Piccola fanfiction
a cui lavoro da un po’.
Parlando per opinione personale è molto carina e sinceramente mi piace molto,
forse è anche leggermente triste, comunque questo è
relativo. Fatemi sapere cosa ne pensate che sono
curiosa ^__^
Grasssie, Byakko.
- RICORDI DI LACRIME -
Mi torna alla
mente il ricordo di quella prima notte in cui le nostre anime si incontrarono, strano destino che riserva anche eventi
imprevedibili e visite inattese.
Quella notte,
dopo molto tempo, quasi incalcolabile, io piansi e fui attanagliato dalle mie
sofferenze, dalle mie paure, dai miei dolori.
Io, che mi
sono sempre dimostrato il più forte, difeso dal potere della mia famiglia e dal
timore di mio padre.
Proprio quello
stesso padre che non mi aveva mai dimostrato alcun tipo
di sentimento e che fu rinchiuso ad Azkaban per le
sue infami colpe.
Ma mai come in quel momento mi sentivo solo.
Poi arrivasti
tu, uscendo da un passaggio nascosto da un mobile a cui non avevo mai fatto
troppo caso.
Il tuo sguardo
era curioso, illuminato dai raggi lunari che penetravano dalla grande finestra, combattendo con le nubi che avevano
oscurato il cielo.
Cosa mai facessi nella mia stanza a quella tarda ora ancora non lo
so. Forse il destino ci ha voluti far incontrare
perché tu potessi salvare la mia triste anima.
Il tuo sguardo
si posò su di me e temetti per la mia reputazione. Ma in
fondo cosa sarebbe dovuto importarmene in quel momento.
Non notai però
cattiveria nella tua espressione, o disprezzo, o derisione. Solo stupore e
tristezza, per me.
Rimanemmo a
fissarci per lunghi attimi e mi persi nei tuoi splendidi occhi azzurri, limpidi
e sinceri come il cielo in primavera.
Sì, mi
ricordavi la primavera mentre io ero come l’autunno in declino.
Lentamente ti
avvicinasti a me regalandomi un leggero sorriso. Con la tua piccola mano, quasi
tremante, andasti a cancellare i segni della mia
disperazione che però non accennavano a smettere di cadere.
Quel contatto
era così dolce, come il tuo profumo di fiori che mi inebriava
i sensi.
Mi abbracciasti,
consolando la mia mente e rassicurando il mio spirito, ed io ti strinsi forte a
me.
Liberai tutte
le mie lacrime che sempre avevo tentato di reprimere.
Volevo
sfogarmi con qualcuno accanto, l’ho sempre desiderato e mai come in quel
momento ho apprezzato il tuo animo gentile.
Non mi
chiedesti nulla in quella triste notte, nessuna domanda, nessuna
inutile parola. Sentii la tua presenza vicino a me, il tuo cuore che
batteva accompagnato dal rumore della pioggia che fitta scendeva dal cielo
scuro.
Suoni che
placarono il mio animo e caddi tra la tue braccia in
un calmo sonno.
Rimanesti con
me per tutta la notte ma alla mattina non trovai più
il tuo corpo in quel letto.
Accolsi il
dubbio di un bellissimo sogno, che svanì quando fui pervaso dal tuo profumo di
cui si era impregnato il mio corpo e le verdi lenzuola.
Non volli
farmi domande, ricordando ancora la splendida e calda sensazione di quella
notte.
Un altro
giorno era iniziato e io andavo avanti solo con ciò che restava di quel vicino
passato. Non parlasti a nessuno di quello che avevi visto, lo tenesti stretto
nel tuo cuore.
Ma io ti vedevo guardarmi con quello sguardo colmo di
tristezza. Pensavi a me e a ciò che era stato. Al suono della pioggia che
cadeva mi tornava alla mente il calore del tuo corpo e la tenerezza con cui mi cingesti.
Avrei voluto
piangere ancora solo per il desiderio di rivederti e averti nuovamente accanto.
Quella notte
non riuscii a dormire. Aspettavo il tuo ritorno anche se sapevo che non saresti
tornata. Ma io mi persi in quel sentimento che viene
chiamato speranza.
La speranza di avere i tuoi occhi su di me, il tuo calore intorno a
me, la tua dolcezza in me.
Sperai, con
tutto me stesso, e non fu invano. Tornasti da me.
“Perché sei
tornata?”
“Avevo paura che tu stessi piangendo di
nuovo”
Avvertii la
preoccupazione in quelle parole e mi sembrò strano sentirle da una Grifondoro, ero pur
sempre un Serpeverde io.
Ma non mi interessava, non in quel momento. Mi avvicinai a te e
strinsi un’altra volta il tuo esile corpo tra le mie braccia, annegando in
quella magnifica sensazione di pace e tranquillità.
Questa volta
piansi per la gioia di averti con me e poi mi misi a ridere. Ti unisti alle mie
risate.
Parlammo a
lungo, ma anche quella notte non mi chiesi il perché di quelle lacrime. Non
riuscivo a capire il tuo comportamento: stavi consolando la persona che per
anni è stata il tuo peggior incubo, che ti umiliava e
sbeffeggiava assieme a tutta la tua famiglia.
