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Autore: applestark    06/07/2015    0 recensioni
Inverno dell’anno 1100, convento di Romsey.
Edith, figlia del re di Scozia e della sua seconda moglie, vive da sette anni con le suore del monastero, insieme a sua sorella Maria. Tutti vedono per lei un futuro da badessa, come sua zia Cristina, e invece Edith detesta stare rinchiusa tra quelle mura e vorrebbe solo fuggire via.
Henry, ultimo figlio di Guglielmo il Conquistatore, alla morte del fratello Guglielmo II, a causa della lontananza del duca Roberto dall’Inghilterra, è pronto a prendere il trono d’Inghilterra e Normandia. Tuttavia, deve assolutamente trovare una moglie.
I personaggi ed alcuni dei fatti narrati sono realmente accaduti, basta anche un po’ consultare internet per riscontrarlo. Tuttavia, non seguirò precisamente le vicende storiche, per dare spazio alla mia fantasia.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Capitolo II

Ciao a tutti, ringrazio di cuore chi legge e chi recensisce <3 
 
-E cosi ti piace andare a cavallo?- mi chiese, mentre passeggiavamo per l’immenso giardino che circondava il monastero.
-Si, tantissimo. Insomma, molto meglio che ricamare o leggere la Bibbia- gli risposi senza guardarlo, perché lievemente imbarazzata.
Accennò una risata. –Insolito per una fanciulla-
Lo guardai, soffermandomi sui suoi lineamenti marcati, il mento squadrato, gli occhi grandi e le ciglia scure, il naso dritto.
-Non prenderla come un’offesa, anzi.- aggiunse, e notai che non mi stava parlando in modo formale, e questo era sicuramente positivo.
-Grazie. Allora posso sentirmi libera di dirvi che sarebbe un immenso piacere per me imparare ad usare l’arco e le frecce-
-Ti prego, dammi del ‘tu’. Per te sono solo Henry. Non il principe, non il re, solo Henry-
Annuii.
-E per quanto riguarda l’arco, se mai venissi in Inghilterra potremmo rimediare. Io sarei disposto ad insegnartelo-
-Mi faresti felice-
Ci guardammo, sorridendo.
-Edith, da quanto tempo sei rinchiusa nel convento?-
-Circa sette anni, precisamente da quando è scomparso mio padre. Credevo che per combinare i matrimoni vi dessero dei manuali sulle prescelte-
Subito dopo aver parlato sperai che il tono non fosse offensivo, o non me lo sarei perdonato. Henry si era dimostrato diverso dagli altri pretendenti, ed era giovane, e bello, ed io avevo la lingua biforcuta.
-No, Edith, nessun manuale. Devo ammettere che non ho mai incontrato una Lady così sfrontata-
Mi sembrò turbato, così posai la mano sul suo braccio, che scoprii teso, e muscoloso, e gli sorrisi.
-Non intendevo dirlo. E’ solo che…non trovi sia sbagliato non poter scegliere da soli chi amare?- feci una pausa, e posai lo sguardo dritto davanti a me.
-Stento a credere che tu, un uomo così affascinante, non abbia mai desiderato una fanciulla-
Rise, scuotendo un po’ la testa.
-Penso che tu abbia ragione. E, grazie per “l’affascinante”, scommetto che anche tu se fossi vissuta fuori dal convento probabilmente avresti colpito il cuore di qualche lord.-
Aprii la bocca come per rispondere, ma lui continuò a parlare.
-Solo che…è questo il destino che è stato scelto per noi. Persino l’amore diventa una questione di stato, e innamorarsi sarà difficile. E’ per questo motivo che se tu dovessi accettare il fidanzamento con me, io ti lascerò libera di conoscere tutte le persone che vorrai a corte. O almeno ci proverò.-
Lo ascoltai con attenzione, e mi fermai persino dal camminare.
Ciò che mi stava dicendo era inusuale, e non riuscivo bene a capire cosa significasse.
Dovevo promettergli lo stesso? Non me la sentivo.
Non volevo essere una di quelle regine con la valenza di un sopramobile; non volevo osservare mio marito il re circondarsi di favorite, e non volevo una relazione basata sulla menzogna. Per quel motivo, mi limitai a fare un cenno con la testa, e a proseguire la passeggiata.
 
