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Autore: Night_    27/06/2015    0 recensioni
Il calare soffice dei fiocchi di neve, avvolgente e caldo, era passato in secondo piano. Ecco che tutto attorno a loro era diventato uno sfondo senza valore, anche se era di una bellezza luccicante, con le luci natalizie brillanti nella notte – con il passeggiare lento delle persone.
Tutto era diventato immobile o rallentato, mentre finalmente si avvicinarono.
Le loro labbra si toccarono.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tu che disarmi, tu che vivi e respiri: arrenditi.

Ichiro.

 

 

 

 

 

 

 

La rabbia perpetua di una mezzosangue

 

 

 

 

 


 


 

«Fammi capire... ».
Gli Osawa, alla fine della fiera, si erano rilevati soggetti gradevoli ed educati, al netto contrario di Yuki che, guardando le espressioni poco felici dei due giovani Mitsuki e Kyo riusciva a stento a trattenere ondate di risa. Ci voleva una gomitata nel costato, a turno, di Tetsuya e Kazumi, per darsi un contegno.
Accidentaccio – però erano davvero carini.
E come ulteriore punto, c'era l'importante fatto che si erano congedati abbastanza in fretta da lasciare l'albina e il biondo in pace, fra di loro, e potersi allontanare per raggiungere la tavola infarcita. O meglio, Tetsuya aveva trascinato Yuki fin là. La sua faccia era decisamente innervosita – di punto in bianco, poi!
«... quei due si sono infiltrati qui?!». Ed ecco magicamente spiegato il nervosismo dell'amico. In mezzo secondo. Adesso, però, pareva molto più rilassato, con il calice fra l'indice e il medio – una farfalla era forgiata nel mezzo, con le ali richiuse – e il sangue fresco che ondeggiava da una parte all'altra, come una piccola nave che cavalca le onde.
La mezzosangue lo guardava, le palpebre a tagliare la pupilla e l'iride. Cercava di auto-convincersi che quei due non ero così idioti da... gettarsi nelle fauci di bestie affamate! 
Non era possibile. Era completamente insensato.
«Dannazione», digrignò i denti. «Dannazione, dannazione!». E senza nemmeno farci caso, aveva alzato il tono della voce, stringendo fermamente i pugni guantati. Le unghie avrebbero bucato la stoffa di raso.
Con lo sguardo basso al lucido pavimento, vide le punte delle scarpe di Tetsuya farsi avanti e poi – le sue mani sulle spalle nude. «Capisco cosa provi», disse. «Sto seriamente meditando di massacrarli, ma per ora... ».
Yuki ruotò lo sguardo, angosciata, irata, con gli occhi stancamente socchiusi – e nel profondo della sua coscienza, stupita. Quel suo amico si stava davvero affezionando a quegli idioti? Non l'avrebbe mai detto.
Ma d'altro canto, si parlava di Takeshi Katugawa e Sayumi Ichinomiya: coloro che scioglievano dolcemente i cuori altrui. Entrambi – anche se in campi differenti – avevano adempiuto ai loro compiti.
«Ti hanno mandato un messaggio o cosa?», chiese, piano, sospirando. Tetsuya lasciò scivolare le sottili dita sulle braccia lattee, fino a staccarle e portarle nelle tasche dei pantaloni. «E' stata Sayumi».
Era proprio da lei.
Se fosse stata una ladra o qualcosa di simile, avrebbe mandato una sottospecie di avviso.
«E ti hanno detto i dettagli del loro geniale piano... ?».
Il vampiro scosse mestamente la testa. «No, ma se li conosciamo bene... ». E guardò di sottecchi la giovane mezzosangue che aveva ruotato il busto e allungato un braccio alle sue spalle, a recuperare il suo calice. Yuki sbuffò.
«... avranno intenzione di travestirsi», bevve un lungo sorso, reclinando il capo indietro.
Che razza di idioti. Quasi fossero a Carnevale!
Ho già abbastanza gatte da pelare, pensò, lasciando il calice sul tavolo. «Qual è il piano?».
«Il piano sei tu che ti giri e mantieni la calma».
A questo punto, l'albina non seppe se preoccuparsi o stupirsi, o se fare entrambe le cose – ma a quale dare la precedenza? Fatto sta che le sue palpebre batterono, le ciglia lambite dal mascara si toccarono. Allora, il vampiro biondo, sollevò il pollice destro e indicò poco sopra la propria spalla.
E Yuki sbiancò.
A proposito di gatte da pelare. «Oh, no».
«E invece sì», replicò Tetsu – meglio non ridere. Con un passo la raggiunse e l'affiancò, per poterle circondare rassicurante le spalle con il braccio sinistro. «Mentre tu ti occupi della prima piaga a cui sono state concesse le gambe, io cerco di estorcere informazioni con metodi-- ».
«Illeciti, spero».
«Ovviamente». Con una pacca sulla spalla e un sorriso ad illuminargli il viso roseo, Tetsuya staccò il braccio e si allontanò a larghi passi da Yuki. Riusciva a sentirne la pressante sensazione di disagio mista a profonda rabbia, raccapriccio. L'idea di stare vicino ad Ichiro Fukanishi le bruciava i neuroni, le mandava il sangue al cervello, i muscoli si scioglievano sotto la pelle. Ma doveva farlo.
Per quei mentecatti.

