Medaglia
d’argento
Bridgette si
sentiva strana. Era
come se fosse persa nei suoi pensieri, come se non fosse a contatto con
il suo
corpo, o con il resto del mondo. “Chissà che ora
è” si chiese perplessa. Cercò
di rimettere a fuoco la vista e poco a poco tornò in
sé.
Non
l’avesse mai fatto.
Si
guardò intorno spaesata. Dov’era
finita?! Non era a casa e non c’erano i ragazzi, o Ashley,
con lei. Era in una
stanza grande, con la parete di fronte a lei di vetro.
C’erano dei divisori che
creavano piccoli spazi separati contro il vetro, e lei era seduta su
uno
scomodo sgabello fra due di quei divisori. Si voltò,
inquieta. Dietro di lei,
un paio di… poliziotti?! Erano seduti ad un tavolo e
giocavano a carte,
annoiati.
“Kate?
Kate! Concentrati,
dannazione!” fece una voce alle sue spalle, distorta dal
vetro. Bridgette si
voltò e, con orrore, si trovò davanti a un uomo
pelato e grassoccio, con il
collo taurino e gli occhietti piccoli che la scrutavano. Indossava una
divisa
arancione e, sul petto, aveva un numero a sei cifre: 86005.
“Tu… tu…” balbettò
Bridgette, con le lacrime agli occhi. Lo conosceva bene.
Era
l’uomo che violentava Elyse e
Gemma, prima di finire in prigione.
“Che
cosa diavolo ti prende,
Kate?!” sbottò lui.
Bridgette non
riusciva a capire.
Era in prigione, allora? Perché era andata a trovare quel
mostro? E come mai
non si ricordava più nulla?!
“KATE!”
“Non
mi chiamo Kate!” sibilò
Bridgette, prima di rendersi conto di cosa era successo.
Kate. Di nuovo.
Voleva rovinarle la
vita, ancora? Non le era bastato farla cacciare di casa una volta?!
Perché sì, Bridgette
era stata abbandonata dai suoi genitori adottivi solo per colpa della
cattiveria di Kate. Non erano bastate le sue suppliche: nessuno voleva
avere a
che fare con una pazza.
L’uomo
la guardò, quasi non
capisse. Poi fece un piccolo verso di realizzazione. “Kate,
è ancora quella tua
doppia personalità?” chiese. “Io non
sono una doppia personalità! È lei
l’intrusa!” disse Bridgette con rabbia. Il suo
sguardo si posò casualmente
sull’orologio al polso di lui: le tre di pomeriggio. Si
chiese da quanto tempo
fosse lì. “Certo che sei la seconda
personalità. Brigitte, vero?”
“Non
è quello il mio nome, e non
dovresti nemmeno saperlo. Che ci faccio qui?”
“Tu
sei un’ospite sgradita, mia
cara. Stavo parlando con Kate, prima che tu ti intromettessi. Non hai
nulla di
meglio da fare? Vagare nella tua mente un po’, magari, e
lasciare alla padrona
di questo corpo un po’ di respiro?”
“Ma
che…”
“Kate
mi racconta spesso di come le
metti i bastoni fra le ruote. È particolarmente arrabbiata
per un motivo, un
ragazzo. Dice che vorrebbe poter avere una relazione con lui, ma ormai
tutti
credono che lei sia omosessuale e stia con una sua amica, solo
perché sei tu ad
avere una cottarella per quella ragazza. Non ti vergogni?”
“Non…”
“Fammi
il favore di tornartene al
tuo posto. Stavo discutendo con Kate di questioni importanti, non ho
bisogno di
una goffa impicciona che mi faccia sprecare i miei colloqui.”
Bridgette
sentì le lacrime agli
occhi. Non capiva. Come era possibile che Kate avesse preso il
sopravvento
tanto a lungo da permettere a quell’uomo di credere che lei
fosse in comando? E
da quanto si vedevano così? Cosa voleva Kate da lui? Oppure,
cosa voleva lui da
Kate?
Non ricordava
nemmeno il suo nome.
L’aveva sentito al processo, sì, ma non lo
rammentava. Smith, forse. Sì, il
cognome doveva essere Smith. Il nome… Non ne aveva idea.
Qualcosa di comune,
troppo comune per essere ricordato. John, forse? Jim? Era corto, certo,
ma non
lo ricordava. Alex? Nico?
Decise di non
pensarci più. Smith
bastava e avanzava.
Improvvisamente
le venne in mente
ciò che era successo a Elyse. Bridgette era certa che si
trattasse di un
attacco di Kate: come spiegare, altrimenti, la lametta al suo fianco
quando si
era svegliata, e le mani sporche di sangue, proprio quando Elyse era
stata
aggredita?
