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Autore: MaggieMary    02/07/2015    2 recensioni
× Quando sei solo un'unità ×
Una grandezza è una quantità che può essere misurata con strumenti di misura.
Non è quindi possibile misurare la bontà, la felicità, l’amore o perfino la bellezza di una persona.
“Ciao, mi presento. Mi chiamo Lee Sungjong e ho una bellezza pari a 5,5 unità di bellezza.”
[MyungJong] ~ [ + Possibili future nuove OTP /? ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: L/Kim Myungsoo, Lee Sungjong
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando ancora andava all'asilo, Lee Sungjong era finito in punizione. A distanza di molti anni il ragazzo non si ricordava più di preciso il motivo della sua sgridata, ma ancora nella sua mente era inciso il volto severo della maestra che lo aveva umiliato davanti a tutti, vietandogli di mangiare la merenda insieme ai suoi coetanei. Sungjong era sempre stato un bravo bambino, uno di quelli di cui ogni genitore sarebbe stato fiero, ma anche lui era finito per beccarsi qualche sgridata di tanto in tanto.

Una volta cresciuto però, il giovane non si sarebbe di certo aspettato una situazione simile a quella che aveva vissuto da bambino. Di certo non si sarebbe aspettato che, ormai ventenne, sarebbe finito per venir rimproverato per i suoi comportamenti. Come all'asilo, anche in quel momento Sungjong non comprendeva la ragione di quel rimprovero nei suoi confronti.

Cosa aveva fatto di male? Aveva girato un po' per la città? Aveva violato un po' le regole? Aveva amato una persona che non avrebbe nemmeno dovuto guardare in faccia?

Sungjong non era pienamente consapevole delle sue colpe, forse perché di vere colpe non ce n'erano davvero. Ma quella società girava a quello strambo modo, quasi come un orologio che va in senso antiorario.

Tutti però erano ormai abituati a leggere l'orario in quello strano modo inusuale, talmente abituati da non farci nemmeno più caso.

Se qualcuno avrebbe fatto loro presente del vero modo in cui è necessario leggere l'orario, probabilmente si sarebbero arrabbiati, probabilmente se ne sarebbero andati ancora prima di ascoltare le ragioni che c'erano da dire.

Come biasimarli? Dopotutto, erano stati educati a quel modo.

Una volta entrato in quella stanza troppo bianca, Sungjong aveva subito capito. Aveva subito capito che sarebbe stato rimproverato.

Ma quella volta quale sarebbe stata la punizione? Non gli avrebbero fatto semplicemente mangiare la merenda?

Ma se la punizione è direttamente proporzionale alla colpa, cosa sarebbe successo in quel caso?

Sungjong aveva pensato a quelle cose, ma ben presto se le era scordate. Dopo le dure parole che gli erano state sputate in faccia da Myungsoo non ci aveva più davvero pensato. E aveva smesso definitivamente di rifletterci il momento in cui il Capo del Paese gli aveva puntato quel dito contro.

Il 4,5 per qualche secondo aveva provato l'impulso di alzare la mani in alto, quasi sentendosi nuovamente colpevole, ma poi rendendosi conto della situazione.

Perché alla domanda "Chi ha l'unità più alta" il dito era stato puntato contro di lui?

Myungsoo era un 9,9 e quell'uomo arrivava all'eccellenza. Perchè allora il dito era puntato contro un insufficiente?

Il ragazzo al suo fianco aveva gli occhi sgranati come lo stesso Sungjong, mentre l'uomo di fronte a loro si accontentò solamente di ritirare la mano con cui aveva indicato il giovane, aprendo nuovamente la bocca.

"Lee Sungjong, sai per caso come mai ti sia stata data proprio quell'unità da insufficiente?"

L'interpellato non sapeva come replicare a quella domanda, forse perché sentiva che la risposta fosse più banale del dovuto.

"Forse perché non sono sufficientemente bello...?" - tentò di dire il giovane, venendo poi presto fermato dal Capo del Paese e dalla sua testa che si mosse in segno negativo.

"No no, sbagliato. Non è colpa tua." - gli rispose l'uomo, quasi volendolo rassicurare, quasi volendogli rammentare che quella volta non era lui il colpevole.

