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Autore: Verdeirlanda    05/07/2015    2 recensioni
*...Beatrice sospirò, guardò quel macabro dipinto che era diventata Firenze quella sera, e pensò a lui, era inevitabile pensare a lui. Dove sei Zoroastro, sei al sicuro, sei ferito, dove sei adesso?...
...."Andiamo via Nico." disse Zoroastro preoccupato "Andiamo alla bottega, lì saremo al sicuro con Andrea, Leonardo e Beatrice." Già, Beatrice. Pensò a lei. Si chiese se la ragazza fosse spaventata di fronte a tanta furia e follia, si disse che per fortuna alla bottega non correva pericoli. Almeno così credeva.*
La congiura dei Pazzi ha sconvolto Firenze, e questa rivolta, destinata ad essere sedata, non è altro che l'inizio di un'intricato intrigo ordito da Roma.
Leonardo Da Vinci, sua sorella Beatrice e il loro migliore amico Zoroastro si troveranno ad affrontare una situazione decisamente complicata, con l'aiuto ovviamente del giovane Nico, per evitare che Firenze soccomba.
E mentre tutto intorno a loro si sgretola e si ricompone con ritmo incalzante ed inaspettato, Beatrice e Zoroastro si confronteranno con il loro amore ancora mai dichiarato, destinato a rivelarsi e ad affrontare numerose tenebre prima di poter brillare senza paura alla luce dell'alba.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nico, Nuovo personaggio, Zoroastro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Girolamo Riario era immerso nella vasca di ottone, immobile.
Immerse il capo sotto il pelo dell'acqua, se avesse potuto sarebbe rimasto per sempre in quel silenzio ovattato e tranquillo. Ma non poteva, doveva uscire dalla vasca, vestirsi e comunicare al  Santo Padre suo zio che la missione non aveva avuto un esito positivo.
In realtà questo glielo aveva già detto quella mattina, era rientrato a Roma e il Papa in piena eccitazione aveva voluto riceverlo subito senza dargli il tempo di riprendersi dal lungo viaggio. Girolamo gli aveva non gli aveva raccontato i dettagli della sua avventura, aveva detto solo due cose: Mercuri era perito nell'impresa e la mappa conduceva a un nascondiglio vuoto. Sisto lo aveva fissato con occhi pieni di rabbia, lo aveva colpito in faccia con un pugno e gli aveva sibilato di farsi un bagno e di vestirsi in modo adeguato per il loro successivo incontro.
"Vedi di essere convincente nelle tue giustificazioni." lo aveva ammonito il Papa.
Per sua fortuna riuscì ad esserlo, suo zio lo ascoltò con attenzione e gli concesse il perdono per aver fallito.
"Dopotutto siamo stati ingannati tutti da questi Figli di Mitra dissidenti," commentò "ma forse avreste potuto condurre ricerche più approfondite, non credi Girolamo?"
Eccola, la disapprovazione che suo zio non gli faceva mai mancare.
"Sì, Santità." rispose semplicemente "Tuttavia ci sono speranze. L'artista Da Vinci ha con sé il taccuino dell'impiccato, e lo ho convinto a collaborare, vuole trovare il Libro ed è disposto a tutto pur di farlo, anche di allearsi con noi."
Sisto annuì: "Dovrai dunque recarti nuovamente a Firenze, ma non credo che i Medici ti accoglieranno con benevolenza. Come pensi di aggirare questo ostacolo?"
"Convocherò Da Vinci a Roma, non rifiuterà l'invito dato che gli permetterò l'accesso agli archivi segreti vaticani, tutta quella conoscenza lo attirerà qui."
"E poi?"
"Mi servirò di lui fino a che non avremo trovato il Libro delle Lamine, dopo di che decideremo cosa fare di questo Leonardo Da Vinci." rispose Girolamo "Se la ricerca andrà a buon fine potremmo sempre pensare di tenerlo vicino come collaboratore, la sua mente geniale farebbe fiorire il Vostro pontificato."
"Non vedo come un artista sodomita possa essermi di aiuto." disse Sisto sprezzante.
"Le sue macchine da guerra, ad esempio. I Medici ne stanno finanziando la costruzione per rendere Firenze militarmente indipendente, immaginate se potessimo averle noi, saremmo invincibili contro ogni nemico." suggerì Riario.
"Ne riparleremo una volta trovato il Libro." tagliò corto Sisto "Riguardo a Firenze, mentre eri lontano ho scomunicato Lorenzo De Medici."
Riario ne fu colpito: "Una mossa estrema, ma indubbiamente necessaria. E il Medici come ha reagito?"
