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Autore: Mushroom    07/07/2015    5 recensioni
Castiel studia arte. Almeno, questo è quello che dice quando si presenta, chiedendogli di posare per lui.
Dean ha una borsa di studio completa grazie allo sport, non è sicuro di quello che vuole dal futuro ed è segretamente un nerd della letteratura europea.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Note:

Terzo giro, terza corsa: ecco il nuovo capitolo. So che in fondo in fondo potete vedere la trama comparire. Molto in fondo. Aimè, il ritmo è questo, ma stiamo andando da qualche parte. Credo. Credeteci con me. Aggiornamento un po' più lento perché sessione estiva *pianto disperato in lontananza*, ma almeno il capitolo in sè è privo di eventi più lungo, no? Come promesso, Cas è un po' meglio. Forse. Siccome i ringraziamenti non sono mai abbastanza, ciao personcine splendide che state leggendo, seguendo, preferendo e commentando. Anche oggi sappiate che siete degli speciali cinnamon rolls e che vi meritate un sacco di amore. (Tanto per non essere già scappati.) (Studiare mi frigge il cervello.)

Ps: per inciso so che studiare arte è una cosa seria. Mi scuso per tutte le persone che lo fanno veramente e mi vogliono insultare.

PPS: nei prossimi giorni mi ritaglierò del tempo per rileggere meglio il capitolo. 

*

Capitolo 3.


Decide di rimuovere chirurgicamente qualsiasi pregressa esperienza nelle docce – assolutamente mai accaduta – dalla sua memoria.

Black out. Facile facile. Mai successo, mai visto, Castiel non esiste.

Per le due settimane successive, è esattamente come se niente fosse accaduto. Se nei primi giorni sente il bisogno continuo di guardarsi le spalle – non si sa mai, quel tipo si è dimostrato abilissimo nell'arte di comparire dal nulla – con l'andare avanti dei giorni, inizia a rilassarsi e pensa che tutto si risolverà per il meglio. Con meglio, intende senza mai menzionare i loro incontri ad anima viva.

Pure Sam si dimentica dell'accenno a Castiel, forse perché Sam è un adolescente che non sta pensando alla vita di Dean (ouch, non dovrebbe fare male) e che non prende mai sul serio ciò che gli si dice.

Solo per verificare di non essere stato veramente vittima di stalking, una mattina va a chiedere in segreteria.

Missouri lo guarda dal basso verso l'alto, masticando una gomma nel modo in cui probabilmente si masticava una gomma negli anni quaranta – ossia con insospettabile eleganza. “Dean Winchester?” chiede, segue un sospiro.

Dean si sente immediatamente a disagio. Non vuole che ripeta ancora il suo nome, vero?

La donna muove il mouse. Un paio di click per aprire la sua scheda studentesca. “Sei qui per discutere della borsa di studio?”

Il suo cuore fa una capriola indesiderata, mandandolo in errore. Porca merda. Se ne era dimenticato. “No” biascica, velocemente, stringendo le dita intorno ai bordi del banco assistenza “Volevo informazioni. Riguardo ai crediti supplementari per, urg, i laboratori artistici?” lo fa sembrare il più casuale possibile. Riesce anche a fare un sorriso da faccia da schiaffi, di quelli che ha imparato a padroneggiare nel corso degli anni.

Missouri, essendo la segretaria super-attenta che è, non si beve neanche un attimo della sua merda. Sembra sinceramente confusa, mentre occhieggia lo schermo e poi di nuovo Dean. “Cosa vuoi sapere?”

Silenzio.

Giusto. Cosa vuole sapere.

Deve esistere un modo per formulare la frase senza farla sembrare equivoca. “Ecco.” si gratta la guancia, non può credere che lo stia facendo sul serio “Se, tipo, dovessi posare per – uno degli studenti di arte.”

Il sotto testo non è se dovessi posare nudo per uno che mi ha già visto nudo e che ho visto nudo, però alle sue orecchie suona come se quel sotto testo esistesse, e come se la segretaria fosse intenta a coglierne ogni parola.

“Ragazzo, per quanto il tuo faccino sia carino, ho del lavoro da fare, quindi se --”

“Se posassi – solo ipoteticamente” taglia corto “Otterrei dei crediti?”

Missouri alza gli occhi al cielo, come per dire ci voleva tanto? E visto che il mondo non è crollato e Dean non è morto eroicamente strozzandosi con le sue stesse parole, la donna si alza e torna qualche secondo dopo con un foglio.