Se non mia, .. allora di chi?, poté solamente domandarsi la mente di Sungjong, non riuscendo davvero a trovare un nesso tra le parole di quell'uomo.

Ci sarebbe stato qualcosa di certo e chiaro in quella giornata?

Ripensandoci, c'era mai stato qualcosa di certo e chiaro nella vita di Sungjong e Myungsoo da quando si erano incontrati?

Forse quella domanda non aveva una vera e propria risposta affermativa alla fin fine.

"E' colpa dei tuoi genitori, Sungjong... " - lo informò, quasi fosse la risposta più scontata da dare - "I tuoi genitori ti hanno mai parlato della loro gioventù?"

Le sopracciglia del ragazzo si strinsero, insieme a quelle di Myungsoo che al suo fianco continuava ad ascoltare tutto attentamente, senza comprendere più di tanto però.

Che senso avevano le parole del Capo del Paese? Le unità non rispecchiavano semplicemente la bellezza di una persona? Non erano qualcosa di individuale?

Che c'entrava allora tirare fuori anche i genitori?

"È vero, questo non ve lo raccontano a scuola dopotutto... toccherà a me informarvi allora." - ammise l'uomo, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi meglio allo schienale della sedia - "Sapete, durante gli anni in cui i vostri genitori erano ancora dei ragazzi ci fu un grande numero di rivoluzionari... un grandissimo numero a dire il vero."

Perché quell'uomo stesse raccontando quelle cose proprio in quel momento, in realtà i due giovani non lo sapevano. Eppure sia Myungsoo che Sungjong provavano uno strano senso di dejà-vu, quasi avessero già sentito quella storia, ma narrata in modo diverso.

Solo successivamente si sarebbero ricordati che quelle parole corrispondevano perfettamente con quelle che avevano letto nei libri dell'area privata della Biblioteca della città.

"Il numero di rivoluzionari era davvero alto ed erano assolutamente incontrollabili. Che altra scelta avevo se non prendere provvedimenti?" - l'uomo continuava a parlare, apaticamente o come se quelle cose in realtà non lo riguardassero davvero - "Un'insufficienza individuale non sembrava sufficientemente efficace, quindi l'unico modo per placare la massa alla fin fine era solo rendere l'unità ereditaria. In questo modo chiunque avrebbe trasgredito le regole non si sarebbe assunto solo le sue colpe, ma anche quelle nei confronti dei loro futuri figli. In realtà, all'inizio non pensavo che sarebbe stato così efficace... eppure qui davanti ne abbiamo una prova esemplare." - concluse con un sorriso, allungando nuovamente la mano verso Sungjong.

Le parole di quell'uomo non avevano senso, non avevano davvero un senso.

Se quello che aveva detto fosse stato realmente vero, l'intera esistenza di quella società si basava su un enorme bugia. Alla fine di tutto, non c'era mai stato davvero nulla di sincero.

Ma se a Sungjong era stato dato un 5,5 per colpa dei suoi genitori, quale unità avrebbe davvero dovuto avere?

Quella domanda nacque spontanea nella mente dei due ragazzi, che d'istinto non poterono che spostare gli occhi verso quella targhetta da 4,5 appesa sugli abiti del più giovane.

E quasi a risposta della loro domanda, il Capo del Paese tornò a parlare:

"Probabilmente, se non fosse stato per i tuoi genitori, non solo avresti raggiunto la sufficienza, ma avresti anche comparato l'unità di Kim Myungsoo, forse l'avresti anche superato per quanto possibile. Non è ironica la situazione?"

L'uomo continua a sorridere solitario, indossando un sorriso che non sarebbe dovuto davvero esistere in quelle circostanze. Come poteva gioire delle sue parole? Come poteva sputare in faccia tutta quell'insulsa verità e poi sorridere come se nulla fosse?

Come poteva sorridere quasi fosse soddisfatto di tutto ciò?

Myungsoo strinse i pugni lunghi i fianchi, ormai stanco di quella situazione, ormai stanco di rimanersene in silenzio di fronte a quella situazione che riguardava entrambi i ragazzi da vicino, da davvero molto vicino.

