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Autore: Tsuki82    25/06/2015    4 recensioni
...le si era scagliato contro come un lupo affamato...e finalmente seguì l'incoscienza, l'oblio...e rimase solo il nero ignoto del nulla...
Non si può mai sapere quando il caso giocherà la sua ultima carta ma ciò che ci rende migliori alla fine sono i ricordi e se questi vengono a mancare che cosa potrà mai succedere? Si può vivere vagando tra la gente come uno sconosciuto e non capire perché tutti si voltano a guardare? E quanto è vicina la pazzia in questi casi?
Scopritelo con me, in un viaggio che sconvolge le regole di un uomo e di una donna che si cercano all'infinito. Buona lettura.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: City Hunter
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Il sole stava sorgendo all'orizzonte e Uragami continuava a camminare avanti e indietro, osservando l'atrio della palazzina di Kaori.

Sapeva tutto, fin nei minimi dettagli. Dal giorno del rapimento della figlia, aveva fatto parte di quel gruppo solo per salvarle la vita.

Il suo futuro matrimonio con l'infermiera era sfumato proprio a causa di quel gioco pericoloso. L'aveva vista andar via, sbattendosi la porta alle spalle e urlandogli il suo rancore, ma non gli importava. L'unica persona che assillava i suoi pensieri era sua figlia e, fino a quando non l'avesse ritrovata, le altre potevano anche andare tutte al diavolo.

Allora perché con Kaori era diverso?

Perché si era spinto fin là, pronto a tutto pur di salvarla?

Si fermò un momento, fronteggiando il suo riflesso sul vetro della macchina.

Lo sapeva, anche troppo bene.

Quando la incontrò la prima volta, aveva notato che il suo cuore non era libero. Era una donna timida, ma forte e sicura dei suoi valori. Innamorata com'era non avrebbe mai ceduto al suo corteggiamento, così non ci aveva neppure provato, eppure non gli era mancata la tentazione e adesso, forse, poteva avere qualche speranza.

Se ciò che gli era stato raccontato era vero, cioè che Ryo aveva perso ogni ricordo di lei, si sarebbe dovuta rassegnare e allora, lui, avrebbe potuto prendere quel posto che era rimasto vuoto. O quantomeno avrebbe potuto tentare.

Mayuko ne sarebbe stata felicissima.

Inspirò profondamente, cercando di raccogliere il suo coraggio, poi voltò le spalle all'edificio e si diresse verso una piccola palazzina a due piani, recentemente costruita proprio lì di fronte.

Attraversò l'atrio e scese le scale che portavano al seminterrato, varcò la prima porta alla sua sinistra e scese ancora delle scale, stavolta molte di più, arrivando a circa tre metri sotto terra.

Si fermò di colpo davanti un lungo corridoio, pieno di porte e passaggi segreti. Inspirò di nuovo e riprese a camminare, percorrendolo tutto. Sapeva bene dove portava.

 

Ryo stava perlustrando la casa. Erano passati appena venti minuti da quando aveva accettato la sfida e ancora non aveva trovato neppure una bomba.

Saeko era seduta sul divano accanto a Mick e, silenziosa, guardava lo sweeper, intento a cercare.

Mick, dal canto suo, sorrideva divertito. In quella stanza, l'unico ad aver capito cosa stesse facendo Ryo, era lui.

La detective non sapeva a che gioco stesse giocando, ma si fidava ciecamente delle sue scelte. Se fino a quel momento non aveva sbagliato, quella non sarebbe stata la prima volta, non solo perché c'era di mezzo la vita di Kaori, ma perché quello non era il solito Ryo, assuefatto alla vita cittadina. Quell'uomo era una macchina da guerra tornato all'origine, resettato, in un certo modo.

 

Kaori se ne stava seduta a fissare il muro dove le immagini dei tre venivano proiettate. Sorrideva anche lei, sicura del suo partner, ma inquieta. Non voleva lasciargli fare tutto il lavoro, voleva aiutarlo.

“Allora, bella dea della luce, che ne pensi di questa situazione?” domandò la voce all'improvviso.

Non sussultò neppure, Kaori, si limitò a stringersi nelle spalle.

“Se continua così, il tempo scadrà prima ancora che ne abbia trovata una sola e tu dovrai morire. Non pensi che lo stia facendo apposta?”

La donna sorrise di nuovo e rispose alzando la voce, quasi strillando, “Questo è ciò che sembra e se anche fosse mi andrebbe bene. Meglio morire così che di sete!”

“Andiamo, non crederai che ti possa salvare, vero?” la canzonò la voce.

Di nuovo alzò la voce, “Non mi interessa! Io mi salverò da sola! Non sono più una sprovveduta e prima che scada il tempo uscirò da qui!”

Dagli altoparlanti arrivò una risata divertita, stridula e volgare, poi un suono come d'allarme si insinuò nel sottofondo, “Che succede?” chiese la voce a qualcuno.

“Non so, capo. Sembra che ci sia un intruso nel perimetro.”

“Cercatelo e portatelo da me!” urlò prima di interrompere la comunicazione.