“Tieni.”

Poi pigia un tasto, il numero sul lettore colorato cambia e uno studente grande quanto un armadio a due ante lo spintona via dalla fila.

*

Il foglio in questione – che Dean accartoccia in borsa, riesuma alla luce di una abat-jour in un angolo della sua stanza e che poi lancia nel cestino con un colpo di polso – è la lista di quanti crediti otterrebbe in base al tipo di collaborazione.

L'università ha dei piani strutturati per gli studenti di arte. La cosa lo sorprende perché, beh, non è che uno quando pensa al college pensa che tu vada lì per studiare arte. No.

L'arte non è una cosa che si studia. Vuole dire, prendi in mano una matita, ti eserciti, copi dai libri di anatomia. La roba che ha visto fare a Jo al liceo, in pratica.

Vai al college per fare esperienze di vita, imparare a vivere da solo, prendere un titolo di studio e ottenere il tuo posto nel mondo. Detto così, suona alquanto deprimente. Dean non è una persona deprimente. Soprattutto, sa già benissimo qual'è il suo posto nel mondo.

Quindi lui e Benny – più solo lui, visto che Benny l'ha perso un paio di bicchieri fa – sono alla festa di una. Crede che gli abbiano ripetuto il nome un paio di volte ma, non avendola mai vista in faccia, il suo cervello ha deciso di avere meglio da fare che memorizzare educatamente chi sia la loro ospite.

Per quel punto lì, sa di non essere ubriaco. Magari ha un po' di alcool che gli riscalda il collo, rendendogli la risata più facile, ma non è neanche vicino ad essere brillo. Indi per cui – si ferma un attimo per considerare che combinazione di parole la sua mente ha appena messo su, ma chi se ne frega, è la sua testa e sono le sue parole – non ci sono possibilità che sia offuscato.

Solo, è un attimo. Un flash veloce mentre sbatte le palpebre e avvicina il bicchiere alle labbra. Un groviglio di capelli scuri spicca e scompare in mezzo alla folla. Per la seconda volta nello stesso giorno, Dean viene spintonato da un altro studente in fila (in questo caso, per la birra).

Ora.

Esiste una percentuale di esseri umani con i capelli castani. Non sa quale sia, non è una delle cose che ti viene in mente di cercare su google nei pomeriggi in cui non hai niente da fare, ma è sicuro che sia decisamente alta.

Quindi, i fatti sono questi. Uno: probabilmente è più sbronzo del previsto e due: non sta assolutamente sgomitando nella direzione in cui l'ha visto scomparire.

Sorprendentemente, o forse no, il proprietario dei capelli scuri ha anche un trench. Ci mette davvero poco a raggiungerlo – la festa si svolge in un appartamento che è un buco formato sei per sei, in cui sono tutti appiccicati e c'è puzza di sigaretta, vomito e zucchero, chiunque sarebbe riuscito a rintracciarlo velocemente. Dunque, giusto magari – vuole dire, non è come se –

“Hey.”

Il tipo si volta quando Dean allunga la mano per picchiettargli una spalla. Due occhi marroni lo fissano con astio, i lineamenti asiatici tutt'altro che amichevoli. I trench devono essere di moda, questa stagione.

Indietreggia. Lentamente. Borbottando una scusa tutta tirata.

(“Dannati ubriachi”)

Si passa una mano sul viso, ignora l'imbarazzo che pizzica in fondo alla gola e che gli fa desiderare di scomparire, e ritorna in sé. Viene letteralmente colpito allo stomaco dalla lucidità, perché con la consapevolezza di essere un coglione (che cazzo stavi facendo-perché diavolo lo stavi seguendo-cosa c'è di sbagliato in te) subentra anche un conato di vomito, che lo fa preventivamente virare verso il balcone.

Fantastico.

Puoi avere un appartamento di merda pieno di studenti puzzolenti ma hey, compreso nel prezzo hai tre metri quadri di balcone. Mai più andare alle feste organizzate da-- da tipa, ecco.

Che poi è ridicolo. Dean è uno da festa. È uno che si diverte, che in una situazione come quella di prima avrebbe accennato un “Mi dispiace, amico, persona sbagliata” con un mezzo sorriso.

'Fanculo.

Butta giù un altro sorso, dimenticandosi della nausea. Pessima idea.

Sta per morire.

Sta definitamente per –

“Stai bene?”