Quel giorno il 9,9 era giunto in quel posto consapevole di essere lì per via delle sue colpe, ma alla fin fine non era davvero così. Alla fin fine nulla di tutto quello sarebbe davvero dovuto accadere.

Sungjong e Myungsoo si ritrovavano in quel posto per ricevere una sgridata, una sgridata che non meritavano perché era frutto solamente delle bugie di quella società.

Il più grande tra i due ragazzi aveva mal di testa. Un mal di testa che continuava a martellargli contro le tempie. Tutto quel tempo i due avevano vissuto la loro relazione convinti di essere nel torto, quando di sbagliato non avevano mai davvero fatto nulla.

Perché, se non fosse stato per l'inutile provvedimento da parte del Capo del Paese, i due ragazzi sarebbero stati in grado di frequentarsi liberamente.

Avrebbero potuto assistere alle stesse lezioni, ricevere gli stessi privilegi, avrebbero potuto stringersi le mani e camminare fieramente lungo il viale alberato del campus universitario.

Sarebbero stati due normali superiori liberi di potersi frequentare e ridere insieme.

Myungsoo aveva mal di testa ed era arrabbiato. Perché avevano dovuto passare tutte quelle situazioni complicate e spiacevoli solo perché quell'uomo non era stato in grado di gestire quella situazione? Solamente perché non era stato in grado di controllare un gruppo di Rivoluzionari.

La loro vita si era sempre basata su una bugia. Però una bugia ha bisogno di molte altre menzogne per poter apparire credibile.

Il 9,9 era arrabbiato perché ormai era più che certo che quella non era l'unica cosa che gli era stata nascosta.

"Ma questo è totalmente ingiusto!" - non poté che lamentarsi a voce alta - "Gli avete fatto vivere una vita da insufficiente quando in realtà non lo sarebbe assolutamente stato! È totalmente ingiusto!"

La calma compostezza del Capo del Paese sembrò svanire di fronte agli occhi dei due ragazzi al suono di quelle parole.

Il sorriso che aveva indossato freddamente in quel momento svanì velocemente, lasciando spazio ad un'espressione ancora più gelida e rigida. Gli occhi scuri si strinsero appena, mentre le sopracciglia si facevano più basse e si avvicinavano tra di loro.

Myungsoo e Sungjong furono certi di sentire un concreto "crack", quasi si fosse davvero rotto qualcosa all'interno dell'uomo. Quasi come se una valvola fosse scattata, finendo per incepparsi e alla fine rompersi. Era quasi come se la pazienza dell'uomo fosse finita per sgretolarsi al suono della parola "ingiusto".

I due ragazzi non sapevano cosa sarebbe successo, ma le parole arrabbiate che seguirono dopo diedero ad entrambi una mezza idea su ciò che sarebbe accaduto.

"Ingiusto--?! Tu mi stai parlando davvero di ingiustizia?! Mi stai dando dell'ingiusto!?" - replicò a voce alta quell'uomo, prima di proseguire narrando una storia che sembrava del tutto discordante con l'intero discorso - "E allora dove è stata la giustizia quando mia moglie se n'è andata via per sposarsi con un altro uomo... Dov'è stata la giustizia in quel momento?! Io le avevo offerto tutto! Non sta a voi giudicare cosa sia giusto o cosa non lo sia! È una cosa che spetta a me, solo e unicamente a me! Quindi muovetevi a dirmi chi è il colpevole! Litigate, scannatevi, fate quel che volete ma date la colpa ad uno di voi due e velocemente! O sarò costretto a prendere seri provvedimenti per entrambi, ben peggiori di quanto possiate ben immaginare."

L'uomo aveva parlato velocemente, sputando in faccia ai due ragazzi quelle parole che sarebbero dovute risultare come un serio avvertimento nei loro confronti. Avrebbero dovuto tremare di fronte a quelle parole che preannunciavano loro un futuro per nulla solare.

Erano seriamente arrivati a quel punto?

Erano seriamente finiti in un vicolo cieco dal quale non potevano fuggire, né tornare indietro?

Per tutto quel tempo avevano sempre cercato di separarli. Avevano cercato di dividerli, avevano cercato di far sì che si scaricassero le colpe l'uno contro l'altro in quella che sembrava la mossa più ragionevole.