"Si è recato a Napoli per cercare un accordo finanziario con re Ferrante, sta ancora aspettando una risposta. Io ho ovviamente inviato una lettera al re per ricordargli la sua devozione verso di Noi." Sisto sorrise compiaciuto "Presto quell'usuraio fiorentino verrà da Noi strisciando per cercare un accordo, e potremo mettere le mani su Firenze."
Riario commentò: "A quel punto non avremo più problemi economici, le banche di Firenze saranno a nostra disposizione."
Il Papa rise: "Le avremo, basterà avere pazienza. E a proposito di pazienza" disse tornando serio "sappi che ti affido nuovamente  l'incarico di trovare il Libro delle Lamine nipote, e cerca di non deludermi questa volta."
Girolamo deglutì: "Sì, Santo Padre, non Vi deluderò."
"Bene, perché non ti saranno concesse altre occasioni." aggiunse Sisto con un sibilo.
Riario annuì e dopo essersi inchinato per baciare l'anello del Papa si avviò verso la porta, quando fu sulla soglia suo zio gli chiese: "Girolamo, ti hanno detto che tua moglie è qui?"
Girolamo si bloccò, impietrito, poi sospirò e continuò a camminare lungo il corridoio allontanandosi dalla risatina compiaciuta del Santo Padre.
 
 
Non vedeva suo marito da più di un anno, ma la cosa non dispiaceva a Caterina Sforza.
Si era sposata perché suo padre l'aveva obbligata, essendo di nobili natali di certo non poteva esimersi da un matrimonio di convenienza, quindi meno doveva stare a contatto con Girolamo Riario più lei era felice. Non aveva dimenticato come aveva preso la sua verginità di ragazzina, di come lui si fosse impuntato a voler consumare quel matrimonio prima del tempo consentito dalla legge solo per tutelare quella alleanza tra Milano e Roma.
Col tempo aveva imparato a godere dei piacere coniugali, sporadici a dire il vero, ma quell'amplesso sbrigativo e doloroso era una cicatrice che non si sanava.
Nonostante non amasse quel marito imposto ne era leggermente gelosa, mal sopportava le occhiate fugaci ed eloquenti che lanciava a certe servette. Non capiva il perché di tale gelosia, forse era dettata dalla sua giovane età, quei sedici anni in cui si odia e si ama allo stesso tempo senza sapere perché. 
"Caterina." la voce di Girolamo la fece voltare.
Era bella, sua moglie, pensò Riario, con quella chioma rossa indomabile e quegli occhi chiari, la pelle delicata, e quel sorriso sempre beffardo e fiero. Ma non riusciva ad amarla, e certe volte la sua presenza era fastidiosa. Ma non si sentiva in colpa, per Caterina era lo stesso e lui questo lo sapeva.
"Bentornato." disse lei dandogli un bacio leggero sulla bocca "Che ti è successo all'occhio?" chiese vedendo il taglio sul sopracciglio.
"Nulla, un incidente." tagliò corto Girolamo.
Caterina capì che si trattava dell'ennesimo eccesso d'ira di Sisto, e decise di cambiare argomento: "Ho saputo di Mercuri da alcuni valletti, mi dispiace molto. Dovrò inviare una lettera di condoglianze ai suoi familiari." 
Girolamo annuì: "Peccato non potergli restituire un corpo da seppellire."
"Come stai Girolamo?"
"Mi prenderò qualche giorno per riposare e poi tornerò a dedicarmi ai miei affari." disse sbrigativo "E tu? Sei stata bene?"
"Molto bene direi. Sono venuta a Roma perché mi avevano informato che stavi tornando, e visto che stai bene e che hai del lavoro da sbrigare credo che partirò presto per Forlì." gli sorrise.
Certo, pensò lui, mai stare troppo insieme come marito e moglie, sarebbe fastidioso.
Lei continuò: "Credo che queste notti dovremmo passarle insieme, le nostre famiglie premono per un erede..." disse con un certo distacco.
Girolamo concordò: "Certo, sarebbe auspicabile che tu concepisca prima che tu parta."
Caterina fece una smorfia che Girolamo non notò, derivava da come entrambi trattavano l'argomento. Un figlio dovrebbe essere desiderato, non voluto per motivi politici, e giacere insieme dovrebbe essere un piacere cercato, e non imposto. Ma chi ha nobili natali non può sperare nell'amore e in ciò che esso regala, lo sapeva bene.
 
 
Dopo una settimana Caterina Sforza e il suo seguito fecero ritorno a Forlì mentre il conte Riario rimase a Roma per organizzare nei minimi dettagli un nuovo piano per impadronirsi del Libro delle Lamine.
Doveva coinvolgere Leonardo Da Vinci, per questo gli scrisse una lettera in cui lo invitava a Roma.
