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Autore: L_Lizzy    23/06/2015    0 recensioni
Associazione Ricerca Dotati.
Un nome, una garanzia e proprio dietro l'angolo c'è qualcuno pronto a portarti via l'impero che hai costruito. Ma non temere, saprai difenderlo se credi nelle tue capacità. Fai delle tue debolezze nuove forze.
Attacca e non voltarti indietro poichè Lui non ti ha riservato alcuna carineria.
Una storia che salta da passato a presente e, perchè no, tra un po' anche futuro.
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4
 
 
 
Stretti nelle loro divise bianche mi osservavano dal fondo del corridoio. Accecanti come raggi di sole impedivano a chiunque di seguire i loro movimenti provocando l’indesiderato effetto del flash-forward. Non so se vi è mai capitato, in caso vi auguro di non subirlo mai. Mi trovavo ancora a terra e gli occhi non facevano altro che strizzarsi nel disperato tentativo di vedere qualcun altro, qualsiasi altro. Bastava non fossero quei tre maniaci. Ogni volta che le palpebre si abbassavano e rialzavano loro era più vicini: quattro metri di distanza. Tre. Due. Capolinea.
Avete presente quando vorreste scomparire dalla faccia del pianeta? Quando iniziate a desiderare che la Terra si apra e vi inghiottisca interi insomma. Quando cominciate a considerare la possibilità di venir fulminati dal cielo piuttosto che trovarvi in quel determinato posto e durante quel preciso momento. A me accadeva ogni volta avessi la (s)fortuna di incontrare il Golden trio.
Jenny, Jeanette e Jean, si tratta della mia troupe di, rispettivamente, parrucco, trucco e stile. Uscire sani da una conversazione con loro non è scientificamente possibile, tuttora. Scendere a fare una visitina nell’Ade sarebbe stata una passeggiata a confronto, giusto per intenderci.
Non potevamo permetterci di mandare a zonzo i Dotati per far spese di abbigliamento, come non potevamo rischiare che una fanciulla dotata si lasciasse andare in chiacchere con la parrucchiera. Andate a spiegarlo voi a quella del salone di bellezza che si stava scherzando.
In due secondi fui alzato per le ascelle e sottoposto ad una revisione.
Mi ronzavano attorno come api operaie, talmente velocemente che i miei occhi riuscivano a malapena a distinguere le tre chiome colorate in mezzo a tutto quel bianco.
 Jenny, malvagia e cospiratrice Jenny. Al tempo ero convinto che sarebbe stata capace di tendermi un’imboscata per i corridoi armata dalle sue inseparabili forbici per domare la zazzera disordinata che avevo sul capo. Il mio incubo ricorrente era di trovarmela in casa mentre faceva la piega applicando gel, spume e quant’altro al mio povere gatto, Mike. Non che abbia un gatto.

In effetti penso sia questo il motivo principale della mia ritrosia a prendere un animale da compagnia…

Il suo caschetto di capelli biondo grano tocca ormai le spalle del completo gessato che porta come consuetudine durante le ore lavorative. Si era distinta proprio per quel suo vestirsi professionale che però a lei donava particolarmente. In seguito riuscì a piegare i due compari, convincendoli a fare lo stesso con la differenza che ognuno lo aveva personalizzato a proprio modo. Così, vestiti di bianco, sembravano un’apparizione divina e nelle belle giornate era quasi più difficile guardare loro negli occhi che il sole. Il viso dalla mascella squadrata è contornato da due ciocche lasciate un po’ più lunghe e da una frangetta che aveva, ha e avrà il vizio di pettinarsi ogni due per tre.
Jeanette: sprizza vitalità come nessun’altro che io conosca. Alta poco più di un metro e sessanta cammina su scarpe le cui zeppe si intravedono tra le gambe a zampa larga dei suoi pantaloni. La giacca ha un unico bottone allacciato poco sopra l’ombelico facendola scendere a campana, sottolineando i fianchi larghi che la rendono oggetto di invidia dalle assistenti “tavoletta.” Non c’è bisogno che vi spieghi che vuol dire, giusto?
Jeanette è la nostra esperta di make-up, realizza qualunque commissione le venga posta. Che sia semplice o complessa non importa lei ti vola accanto stordendoti di domande impugnando pennelli e tavolette di ombretti come niente fosse. Non abbiate paura della sua coda di cavallo castana, per quanto ve la schiaffeggerà sul volto in scatti di gioia e trepidazione non riporterete danni permanenti.
Jean si occupa di moda, stilista, sarto e consulente di donne in piena crisi mestruale. Si destreggia con maestria in tutti e tre i ruoli. Si distingue per il suo atteggiamento velatamente scorbutico e saccente. Porta la giacca, con le maniche a tre quarti, aperta su di una camicia stirata a regola d’arte. I suoi capelli sembrano essere una composizione d’arte moderna per i cento e uno modi in cui riesce a conciarli al mattino. Dategli in mano un tubetto di gel e otterrete il degno successore di Picasso.

