Upside
down
27 maggio
2012 (due anni prima)
Calum era seduto
all’ombra
dell’albero più grande del parco, appoggiato al
tronco. Sotto di lui, aveva
steso un lenzuolo verde bottiglia. Sopra di esso, c’era la
custodia di una
chitarra e due zaini, oltre a una torta al cioccolato a cui mancava un
quarto
abbondante.
Calum passava le
dita sulle corde
della chitarra che teneva in grembo, facendole sibilare. Sopra di lui,
un
fruscio, troppo violento per essere causato dalla brezza leggera che
soffiava
in quel momento, continuava a ripetersi. “Attenta a non farti
male, eh?” fece
Calum guardando verso l’alto e incontrando lo sguardo dolce e
divertito della
ragazza abbarbicata sui rami sopra di lui. Madison ridacchiò
e si portò una
ciocca dei capelli ribelli e castani dietro l’orecchio, poi
scese di un paio di
rami, giusto per arrivare a quello sopra Calum. “Mi conosci
da cinque anni, e
ancora hai paura che io possa cadere? Quanta poca fiducia hai in me,
Cal! E
dire che dovresti essere il mio migliore amico!” fece
allegra, fissandolo con i
suoi occhioni scuri. Calum ridacchiò e scosse la testa.
“Sei proprio una
scimmietta” disse, tornando a concentrarsi sulla chitarra.
Migliore amico.
Era solo il suo
migliore amico. Solo il cielo sapeva quanto lui avrebbe desiderato
essere
qualcosa di più. E invece, lei era impegnata in quel suo
tira e molla con un
ragazzo che non la meritava nemmeno un po’.
“Cambierà – diceva sempre –
devo
solo dargli un’altra possibilità, stavolta ha
detto che ci prova sul serio.” E
intanto, ogni volta, Madison correva da Calum, in lacrime, cercando un
conforto
che otteneva solo da lui. “Grazie, sei il migliore amico che
una ragazza possa
desiderare” gli diceva sempre. Solo amico.
Calum non ce la
faceva più. Era
arrivato anche a scrivere con Luke una canzone, Heartbreak
girl, per lei. Gran parte del lavoro lo avevano fatto
lui e il suo cuore sofferente. Pensava che fosse un buon modo per dirle
ciò che
provava, ma quando gliel’aveva fatta sentire, Madison si era
limitata a
sorridere entusiasta e dire che era davvero una bellissima canzone, e
che la
ragazza che se la sarebbe sentita dedicare sarebbe stata fortunata.
Calum non
aveva saputo far altro che ridacchiare, mentre dentro di lui ogni cosa
urlava e
si dibatteva.
Non poteva
accettare come Madison
veniva maltrattata da quell’altro. Semplicemente, non ci
riusciva, e non
riusciva nemmeno a capire come fosse possibile che quel ragazzo non
capisse
quanto lei era importante e speciale. Insomma, se Calum fosse stato al
suo
posto, l’avrebbe trattata come se fosse la cosa
più preziosa che aveva, e non
avrebbe permesso a nulla e nessuno di farle del male, tantomeno a
sé stesso.
Calum
sospirò, mentre iniziava a
suonare una canzone lenta e malinconica, Lucky
one. “Why the stars are lined up so
perfectly for everybody, but not for me?”
canticchiò. Madison lo
guardò. “Perché sei triste?”
“Eh?”
“Suoni
questa canzone solo quando
sei triste. Cosa succede?”
“Niente,
stavo solo pensando” fece,
nascondendo un mezzo sorriso. Lei sì che lo conosceva bene.
“Suoni
qualcosa di più allegro?”
chiese Madison, con un faccino da cucciola troppo adorabile
perché Calum
potesse rifiutare. Lui ridacchiò. “Cosa le suono,
principessa?” chiese,
allungandosi e prendendo un’altra fetta di torta.
“Che
ne dici di quella bella
canzone che ha scritto per me?”
Calum per poco
non si strozzò con
il boccone. Tossì violentemente, poi: “Qu-quale
canzone?”
Madison, che
intanto si stava
dondolando a testa in giù, appesa come un pipistrello,
ridacchiò. “Tu credi che
io sia stupida, Cal?”
“No,
ma…”
“I dedicate this song to you, Calum. A chi
dedichi quella canzone?”
fece Madison inquisitoria. Lui deglutì. “Alla
ragazza che non vede mai la
verità” fece poi con voce flebile. Madison gli
sorrise. “Cal, so che non
apprezzi Johan. Si vede lontano un miglio che non lo sopporti. Credi
che mi
faccia stare male, e hai ragione, anzi, hai sempre avuto ragione. Ti
ricordi
cos’è successo una settimana fa?”