Ricordava con
estrema chiarezza il
momento in cui si era svegliata da quella trance. Con quanta paura si
fosse
resa conto di aver le mani e le braccia piene di sangue. Di come, con
orrore,
avesse notato la lametta, e avesse cercato dei tagli sul proprio corpo.
Non
trovandone, sollevata, si era alzata ed era uscita dalla stanza, ancora
scossa.
Attirata dal trambusto in camera di Elyse, si era diretta
lì… E aveva visto
tutto. Zayn a terra, con gli occhi semichiusi, Harry che sembrava un
morto da
quanto era pallido, Gemma che tentava di prendere in mano la
situazione… e
Elyse. Piena di tagli. Bridgette era scappata via, con un conato di
vomito, e
nella solitudine della sua stanza aveva capito cos’era
successo.
All’ospedale,
continuava a esitare
se dire la verità o meno a Elyse. Semplicemente, non ci
riusciva. Non sapeva
come fare.
Che Kate avesse
preso l’idea da
lui?
Bridgette rimase
immersa in quei
pensieri a lungo, fino a quando non decise che era meglio sapere cosa
voleva da
lei Smith. Così, si concentrò di nuovo su di lui.
Le stava parlando, ma Bridgette
non aveva fatto attenzione a ciò che le aveva detto.
Così, captò solo le ultime
parole: “… E quando hai finito con Elyse, fai la
stessa cosa a Gemma, chiaro?”
“Cosa?”
fece confusa e impaurita.
Lui la guardò di nuovo, prima di capire. “Ancora
tu?”
“Cosa
intendi?”
“La
vuoi smettere di intrometterti?
Stavo parlando di una cosa importante con Kate.”
“Cosa
vuoi che faccia a Elyse e
Gemma?”
“Non
ti riguarda.”
“Invece
sì! Stai usando il mio
corpo per fare qualcosa alle mie amiche!”
“Signorina,
non è il tuo corpo, e
non sono le tue amiche. Sei tu che ti intrometti sempre e credi di
avere una
parte importante in questa vita. Ma non ce l’hai, okay? Sei
la seconda.
Seconda, ti deve entrare in testa questa parola. Non sei al primo
posto. Sei la
medaglia d’argento. E basta.”
Bridgette si
sentì schiaffeggiata
da quelle parole. Abbassò lo sguardo, che per caso si
posò sull’orologio di
Smith. Trasalì.
Le quattro meno
venti.
Non era
possibile che avessero
parlato per quaranta minuti. Davvero aveva staccato la spina per tutto
il resto
del tempo? Davvero Kate era venuta allo scoperto mentre lei rifletteva?
Una vocina nella
sua mente
continuava a chiedersi: “Ma è davvero Kate che
è venuta allo scoperto? O sono
stata io?” Ma no, non era possibile. Smith non poteva avere
ragione. Bridgette
non era la seconda, no. Era sempre stata sicura di essere la prima. Non
che
questo fosse una garanzia: chissà, magari anche Kate era
sicura di essere la
prima. Però Bridgette era in possesso del corpo la maggior
parte del tempo…
Oppure no? Come aveva dimostrato spesso, non sapeva riconoscere quando
l’altra
prendeva potere sul suo corpo. E lei spesso si perdeva fra le
nuvole… Le venne
in mente che non c’era nessuno ad assicurarle che, nei
momenti in cui vagava
nei suoi pensieri, Kate non prendesse il sopravvento. Aveva baciato
Niall
mentre lei pensava ad Ashley, no? Aveva sfigurato Elyse mentre lei
pensava a
come sarebbe stato bello portare fuori la sua ragazza. E
chissà quante altre
volte era venuta allo scoperto. Solo perché lei non lo
sapeva, non significava
che non fosse successo. Una sottile paura le si stava insinuando
dentro, e lei
cercava sempre più febbrilmente di capire cosa stesse
succedendo alla sua
mente. Arrivò a maledirsi per essere nata così.
Perché lei aveva due
personalità? Cosa era successo nella sua testa, che aveva
fatto nascere anche
Kate? Perché non poteva essere una ragazza normale, come
Ashley, o Gemma?
Doveva esserci
un modo per
liberarsi di lei.
Ormai le
sembrava ovvio che Kate
veniva fuori quando lei non si concentrava sul mondo. Le venne in mente
che
anche in quel momento la sua mente stava vagando…
Ciò significava che Kate era
uscita allo scoperto?