Dopotutto, avrebbero ricevuto conseguenze ben peggiori prendendosi entrambi la colpa, no?

Il Capo del Paese era ancora arrabbiato e il suo volto di plastica sembrava essersi arrossato per quella precedente sfuriata. Impaziente faceva ticchettare le dita contro il tavolo rialzato di quel posto, attendendo solamente il momento in cui uno dei due avrebbe tradito l'altro, portando così a prendersi la colpa. L'uomo attendeva solamente quella litigata che era certo che sarebbe presto giunta, litigata che avrebbe portato a concludere quell'incontro indesiderato da entrambe le parti.

Sungjong e Myungsoo avevano seguito tutto quello che era successo.

Il più giovane era ancora confuso dalla rivelazione di poco prima, era ancora confuso dal fatto che "teoricamente" fosse anche lui un superiore ma che era stato semplicemente ingannato per tutto quel tempo.

Il 4,5 aveva sempre saputo che c'era qualcosa che non quadrava in quella società, aveva sempre sospettato che ci fosse qualcosa di più sotto a quello che veniva raccontato a tutti.

Ma come poteva essere davvero quella la verità? Come poteva anche essere solo minimamente ammissibile?

Non aveva senso, non aveva davvero senso.

Myungsoo e Sungjong si fissarono dritti negli occhi.

I due ragazzi volevano andarsene via di lì. Correre lontano da quella camera che ormai era diventata fin troppo soffocante. Volevano respirare aria, aria pulita che sapevano che non avrebbe comunque trovato in quel paese. Volevano respirare un'aria che fosse davvero aria, non aria che veniva spacciata per tale.

Volevano vivere una vita vera, non una che sapeva di plastica e bugie.

Sarebbero riusciti nel loro intento senza ferirsi l'un l'altro? O avrebbero fatto meglio a fare come gli era stato intimato?

Avevano sempre voluto separarli... Quella volta ce l'avevano davvero fatta? Quella volta li avrebbero davvero divisi?

Myungsoo e Sungjong continuavano a fissarsi negli occhi, comunicando solo attraverso quegli scambi di sguardi.

Sbattendo solamente le palpebre, i begli occhi dei due stavano comunicando la stessa cosa. Stavano comunicando la stessa voglia di chiudere presto quella situazione e scappare via di lì.

Ma scappare da soli e con ancora un po' di dignità, oppure fuggire insieme senza pensare alle conseguenze? Conseguenze che non conoscevano, di cui era ancora oscura anche la gravità.

Myungsoo e Sungjong continuavano a fissarsi, mentre stralci dei loro incontri si facevano spazio tra i loro pensieri, incastrandosi insieme alle loro paure e ai loro dubbi.

Avrebbero preso la decisione giusta questa volta o avrebbero rimpianto per sempre quel momento?

I ricordi continuavano a rincorrere nelle loro menti, mentre l'uomo continuava a spazientirsi.

Le menti dei due si bloccarono all'unisono su un uno stesso ricordo.

Intorno a loro c'era una piccola stanza con solamente un letto. L'aria era fresca e proveniva da quella finestra aperta che permetteva al vento di entrare. Sungjong era sdraiato a terra, schiacciato dal peso di una persona, schiacciato dal peso di Myungsoo che gli era atterrato addosso. Il ricordo proseguì e con esso anche gli squarci di quel discorso, di quel loro primissimo discorso:

 

"Ahio! Ma che fai?!"

"Che faccio io?! Non sono io quello che è entrato dalla finestra e mi ha schiacciato sul pavimento!"

 

"M-Mi scusi..."

"Ohh. Non avevo notato di essere arrivato fin qui."

 

"Piacere di conoscerti... mi chiamo Kim Myungsoo!"

 

 

I due ragazzi avevano voglia di ridere di fronte a quel ricordo. Avevano voglia di ridere ripensando a come si fossero conosciuti. Avrebbe voluto ridere di come fossero finiti dall'odiarsi all'amarsi.

Era davvero giunto il momento di mettere il punto a tutta quella lunga storia?

Si, era davvero giunto quel momento.

 

Era il momento di finire di vedere quel  film e leggere i titoli di coda.

 

Myungsoo e Sungjong si guardarono ancora negli occhi, prima di mettere la parole fine alla loro storia.

