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Autore: beatlesklaine    21/06/2015    4 recensioni
Kurt, giovane benestante, neo diplomato al liceo McKinley e nuovo studente della NYADA, pronto ad inseguire i suoi sogni; Blaine, giovane di umili condizioni, che suona la chitarra per strada e vive nel Covo, un posto con altri ragazzi newyorkesi talentuosi ma senza futuro per mancanza di soldi e possibilità. Cosa unirà questi due sconosciuti tanto diversi?
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Tina Cohen-Chang, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Candles


Capitolo 1

"The power lines went out, and I'm here all alone"

Kurt's pov

Era una giornata autunnale piuttosto ventosa; Le foglie, di varie tonalità di giallo, arancione, rosso, marrone, venivano strappate via dai rami e sembravano danzare mentre fluttuavano, trasportate dal vento chissà dove.
Coppie, ragazzi che andavano a scuola, vecchiette che spettegolavano: c'era molta gente che passeggiava tranquillamente per Central Park quella mattina.
Nessuno però sembrava far caso ad un ragazzo seduto su una panchina, con indosso un bellissimo cappotto nero, jeans dello stesso colore e una sciarpa di un azzurro acceso. Era intento a leggere un libro, una raccolta delle opere del famoso autore inglese Percy Bisshe Shelley. Ogni tanto il ragazzo alzava i suoi occhi di un azzurro che si intonava perfettamente con la sua sciarpa per guardarsi attorno, e rendersi conto che la poesia che stava leggendo, ovvero Ode to the West Wind, sembrava scritta apposta per quella giornata.
Kurt Hummel era un ragazzo che si era trasferito da non molto a New York City dopo essersi diplomato al liceo William McKinley di Lima, Ohio. Era una città piccola ed insignificante se paragonata alla Grande Mela dove si trovava adesso. Seppur piccola ed insignificante, era stata importante per lui. Era lì che si era sentito a casa; era lì che i suoi amici lo avevano accettato per essere gay e lo avevano protetto contro i bulli che non lo accettavano; era lì che si era avvicinato al mondo della musica, e aveva vinto un trofeo nazionale con il Glee Club che avevano formato.
Ma ormai era cresciuto, e si era trasferito lì per riuscire a fare carriera iscrivendosi alla NYADA, New York Academy of Dramatic Arts. Kurt comunque, quando aveva tempo, amava leggere. La scrittura era un'altra delle sue passioni, ed era da molti anni che cercava di scrivere una storia avvincente, immaginandosi al vertice con un best-seller internazionale e un album al primo posto nella hit della Billboard.
Erano grandi sogni certo, ma egli aveva imparato proprio dal vecchio Glee Club a sognare in grande, da quando nelle primissime lezioni avevano cantato Don't Stop Believing. Da quel momento si era reso conto che tutto poteva essere possibile, bisognava soltanto crederci davvero tanto e non arrendersi facilmente. Era una persona ambiziosa, e questo lo avrebbe aiutato molto nel genere di carriera che intendeva intraprendere.
Kurt si riscosse dai propri pensieri quando sentì il cellulare vibrare in una delle tasche del suo cappotto. Lo stava chiamando suo padre Burt. Tanto tempo prima era solo un semplice meccanico, ma poi aveva vinto le elezioni ed era diventato rappresentante dello stato dell'Ohio, perciò era sempre molto impegnato, ma almeno adesso erano una famiglia benestante, e questo aveva permesso a Kurt di seguire i propri sogni. Il ragazzo andava fiero di suo padre, non per la sua carriera, ma per come lo aveva cresciuto, senza l'aiuto della madre di Kurt, che era morta quando lui aveva solo otto anni. Premette il tasto verde e rispose.
"Hey, ciao papà!"
"Ciao figliolo, come stai?" lo salutò la calda voce di Burt. "Ti diverti lì a New York? La scuola com'è?"
" Sì papà è tutto fantastico, sul serio! Inizierò domani alla NYADA, perciò oggi mi sto dedicando a passare una giornata a rilassarmi e magari facendo un po' di shopping" mentre parlava notò però l'ora.
 "Oh cielo papà scusa, potremo sentirci stasera? Devo assolutamente andare, oggi comincio a lavorare in un locale come cameriere, voglio mantenere la mia retta scolastica da solo"
"Oh davvero? Perfetto allora, è un bene se vuoi essere del tutto indipendente. Ricordati che sono sempre molto fiero di te. Ti voglio bene, Kurt".
"Certo, ti voglio tanto bene anche io, lo sai. A stasera!"
Gli dispiaceva aver avuto così poco tempo per parlare con il padre, ma aveva davvero perso la cognizione del tempo. Chiuse il libro che aveva ancora appoggiato sulle gambe accavallate, si caricò la borsa di pelle che portava sempre con sè mentre cercava di infilarsi gli occhiali da sole, e si avviò con passo rapido al locale, non lontano dal parco. Mentre passava udì qualcuno che strimpellava la chitarra, ma non ci fece molto caso, l'unica cosa che gli importava al momento era di non arrivare in ritardo al suo primo giorno di lavoro.