Si
concentrò di nuovo su Smith,
decisa stavolta ad allontanare Kate da lui. “Se devo essere
la seconda
personalità – si disse – sarò
quella che impedisce alla prima di combinare
guai.” Il suo sguardo incontrò
l’orologio dell’altro: si era persa altri dieci
minuti della sua vita. Quando era nella sua mente il tempo sembrava
scorrere in
modo differente.
Si
alzò di scatto, facendo
spaventare Smith. “Che diavolo fai?!” esplose.
“Me ne vado” disse Bridgette
risoluta, voltandosi e uscendo dalla grande stanza. Arrivò
all’ingresso della
prigione e i suoi occhi si posarono su una donna alla reception. Le
venne
un’idea: lei non avrebbe potuto fermare Kate, ma Kate avrebbe
potuto essere
fermata da qualcun altro. Si avvicinò alla donna, che doveva
essere sulla
trentina, e sulla divisa lesse il nome: Gilda. “Serve
aiuto?” le chiese lei con
un sorriso amichevole. Bridgette si costrinse a non perdersi nei suoi
pensieri
e le disse: “Sì. È una cosa molto
importante.”
“La
ascolto.”
“Mi
chiamo Bridgette Anderson.
Dovete impedirmi di entrare di nuovo in questa prigione.”
“In
che senso? Si sente bene? Non
capisco.”
No,
non sto bene per niente, si disse
Bridgette, prima di
continuare. Le spiegò il suo problema della doppia
personalità, mentre Gilda
sgranava gli occhi. Bridgette si astenne dal dire ciò che
aveva fatto ad Elyse,
limitandosi ad un: “Kate ha fatto del male ad una delle mie
migliori amiche, su
ordine di un prigioniero. La mia amica è finita
all’ospedale per questo, e so
che Kate e Smith tramano per ripetere il tutto anche con
un’altra mia amica.”
“Ma
perché ha preso di mira voi?”
“Lei
sa chi è Smith?”
“Sì,
mi sembra di ricordare che sia
l’uomo che violentava delle adolescenti.”
“Ecco,
quelle adolescenti sono le
mie amiche.”
“Oh,
mi dispiace tanto, davvero”
fece Gilda con un’espressione che trasudava compassione.
“Dovete impedire a
Kate di parlare con Smith” fece decisa. Gilda
sembrò rifletterci un po’ su. “Se
vuoi, Bridgette – posso chiamarti Bridgette, vero?”
Lei annuì e l’altra
continuò: “Ho un modo per eliminare il problema
alla radice.”
“Sì?
Quale?”
“Posso
impedire che Ector Smith
abbia contatti con altri.”
Bridgette si
sentì aprire in un
sorriso speranzoso. “E come?”
“Ho
bisogno della documentazioni
che provi che è ancora un soggetto in grado di nuocere. Un
documento
dell’ospedale che mi confermi che la tua amica non si
è fatta male da sola, e
un documento che mi dimostri che soffri di doppia
personalità, e che la tua
seconda è potenzialmente pericolosa.”
“Non
c’è problema.”
“E ho
bisogno anche di alcune
firme.”
Ora
c’è un problema,
pensò lei, mentre il sorriso le moriva sulle labbra.
“E quali firme servono?”
“La
tua, ovviamente, quella della
ragazza che è finita all’ospedale, e quella
dell’avvocato che si è occupato del
vostro caso.”
“È
proprio necessaria quella della
ragazza?”
“Sì.
Perché, c’è qualcosa che non
va?”
“No,
no, niente” mentì Bridgette,
mentre iniziava a pensare a quando lo avrebbe detto a Elyse. Gli
scenari
peggiori si dipinsero nella sua mente e lei rabbrividì.
“Quindi, le devo
portare questi moduli entro quanto?”
“Appena
puoi. Intanto, provvederò
personalmente a non farti avere nemmeno un colloquio con Ector
Smith.”
“Posso
fidarmi?”
“Certo.”
“Anche
se venissi qui e le dicessi
che ho cambiato idea?”
“Non
vedrai mai più Ector Smith in
vita tua, Bridgette. E soprattutto, non lo vedrà
Kate.”
Ecco
come si chiamava,
pensò. “E quando uscirà?”
“Quelli
sono problemi per dopo, no?
Intanto, avete qualche anno di tranquillità” fece
Gilda con un sorriso.
Bridgette sorrise a sua volta. Ringraziò la donna e
uscì dalla prigione,
diretta a casa. Si fermò sul ciglio della strada, prima di
rendersi conto di
non sapere minimamente in che direzione andare. Sbuffò.
“Accidenti al giorno in
cui Kate ha deciso di mettersi in combutta con quel mostro”
mugugnò, cercando
su Google Maps una strada per tornare a casa.