Era necessario un lungo toccante discorso a conclusione di quel film?

Forse no. Forse era sufficiente qualcosa di più semplice.

E infatti misero quel punto facendo incontrare le loro labbra in un bacio.

Il Capo del Paese strabuzzò gli occhi di fronte a quel gesto inaspettato, mentre i due ragazzi si stringevano le mani e cominciano a fissarlo sereni, fin troppo sereni considerando la situazione.

Sungjong aprì la bocca, parlando per entrambi:

"Abbiamo finito qui, possiamo andarcene ora?"

Come previsto, l'uomo non poté che finire di perdere completamente il suo autocontrollo, saltando in piedi e lanciando quei fogli appoggiati sul tavolo addosso ai due ragazzi che non si scomposero nemmeno di mezzo millimetro.

"BASTA! NON VOGLIO STARVI PIU' A SENTIRE! AVETE CHIUSO CON QUESTO PAESE! VI VOGLIO VIA DI QUI AL PIU' PRESTO! NON VOGLIO MAI PIU' RIVEDERE I VOSTRI DISGUTOSI SORRISI E LE VOSTRE INSULSE PAROLE!"

Come era stato ordinato, i due ragazzi uscirono mano nella mano da quel posto. Sungjong appoggiò la testa affettuosamente sulla spalla di Myungsoo, che in tutta risposta gli depositò un bacio sulla fronte.

 

Il film era finito, mancavano solo i titoli di coda.

E dopo quelli, la loro vera vita sarebbe potuta finalmente iniziare.

 

 

Sungjong si trovava ai piedi di quel precipizio. Quattro uomini gli stavano accanto ed anche il 10, che ora sapeva essere il Capo del Paese, era già di fronte a lui. Quello era il suo sogno, il suo incubo abituale. Sapeva come andava avanti e come finiva, quasi un film di cui ormai conosceva anche le battute. Mancava solamente Myungsoo e poi anche per quella volta l'incubo si sarebbe concluso.

Eppure del 9,9 non c'era alcuna traccia per quella volta.

Forse quella volta il sogno si sarebbe concluso in modo diverso?

Come da copione però uno dei quattro superiori si mosse verso Sungjong dopo l'ordine del Capo del Paese, e sempre come da programma il ragazzo fu spintonato giù dal burrone.

Quella era il suo sogno, il suo incubo abituale che ormai si portava avanti da un paio di settimane. Era cominciato la volta in cui era finito per ammalarsi ma qualcosa gli suggeriva che sarebbe finito quel giorno.

Perché quella volta era diverso.

Sungjong sentì ancora una volta il suo corpo onirico che veniva spinto all'indietro e finiva per cominciare a perdere equilibrio nel vuoto, lentamente. E sempre lentamente cominciò a cadere. Il giovane fece per chiudere gli occhi, ma ben presto li riaprì al suono di una voce che chiamava il suo nome, seguito da una serie di passi veloci in sua direzione.

Quello era il suo incubo, eppure quella volta era diverso.

Perché Myungsoo non avrebbe riso soddisfatto al concludersi del sogno.

Perché Myungsoo quella volta si stava gettando nel vuoto insieme a lui.

Il 9,9 allungò una mano verso Sungjong che ben presto gliel'afferrò, abbracciando poi il corpo di quel ragazzo mentre scivolavano in caduta libera.

Gli occhi del più giovane pungevano e non tentò di trattenere in nessun modo le lacrime che finirono per uscire fuori dai suoi occhi e volare nel vuoto.

Il tempo tornò a trascorrere normalmente, mente un silenzioso countdown si avvicinava alla fine.

Un ultimo rintocco e i due ragazzi caddero a terra. Stretti nell'abbraccio l'uno dell'altro. Sorridendo.

Le loro targhette si erano staccate durante quella caduta e ora erano lontane da lì.

Senza nessun'unità a distinguerli, i due ragazzi potevano abbracciarsi liberamente.

Quella volta erano caduti insieme.

Quella volta avevano accettato insieme le conseguenze.

Perché avevano deciso di non lasciare più andare la mano l'uno dell'altro.

Li avevano ricoperti sempre di tante colpe e avevano cercato di metterli nei guai, ma alla fine ce l'avevano davvero fatta?