“Mi
hai chiamato mentre era a casa
tua e mi hai raccontato di come Johan si sentisse con
un’altra, di nuovo.”
“Già.
E sai che è successo, quando
abbiamo finito la chiamata? Dopo che lui mi aveva promesso che quella
volta
sarebbe stata diversa, e non mi avrebbe più
delusa?”
“Che
è successo?”
“Sono
scesa al piano di sotto, e
lui stava chattando con la stessa ragazza. Ho fatto finta di niente e
quella
sera, dato che ha dormito da me, gli ho rubato il telefono. Una piccola
ispezione, direi che ne avevo pieno diritto, no?”
“Certo.”
“Ecco.
Quei due stavano
organizzando un appuntamento per il giorno dopo, quando lui mi aveva
detto che
sarebbe andato a trovare sua nonna. E non è tutto:
quell’oca gli ha chiesto
come aveva intenzione di fare con me, e lui ha detto che si sarebbe
liberato in
fretta di una ragazza credulona come me. E non sono arrivata alla parte
più
bella, sai? La cosa migliore, è che ho trovato cinque
conversazioni così, con
cinque ragazze diverse” fece con un tono da cospiratrice.
Calum era a bocca
aperta e ribolliva per la rabbia. “Madison, lo so che lo
perdoni sempre, ma…”
“Stavolta
no.”
“Cosa?”
“Stavolta
no. Basta. Si è giocato
la sua ultima possibilità. Mi ha altamente grattugiato le
ovaie il suo
comportamento. Sono stanca di piangere per un cretino che non ci mette
niente a
rimpiazzarmi. Una persona importante mi ha insegnato che merito di
più di
questo; la stessa persona che mi è sempre vicino, nonostante
spesso io faccia
delle cretinate. La stessa persona che mi sprona sempre ad andare
avanti, a
fare del mio meglio. La persona che è arrivata anche a
scrivere una canzone per
me, per cercare di farmi capire che stavo sbagliando tutto. E che ci
è
riuscita. Calum, mi hai insegnato che valgo di più di
ciò che pensavo, che
merito più di uno stronzetto che rimorchia dieci ragazze
alla volta, e ti
ringrazio per questo. Se non fossi il mio migliore amico, mi verrebbe
da pensare
che provi qualcosa per me, ma, ehi, i miei filmati mentali devono
rimanere solo
filmati mentali” fece con tranquillità, come se
gli stesse raccontando i
risultati della partita di calcio. Calum non riusciva a credere alle
sue
orecchie. Aveva ricevuto troppe informazioni per formulare una risposta
decente.
Una parte del
suo cervello stava
ballando la macarena in gonnellino di foglie, reggiseno di noci di
cocco e
ghirlanda di fiori hawaiana, perché, accidenti, Madison
– la sua Maddy – aveva
finalmente lasciato perdere quel cretino! Non poteva essere vero!
L’altra
parte, invece, era
completamente in blackout. Incapace di mettere insieme due parole, o
due
pensieri.
Madison lo
guardò e rise. “Ho messo
in difficoltà quell’unico neurone che ti
è rimasto?” chiese. Era ancora a testa
in giù, e iniziava a essere paonazza.
“Di
che film mentali parli?” riuscì
a chiedere Calum. Si diede dello stupido: di tutto ciò che
poteva dire, proprio
quello doveva riuscire a mettere insieme? Davvero la sua mente non
aveva niente
di meglio da offrire? Forse Madison aveva ragione, il suo unico neurone
era
troppo stanco ed era andato a dormire. Si fece un appunto mentale: la prossima volta, morditi la lingua prima
di dire queste cretinate, zuccone.
Madison lo
guardò un attimo e lo
vide nel pallone, ma non ci fece caso, per fortuna di Calum.
“Sai, no? Quei
filmini mentali che ti immagini prima di andare a dormire, e che
qualche volta
diventano sogni. Quelli in cui fantastichi su come potrebbe essere la
tua vita
se cambiasse un solo particolare. Solo che tu non sei un particolare,
Calum.
Non sei un accessorio della mia vita, sei una delle strutture portanti.
E a
volte, anche se so che è stupido, mi immagino cosa sarebbe
successo se tu mi
avessi mai baciata. Se mai avessi provato dei sentimenti per me, che
vanno
oltre all’affetto. Sai, una volta, mentre pensavo a questi
scenari, mi sono
addormentata, e mi sono sognata accanto a te, nella vita. Avevamo anche
un
figlio, sai? Si chiamava Alexander. E so che è una
cretinata, ma ero felice.