"Qui potremo finalmente continuare la ricerca che abbiamo dovuto così bruscamente interrompere" aveva scritto "e i documenti privati di Lupo Mercuri ci saranno certo d'aiuto." aveva aggiunto per stuzzicare la curiosità dell'artista. 
Mandò un messaggero, ma dopo un mese ancora non aveva ricevuto risposta.
"Hai consegnato la lettera a Da Vinci in persona?" chiese Girolamo al suo servo.
"Sì, mio signore, come mi avevate ordinato, e lui ha detto che Vi avrebbe risposto a breve." ripose il messo, preoccupato della sua sorte, i suoi padroni sapevano essere crudeli se venivano delusi.
Riario invece decise di scrivere un'altra lettera e inviò nuovamente il servo a Firenze.
Ma anche questo messaggio rimase senza risposta, fatta eccezione per una rassicurazione verbale che Da Vinci aveva comunicato al messo.
"Dite al conte Riario che presto mi farò vivo.", ma non fu così.
Riario concluse che probabilmente Da Vinci stava tramando qualcosa, con molta probabilità aveva deciso di proseguire la ricerca da solo per avere il Libro tutto per sé. Girolamo capì che doveva escogitare un nuovo piano per mettere le mani sull'artista, il Papa non gli avrebbe perdonato un altro fallimento.
Dopo alcuni mesi passati a raccogliere informazioni e a scervellarsi su come agire un valletto si presentò al suo cospetto.
"Una persona chiede di Voi mio signore."
Riario sperò si trattasse di Da Vinci, ma il ragazzo gli disse che si trattava di una donna.
"Dice di chiamarsi Antea Salonicco. Posso farla accomodare?" chiese.
Il conte era sorpreso, poi annuì: "Nello studio azzurro, dille che sto arrivando."
Antea. 
Riario si rese conto di essersi scordato di lei, l'ultima volta che l'aveva vista, o meglio che aveva avuto sue notizie, era stato prima che lui e Lupo partissero per quella terra lontana. Mercuri gli aveva descritto le sue condizioni, aveva usato parole come "distrutta, deturpata, pazza".
Il suo amore e il rispetto che sentiva per lei era svanito nelle pieghe di quella orrenda cicatrice che le rigava il volto.
Riario era sospettoso, quella donna non gli era mai piaciuta, ma dopotutto ciò che lei bramava più di ogni altra cosa era proprio il Libro delle Lamine, quel fine comune valeva un briciolo di fiducia.
Raggiunse lo studio e vide la donna seduta su un divanetto, intenta ad ammirare i quadri appesi alle pareti e gli arazzi blu e argento che decoravano la stanza.
Quando vide il conte si alzò e fece un inchino e un sorriso, la cicatrice raggrinzì per un istante.
Riario le fece un fugace baciamano: "Come state Antea?"
"Premuroso a chiedermelo. Sto bene, la ferita è rimarginata e non mi duole, e io sono colma di nuova speranza." si sedette di nuovo "Ho saputo di Lupo, e che non avete trovato il Libro.
Girolamo si accomodò accanto a lei: "Non sembrate molto addolorata..."
"Per Lupo? Quel bastardo ha avuto che meritava per avermi usata e ingannata...sono più addolorata per il fatto che il Libro non sia ancora stato trovato." rispose la donna.
Riario represse una risatina sarcastica e un commento sul fatto che anche lei aveva ingannato e usato molte persone per i suoi scopi, si limitò a chiedere: "Come avete avuto queste informazioni?"
"I nostri amici sono tornati a Firenze." sorrise lei, a Girolamo parve che la ferita guizzasse "E hanno raccontato cosa è successo."
"Ma dubito che lo abbiano raccontato a Voi." disse Riario.
"No, infatti. Ma lo hanno raccontato a un nostro nuovo alleato."
"Nostro?"
"Sì. E Vi assicuro che il suo aiuto è stato e sarà provvidenziale e decisivo." ridacchiò la donna "Quanto siete partiti ero disperata, credevo che sarei stata dimenticata e abbandonata da chiunque, e venne in mio soccorso un uomo, mi disse che mi avrebbe aiutata e che lui e la sua gente si sarebbero presi cura di me, ed è stato così. Loro vogliono il Libro quanto noi..."
Girolamo la interruppe: "Loro chi?"
"Si fanno chiamare i Nemici dell'uomo." rispose Antea.
Quel nome Riario lo aveva già sentito, Mercuri lo aveva gridato poco prima di morire stritolato dalle corde.
"Guardatevi dai Nemici dell'uomo." aveva detto esalando l'ultimo respiro.
Riario non ne fece cenno alla donna. "E chi sono?" chiese.
