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Autore: Cest97    28/06/2015    1 recensioni
In molte storie i protagonisti se ne stanno zitti, di certo non parlano se non vengono interpellati. sfortunatamente, il mio protagonista non è d'accordo con me sulle mie scelte stilistiche; e non si astiene dal farmelo notare. Doveva essere una storia di avventura, mi chiedo dove andremo a finire
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Antony non riusciva a pensare con lucidità.
Guardava il proprio bicchiere vuoto, la testa china sopra di esso, ondeggiando a destra e a sinistra sopra allo sgabello.
Era appoggiato ad un bancone di legno scuro, appiccicoso e segnato da punte di coltelli e bruciature di sigari e pieno della cenere delle pipe delle centinaia di clienti che susseguendosi avevano lasciato la loro personale firma e dedica a questo ammasso di sporcizia.
La stanza è illuminata dalla sola luce di candele, a decine, accese sopra i resti di cera di quelle che le hanno precedute, la cera cola dal bancone, cola dai tavolini, cola dalle colonne alte un metro e spesse una trentina di centimetri, colonne di cera, colonne create col tempo, non più bianche ma annerite dal calore e dalla polvere.
Il soffitto in legno era nero, il fumo lo aveva colorato quasi a ricordare un cielo notturno, privo di stelle e di luna.
Non ci sono molti clienti.
Qualcosa dentro di lui lo ha portato fino a questa locanda, forse uno degli angoli più oscuri che esistano su questo stramaledetto pianeta.
Ma la figura che più lo inquietava era sicuramente il barista, un uomo che a vederlo ricorda…
“Il tempo” Porca miseria “Vuoi deciderti a scegliere a che tempo scrivere questa storia? L’avrai cambiato una decina di volte”
Se fosse così semplice lo avrei già fatto, è che alcune scene vengono meglio al passato; e poi tranquillo, quando lo rileggerò lo correggerò.
“A me basta che ti decidi, non hai idea di cosa significhi andare avanti e indietro in questo modo.
Già che ci siamo, ti andrebbe di discutere di una piccola questione? Perché mi sembra che tu stia sorvolando su un fatto importante di tua spontanea volontà”
Credo di sapere cosa intendi.
È mica per l’albero?
“Si, è per l’albero”
E per il tempo…
“Nove mesi”
Forse anche per come ti ho lasciato…
“Nove mesi, a testa all’ingiù, appeso ad un albero, con una dannata tartaruga che cercava di mordermi la testa. Se ti stai chiedendo cosa mi abbia portato in un posto del genere forse dovresti ripensare alle tue azioni: cosa ti ci voleva a scrivere due righe ogni tanto?”
Non credevo ne valesse la pena.
“Sai cosa? Lasciamo stare, andiamo avanti e basta. Almeno mi sono fatto un nuovo amico”
“Come va?” Chi ha parlato? “Sono la tartaruga”
Fammi capire un attimo: stai bevendo alcolici assieme ad una tartaruga in una locanda sperduta nel nulla?
“E il suo bicchiere è vuoto, e anche il mio lo è. Barista!”
“Buongiorno Signore!”
“Riempi pure, a entrambi, paga l’Autore”
“Quale liquore preferisce? Abbiamo un’ampia scelta”
Non ho intenzione di pagarvi da bere, non finanzierò i vostri vizi, e non ho intenzione di lasciarmi usurpare dal mio ruolo.
Sono un maledetto scrittore.
Merito Rispetto.
E voi dovete fare quello che dico io.
Chiaro?
“Ce l’hai una bella bottiglia di Jack Daniels?”
“Non è stato ancora creato ma guarda caso ne ho una che ho messo da parte alcuni anni fa”
“Deliziosamente privo di senso. Riempi”
La locanda si dissolve, lasciando Antony da solo, sotto la pioggia, al buio, ancora seduto sul proprio sgabello e con il bicchiere proteso in avanti, ancora convinto che qualcuno gli servirà da bere.
“Ti odio” La storia. Andiamo avanti. Ora. “Non sono io quello che si è preso una pausa di mesi. Non puoi arrivare dal nulla e pretendere” Lampi. “Che mi minacci?” Tuoni e fulmini. “Non hai le palle per farlo, e poi quante possibilità hai di colpirmi con un fulmine?”
Antony è un ragazzo particolare, uno di quei ragazzi che reggono un antenna metallica mentre stanno sotto un albero spoglio quando infuria la tempesta. Facendo la danza della pioggia. Scalzo.