Forse è stata anche quella felicità a farmi
rendere conto che con Johan non
andava bene. È successo il giorno prima che scoprissi delle
cinque altre
ragazze di Johan. E mentre la sera dopo lo cacciavo fuori di casa alle
due di
notte, chiudendolo fuori dalla porta ancora in pigiama e buttandogli il
cellulare dalla finestra, ho provato una cosa strana. Ero soddisfatta
di aver
finalmente chiuso quel capitolo della mia vita, ma allo stesso tempo
volevo
correre da te. Hai presente quando hai così sonno che la tua
mente sforna
pensieri che non sai da dove vengano? Ecco, lì per
lì ho pensato che sarebbe
stato bello correre da te, chiudere un capitolo e iniziarne uno nuovo,
migliore, con te. E stavo per farlo, sai? Avevo già messo le
scarpe. Poi mi
sono data della stupida e sono tornata a dormire, perché
è la stessa cosa che
mi avresti detto tu: ‘torna a casa, Maddy, stai
delirando.’ O no?” chiese
Madison, raddrizzandosi, finalmente, mentre il sangue le defluiva dal
cervello
e lei sospirava dal sollievo. Calum non aveva parole. Ci fu qualche
secondo di
silenzio, poi Madison continuò: “No, probabilmente
non mi avresti detto solo:
‘torna a casa, Maddy, stai delirando.’ Prima
avresti fatto i salti di gioia,
perché finalmente mi ero liberata di lui. Poi mi avresti
chiesto che ci facevo
da te alle due e mezza di notte – perché ci avrei
messo mezz’ora ad arrivare da
te. Ti avrei raccontato tutto, e tu mi avresti offerto di dormire da
te, come
facevamo sempre. Mi avresti detto che il troppo sonno mi aveva dato
alla testa
e che stavo dicendo cose di cui mi sarei pentita il giorno dopo.
Perché tu sei
il mio migliore amico, e non devo avere questi pensieri
su…”
“Fai
finta che io non sia più il
tuo migliore amico, Maddy.”
“Eh?”
“Ti ho
chiesto di far finta che io
non sia il tuo migliore amico” disse Calum sicuro. Madison
tornò a testa in giù
e Calum si alzò in piedi. Erano faccia a faccia, quasi come
se stessero
rifacendo la scena di Spiderman al
contrario. “Non capisco, Cal” fece Madison confusa.
Calum prese un gran
respiro. “Mi conosci come non mi conosce nessuno, Madison, ma
hai sbagliato.
Tre anni fa avrei avuto la reazione che hai descritto. Ora, ti spiego
io cosa
avrei detto. Per la prima parte avresti avuto ragione: avrei ballato la
conga
alla notizia di Johan chiuso fuori casa in mutande, e se aspetti ancora
qualche
minuto credo che lo farò davvero. Poi, sì, ti
avrei chiesto perché eri venuta a
casa mia a quell’ora. E se tu mi avessi detto ciò
che mi hai detto ora –
esattamente come l’hai detto ora – non ti avrei
detto di tornare a casa, e
nemmeno di rimanere a dormire da me.” Madison lo guardava,
paziente e curiosa.
Calum si fermò per radunare di nuovo le idee. Intanto,
incontrò di nuovo quei
pozzi scuri che erano gli occhi di lei, quegli occhi dolci e allegri,
spensierati, ma troppo spesso pieni di lacrime, quegli occhi che
l’avevano
fatto innamorare. Furono quelli a dargli il coraggio di continuare:
“Hai detto
che, se non fossi il tuo migliore amico, avresti sospettato che
nutrissi
qualche sentimento verso di te. E hai detto – se non mi
sbaglio – che non devi
pensare a me come qualcosa di più di un amico,
perché sono solo il tuo migliore
amico. Ecco perché…” deglutì
quasi rumorosamente. “Ecco perché voglio che tu
faccia finta che io non sia il tuo migliore amico. Solo per un attimo.