Con una mano premuta sulla bocca, alza gli occhi e non trova un trench. Una scintilla di quello che sembra divertimento splende in degli occhi che sarebbero diversamente animati da intenti assassini.

Stronzo. Non si ride delle disgrazie altrui. “Superfottutamentebene” sputa, sofferente, fingendo di non avere sapore di bile in bocca.

Castiel non accenna a muoversi. Le mani sono ficcate dentro le tasche dei jeans, la camicia bianca – Dean stringe gli occhi nel tentativo di sembrare più stabile – è lievemente sbottonata, dandogli la possibilità di osservare dei lembi di pelle appena sopra la clavicola. Così sta – sta qualcosa, senza quel trench a renderlo enorme – e non vuole dire che sia piccolo, solo che quel trench – senza trench è tanto buono quanto nudo.

Alza gli occhi perché sta fissando, leccandosi le labbra ancora bagnate di alcool. Fingerà di non avere mai avuto quel pensiero.

“Cosa ci fai qui?”

Alza le spalle “Meg è mia amica.”

“Chi diavolo è Meg?”

“Sei alla sua festa.”

Dean prende un profondo respiro, inalando tutta l'aria che può. “Ops?”

Castiel stringe le labbra, non si sa se con irritazione o meno, e dedica a Dean uno sguardo pesante. Visto così – semi incazzato, quasi vestito bene, tutto spettinato – sembra addirittura uno studente normale. Forse è per questo che abbassa la guardia.

Non chiede e non dice nient'altro, dando le spalle alla ringhiera e dedicandosi all'osservazione della massa all'interno dell'appartamento. Dean si dedica allo studio del profilo pacatamente illuminato di Castiel – dalla linea della mascella, indugia sul contorno delle labbra, sale e trova delle borse sotto gli occhi. Nel complesso, è così distratto che il suo istinto non gli urla neanche di scappare via.

È ingiusto che appaia tanto innocuo. Fa passare Dean per lo stronzo paranoico.

Rompe il silenzio. “Come diavolo hai fatto a trovarmi?”

Castiel lo guarda di traverso, solo per un attimo. Neanche si volta. “Può sembrare incredibile, ma non passo il mio tempo a vegliare su di te.” è ironia, quella? Mr. Guardone dell'Anno sta facendo ironia. “Stavo cercando un po' d'aria. Eri già qui.”

Oh.

La sensazione di calore sotto il collo aumenta, ma una parte di lui si incazza. Cosa deve pensare? Si è ritrovato il tipo ovunque, da quando ha rimesso piede al campus. “Non è colpa mia se qualcuno ha sviluppato un'ossessione per --”

“Non è un'ossessione.”

Dean sbatte le palpebre. Castiel ha preso un profondo respiro. Si chiede quanto sembri ridicolo, strascicando le parole e con la vista offuscata, mentre cerca di difendere il suo orgoglio da uno che non conosce.

“Ti trovo solo...”

“Di' anatomicamente adeguato un'altra volta e Dio mi aiuti, ti prenderò a calci in culo.”

Castiel inclina la testa e strizza gli occhi, qualcosa di serio e profondo nelle sue sopracciglia. “Non sei abituato a ricevere complimenti.”

Dean indietreggia. Per meglio dire: traballa all'indietro. Potrebbe essere pericoloso. “Lo chiami complimento, quello?”

Castiel lo guarda con una solennità sorprendente. Il suo stomaco viene figurativamente risvoltato e strizzato. “No.” si umetta le labbra “Stavo solo parlando in modo oggettivo.”

Oggettivo.

Se quella è la parola che sceglie per definire il suo lavoro di spia, ha bisogno di cambiare dizionario dei sinonimi. “Allora smettila di oggettivizzarmi.”

Castiel non fa molto di più che sbuffare col naso, ma anche agli occhi di Dean quello sembra l'accenno di un sorriso. Beccato.

“Hai trovato qualcun altro per sì, la tua arte?” butta la domanda a caso, tanto per non stare senza dire niente. Ora guarda anche lui verso la festa. Appena il mondo sembrerà più solido, Dean ci si tufferà di nuovo dentro.

“Non ancora.”

Si muove per sistemarsi più dritto, guardando dentro il bicchiere semivuoto.

“Sembri turbato.” la voce di Castiel è piatta.

Dean alza gli occhi, e come gli riabbassa si vomita direttamente sulle scarpe.

Magari non sta così bene come credeva.

   
 
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