 

 

 

***

 

 

 

L'allettante idea di restarsene lì, alla tavola col buffet, era davvero stuzzicante; ma la consapevolezza che difficilmente quel tipo sarebbe riuscito a raggiungerla, preso com'era da rivolgere sorrisi e saluti a destra e manca, si disse che era meglio incamminarsi. Afferrò pesanti lembi dell'abito e li sollevò da terra quel poco che le bastava per non inciampare e camminò, celere, verso un compatto mucchio di vampiri.
Gli stavano intorno come mosche armate, risucchiando il profumo alle rose che rendeva la sua presenza ancora meno sopportabile. Quel tipo era talmente egocentrico e sgargiante che, sebbene fosse accerchiato, la sua figura si notava all'istante – allora, pregando per i suoi capelli, piegò la schiena e s'infilò nella folla. Come se quella che stesse percorrendo fosse una miniera, camminò allungo, schivando gomiti e mani volanti, fino a giungere – dannatamente – proprio dinanzi a lui.
Wow.
Che fortuna.
«Piccola!», Ichiro sorrideva radiosamente, dando vita a piccole e graziose fossette ai lati della bocca. Con un gesto rapido e istintivo – si suppone –, si fece avanti e prese le dita della mezzosangue, sollevandole leggermente. «Finalmente. Ti aspettavo».
Primadonna, pensò lei. E sorrise. «Avevo capito che mi avreste raggiunta voi stesso».
Ichiro ricambiò la docile curva e le lasciò una mano, tenendo in ostaggio l'altra. Come un trofeo.
«Signori, ho urgenza di disquisire con Yuki Akawa», disse. «Vi chiedo, per cui, di lasciarci andare per un po'».
Un coro di scuse e assensi inondò i due – i presenti annuirono e lanciarono occhiate incuriosite. Avvoltoi affamati di notizie, ormai stanchi della loro perpetua e monotona vita da immortali: Yuki non poteva biasimarli del tutto.
Quando finalmente furono “soli”, – d'altronde, erano pur sempre ad un ballo – lei si apprestò ad alzare la testa, per guardare in volto Ichiro che, forse, si era reso conto del disagio per lei e aveva reclinato il capo nella sua direzione. E detto fatto, si guardavano negli occhi. Oro e smeraldo.
Lei si disse che doveva raccogliere la sua attenzione in tutti i modi possibili. Che non doveva per nessuna ragione al mondo allontanarsi da lei e dare l'okay per il sacrificio. In quel caso, numerosi domestici avrebbero cominciato a disperdersi, ad azionarsi, per raggiungere i sotterranei e trascinare gli umani rinchiusi. In quel caso, anche Sayumi e Takeshi avrebbero dovuto lavorare – e non potevano correre il rischio che il loro squisito odore arrivasse ai vampiri.
Solo pensare a tutto questo le faceva venire i brividi dalla nausea.
«Allora», Ichiro sorrise. «posso chiedere l'onore di questo ballo?». In quell'istante, lei si rese conto che la sinuosa ed ipnotica melodia di vari strumenti – violini, soprattutto – era cominciata, aveva catturato la sala e un'atmosfera di silente eleganza si era instaurata.
Osservò Ichiro e la sua mano, con la coda dell'occhio, protesa verso di lei; non voleva farlo, non voleva toccare nemmeno la stoffa dei suoi guanti bianchi, quella vicinanza la rendeva già abbastanza lercia. Eppure – la prese.
Le sue dita lunghe si intrecciarono alle proprie e spinsero la mano verso di sé, come a volerla costringere a farsi più vicina – la sporcizia strappava il tessuto del corpetto. Non si oppose, non si ribellò. Nemmeno quando sentì la sua mano appoggiarsi al fianco, spingere tutto il palmo contro di esso.
«Balli benissimo», i suoi sussurri parevano quelli del Diavolo; stessa malizia, stessa acerba furbizia. Era quasi doloroso.