***
Quando
arrivò a casa, trovò Ashley
sul divano, che leggeva un libro. Nell’aria, alleggiavano le
note dolci di I’m There,
una canzone che Ashley
adorava. “Sa d’estate – le diceva sempre
– e di amici. Sa di notti sulla
spiaggia e scherzi, di falò all’aria aperta e
giochi, di risate e baci, di
condivisione e pace. Sa di vita e gioventù, sa di
libertà.” Bridgette non
sapeva come quella canzone potesse farle quell’effetto, ma
ogni canzone è
importante per qualcuno a modo suo, e quindi non faceva domande.
“Ehi,
Ash” fece. Lei alzò lo
sguardo dal libro e le sorrise. “Ciao, piccola” le
disse, alzandosi e raccogliendosi
i capelli rossi. Bridgette si avvicinò a lei e le
stampò un bacio sulle labbra.
Poi, Ashley la squadrò dubbiosa. “Ma non dovevi
andare al supermercato? Dove
sei stata tutto questo tempo?” chiese. Bridgette si
sentì morire il sorriso
sulle labbra, mentre il momento della verità si avvicinava.
“Vi ho detto che
stavo andando al supermercato?”
“L’hai
detto a me, a dire il vero.
Sono da sola.”
“Gli
altri dove sono?”
Ashley la
guardò in modo strano.
“Sei sicura di stare bene?”
“Ash,
rispondimi senza fare
domande, ti spiegherò tutto dopo.”
“Louis
e Abigail stanno riportando
Chiara a casa sua, dato che sua zia è tornata. Harry e Liam
stanno lavorando in
spiaggia, e Elyse, Gemma e Niall sono con loro. Dato che in questo
periodo c’è
pochissimo da fare in spiaggia perché
c’è freddo, credo stiano facendo i matti
e basta. Zayn è in palestra. Io sono qui perché
mi avevi detto che saresti
andata a fare la spesa, così ti ho aspettato.
Però… Non hai le borse, quindi,
devo dedurre che…”
“Non
ero io, Ash.”
“Come?”
chiese Ashley, mentre
iniziava a capire cos’era successo. Bridgette
sospirò. “Devo dirti una cosa”
fece con voce tremante.
***
Le
raccontò tutto. Ogni cosa che
era successa. Di come si era trovata in prigione, e di come ogni
secondo
perdeva il controllo. Di come Ector stesse tentando di rovinare la vita
di
nuovo ad Elyse e Gemma. Di come Kate avesse procurato a Elyse tutti
quei tagli.
Di come lei si sentisse impotente. Di come Ector le avesse messo in
testa di
essere la seconda personalità – perché
sì, iniziava a crederci anche lei. Di
come Gilda le avesse promesso che Kate non avrebbe più avuto
contatti con
Ector. Di come avesse bisogno di quei documenti in fretta.
Durante quel
racconto, intervallato
da momenti di silenzio in cui Bridgette doveva ricacciare indietro le
lacrime,
Ashley non disse una parola. Si limitò ad ascoltare, facendo
trapelare poco e
niente di quello che pensava. Solo quando Bridgette arrivò
alla parte in cui
raccontava di come Kate avesse ferito Elyse, lei spalancò la
bocca in una muta
esclamazione di orrore. Ebbe un’altra reazione solo quando
Bridgette le disse:
“Sai, Smith mi ha detto che sono solo una medaglia
d’argento. Che sarò sempre e
solo al secondo posto, e che sto rovinando la vita di Kate. Che dovrei
farmi da
parte.” In quel momento, Ashley sembrò voler
intervenire, ma si trattenne per
farla finire.
Quando Bridgette
terminò, Ashley
rimase in silenzio qualche secondo. Poi parlò:
“Partiamo dalle cose importanti.”
“I
documenti?”
“No,
tu.”
“Che…”
“Solo
perché un verme pensa che tu
sia una seconda personalità, non significa che abbia
ragione. Non credere di
essere meno importante di un paio di fogli di carta. Non credere di
essere meno
importante di Kate. Perché agli occhi dei tuoi amici, sei
importante. Sei
importante ai miei occhi. Sono innamorata di te, Bridgette, non di
Kate. i tuoi
amici sono tuoi amici, non di Kate. E che tu lo pensi o no, quelle
labbra da
baciare, quegli occhi che mi guardano sgranati e impauriti, quei
capelli scuri,
quelle mani tremanti, quel corpo minuto, sono tuoi. Non di Kate. Non
sei
seconda a nessuno, Bridgette. E non è colpa tua se con te
c’è anche Kate. Non
c’è una cosa di te che valga una medaglia
d’argento, sei tutta una medaglia
d’oro, e anche se sembra stupido da dire, lo penso. E
probabilmente non te ne
rendi conto, ma non sei inutile. Mi hai insegnato e dato
così tanto, e ancora
non te ne rendi conto. Mi hai fatta innamorare di te, con i tuoi pregi
e i tuoi
difetti, e ne vale la pena ogni volta. Bridgette, devi capire che non
sei
rimpiazzabile. Non voglio nessuno al tuo posto, non voglio Kate.