Blaine's pov

Nel frattempo che Kurt Hummel si avviava verso il locale dove avrebbe lavorato, ignorando la sua esistenza, un altro ragazzo, seduto lì a Central Park, strimpellava distrattamente la sua chitarra. Riccioli ribelli cercati di tenere a bada con il gel gli ricadevano sulla fronte, immerso nei suoi pensieri.
Teneva il tempo battendo un piede a ritmo, e vicino ad esso vi era un vecchio cappello con alcune monete e banconote che alcuni passanti gentilmente gli avevano offerto.
Blaine Anderson era un umile ragazzo, proveniente dai bassifondi della città, che si sentiva a suo agio solo con la musica. Sognava spesso ad occhi aperti di sfondare mentre suonava e cantava, ma poi tornava alla realtà, e rendendosi conto delle sue modeste condizioni, lo trovava impossibile, malgrado sapesse di avere abbastanza talento.
"Io so che un giorno tu ce la farai, e nessuno poi riuscirà a fermarti" ricordava sempre le parole che tanti anni prima, quando era ancora un bambino, sua nonna gli ripeteva di continuo. Lei era stata la sua fonte d'ispirazione, e la persona che lo aveva cresciuto e amato con tutto il suo cuore. Purtroppo i suoi genitori erano morti quando era davvero troppo giovane per ricordare; La loro mancanza lo aveva spinto ancora di più a farsi coraggio. Ma quando pochi mesi prima anche sua nonna era venuta a mancare, aveva dovuto abbandonare i suoi sogni ed affrontare la realtà, vivendo al giorno e cercando di cavarsela da solo. Non aveva abbastanza soldi per permettersi una casa, perciò viveva in una specie di catapecchia nascosta con altri ragazzi che non sapevano dove andare, esclusi dal mondo come lui. Doveva ammettere che si trovava bene con loro, perché erano delle brave persone, e insieme avevano iniziato a girare per la città suonando, per cercare di mettere un po' di soldi insieme e comprare le cose di cui avevano bisogno, in particolare cibo e vestiti. Non potevano permettersi molto, ma l'importante era che si sostenevano a vicenda.
Blaine osservò l'orario dall'orologio di un passante. Il ragazzo che lo portava si stava recando veocemente verso l'ingresso di un locale proprio alla fine del parco, sistemandosi la pesante borsa di pelle che ogni tanto gli cadeva dalla spalla a causa del suo passo frettoloso e rigido. Sembrava il tipo di newyorkese che si vedono per le strade nei film, vestito con stile e camminando con grazia, gli mancava solo un bicchiere dello Starbucks. Anche se portava gli occhiali da sole, scorse il suo viso solo per pochi secondi, pensò subito che doveva essere un bel ragazzo.
Non aveva mai riflettutto molto se gli piacessero le ragazze o i ragazzi, ma sapeva che anche questi ultimi, quando ne scorgeva alcuni passare, non lo lasciavano indifferente.
Dopo aver notato che erano le undici in punto dal costoso orologio del ragazzo, si rese conto che il suo turno era appena finito. Smise di suonare e ripose la sua chitarra nella custodia, e se la caricò in spalla. Poi si alzò e si diresse verso una ragazza poco lontano da lui. Era di origini orientali, e teneva i suoi lunghi capelli neri divisi in due code che le ricadevano sulle spalle. Teneva tra le mani una custodia molto più piccola di quella di Blaine, giusta per contenere un violino.
"Mi dai il cambio tu oggi, Tina?" le chiese.
"Certo, vai pure al Covo a riposarti Blaine" gli rispose Tina sorridendo. Il Covo era la 'casa' che avevano formato i ragazzi precedentemente nominati.
Blaine annuì ricambiando il sorriso e si incamminò attraverso il parco, diretto al Covo.
Non era lontano da Central Park fortunatamente. Era stato costruito sotto delle scale anticendio, dove vi era un passaggio che portava sotto la grande metropoli. Molti anni prima ci doveva essere una specie di magazzino in quel posto, e i ragazzi avevano cercato di abbellirlo in tutti i modi. Dopo aver bussato sulla vecchia porta ricoperta di foglie secche che nascondeva il posto, e aver detto la parola segreta che avevano scelto "Warbler", 'usignolo', entrò nel Covo.
Il posto era abbastanza buio, illuminato solo da poche candele, perché non avevano corrente elettrica ovviamente, ma si notavano i divani e le poltrone mezze rotte che avevano rimediato dai cassonetti; un vecchio tavolo sbilenco a cui avevano tagliato metà delle gambe per far in modo di non aver bisogno di sedie, ma solo di alcuni cuscini ammuffiti su cui sedersi per consumare i pasti; superata la stanza, c'era il dormitorio, che consisteva in amache ricavate da teli sospesi con chiodi arrugginiti.
Se un medico sanitario fosse mai entrato lì gli sarebbe venuto un colpo sicuramente, ma i ragazzi si erano impegnati per renderlo un posto almeno un po' abitabile, pulendolo il più possibile. Per il bagno si accontentavano di bagni pubblici con le docce, era impossibile trovare altro modo.
Blaine salutò i pochi ragazzi che si trovavano lì, quasi tutti impegnati a suonare in vari posti della città.
Nel dormitorio c'era un piccolo specchio, rimediato anch'esso dai cassonetti della spazzatura, dove il ragazzo osservò il suo riflesso. Si mise una mano tra i capelli per domare i suoi ricci, si sfilò la camicia che indossava e la appoggiò in una tinozza, dove dopo essersi riposato la avrebbe lavata. A Blaine contava però il suo aspetto, non voleva passare per un barbone, perciò cercava di mantenersi sempre abbastanza pulito. Si sistemò la canotta bianca che indossava sotto e si specchiò ancora una volta. I suoi occhi tristi e rassegnati ricambiarono lo sguardo. Scosse la testa e si sdraiò sulla propria amaca, e dopo poco si addormentò con le lacrime agli occhi.

Salve a tutti!

Era da molti anni che non scrivevo una fanfiction, e mi era venuta voglia di scriverne una ff klaine. Come avrete notato ho lasciato la maggior parte della verità delle esperienze di Kurt, mentre per Blaine ho optato per delle idee del tutto differenti dalla vita del personaggio, in modo da fare che siano due perfetti estranei all'inizio. Spero che vi piaccia questo primo capitolo, a breve ne seguirà il continuo,

A presto!


   
 
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