Cacciatori
Villaggio di Kovir, 1411 Gennaio
Dijkstra
si avvicinò al cavallo con in mano le pesanti coperte e il
secchio
di verdure.
Accarezzò il manto spesso della cavalcatura,
sentendo il calore sotto la mano, chiedendosi quasi se avesse davvero
bisogno della coperta.
Era un inverno terribile; il vento freddo
continuava a soffiare con forza, senza mai dare tregua alla pelle
dolorante e fredda delle persone, almeno la neve aveva smesso di
scendere, ma nessuno aveva mai affrontato un simile gelo.
Dijkstra
posò le coperte sul dorso del cavallo, pensando che se c'era
qualcuno che non doveva ammalarsi o morire era proprio l'animle.
Da
diversi giorni era in pensiero per Selene, difficilmente usciva dalla
sua tenda e le poche volte che lo faceva a lui pareva ogni volta
più
pallida e fragile.
Ma non
si preoccupava solo della figlia; l'intera compagnia di gitani era in
difficoltà, lui stesso quel giorno era riuscito a cacciare
solo una
lepre scheletrica, stremata dal nascondersi e fuggire da predatori
più piccoli ma feroci degli umani.
Lasciò
il secchio di verdure accanto al cavallo e si mise a scuoiare
l'animale, non passò molto perché il suo lavoro
venne interrotto.
“Padre...”
Dijkstra distolse lo sguardo dal suo lavoro.
“Selene, tutto
bene?” Il coniglio mezzo scuoiato pendeva inerte tra le sue
mani,
il sangue che gocciolava nella neve creava delle macchie vivide dalle
forme perfette.
“Per quanto resteremo a Kovir?” Nonostante la
sua domanda Selene non aveva alcuna voglia di andarsene da
lì, non
ancora.
“Non
possiamo andarcene fino a che la neve non ricomincia a sciogliersi,
per ora siamo bloccati qui, forse per tutto l'inverno.” Detto
questo, tornò al suo lavoro, completando di sistemare quella
che
sarebbe stata la loro misera cena.
“Tutto
bene, Selene?” Glielo chiese di nuovo, proprio
perché era
preoccupato del suo strano comportamento. Ma quando sollevò
lo
sguardo fu sorpreso di vedere sua figlia con le mani premute sulla
bocca, sporche di sangue, mentre tentava di trattenere i violenti
colpi di tosse, mentre il suo viso si imporporava e dai suoi occhi
colavano grosse lacrime.
La
afferrò prima che cadesse nella neve, circondando il suo
corpo con
le proprie braccia e sollevandole, mentre continuava a venire scossa
dagli spasmi.
Le
passò le mani sulla schiena, chiedendole di respirare
più
regolarmente possibile, le controllò la gola e le chiese di
tossire.
Selene lasciò che il dottore controllasse tutto
ciò che voleva, lei
stessa preoccupata della propria salute. In quegli ultimi giorni era
particolarmente stanca, come se fosse stata prosciugata di ogni
energia, la tosse le aveva sempre dato fastidio, ma mai era successo
qualcosa del genere, mai aveva tossito sangue.
Il
dottore la fece uscire dalla tenda, assicurandosi che avesse sulle
spalle altre due coperte, per parlare da solo con il padre che, con
occhi ansiosi, aspettava il verdetto della visita.
“Allora?”
Il dottore non rispose subito; non era raro che qualcuno si ammalasse
quando l'inverno era così feroce, ma il caso di Selene era
raro
quanto facile da riconoscere.
Dijkstra
lo osservò sistemare i vari contenitori sul suo scaffale,
alla
ricerca dell'erba giusta.
“Datele
questa, la farà stare meglio.” Negli occhi del
dottore c'era una
nota di stanchezza, accompagnata da una profonda tristezza, che il
padre non sembrò notare, o forse non volle.
Prese
le erbe tra le mani, osservandole come se non comprendesse di cosa di
trattasse.
“Mi
dica la verità, mia figlia...” Una sensazione di
gelo stava
iniziando a impadronirsi di lui, e non era dovuta solo alla fredda
corrente che filtrava attraverso la capanna.
“Tubercolosi.” Il
dottore non osava guardare negli occhi Dijkstra. “Mi
dispiace, ma
non possiamo fare nulla.”
“Quanto?” La sua voce tuttavia
suonò dura; un manto di rabbia e durezza stava nascondendo
la
profonda tristezza.
“Purtroppo
quest'inverno è terribile, se non fa attenzione rischia di
peggiorare le sue condizioni.” Solo in quel momento il
dottore
sollevò lo sguardo; vagliò attentamente il volto
dell'uomo, in
cerca forse di un cedimento.
“Quanto
tempo ha?” Il volto di Dijkstra era una maschera di rigida
freddezza, da cui non traspariva nulla, solo nei suoi occhi si poteva
scorgere la disperazione incombente.
“Pochi
mesi, tre al massimo.”
Dijkstra
non lo dava a vedere, ma dentro si sentiva morire.