Quando io ed Henry ci congedammo, lui aspettò nei giardini suo zio Benjamin, mentre io mi precipitai dalle consorelle nella sala degli incontri. Per tutto il tempo ero stata in pensiero riguardo ai discorsi di mia zia la badessa e il Lord inglese, e quindi volevo subito apprendere quanto deciso.
In corridoio trovai suor Sarah e Lidia, insieme a mia sorella Maria, con delle espressioni poco felici, e ciò mi preoccupò.
Comunque non chiesi niente. Domandai udienza a mia zia, e lei mi accolse nella sala, facendomi accomodare accanto a lei su una delle poltrone.
-Allora, cosa mi dite? Cosa avete deciso?-
Il mio tono era preoccupato, avevo un’ansia crescente che si impadroniva di me.
-Mia cara- cominciò, prendendomi una mano. –Ho avuto modo di comprendere che il principe Henry è davvero un bravo ragazzo, e la vita alla corte di Dover è molto agiata. Inoltre, sai bene che questa abbazia ha bisogno di più latifondi, abbiamo bisogno di denaro.-
Provai ad immaginare cosa fosse successo, ed improvvisamente avvertii un dolore allo stomaco.
-Allora ho deciso per te che sposerai Henry. Ho già spedito una lettera a tua madre Margherita, che sicuramente sarà d’accordo, e tu partirai stasera.-
-Che cosa dite?- dissi ad alta voce. –Mi rifiuto-
-Non fare la bambina, Edith. E’ quanto deciso, vai a preparare le valigie-
-Ma mia sorella Maria… io non voglio abbandonare questo posto, non ora!-
-Edith ho concluso. Ho detto vai.-
Eccolo il tomo freddo e distaccato che mi feriva, eccolo il peso delle ingiustizia di una società in cui ciò che contava erano le decisioni di chi aveva il potere, i soldi, le terre.
Mi alzai da quella poltrona e corsi, in lacrime, nella mia stanza.
Non volevo già abbandonare quel posto, non volevo stabilirmi presso una corte sconosciuta, e non volevo sposare un uomo che conoscevo da poche ore. Ero spaventata, impaurita, e sapevo che mia sorella mi sarebbe mancata troppo.
A pranzo non mi presentai nella mensa, nonostante Henry e suo zio mi avessero cercata per farmi firmare il contratto matrimoniale. Non volevo vederli, non volevo avere a che fare con quei luridi inglesi che volevano me perché volevano assicurarsi tranquillità e pace dalla Scozia.
Preparai le valigie da sola, accompagnata solo dal mio pianto disperato, e dai ricordi che mi assalivano la mente, traghettandomi verso un stato di angoscia profonda.
Poco prima della partenza trovai mia sorella Maria ad attendermi sull’uscio della porta della mia stanza, con una spilla tra le mani: si trattava di una libellula di oro bianco, che avrei custodito sempre con me.
-Sii sempre coraggiosa, Edith. E non farti mettere i piedi in testa da nessun inglese- mi raccomandò, stringendomi forte tra le sue braccia.
-Non appena sarò regina di Inghilterra farò di tutto pur di farti stare alla mia corte- le promisi, dandole un bacio sulla guancia.
Poi passai a salutare le altre sorelle e, senza nemmeno porgere un ultimo saluto a mia zia Cristina, mi precipitai fuori.
Era il tramonto, il sole con i suoi raggi arancioni era uno degli spettacoli più belli della natura, tuttavia ero ancora molto triste, e lo fui ancora di più quando la carrozza venne a prendermi.
Henry mi porse la mano per farmi salire, mentre il cocchiere sistemava i miei bagagli. Mi sedetti accanto alla vetrata in modo da poter osservare il paesaggio e non Lord Benjamin di fronte a me.
Solo con Henry non ero arrabbiata. In realtà era solo una vittima come me, e se per caso mi avesse fatto soffrire, forse non era nemmeno colpa sua.
Il mio disappunto era così evidente che quasi me ne vergognavo, e dovetti stringere forte i denti per evitare di piangere.
Il principe forse lo percepiva, perché più volte aveva cercato di parlare, ma poi aveva preferito il silenzio.
Io avevo anche molto sonno, visto che la notte prima non avevo chiuso occhio, allora mi lasciai andare al sonno, tranquillamente.
 
Nel mio stato di dormiveglia, riconobbi la voce di Henry, sussurrare allo zio.
-La fanciulla è stata costretta, capisco che…si senta male-
-Ma Henry sei il re di Inghilterra! Ti vorrebbero tutte le ragazze del regno e questa…suora si lamenta!-
-Non vi permetto di parlare così di lei-
Henry era un brav’uomo, mi era bastato poco per capirlo. Tuttavia, continuavo a non sentirmi felice. Forse si trattava solo di abitudine, un’abitudine che sarebbe arrivata con il tempo. E a me il tempo faceva paura.
 