“Oh cielo, dammi la forza.  Ma l’hai almeno un pettine in quell’appartamento?”

Uno.

“Quelle occhiaie per Dio nemmeno io saprei mascherarle!”

Due.

“Fammi capire tesoro, ti sei vestito al buio?”

Tre.

Quattro-cinque-sei-sette-otto-nove-dieci.


“Davvero caro dovresti curarti di più” aggiunsero in coro facendomi capitolare con un sospiro di rassegnazione. Contare fino a dieci come al solito non aveva dato i suoi frutti.

Grazie Terra, per avermi lasciato in mano a queste calamità naturali!

Mentre Jeanette mi puliva il viso dal cioccolato, facendomi in sostanza mangiare la sua salvietta profumata, Jean aveva estratto, non chiedetemi da dove, una camicia azzurra facendomela indossare al posto della maglia dei Green day che quel giorno mi ero accinto a mettere con tanta premura. Al contempo Jenny cercava di districare i nodi che avevo in testa costringendomi a urletti di dolore davvero poco virili.
Quando Jean cercò di mettermi al collo una cravatta ricordo di essermi divincolato e con uno sprint degno di un velocista me l’ero svignata.
Percorsi il tragitto fino all’auto strisciando a ridosso dei muri e fin quando non misi in moto continuai a controllare che non mi arrivasse nessuno alle spalle.
Con una mano sul volante ed una sul cambio mi resi davvero conto di quello che stavo per fare.

Che inizino i giochi.

Trovare il 123-E di Elenoire Street non era stato difficile; una volta presa l’autostrada proseguii dritto fino all’uscita di Newtown. Girai un paio di volte l’isolato fin quando non mi convinsi a scendere dalla macchina e a suonare il campanello di quella casa.
Agitato? Solo un poco.

“Salve, il mio nome” ma ancora prima di finire la frase venni interrotto dalla voce di una donna.

“Aiden Crane, so già tutto, venga dentro.”

Qualcosa mi dice di aver trovato Diane Foster.

E così era.
Diane Foster, la prima Dotata sulla mia lista. Il reparto osservazione della Sede si occupava di cercare i Dotati, certificarne i poteri e fornirmi gli indirizzi. A me spettava il compito di presentarmi ed esporre loro la mia proposta. Gli Osservatori l’avevano trovata grazie alla notizia dei suoi poteri, notizia divulgata durante la sua infanzia. Era una telepatica, niente visioni o convulsioni in presenza di spiriti maligni solo una ragazza che poteva dirti vita, morte e miracoli di qualsiasi persona. Qualsiasi. Telepatica o no aveva poco di cui sorridere. Purtroppo questa dote non sempre dava i frutti desiderati, certo ogni tanto capitava che qualcuno la contattasse per una consulenza ma il più delle volte si trattava di giornalisti che avevano letto uno di quei tanti articoli che si erano scritti su di lei durante l’infanzia. “Bambina prodigio”, “veggente a Newtown” erano i titoli dei suddetti, ma a Newtown di nuovo c’era solo il nome. I cittadini sembravano vivere ancorati alle tradizioni del secolo scorso. Anche le credenze erano quelle di anni prima e avere una compaesana con “la palla di vetro” non era proprio visto di buon occhio; se così si può dire.
La casa era nella periferia della città, tinta di un rosa cipria andava annullandosi tra i villini colorati tra cui era stipata. Mi sorpresi nel trovarmi di fronte una ragazza poco più che maggiorenne vestita accuratamente nonostante si trovasse in casa da sola.
Mi guidò fino al salottino dove ci accomodammo. Feci per parlare ma venni interrotto nuovamente.

“Interessante la sua proposta. Non si meravigli, so di per certo che sapeva chi avrebbe trovato suonando a questo campanello.”

“Non che voglia insinuare il contrario. A quanto pare lei è proprio chi cercavo.” Ad un suo assenso andai avanti “Posso presupporre di poter oltrepassare la fase nella quale le spiego chi sono e perché sono qui.”