Yuki avrebbe voluto che suonassero più forte, più violentemente, a costo di spaccare i timpani e far tremare i vetri – almeno, non avrebbe sentito quello là –, farli cedere sulle loro teste: si chiese dov'era finito Tetsuya. Aveva un dannato bisogno di lui.
«Oh? Ah, vi ringrazio... », rispose, distrattamente, spostando gli occhi dalla sua spalla per guardarlo negli occhi e concedergli, forzata, un sorriso. Beh, lui doveva essere troppo stupido per capire quali fossero i reali sorrisi e i falsi.  Le era andata bene, a questo punto.
«Sembri distratta», disse Ichiro, inclinando la testa d'un lato, cercandone le attenzioni con le iridi smeraldine, brillanti quanto le pietre stesse, annebbiate dal suo interesse per la mezzosangue – era quasi folle.
Yuki si specchiava in quello sguardo familiare e disgraziatamente, non c'era neanche uno spicchio di decenza; allora, aprì le labbra per mormorare qualcosa, giustificare la sua distrazione in qualche modo. In quell'istante, la melodia bassa della musica virò.
«Hanno cambiato», sorpresa, gettò un'occhiata verso il quartetto.
La musica che avvolgeva la sala, ora, sembrava in preda ad una fuga, con i brividi di freddo a pervadere gli stati d'animo: sembravano spaventati. Era fin troppo veloce e, soprattutto, fin troppo improvviso.
Ichiro strinse la mano unita a quella di Yuki – e lei, tornò a guardarlo.
«Ascolta bene ciò che sto per dirti», sussurrò, a fior di labbra. Continuava a guardarlo.
«Cosa... ». Nel momento in cui piegò la testa verso l'orecchio sinistro dell'albina, scaglie verdi squadrano la sua espressione – era turbata. Turbata mentre sentiva le parole solleticarle l'orecchio. Mentre, pizzicata, sentiva le dita strette sempre di più da quella morsa.
Al suono di quelle parole, i suoi occhi si sgranarono come risucchiati nella sclera. Si sollevarono leggermente, aspettando che lui tornasse con il capo alto. «Non può essere vero», sibilò, Yuki. Il pavimento vorticava, girava, ruotava pazzamente. Non si sentiva...
Ichiro ridacchiò sottovoce, scuotendo la testa. «Ma mia cara», rise, ancora e ancora. La sua risata echeggiava come una maledizione senza fine dentro le orecchie. «Tu sei la prova vivente che tutto può accadere. Non esistono le menzogne, viviamo nella realtà, d'altronde. Una realtà strana, pensandoci. Se esisti tu, Yuki... è davvero ambigua».
Lei guardò in basso, verso le punte delle scarpe che continuavano a ruotare, insieme a quelle di Ichiro – ed era più una farsa.
«Non ti preoccupare», disse. «C'è una soluzione. Devi solo fare come ti dico».
Yuki sentì un terremoto dentro, uno tsunami annegare la calma e una valanga di magma sotterrarle il cuore. Ed erano emozioni così belle, istinti così selvaggi e crudeli... che si sentiva una meravigliaSemplicemente, una meraviglia. «Bene, c'è una soluzione. Ci penserò dopo alla soluzione, per ora ti spaccherò in due».
Ichiro sollevò il mento, scrutò nelle iridi di oro sciolto – no, l'oro era andato. Erano fiamme, decorate dalla sua ira, che si muovevano come matte, che combattevano per mangiare la pupilla affilata come la splendida lama di una katana.
I suoi occhi lo stavano uccidendo.
Chi era la preda, fra i due?
«E' inutile», disse il vampiro – ma non era poi tanto certo. «Ho saputo. Ultimamente stai avendo problemi fisici. Che dispiacere». La compassione parve guizzare sui lineamenti delicati del suo viso come un enorme parassita ma, appena un istante dopo, era stata sostituita dal solito lampo di divertimento.
«Voglio mostrarti qualcosa», disse. Staccò la sua mano destra dal fianco di Yuki, continuando però a tenere stretta la sinistra a quella di lei, le dita intrecciate – lei inarcò le sopracciglia, strinse le palpebre.