Invece eri lì, con me, per me. Ti posi questa domanda e tu
rispondesti con un sorriso.
“Perché tu sei solo
quanto me”
Era vero e tu
fosti l’unica che se ne rese conto in quella triste ora, l’unica che aveva
letto il mio cuore e non il mio cognome, l’unica che mi abbia teso una mano nel
momento del bisogno. L’unica.
“Spero tu non debba più piangere ma se ti
venisse l’istinto di farlo sai come trovarmi”
Dissi indicando
il passaggio nascosto per poi entrarvici e scomparire
nel buio.
Da quella
volta tu non tornasti più ed io non venni a cercarti. Ma
nei corridoi, nelle classi, nei giardini io ti seguivo con lo sguardo. Non avresti più potuto uscire dalla mia mente.
Volevo
sentirle ancora quelle emozioni, quei sentimenti, quel calore che mi davi tra
le tue braccia. Volevo rivedere i tuoi malinconici occhi azzurri ed avere quei
morbidi capelli rossi tra le mani. Volevo stringerti stretta a me e inebriarmi
del tuo profumo di fiori.
Volevo semplicemente ancora averti vicina, così da poter debellare
quella solitudine che silenziosamente combattevo.
Passarono alcuni giorni nei quali provai a dimenticare ma il tuo
richiamo si faceva sempre più vivo e forte nei miei pensieri.
Quella notte
pioveva, come la prima volta che venisti. Guardavo tristemente le piccole gocce
infrangersi sul vetro della finestra illuminata dalla flebile luce di una
candela. Poi tu riapparvi e il mio cuore morì.
Il tuo viso, i tuoi bellissimi occhi esplodere in tristi calde
lacrime. No, non avrei mai voluto ritrovarti in quelle condizioni, mai.
Corsi verso di te, impaziente di stringere il tuo corpo e bloccare
quelle piccole gocce salate, asciugandole con una mano.
Te lo chiesi, ti chiesi di smettere di piangere. Vederti soffrire
faceva più male a me che a te. Tu, la mia unica e sola luce, non dovevi provare dolore, non te lo avrei permesso.
Non
pronunciasti una sola parola ma ti sfogasti tra le mie braccia ed io mi sentii
male. Infine, sfinita da quel pianto liberatorio, caddi improvvisamente
addormentata.
Eri così
piccola e indifesa distesa inerme sul mio letto, con il volto ancora arrossato
e bagnato. Continuai per tutta la notte a vegliare il tuo sonno e a chiedermi
il perché di quel tuo dolore. Che cosa avrebbe mai
potuto turbare in quel modo il tuo animo.
Aspettai il
tuo risveglio che non tardò ad arrivare, anche se la mattina era lontana dal
sorgere. Mi guardasti ed un flebile sorriso apparve sul tuo candido volto.
“Grazie”
Me lo
sussurrasti con voce tremante mentre le tue braccia mi stringevano gentilmente.
Ricambiai quel gesto quasi dettato da un istinto proveniente dal mio cuore.
Forse volevo
solo proteggerti da ciò che ti circondava, forse era un modo per sdebitarmi con
te, forse…non so il perché io lo feci ma ne fui
veramente felice. Quell’attimo sarebbe stato unico e
decisi di non sprecarlo inseguendo l’onore o l’orgoglio.
Sì, lo decisi
io, non mi fu imposto. Quello era il vero me stesso, con dei suoi sentimenti,
dei suoi pensieri e te. Perché tu eri lì, con me e non
eravamo più soli.
Sorridesti di
nuovo ed io mi persi nel calore del tuo gesto, mi persi nei tuoi occhi felici,
mi persi…e non ne volli più uscire. Te lo chiesi, di non sparire quella notte,
di rimanere.
Ti offrii il
mio cuore e tu lo accettasti. Vedemmo insieme le prime luci del mattino con cui
tu dovetti allontanarti.
Presi ad
odiare il sole che ti portava via da me, presi a bramare la notte che ci univa
tra le tenebre.
Ma tu continuasti a venire da me, ogni sera, per restare.
Oramai nessuno dei due poteva resistere senza il corpo dell’altro. Ci
cercavamo, con sguardi o tocchi fugaci.
La mia mente
impazziva durante la tua lontananza e con sempre più foga ci abbracciavamo
e cercavamo nel rivederci, desiderosi della reciproca presenza.
Ora che siamo
per sempre uniti, ora che il tempo è passato, ora che la luce non ci spaventa
più, tu mi ritorni alla mente in quei giorni di lacrime nei quali scoprimmo
l’amore nella tristezza, il desiderio nella solitudine.
Questi sono
gli unici ricordi di quel periodo che non voglio cancellare dalla mia memoria. I più preziosi che mi restano e a cui sono grato.
Dormi amore
mio così che io possa ancora ammirare la tua bellezza
fino a quando, come sempre, ti sveglierai con un mio bacio.
Siamo insieme mia
cara Virginia, adesso che non abbiamo più motivi per piangere perché i nostri
cuori sono liberi di essere felici.
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> FINE < - - -