“Esattamente, ma prima vorrei rispondesse a una domanda. Perché dovrei seguirla?”

“Domanda più che lecita, se permette. Pur non avendo il suo potere posso affermare che tra un paio di anni, guardandosi indietro, sarà soddisfatta di avere accettato la mia proposta” ricordo di avere appoggiato i gomiti sulle ginocchia, eravamo occhi negli occhi “non dovrà più limitarsi. Sarà insieme, se tutto procederà come spero, a persone uguali a lei e allo stesso tempo completamente differenti. Il punto è che lei ora la possibilità di scegliere. Da una parte c’è la sua vita attuale, ne è soddisfatta? Bene allora tolgo le tende. Ma se anche solo una volta ha pensato a quanto potrebbe essere diverso se lei non fosse così allora mi segua. Noi siamo diversi è vero, ma chi ha detto che diverso è male? Le sto dando la possibilità di fare un salto nell’ignoto, sta a lei provare ad aprirsi una strada per un futuro migliore. Non ho statistiche o percentuali di riuscita da sottoporle, ma sono qui, che lei dica sì o no.”

Seguirono degli attimi di silenzio, io ero sbalordito della mia capacità espressiva che una volta tanto non era andata a farsi un giro e lei che soppesava le mie parole.
Finii per attardarmi fino a sera a casa sua. Parlammo dei particolari anche se più che tentare di rispondere non facevo. Era sorprendente, quando avevo suonato al campanello le era bastato guardarmi per leggermi dentro. Mi confessò che era tanta l’ansia che aveva sentito ancor prima che io arrivassi i discorsi di prova che continuavo a ripetermi nella mente mentre aggiravo l’isolato più e più volte. Alcuni dettagli non era riuscita a carpirli e allora mi poneva domande alla velocità della luce ed era davvero impressionante perché come io facevo per parlare lei si auto-rispondeva. Bastava che io pensassi, no, neanche, bastava registrassi la domanda che lei riusciva a trovare la risposta nella mia mente.
In compenso mi riempii la pancia mentre lei praticamente auto-discorreva mettendomi nel piatto ogni ben di Dio che sfornava. Era come se non riuscisse a stare ferma e, in cuor mio, speravo fosse per l’eccitazione. Speravo che internamente avesse già scelto di accettare.


* * *


“Ovvio che non si possa fumare! E no, vedete di stare lontani voi due che già non vi sopporto più!”

Ma cosa?

Ero riuscito a recepire solo le ultime frasi ma quella era decisamente la voce di Diane. Sapevo che si stava occupando dei nuovi arrivati indossando le vesti di cicerone. Erano arrivati tutti e quattro insieme su di un pulmino che avevo fatto mandare a prenderli in aeroporto.
Lei stessa si era offerta di far fare un giro ai ragazzi, erano passate due settimane da quando si era trasferita da noi e immaginavo non vedesse l’ora di conoscere gli altri Dotati. Di quella impaziente curiosità non riuscivo a trovarne traccia nel tono usato prima così mi diressi da lei.

“Diane? Tutto sotto controllo?” Cinque paia di occhi si fissarono nei miei e non potetti fare a meno di indietreggiare prima di risalutare uno ad uno i ragazzi.
Per prima cosa tirai giù il cappuccio di quella piccola peste di Camille ricevendo uno sbuffo e una mezza imprecazione quando le scompigliai i capelli. Strinsi la mano a Sam e feci un segno verso Alaska e Amy che ricambiarono con un’alzata di spalle e un sorriso.

“Beh, direi che forse è meglio lasciarvi sistemare. Tra un’ora nell’auditorium per le presentazioni” non vedendoli molto convinti aggiunsi “obbligatoriamente!”

Lasciai che Diane li accompagnasse nelle loro stanze mentre io componevo un numero sul display del telefono.

“Joe? Sì sono io. Tra un’ora all’auditorium… uh, sì. Vedi di avvertire anche le altre due mi raccomando. A tra poco. Ok, come un problema? Non importa lascia tutto scenderò nel pomeriggio. Grazie.”
 
 









 
 
Angolino Autrice:
Lo so… vi ho lasciato con tipo sei personaggi da definire, ma non siete contenti? Nel prossimo capitolo conoscerete la truppa, quasi tutta in effetti.
E niente, spero vi sia piaciuto e spero di vedere anche una recensione (?) così, per sapere che ne pensate, per sapere se continuare o chiudere baracca e baracchini XD
Baci e anguria per tutti!
L_Lizzy
  
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