Quando si trattava di Ichiro Fukanishi, c'era da farsi mille domande, c'era da avere mille dubbi. Andarci cautamente.
E, mentre salivano le scale a chiocciola che conducevano al soppalco, ora più svuotato, Yuki sentiva che quella non era una mossa cauta, proprio per niente; d'altro canto, doveva distrarlo il più possibile e magari farsi dire qualcosa – il ché, in realtà, sembrava impossibile. Ichiro non l'avrebbe certo aiutata.
Non volontariamente.
«Siete di fretta?». Ichiro dovette fermarsi e l'albina per poco non gli andò a sbattere contro. Ecco, l'ennesimo vampiro imbellettato, con tanto di sorrisone sporco e dita impegnate – a reggere un bicchiere, a tenere una civetta per un fianco. Ichiro fece un sorriso, disse qualcosa e poi, in mezzo secondo, riprese a camminare e a trascinarsi dietro Yuki.
«Visto che ci siamo, perché non mi lanci direttamente verso la nostra meta? Sai com'è», ringhiò, sottovoce, scostando la gonna dalle punte delle scarpe. «mi sento tipo come un sacco di patate».
Il vampiro rise leggermente, spingendosi fino ad una porta; sebbene l'esterno facesse credere ad un posto ristretto, un lungo e stretto corridoio, illuminato da lampade a luce gialla, si estendeva fino a prendere una decina di metri – o più. Il pavimento era coperto del tutto da un infinito tappeto con disegni di mosaici dove il rosso era il colore predominante.
Una specie di pugno nell'occhio.
«Eccoci», esclamò, fermandosi di scatto davanti ad una parte del medesimo colore lampeggiante, in fondo al corridoio – l'ultima stanza, l'ultima porta. Yuki era davanti a quella porta e alle sue spalle Ichiro sembrava scalpitare un po'. La guardò, aggrottando la fronte. «E quindi?», sbottò, incrociando le braccia al petto.
Poi, un braccio fasciato da stoffa bianca spuntò al suo fianco, appoggiandone la mano sul pomello – la porta fece un suono.
Era aperta.
Lei si limitò ad allungare il collo per sbirciare un minimo ma, francamente, non osava entrare in quella stanza. L'unica certezza era che doveva esserci una finestra, aperta, perché uno spiffero d'aria fredda arrivava fin lì – come una scia di polvere. E nonostante il fitto buio dell'interno, i suoi occhi scorsero all'istante le tende scarlatte e i divani, decorati da tanti cuscini... a forma... di cuore.
Oh, porca p---, d'un tratto, era già dentro.
Mani avevano spinto la sua schiena e l'avevano fatta incespicare contro qualcosa di lungo e massiccio, fino a farla cadere pesantemente sul divano, contro lo schienale. «Kami-sama, la tua eleganza-- », tra un imprecazione e l'altra, si massaggiava il naso.
Chiedendosi perché dovesse respirare lo stesso ossigeno che rubava quello lì – sollevò gli occhi fino alla sua figura, ferma alla soglia della porta; baciato dalla luce esterna, che contornava la sua figura, i suoi contorni, sembrava una specie di Diavolo in procinto di cibarsi. Immobile, a guardarla, con un sorriso affilato sulle labbra. Chissà se poteva diventare ancora più inquietante...
«Che accidenti vuoi, me lo spieghi?», fu il ringhio che uscì, prepotente e sincero, dalla gola della mezzosangue. E forse ci voleva una domanda per invitarlo a smuoversi da lì e, se proprio voleva, sedersi di fianco a lei; si chiuse lentamente la porta alle spalle, facendole emettere un cigolio raccapricciante – e poi, si gettò seduto sul divano.
«Uhm», fece Ichiro.
Seduto e con il capo reclinato indietro, a lasciare scoperto il bianco e virile collo, continuava a non parlare, a lasciare Yuki su un letto di spine. Eppure, le sue intenzioni si percepivano chiaramente – nonostante questo, non poteva arrostirlo: non ancora. 