Dammi
solo il tempo di fare questo.” Così dicendo, si
alzò sulle punte e, prima che
Madison potesse dire nulla, posò le labbra sulle sue,
appoggiando le mani sulle
guance di lei. Fu un contatto brevissimo, lui si staccò
subito, lasciando
Madison a penzolare a bocca aperta, mentre il viso un po’
lentigginoso di lei
diventava rosso. “Sono innamorato di te, Maddy –
fece Calum – e anche se ho
solo quindici anni, non m’importa, è troppo tempo
che me lo tengo dentro. Da
tre anni, quando ti vedo mi si smuove qualcosa dentro. Forse sono
farfalle
nello stomaco, o forse sono elefanti che saltano la corda, non ne ho
idea. So
che sei l’unica ragazza che mi fa stare così. Non
m’importa se molti possono
pensare che siamo troppo piccoli per parlare di queste cose. Provo
qualcosa di
forte per te, Maddy. Mi hai fatto innamorare, con la tua
semplicità, la tua
dolcezza e, perché no, anche la tua pazzia. Dammi una
possibilità. Ti prometto
che non starai mai male per colpa mia. Non me lo perdonerei mai. Sei
troppo
importante, troppo preziosa, troppo delicata e fragile
perché io possa
rischiare di farti del male. E non lo farò. Ti prego,
permettimi di provare che
ciò che sto dicendo non sono solo belle parole che potrei
mettere in una
canzone. Voglio davvero avere una possibilità con
te.” Quando finì, tirò un
sospiro di sollievo, mentre un peso si toglieva dal suo stomaco.
Madison, ormai,
era rossissima.
“Cal…”
“Sì?”
“Perché
non me l’hai detto prima?”
“Perché
tu eri in ballo con Johan,
e…”
“E gli
avrei tirato un calcio nel
sedere molto prima, se avessi saputo una cosa del genere. Non avrei
aspettato
tanto.”
“In
che senso?”
“Sai
quanta stima ho di me stessa.
Pensavo che quello fosse il massimo che potevo ottenere.
Così mi sono
accontentata. E anche se sapevo di sentire qualcosa per te, mi dicevo
che non
potevo essere ricambiata. Eri il migliore amico, non il ragazzo con cui
avrei
potuto provarci senza aver paura di rovinare qualcosa. Non volevo
perdere ciò
che avevo, Cal, capisci?”
“Capisco
benissimo” rispose lui,
sincero, mentre la speranza lo faceva fremere. Madison vide quanto lui
fosse
sulle spine si mise a ridere. “Vieni qui” disse
solo. Calum obbedì, per
trovarsi le mani di Madison dietro al collo, che lo attiravano a
sé. Le loro
labbra si incontrarono di nuovo, in modo un po’ brusco, ma
che comunque spedì
Calum dritto dritto al decimo cielo. Da lassù, ogni cosa era
così piccola, e
lui si sentiva il padrone del mondo. E come avrebbe potuto essere
altrimenti,
ora che stava baciando Madison?
Quando si
separarono, si sorrisero
radiosi. Era stato solo un bacio a stampo, ma per entrambi fu
abbastanza.
Madison fece per scendere: si piegò, mise le mani sul ramo e
si spinse giù, ma
il piede le si impigliò e cadde. Calum fu pronto a
sostenerla, prendendola al
volo per il busto, e lei sbatté solo i talloni. Scoppiarono
a ridere. “Sei
matta, scimmietta” fece Calum fra le risate.
E in quel
momento, si rese conto
che non era cambiato nulla fra di loro. Erano ancora migliori amici.
Erano
ancora i soliti Calum e Madison, ma con qualcosa in più.
E lui non
avrebbe potuto esserne
più felice.
“Devo
farti sentire una cosa” disse
emozionato, mentre Madison si rialzava.
Si sedettero,
mangiarono un altro
pezzo di torta e Calum prese la chitarra. E mentre le cantava Bad dreams, la canzone che aveva scritto
appositamente per lei, pensava a quanto era fortunato.
“You look so beautiful, no one but me
knows you’re insane”.
Quante
volte si sarebbe innamorato di quegli occhi?
“I feel so damn pathetic, my friends
just don’t get it.”
E
di quel
sorriso?
“‘Cause
you’ve got me under oath.” Anche in quel
momento, Madison lo
guardava in quel modo così innocente e dolce, che lo faceva
impazzire.
“Before you I was in a fucking
rut.”
Quasi
si era dimenticato come fosse la sua vita prima
di conoscerla. Non che avesse importanza, ovviamente.
“One
day, you’re in the past.” Non poteva
credere alla felicità
che provava in quel momento. era possibile sentirsi così
felici? Come se stesse
per scoppiare?
“That
night I ask you back.” No,
probabilmente non era
possibile.
“It started out just harmless
fun.”
Com’era
iniziata? E chi se lo dimenticava, quel pomeriggio
magico in cui si erano incontrati?
“Now you got me thinking
you’re the
one.”
E,
diamine,
lo pensava davvero.
‘Cause
if you wanna take me home,
You
know I’m ready to leave.
You’ve
got me under your spell,
Please,
don’t set me free!
‘Cause
I’ve been having all these
nightmares,
Seeing
you is my only way of
Feeling
so defenseless,
But
I’m telling you I wouldn’t change
a thing!