio posto alla London High School!" terminò avvolgendo un braccio sulle mie spalle.
La mia schiena aderiva al suo addome, non riuscivo a vedere la sua espressione, ma ero sicurissima che avesse un fuoco nei suoi occhi, fuoco che vidi riflesso perfettamente in quelli di Jason.

Mi trovavo in una brutta situazione, una pessima situazione. 
   
 
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