Era un'amicizia comoda e, alla fine della fiera, fin quando i suoi amici non avessero fatto una brutta fine... non aveva niente contro di lui. Solo disgusto. Era colpa di quei due idioti se stavano rischiando la vita.
«Lo sapevi?», sussurrò, nel buio, fievolmente sconfitto dalla luna alle loro spalle, curiosa. «Si dice che il sangue della persona amata sia quello che placherà la tua fame. Per sempre». Girò lo sguardo verso di lei e aspettò. Aspettò una risposta, una reazione, un espressione – una debolezza. 
Ma su quel viso così deliziosamente scolpito non c'era nulla, se non... noia? Era annoiata? Anche se era in pericolo e non avrebbe potuto veramente difendersi? Ad Ichiro venne sonoramente da ridere. Era sempre la stessa!
Ma adesso le avrebbe fatto provare la paura, la sensazione di non essere in grado di fare alcunché. Le avrebbe fatto capire com'è che stavano le cose.
Lentamente, sollevò la mano destra e affondò i denti al bordo del guanto, sfilandolo dai polpastrelli – e lo stesso fece con il sinistro; solo un'occhiata meritò quella mezzosangue, un'occhiata che cercava, ancora, di mettere in subbuglio il suo animo – e poi, si avvicinò a lei. Con le mani libere dal tessuto dei guanti, sganciò il collier che pendeva al suo collo – era così buono. Riusciva a sentire il profumo della sua pelle, del suo sangue.
La sentì trattenere il respiro.
«Beh, cosa ne pensi?», sussurrò Ichiro.
«Penso che sia un'idiozia».
«Ne ero certo».
Il collier le cadde in grembo, affondando nell'ampia gonna blu. Era chiaro quale fosse l'andazzo, erano chiare le intenzioni di Ichiro – cosa fare? Come comportarsi? Quale scelta le avrebbe permesso di non far affondare la reputazione degli Akawa?
Oh, se fosse stato per lei! Le cose sarebbero andate in un altro modo, la situazione sarebbe già chiusa nel fondo di una bara. Allora, gli buttò le braccia al collo, invitandolo a spingersi di più verso di lei – verso il suo corpo. «Il sangue è il sangue. Non cambia, a prescindere di chi sia... », e la sua voce era un sibilo sensuale all'orecchio, con un sorriso divertito ad alzare gli angoli delle labbra; si avvicinò a quell'orecchio, sfiorandolo, baciandolo – sentiva il respiro di Ichiro carezzarle il collo.
E poi, lui si allontanò e si sporse verso la bocca sottile – e poi, si fermò.
«Mi credi così stupido?».
D'un tratto, Ichiro si scostò bruscamente e la spinse contro la superficie del divano: forse non lo era poi così tanto.
Sdraiata e spaesata, batté le palpebre ed incrociò il ghiaccio delle iridi smeraldo, brillare nel buio, fameliche e infastidite.
Yuki si strinse nella spalle. «In realtà... sì».
«Sbagli. Uno sbaglio davvero grossolano». Si fermò, scostando lo sguardo verso la finestra. Sorrise leggermente.
«E credevo avessi buona memoria. Ti conviene farmi arrabbiare, cara... ?».
“Ho sentito che hanno trovato degli umani nascosti nei giardini, sai?”, non se n'era dimenticata, tutt'altro: era per loro che adesso era nella tana del lupo.
«Non passano nemmeno inosservati. Capelli rosa e occhi azzurri, bellissimo e moro con occhi scuri», continuò, aggrottando la fronte. «Che stupidi. Davvero, sono perplesso». Ichiro sapeva dove colpire. Ichiro non sapeva nulla di lei, eppure sapeva dove gli conveniva infilare i suoi artigli. Ichiro sapeva. E la cosa era talmente disturbante da farla sentire violata, sudicia – il raccapriccio le ruppe i lineamenti.