Dopotutto la loro colpa era solo una e non poteva nemmeno essere definita una vera e propria colpa.

 

La colpa di essersi innamorati.

 

 

✖✖✖

 

 

NO POV ]

 

— F l a s h  B a c k —

 

 

"Cosa vuol dire che vuoi il divorzio? Perché mai dovresti voler divorziare da me!?"

"Hai capito bene, non serve a niente continuare a parlarne. Non cambierò idea."

"Perché...? Perché dopo tutto quello che ho fatto per te vuoi divorziare!? Ti ho dato una bella vita, un posto nella società, tanti privilegi! Hai avuto tutto quello che una persona possa desiderare!"

"È qui che ti sbagli... non hai mai fatto nulla per me. Quello che volevo era solamente vivere una vita felice con la persona che amo."

"Vorresti insinuare che non ti ho mai amata!? Ho fatto tutto per te! Ho ribaltato questa società in modo che potessimo vivere una vita felice!"

"La cosa ti sta sfuggendo di mano... stai esagerando. Tuo padre ha creato questa società per il bene del paese, non per fare un'inutile classifica delle persone!"

"Ma non capisci!? In questo modo saremo solo noi a trionfare sugli altri! In questo modo tutti capiranno chi è al potere e chi rispettare! Questo terrà a bada le masse e permetterà a tutti di vivere una vita migliore!"

"Trionfa da solo se è quello che vuoi. Io non ho alcuna intenzione di vivere questa vita che spacci per migliore."

 

 

La Prima Generazione delle Unità è datata 1950.

Quello fu l'anno in cui per la prima volta le Unità furono introdotte e fu anche l'anno in cui era scoppiata la Guerra. In quegli anni al potere c'era un forte uomo, dai capelli ormai ingrigiti ma dal valore ancora eccelso. Un uomo che aveva solamente un'idea: far ritornare l'ordine nel suo Paese.

Come ci racconta la storia, allo scoppiare di un conflitto si cerca subito una soluzione, una soluzione che sia sufficientemente efficace. E anche quel valoroso uomo aveva pensato ad una soluzione.

E così nacquero le Unità. Un semplice numero assegnato ad ogni persona, a mo' di censimento. In quel modo l'anziano Capo del Paese era riuscito ad avere concretamente notizia delle persone che vivevano in quel paese e allo stesso tempo era riuscito a dare un ordine, inizialmente precario ma che poi si era rivelato sufficientemente efficiente.

La Prima Generazione delle Unità però non conosceva alcuna insufficienza e a nessun uomo o donna era stato dato un basso numero. A quel tempo le unità andavano dal 6 a un massimo di 10, ed erano scelte solamente in base alla classe sociale di appartenenza. Nessuna bellezza, nessuna estetica, nessuna umiliazione.

Il Capo del Paese aveva compreso che per poter riportare l'ordine era necessario fare una lista, una lista di numeri, e a quei numeri assegnare determinati privilegi. Chi aveva un numero più basso, riceveva di conseguenza più compensi e sostegni da parte del Paese. E in questo modo il malcontento era via via sfumato, finendo per scomparire.

Era così che funzionava ed era così che la Guerra si era conclusa.

Era bastato ricordare alle persone più benestanti quanto fossero fortunate dandogli un numero alto, e nel frattempo sostenere le famiglie in difficoltà.

Il Capo del Paese era un uomo intelligente, una persona che aveva compreso che alla fin fine bastasse così poco per porre fine ai conflitti.

Accadde che però la vita dell'uomo si spense e lo scettro fu passato in mano al primogenito e unico figlio.

Il primogenito non era una persona cattiva. Faceva parte delle Alte Classi e un 9 trionfava fieramente sui suoi abiti ogni qualvolta che usciva di casa.

Il primogenito non era una persona cattiva, però era finito per diventarlo. Il primogenito non era mai stato una persona dalla particolare bellezza e, per un motivo o per l'altro, era sempre stato classificato come "brutto" di fronte a tutti i suoi compagni di classe. Non era il classico ragazzo popolare, ma era un giovane qualsiasi, uno di quelli che passano inosservati sia nel male che nel bene.