Quando sentii i cavalli galoppare con più calma, compresi che eravamo giunti a destinazione, ed io avevo dormito per tutte quelle ore.
La cosa più imbarazzante fu scoprire che avevo dormito con la testa sulla spalla di Henry, per cui non appena mi alzai gli chiesi scusa, arrossendo. Ma lui in tutta riposta mi mostrò un sorriso dolce, dandomi una mano a scendere dalla carrozza.
Il castello era enorme ed aveva l’aria della più bella fortezza medievale mai esistita. Rimasi impietrita ad osservare quell’imponente costruzione, con tutte quelle guardie pronte a difendere in qualsiasi istante.
Mi guidarono direttamente in quella che doveva essere la mia stanza, e sull’uscio della porta Henry mi salutò dicendomi che, mezz’ora dopo, c’era l’incontro con la regina vedova Matilda, ovvero sua madre.
Per qualche strano motivo ero terrorizzata da quella donna.
La mia camera era molto ampia, le pareti avevano una carta da parati dorata e il letto era a baldacchino. Vi era un vecchio baule in un angolo e una scrivania con uno specchio. Decisamente più bella della mia stanza al convento, anche se desideravo essere lì in quel momento.
Un’inserviente, di nome Jane, bussò alla mia porta, ed io la feci entrare, asciugandomi repentinamente le lacrime che mi rigavano il volto.
-Vostra altezza, vi ho portato il vestito che indosserete per salutare la regina Matilda-
-Ti ringrazio- accennai un sorriso, guardando lo splendido abito blu scuro portatomi dalla donna.
-Vi do il benvenuto alla corte, maestà. Al vostro servizio-
Non ero abituata a tutte quelle riverenze, così sorrisi a Jane, e le feci cenno di uscire, perché in effetti potevo fare tutto da sola.
Ed in effetti mi lavai, mi vestii, e poi aspettai che la donna tornasse nuovamente per annunciarmi che ero attesa nella sala del trono.
-Jane, potresti pettinarmi i capelli?-
-Certo lady Edith, sono qui per questo-
Le ci volle solo un attimo, e mi intrecciò delle ciocche di capelli ai lati, lasciandomi il resto della chioma sciolto. Mi porse persino un fazzoletto per asciugare le mie lacrime.
-Grazie- le sussurrai, mentre mi accompagnava al piano di sotto nella sala del trono.
Non avevo mai visto una stanza così bella ed enorme, ornata di quadri, e con due enormi poltrone d’oro e pelle infondo, sulle quali sedevano i sovrani.
Rimasi sbalordita, tant’è che quando Henry mi si avvicinò per prendermi sottobraccio, sobbalzai.
-Edith, mia madre vorrebbe conoscerti-
Annuii, e mi guardai intorno man mano che procedevamo verso i troni. C’erano nobili, servitù, duchi, conti, e tante, tante bellissime fanciulle che mi guardavano con invidia.
Mi colpì lo sguardo di una ragazza dagli occhi azzurri e i capelli lunghi e ricci, che incontrò direttamente quello di Henry, con rabbia e delusione.
-Mia cara Edith, finalmente ci conosciamo- esordì la regina, una donna di una certa età, ma con i capelli fermamente legati in una treccia ed un sorriso deciso.
-Vostra altezza- mi inchinai.
-In veste di tua futura suocera voglio farti gli auguri per il fidanzamento con mio figlio Henry-
-La ringrazio-
-Ti troverai benissimo a questa corte, meglio che in quel convento-
-Sono stata bene anche lì- obiettai, provocando sguardi perplessi intorno a me.
Henry rise sottovoce.
-Beh, ora capisco come mai giravano voci di una tua possibile vocazioni-
-Tutto smentito dall’arcivescovo di Canterbury mia signora- le risposi, non riuscendo a tenere a freno la lingua.
-Ti ricordo che sei a casa mia, fanciulla. E adesso puoi congedarti-
Ignorai ciò che disse. –Con permesso- mi inchinai ed andai via, camminando in fretta verso la mia stanza.
-Madre- mormorò Henry, e poi non sentii niente più.
Per quella giornata, avevo già vissuto troppe cose sconvolgenti, e desideravo solo dormire.
Mi chiedevo a cosa fosse servito indossare un abito bellissimo per un incontro di cinque minuti. Stupido protocollo.
Mentre camminavo in corridoio verso la mia stanza, trovai una fanciulla dai boccoli color miele, che avevo intravisto anche poco prima.
-Vostra altezza- si inchinò, ed io le feci cenno di  non farlo. Sembrava avesse la mia stessa età.
-Io sono Lady Bess e sarò la vostra dama di compagnia. Mi ha detto il principe Henry di venire qui a presentarmi, spero non le dispiaccia-
Oh. Ci mancava solo la dama di compagnia. La mia vita sembrava un inferno.
-Credo di poter stare da sola-
-E’ questione di protocollo, sua altezza, io vorrei davvero non disturbarla, ma…-
-Va bene. Possiamo parlarne domani a colazione? Con permesso- dissi bruscamente, ed andai in fretta e furia nella mia stanza.
Era tutto così traumatico.
Mi gettai sul letto e piansi tutte le lacrime che avevo. 
  
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