Non poteva nemmeno dargli torto, perché erano stati davvero degli stupidi, stupidi incoscienti che non avevano ancora capito dove diavolo si erano infiltrati, nella vita di chi avevano deciso di mettere piede.
«Pensi che mi interessi?», sussurrò.
«Penso di... oh, questo è il tuo primo ballo, adesso che ci penso. Quindi, forse, non lo sai, ma... ci sono dei sacrifici. Degli splendidi e gustosi sacrifici».
Yuki tremò.
Troppo forte per sperare che lui non l'avesse notato. L'aveva detto. Aveva capito tutto. Dannazione – stava mentendo. Un'infima bugia per impedirle di ragionare; farle credere che avessero catturato i suoi amici e che sarebbero stati il piatto forte della serata, solo per... spaventarla a morte. Solo per far sgorgare roventi lacrime dai suoi occhi.
«Prova a scapparmi e li faccio ammazzare», lei sussultò, battendo le palpebre sugli occhi ricolmi. Lo vide sfilarsi il fazzoletto dal bavero, aprire i bottoni della giacca per poi gettarla a terra – sbottonare quelli della camicia, lento, ora.
«Non ce la farai mai», ancora, ringhiò lei. «Nel frattempo che andrai a dare i tuoi ordini, io ti avrò già fermato».
Ichiro parve soppesare le sue parole, emulando un espressione di sorpresa e poi, un attimo dopo, di terrore e angoscia. La sua bocca si aprì leggermente e gli occhi si impietosirono teatralmente. Com'era sciocca!, se pensava che lui non avesse pensato a qualcosa per contrastarla – sorridendo appena, infilò la mano degli immacolati pantaloni. Una forma rettangolare e lucida splendette lievemente contro i raggi lunari.
Un cellulare.
«Eccezionale invenzione, vero?», e rise, ancora e ancora, sempre, con quella risata maledettamente irritante e compiaciuta – lui si divertiva; si divertiva, si sentiva soddisfatto di sé stesso a scorgere il panico, l'angoscia, in quella viziata di una mezzosangue; o forse perché riusciva così facilmente a colpirla?, quasi ella fosse un ridicolo vaso di porcellana, e avrebbe finito per farla sgretolare ai suoi stessi piedi.
Rideva, rideva.
Eppure, più lui rideva, più lei era certa di non voler fare quella fine – e che non voleva perdere quei due idioti. Sentiva la loro mancanza e ne sentiva le responsabilità. Sentiva la mancanza di qualcuno, una persona molto strana; aveva visto questa persona come una specie di meteorite, più luminosa della luna, più calda del sole.
L'aveva scambiata per un ragazzo. Ma si era sbagliata.
No.
«Perché?».
Ichiro smise di ridere – e guardò Yuki, le pepite oro acquose dalle lacrime.
«Perché... perché?», disse lui. «Perché sono annoiato, immagino. Perché sei divertente. E disarmi le persone, cara, te ne sei mai resa conto? Non possono ferirti, loro. Tu... ».
Inspirò l'aria fredda di Dicembre, si riempì i polmoni di quell'ingorda boccata.
«... sei solo una perfetta macchina da guerra, piccola».

 

 

 

 



NOTA DELL'AUTRICE:

Salve. Err.

Hm. Salve, sì. Riuscirò a comporre una frase di senso compiuto, mi chiedo? Pubblico un capitolo di VD dopo... quasi tre mesi, credo, non ne sono certissima... che dire... ?

Innanzitutto, mi scuso con chiunque avesse almeno un po' a cuore questa storia, chiunque volesse seguire Yuki e i suoi amici del bosco (?), chiunque volesse... boh, qualsiasi cosa, a questo punto. :'

Niente, in realtà vorrei ringraziare la mia kohai, la mia L o t t i e; vorrei ringraziarla per tutto, un po' tutto, ma questi sono discorsi che farò in privato con lei. Adesso me ne andrò bellamente a leggere la sua long, che damn, se mi è mancata – sono feliciah, gente.

ADDIO.

 

 

Night, ovviamente, con affetto.

 

  
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