Selene,
avvolta dalle pesanti coperte, si avviò a passo lento verso
la sua
tenda con una sgradevole sensazione che le attorcigliava lo stomaco;
non era tanto sicura di voler tornare dentro. Non credeva di poter
sopportare la tensione che le trasmetteva il suo ospite momentaneo.
Sapeva benissimo che era stato il suo vizio a ficcanasare ad averla
messa in quella condizione; se solo non avesse ascoltato ciò
che il
dottore e suo padre si erano detti adesso non sarebbe stata
così
abbattuta.
La notizia della sua malattia sembrava non averla
sconvolta troppo, ma lei sapeva benissimo che come si sarebbe messa a
pensare seriamente a cosa significassero quelle poche frasi che aveva
ascoltato sarebbe crollata in un attimo.
Si
fermò; le gambe immerse nella neve fino al polpaccio, gli
occhi,
immobili, fissavano il suo intenso biancore, il suo candore assoluto e
quasi accecante, nel tentativo di isolare completamente certi
pensieri dalla testa. E le riuscì abbastanza bene fino a che
non
sentì un trambusto arrivare da poco lontano.
“Dov'è?”
Uno voce forte attirò la sua attenzione.
“Si
nasconde qui da qualche parte, per forza!” Armi alla mano, i
cacciatori stavano rovistando in ogni tenda, alla ricerca della loro
preda. Uno di loro aveva afferrato una donna, la teneva stretta e le
puntava un coltello alla gola, obbligandola a confessare cose che non
sapeva.
Selene
si strinse nelle coperte, seguendo con sguardo preoccupato i tre
cacciatori, temeva che avrebbero potuto trovarlo. Il resto della
compagnia di gitani si stava agitando, ma nessuno di loro aveva la
forza, tanto meno il coraggio, di farsi avanti. Tranne suo padre, che
si intromise, bloccando un cacciatore. Selene non seguì la
violenta
discussione che si stava svolgendo tra i due, continuava piuttosto a
spostare lo sguardo tra la donna minacciata e il cacciatore che
entrava in ogni tenda, che rovistava tra le coperte e metteva tutto a
soqquadro. Si rese conto in quel momento che non era per il vampiro
che ospitava che era preoccupata, quanto per loro.
Quando
lo vide avvicinarsi alla sua tenda fece per avvicinarsi, nel
tentativo di fermarlo, ma non fece in tempo, perché come il
cacciatore sparì nella sua tenda sentì un urlo
straziante provenire
dall'interno, poco dopo tutta l'attenzione dei presenti fu attirata
dal corpo del cacciatore che cadde riverso nella neve, sul petto una
macchia di sangue che andava ad espandersi sempre di più.
In
quell'attimo di silenzio sbigottito tutti rimasero in silenzio,
nessuno ebbe il coraggio di muoversi, neanche quando videro uscire
dalla tenda un uomo alto e fasciato di abiti scuri, con l'avambraccio
insanguinato e nella mano destra una massa rossastra e informe. Una
donna gemette quando si rese conto che ciò che stringeva
nella mano
era il cuore dell'uomo a terra. Fu forse quel segnale a scuotere i
presenti.
Molti
si rifugiarono terrorizzate nelle loro tende, altri rimasero come
pietrificati a osservare quella scena cruenta. I cacciatori
attaccarono.
Ciò
che ne seguì fu un insieme caotico di urla e schizzi di
sangue,
passarono pochi secondi che il primo cacciatore cadde a terra e la
sua testa rotolò poco lontano. Il ringhio gutturale del
vampiro si
mischiò alle urla delle persone che ora si stavano
allontanando.
L'ultimo
cacciatore sembrò rendersi conto della fine che avrebbe
fatto nel
momento in cui incrociò gli occhi scarlatti del vampiro e la
sua
espressione di folle rabbia. Fece per scappare, voltandogli le
spalle, ma non fece in tempo a fare tre passi che il vampiro si
avventò sulla sua gola.
I
gitani guardavano attoniti quella macabra scena, convincendosi ogni
secondo che passava che le storie che giravano su quel villaggio
erano tutt'altro che inventate, e che la realtà fosse invece
peggiore.
Selene
aveva osservato tutta la scena con attenzione, incapace di
distogliere lo sguardo come succede quando si ammira un'immensa
tempesta e si sente sulla pelle la sua potenza.
Selene,
per la prima volta in vita sua, provò realmente paura.
Iniziò
a tremare nel momento in cui il vampiro lasciò cadere nella
neve il
corpo dell'ultimo cacciatore e si voltò verso coloro che,
pietrificati dalla paura, non avevano avuto la prontezza di
allontanarsi.
Li
osservò uno ad uno, facendo affondare quelle iridi scarlatte
negli
animi di tutti i presenti, poi socchiuse gli occhi e piegò
leggermente il capo verso di loro, in una sorta di inchino.
“Il
Patto è stato rispettato.” E con queste ultime
parole svanì in un
ammasso di fumo nero denso come inchiostro.
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Eccomi, sono tornata! Le
due settimane in Inghilterra sono state la cosa che mi ha impedito di
aggiornare, ma d'ora in poi dovrei riuscire ad aggiornare in modo
più regolare :)
Rinnovo i ringraziamenti ai lettori e a chi si fa sentire :)