Sfidando Dio a colpirlo.
Si potrebbe dire un ragazzo di dubbia intelligenza.
Continuo?
“Ho capito, va bene, andiamo avanti”
Non sei tu quello che decide quando scrivere. E ora preparati, ho qualche idea per un combattimento.
“Tutto ciò manca di trama!” Lampi! “Va bene! Iniziamo”
 
Antony si trova in una pianura, la pioggia incessante martella il suono, l’acqua sembra non finire mai e l’oscurità gli da quasi l’impressione di trovarsi sul fondo di un oscuro, terribile lago.
“…terribile lago…”
Sta zitto, e smettila di ridacchiare.
“Come diavolo fa un lago ad essere terribile?”
Non hai mai avuto quella sensazione di enormità guardando l’oceano? La paura dell’infinito? Non ti sei mai chiesto se la fine sia un bene o un male? Non hai mai provato una sensazione di TERRIBILE inferiorità guardando il mare stagliarsi…
“Meno canne la mattina”
Sei privo di sentimento.
“Comunque hai detto lago, non mare”
Nell’oscurità di questo spazio privo di profondità, quasi non percepisse più la dimensione del proprio corpo e di ciò che lo circonda, perdendo ogni forma di orientamento che gli era possibile usare, lui resta immobile. Quasi fluttuasse nel vuoto, l’unica cosa che sente è il terreno sotto i propri piedi.
Provando a respirare l’acqua gli entra nella bocca, tra sé e sé riesce solo a pensare…
“Grazie a Dio ho con me la mia fedele bombola d’ossigeno”
Stop.
Togliti quella maschera da sub.
“…”
Ti chiedo serietà
“Va bene boss”
L’unico pensiero che attraversa la sua mente è il costante desiderio di vendetta, come un cieco…
Ceco… era cieco o ceco?
“Ceco, ignorante”
…come un ceco che senza l’uso degli occhi…
“Ah no, scusa, pensavo intendessi uno proveniente dalla repubblica ceca. Devi scrivere cieco se intendi un non vedente”
Sono curioso, cosa credevi che stessi per scrivere?
“Beh non hai ancora specificato le mie origini quindi…”
Senza nemmeno l’uso dei propri occhi si fa strada nel buio, attratto in avanti, attirato come gli insetti vengono attirati dalla luce dei fuochi, un moderno Icaro che si spinge verso il proprio sole.
E questo sole è lì, davanti a lui, lo sa, lo sente.
Gridando si getto in una disperata corsa, tutta la forza concentrata nelle gambe, spingendo lontano il terreno e cercando di staccarsene.
Lo vede, il suo sole.
Un uomo fermo sotto la pioggia lo osserva, un ghigno stampato sul volto, sembra non temerlo affatto.
Pochi metri. Due. Uno. Pochi centimetri li separano, estrae la spada e prima di infilzargliela nel petto il ragazzo ha il tempo di sussurrargli poche semplici parole.
“Ma che hai da ridere?”
“Stavo pensando ad una barzelletta che mi ha raccontato un mio amico ieri”
“Ah, dai, racconta”
“No, no, è stupida”
“Se ti fa ridere in un momento simile non deve essere tanto male”
Ci vediamo fra altri nove mesi.
“Oh, dai, non puoi prendertela così facilmente”
Leone Marino.
“SONO TORNATO!” il grido scuote l’intera pianura.
Strisciando come un serpente… “visto che era un serpente” Non puoi fare citazioni al capitolo precedente, non le capisce nessuno.
Strisciando come un serpente l’animale si è fatto strada fino a questo luogo, l’odio per il ragazzo in lui è così grande che a stento riesce a contenersi dall’azzannarlo e divorarlo in pochi attimi.
“Antony!”
“Leo!”
Ho detto ODIO.
“Ciao bello come stai?”
“Ah beh sai com’è, si tira avanti”
“Bella, batti il cinque”
“Bella lì”
“Bella”
Credo che questa storia stia raggiungendo un livello di degrado che raramente viene raggiunto in così poche righe.
“Eh dai, fatti una risata boss, io sono un leone marino che ha perso la propria famiglia e non potrei essere più felice di così” Escludendo che l’hai divorata, non credo proprio che lo farò.
 Ho scritto due pagine e mezzo e nulla di tutto ciò ha un minimo senso, mi ritiro, ci riprovo domani.
“…è quello che ha detto l’altra volta…”
Ma crepa.
   
 
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