"Sono coloro che accolgono chiunque sia alla disperata ricerca del Libro, chiunque voglia avvicinarsi a quella reliquia con devozione e fede, come noi Girolamo. Sanno che il Libro non può finire nelle mani di qualunque bifolco, non tutti gli uomini possono maneggiarlo." Antea sorrise di nuovo "Conoscono il nostro valore, e vogliono aiutarci."
Riario annuì, anche se questa spiegazione lo convinceva poco: "E l'uomo che Vi ha soccorsa, il nuovo alleato che a quanto pare conoscono anche Da Vinci e la sua combriccola, chi è?"
"Carlo De Medici. Lo so, è strabiliante." rise Antea "Il figlio illegittimo di Cosimo De Medici che tradisce la sua stessa famiglia." 
"Strabiliante invero...credevo fosse impegnato in viaggi missionari e cose simili..." mormorò Riario "Perché lo fa?"
"Cosimo era un padre orribile, non ha mai provato affetto per quel figlio bastardo, gli ha perfino preferito i nipoti, e a un certo punto Carlo ha capito che non meritava di essere trattato così, che anche a lui spettavano gloria e potere." Antea fece una smorfia "Si è unito ai Nemici dell'uomo molti anni fa, sono la sua famiglia adesso. Loro sono un tutt'uno capite?"
Riario annuì di nuovo, conosceva bene quella sensazione di abbandono: "E Carlo ha un piano?"
"Un ottimo piano, credetemi. E questo piano è già iniziato." ridacchiò lei "Carlo è riuscito a insinuarsi nella corte del Medici, ha fatto credere di essere stato chiamato da Lorenzo per aiutare Clarice Orsini nel guidare la città in sua assenza, ha perfino detto che il nipote lo ha informato della missione di Da Vinci."
"Deve essere davvero un uomo brillante e scaltro." commentò Riario.
"Lo è, sa il fatto suo. E infatti è riuscito nel suo intento, ha ingannato tutti, e ha ottenuto ciò che voleva. Per questo sono qui, per mostrarVi i risultati del suo piano."
Girolamo era confuso: "Risultati? Pensavo volesse collaborare con noi per mettere in atto un piano..."
"Carlo a Firenze ha gettato le basi per la nostra alleanza, adesso grazie ad esse potremo lavorare insieme." spiegò Antea.
Riario era spazientito "Quali basi avrebbe gettato?"
Antea era invece decisamente contenta, gli occhi color dell'ambra brillavano: "Soldi e potere Girolamo. Ha svuotato le casse dei Medici, in banca non hanno più un fiorino. Clarice e Piero Da Vinci sono stati così sciocchi da concedergli libero accesso e diritto di firma ai libri contabili." 
"Notevole. Senza soldi i Medici sono vulnerabili..."
"E anche Leonardo, finora era Lorenzo a finanziarlo. Senza fiorini non avrà modo di muoversi troppo liberamente."
Riario dovette ammettere che questo Carlo era stato astuto, aveva preso due piccioni con un'unica fava.
"E il potere, deriva dai soldi?" chiese.
Antea rise, una risata cattiva: "Il vero potere sta nello stringere tra le dita la vita di qualcuno e poterne fare ciò che vuoi, allentare la presa su di essa o soffocarne il respiro con una mossa delle falangi. Carlo può disporre della vita dei Da Vinci come meglio crede, non potranno rifiutargli nulla."
Girolamo si sporse verso Antea, curioso e inquietato allo stesso tempo: "Cosa gli fa avere questo potere?"
"Non lo immaginate? Cosa potrebbe fare strisciare quella arrogante di mia nipote e il suo fratello bastardo fino a raccogliere la terra con la lingua, supplicando pietà?" il viso di Antea sembrava un macabro dipinto, Riario ne fu quasi spaventato.
Riario rifletté, poi il suo viso si illuminò: "Ha un ostaggio." comprese.
Antea lo incalzò: "Ancora meglio. Abbiamo due ostaggi."
Riario la guardò sorpreso, si grattò la barba con le dita: "Una scelta singolare. Di solito basta una sola vita da barattare, scelta con cura, per far vacillare anche il più testardo dei nemici."
La donna sorrise, la sua voce era ormai roca, come se questo discorso la eccitasse: "Una vita da barattare e una vita che servirà da monito."
Girolamo comprese, e deglutì.
Uno degli ostaggi sarebbe morto subito, probabilmente in modo orribile, e l'altro avrebbe vissuto sotto la minaccia della stessa sorte se i Da Vinci non avessero collaborato fedelmente.
Astuto, crudele ma efficace. Riario fece infine la domanda più importante: "Chi sono gli ostaggi?" 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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