Kaori prese coraggio, convinta che per qualche minuto non sarebbe stata spiata e, nascondendosi nelle zone d'ombra, iniziò a percorrere il perimetro battendo con le nocche sul muro. Un passaggio doveva esserci, un punto debole in quella costruzione grezza in cemento e mattoni. E se non c'era, doveva trovare almeno le bocchette che facevano uscire il veleno.

 

Uragami continuava a camminare a passo deciso. Aveva il corpo pervaso di paura, per sua figlia, per Kaori e per se stesso.

Fece altri dieci passi e poi si trovò investito da una luce artificiale bianca e accecante. Girò il volto di lato, chiudendo gli occhi e mettendo una mano a difesa della vista, “Sono Uragami, sono qui per vedere il capo. Non sono armato!” e, così dicendo, sollevò le mani in segno di resa.

“Che diavolo ci fai tu qui?” sbottò con rabbia il capo che aveva raggiunto il gruppo, “Sai bene che venire qui non rientra nei patti.”

Uragami si mise in ginocchio davanti a lui e abbassò il capo, “Ti prego, sono due giorni che non mi fate parlare con mia figlia. Sto impazzendo di paura. Fatemela vedere, fatela tornare a casa, è solo una bambina!” esclamò con le lacrime agli occhi e la voce pietosa, “Continuerò a lavorare con voi, vi aiuterò sempre, ma ridatemi la mia bambina, vi prego!” e si prostrò ai suoi piedi.

Il capo rise cupamente e gli pose un piede sulla testa, “Potrei anche farlo, volendo, ma il problema è proprio questo, che non voglio.” si grattò un attimo la barba, leggermente incolta, e si tolse gli occhiali da sole, “Però, sai bene che amo i giochi, così ti propongo una sfida. Violenta Kaori e ti ridarò tua figlia!” e di nuovo scoppiò a ridere, stavolta in modo sadico.

Amava mettere in difficoltà le persone e fargli fare qualcosa che andava contro la loro indole.

Uragami accennò un assenso con il capo, continuando a piangere disperato.

Ad un cenno del capo due uomini lo sollevarono e lo portarono via.

 

Ryo stava perlustrando la casa, adagiando l'orecchio contro tutte le pareti di ogni stanza. Il tempo scorreva velocemente e non mancava molto allo scadere della sfida. Intanto Mick e Saeko guardavano la proiezione e non vedendo più la donna, la detective si allarmò.

“Che le sarà successo?” bisbigliò all'orecchio dell'americano.

Lui sorrise, “Se la conosco bene sta facendo la stessa cosa che fa lui!” e, con la testa, fece cenno verso Ryo.

Saeko sospirò. Per la prima volta aveva paura a chiedersi come sarebbe finita.

 

Di punto in bianco Kaori si fermò e si rimise seduta nel suo angolino. Aveva percepito uno strano rumore e non voleva farsi scoprire.

Qualche secondo dopo la porta della stanza si aprì ed entrò un uomo. Lo riconobbe subito, ne percepì quel forte odore di dopobarba maschile, così diverso da quello a cui era abituata.

Gli corse incontro e gli afferrò le mani, “Signor Uragami, che ci fa lei qui?” domandò ansiosa.

Quello abbassò il volto, ancora rigato dalle lacrime, “Perdonami.” sussurrò.

Lei non capì a cosa si stesse riferendo fin quando lui non l'afferrò e la gettò a terra.

Ci fu qualche istante di lotta, ma alla fine Kaori si trovò intrappolata sotto l'uomo, i polsi bloccati da una mano e il corpo preda del suo assalitore.

“Se fai la brava e mi lasci fare, ci salveremo tutti, anche la mia Mayuko.” le sussurrò all'orecchio ed iniziò a baciarle il collo con lascivia.

Kaori urlò e cercò di divincolarsi, poi quello aggiunse qualcosa, sussurrandole ancor più piano all'orecchio e lei si fermò. Spalancò gli occhi e una piccola lacrima le solcò la guancia.

 

Mick saltò in piedi, come se una scarica elettrica avesse percorso il suo copro, “Ehi, bastardo!” urlò contro la parete, “Questo non fa parte della sfida! Che cavolo significa?”

La voce rise, “Su su, mio gentile ospite. Godetevi lo spettacolo invece di fare tutte queste storie. In fondo è solo un gioco no?”

“Un gioco? UN GIOCO?” urlò l'americano, preda di una cieca rabbia.

“Mick, fai silenzio!” ordinò Ryo, per nulla afflitto da quella situazione.

Il biondo stava per dirne quattro anche a lui, ma Saeko lo fermò, accennando un no con la testa. Neppure lei si era scomposta di fronte a quella visione.

L'uomo iniziò a respirare velocemente, come se stesse per andare in iperventilazione, poi fece un respiro più lungo e si sedette nuovamente, dando le spalle al muro.

Non avrebbe guardato. Non voleva vedere Kaori violata da un altro uomo.

 

“Perdonami.” ripeté Uragami, poi con una mano scese verso le cosce della donna e ancora più giù, arrivando a toccarle le caviglie, “Perdonami!” sussurrò.

  
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