È il tuo posto. Voglio
solo te. E a quanto
pare te lo dimentichi spesso, ma te lo ricordo ancora: ti
amo.”
Bridgette
sentì gli occhi
pizzicare. Cercava di non piangere, invano. Una lacrima
scivolò sul suo viso e
lei se l’asciugò. “Sai, Ash?”
“Cosa?”
“Anche
se possono sembrare parole
semplici, è la prima volta che qualcuno mi dice queste cose.
E ne avevo
bisogno.” Le fece un mezzo sorriso e sussurrò:
“Grazie.” Ashley sorrise a sua
volta e le accarezzò il viso. “Su di me puoi
contare, Bridgette. Puoi fidarti.”
“Lo
so.”
Ashley le
rivolse un altro sorriso,
prima di tornare all’argomento. “Devi dirlo a Elyse
e Gemma. Meritano di sapere
la verità, soprattutto Elyse. Lo meriterebbero
tutti.”
“È
così difficile…”
“Lo
so, ma sono sicura che ce la
farai.”
“Grazie,
Ash.”
“E per
cosa?”
“Perché
credi in me.”
*Angolo autrice*
SONO TORNATA!!!
Eeeeeeeeeeeehi,
buonasera a tutti,
neh?
Come va? Tutto
bene? Come stanno
andando le vacanze? Io sono nello schifo coi compiti, lol. E come passo
le
giornate? A leggere gli Harry Potter e a scrivere. Sono molto
preoccupata, si
nota?
Passando alle
cose pratiche:
finalmente, dopo *fa il calcolo e ci mette un quarto d’ora
perché non riesce a
tenere a mente le cifre, così alla fine usa la benedetta
calcolatrice*
esattamente 333 giorni (credo e spero), ecco un aggiornamento di questa
povera
storia. A grande richiesta, oserei dire (ben QUATTRO persone, yeeee,
sto
facendo progressi xD).
Che ne pensate?
Ne è valsa la pena? Partendo dal fatto che non l'ho
riletto...
Sappiate che il
capitolo doveva
essere lungo tipo il doppio, ma ho deciso di tagliarlo,
perché la prossima metà
sarà dal punto di vista di Elyse e preferisco far due
capitoli separati (non è
ancora pronto ma presto lo sarà). Ah e, inoltre, non
c'è banner, perché ho bisogno di photoshop per
farne uno decente (l'altro era uno schifo e aveva i prestavolto
sbagliati); quindi, niente banner per un bel po' (sono in vacanza e il
solo il computer di mio padre ha Photoshop, abbiate
pazienza).
Prometto che
dopo questa luuuuunga
pausa non dovrebbero essercene altre. So, più o meno, come
andrà a finire la
storia.
Ho riletto i
capitoli e ho notato
che in uno spazio autrice avevo detto che non ci sarebbero stati
conflitti fra
le coppie. Bene. Dimenticate ciò che ho detto. E preparatevi
a un casino fra
non una, ma ben due coppie (succederà fra un po’).
Facciamo il sondaggio, quali
saranno le coppie, secondo voi?
-
Liam/Harry
-
Abby/Lou
-
Gemma/Niall
-
Ashley/Bridgette
-
Zayn/Elyse
Vediamo chi ci
azzecca!
Ultima cosa
riguardo alla storia:
che ne pensate delle prestavolto delle ragazze??
Credo che
aggiornerò, ma molto
piano, dato che sto andando avanti anche con altre tre storie. Una
è pubblicata
qui, le altre due no (una lo sarà solo quando
l’avrò finita, l’altra non
sbarcherà mai su EFP). La storia che è su EFP
è forse quella di cui vado più
fiera e quella per cui ho speso le maggiori energie: Look into my eyes.
È tanto
chiedervi di passare anche da lì, se avete voglia?
Sopportate i primi capitoli
da bimbaminchia, perché più avanti la storia
migliora (a mio parere). Vi prego,
mi farebbe piacere sapere che ne pensate!
Dopo avervi
annoiato tanto con
questo spazio autrice (grazie a chi ancora sta leggendo), vi saluto! A
presto
(e stavolta davvero)!
Ranya