Al primogenito questo però non era mai andato bene. Il primogenito aveva deciso che avrebbe cambiato quel Paese. Aveva deciso che era venuto il momento di cambiare le cose.

E quell'occasione si era presentata con la morte del padre.

A complicare le cose c'è da aggiungersi il fatto che, negli anni della sua ascesa al trono, i canoni di bellezza stavano velocemente mutando. Da una bellezza naturale si stava passando a una bellezza sempre più finta e sempre più distante dalla realtà. I bei tratti caratteristici di quella popolazione cominciavano a scomparire e con loro scomparvero anche le Unità come fino a quel momento erano state conosciute.

L'uomo cambiò il modo in cui assegnare quei numeri, basandoli solamente sulla bellezza esteriore e su canoni assurdi che lui stesso aveva prestabilito. Cambiò quell'assegnazione ed introdusse anche le Insufficienze. Che senso ha non dare privilegi a chi se lo merita avendo un'Alta Unità?, si era sempre domandata la sua mente, egoisticamente.

Come da programma, nessuno accettò quel brusco cambiamento. E così cominciò la Generazione dei Rivoluzionari. Anche la stessa moglie di quell'uomo fece parte di questo gruppo, gruppo di persone che avevano compreso quanto fosse ingiusto tutto quello e che non era quello ciò che il precedente Capo del Paese avrebbe voluto.

I Rivoluzionari vennero però conseguentemente placati con l'introduzione delle Unità ereditarie, e dopo quest'ultima novità nessuno riuscì più a ribattere alle parole dell'uomo. Uomo che ormai non ascoltava più ragioni e mai l'avrebbe più fatto.

 

Gli Insufficienti non erano mai esistiti e mai sarebbero dovuti esistere, perché è impossibile giudicare oggettivamente la bellezza di una persona e nessuno può ritenersi brutto nel suo essere unico.

Ma così, vivendo negli inganni e nella menzogna, quella società era diventata di plastica.

Tutto frutto di un uomo assetato di potere che era sempre stato chiamato "brutto" e alla fine si era anche lasciato portare via la moglie.

E questo non lo aveva potuto accettare. Non aveva davvero potuto accettarlo.

 

 

 

 

Note dell'autrice

Maggie è qui! * lancia coriandoli * Eccoci arrivati a questo penultimo capitolo che ho pronto da mezzo secolo ormai (per i miei canoni naturalmente). Lo pubblico solo ora però perché attendevo di finire di scrivere anche il prossimo capitolo e dunque si... ho finito di scrivere la fanfiction. Per davvero questa volta.

Questo capitolo e l'ultimo sono quelli che più bramavo di scrivere ma alla fine sono venuti fuori anche peggio di quanto mi sarei mai aspettata. (?) E' un'accozzaglia di troppe informazioni e potrebbero risultare eccessivamente precipitosi e senza senso, quindi domando scusa. Se non avete capito qualcosa, soprattutto della parte finale - che più riscrivo più è incomprensibile - chiedete pure senza problema, sono qui per questo ; w ;
Finalmente (?) sono state spiegate molte cose che da tempo erano sconosciute, quindi spero non siate rimasti delusi. Ed ecco a voi anche il motivo per cui al mio ultimate avevo dato un 5,5.

La parte finale è molto confusa lo ammetto ;; Spero abbiate capito almeno un pochino-ino-ino di quel che volevo dire çç

E niente... Ho appena finito di scrivere l'ultimo capitolo quindi sono ancora in fase depressiva, diciamo così (poi sto anche ascoltando "No More" di Lim Kim e non so nemmeno io perché, sta di fatto che non migliore il mio umore). Quasi sicuramente la prossima settimana pubblicherò la fine. Ugh.

Grazie di tutto e per aver letto lo scorso capitolo ; ; Siete degli amori e lo so di avervi fatto tanto dannare ma ora mi dispiace così tanto dovervi presto salutare-- * va a piangere per sempre *

 

Grazie grazie, miei bellissimi pandashipper (?) < 3

 

Alla prossima;

 

Love you,

Maggie

 

Ps. Torno a precisare che per la data della Guerra ho usato quella della Guerra di Corea, ma non c'entrano assolutamente nulla. (?)

   
 
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