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Autore: yukikofairy    09/07/2015    0 recensioni
Prima stagione.
E se una ragazza finisse improvvisamente nel passato, proprio negli anni in cui le leggende arturiane hanno avuto inizio?
Ginevra, diciottenne orfana di entrambi i genitori, sarà destinata nel bene e nel male ad un grande destino.
Destino che avrà inizio quando arriverà a Camelot ed incontrerà per la prima volta un giovane mago.
Tra avventure, amori e magie la ragazza si ritroverà ad affiancare Merlino in sfide ben più grandi di lei.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gaius, Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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 Valiant - parte prima



Una risata cristallina risuonò nel parco dietro al castello. Vì, seduta a gambe incrociate sul prato, stava osservando Artù allenarsi con Merlino. All'ennesimo colpo inferto al povero mago, la ragazza non potè non scoppiare a ridere. La scena era decisamente troppo comica per lei.
«Se lo trovi così divertente perchè non vieni te al posto mio?» esclamò Merlino, decisamente irritato.
Ginevra fece una linguaccia, ma tutto il suo buonumore svanì quando sentì il principe parlare «Non combatto con le donne... e adesso rimettiti in posizione» ordinò al ragazzo.
Vì strinse le labbra. Quel biondino del cavolo aveva la capacità di farla incazzare in una maniera allucinante.
«Perchè non mi mettete alla prova, sire?» calcò sarcasticamente la parola sire, ma lui sembrò non notare la presa in giro.
«Al massimo dopo il torneo, adesso devo allenarmi.» La moretta allungò le gambe e osservò i due riprendere ad allenarsi. 


Era passato un giorno dal suo arrivo a Camelot, e ancora non aveva memoria di come ci era arrivata. Iniziava piano piano ad ambientarsi lì, ma il pensiero di cosa stesse succedendo nel suo mondo era sempre presente. Quella mattina Gaius aveva preso un altro letto da mettere in stanza insieme a quello di Merlino. Si era anche gentilmente offerto di prestarle dei soldi per comprarsi degli abiti. Ginevra potè giurare che non avrebbe mai dimenticato l'espressioni di Merlino e Gaius quando lei, tornata da far compere, mostrò loro i vestiti che aveva acquistato. Due paia di comodi, alti stivali e solo camice e pantaloni. Aveva guardato anche di qualche vestito, ma trovava che i semplici, e a parer suo brutti, abiti da serva la ingrassassero solamente. Come c'era da aspettarsi Gaius le ordinò categoricamente di tornare subito nella città bassa e di comprarsi almeno un vestito. Vì tornò con un anonimo abito lungo color crema con scollo a U, decisa ad indossarlo il meno possibile. 
A corte quel giorno era stata presentata come la cugina di Merlino e tutti sembrarono crederci, forse troppo presi dal vedere una minuta ragazzina tutta pepe che vestiva stivali alti, camicia rossa e pantaloni marroni.
L'unica cosa veramente negativa che aveva riscontrato fino a quel momento nell'essere capitata lì, oltre a non vedere persone a cui teneva, era che proprio non sopportava di dover "servire" qualcuno. Non era mai stata educata a stare zitta e ad obbedire, ma lì era obbligata a farlo se voleva tenere la testa attaccata al collo.
Se almeno fosse stata la serva di Morgana. Di primo impatto adorava quella ragazza. Era così bella e le sembrava anche così gentile e buona... invece no. A lei era toccato il pomposo, arrogante, figliolo di Uther Pendragon. Fortuna che con lei c'era Merlino. In due sarebbero riusciti a sopportare meglio quel lavoro.


Con un decisivo colpo all'elmo dato da Artù, Merlino cadde a terra come un sacco di patate. Ginevra a quel punto si alzò, dispiacendosi per il giovane mago. Si pulì il dietro dei pantaloni con le mani, mentre si avvicinava a loro.
«Dai, fatemi provare» chiese, raccogliendo la spada e lo scudo di Merlino, caduti poco lontano «almeno fino a quando Merlino non recupera un po' di fiato.» Il principe alzò un sopracciglio, scettico.
«L'armatura ti starebbe troppo grande» commentò, credendo di chiudere lì il discorso.
La ragazza però fece un passo verso di lui, la spada tenuta saldamente nella mano sinistra.
«Non ho bisogno dell'armatura, mi affaticherebbe e basta» la sua faccia era estremamente seria mentre fissava il principe negli occhi, senza abbassare mai lo sguardo. In realtà non aveva mai usato la spada. Dopotutto chi usava la spada nel terzo millenio? Ovviamente non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui. Sperava di avere un talento innato e di riuscire, se non a battere, almeno a tenere testa al ragazzo.
«Va bene, qualche colpo mentre Merlino si riposa un attimo.»
La ragazza piegò leggermente le ginocchia, sistemandosi per bene. Artù rimase fermo, aspettando che fosse lei ad attaccare. Così Vì si ritrovò a fare un passo verso di lui, alzando la spada per cercare di colpirlo al fianco. Colpo che venne parato pigramente dal principe, che le fece comunque volare l'arma dalla mano. Ginevra, sbilanciata dalla botta, si ritrovò stesa a terra, rossa di vergogna e rabbia.
«Non credevo potesse esistere qualcuno peggio di Merlino. Evidentemente mi sbagliavo» Artù le rise in faccia e questo fu troppo per lei. Si alzò di colpo in piedi, lanciò con foga lo scudo sul prato vicino al giovane mago, che intanto guardava la scena curioso, e si avviò energicamente verso il castello, con la lunga treccia che le si muoveva a ritmo dei suoi passi. Ignorò con decisione Merlino, che continuava a chiamare il suo nome, e non si girò mai indietro, maledicendo quel principe da quattro soldi. 


Passò il resto della giornata a leggere il libro di magia, cercando di sbollire la rabbia. Era sicura di non essere una creatura magica, ma quelle nozioni le interessavano comunque. Verso l'ora di cena decise di preparare una zuppa con gli ingredienti che riuscì a raccimolare. A casa sua le piaceva molto cucinare, e non se la cavava neanche troppo male. Gaius si era appena seduto davanti a lei con un bel piatto fumante di zuppa, quando Merlino entrò nell'alloggio. Era visibilmente esausto.
«Allora, come è andato il primo giorno da servo di Artù?» chiese il vecchio, divertito dalla faccia del ragazzo. Aveva provato a chiederlo anche a Ginevra, ma il suo grugnito gli aveva fatto immediatamente capire che era meglio non insistere.
«È stato orribile!» commentò Merlino, mentre si sedeva a capotavola. Vì non potè non sentirsi in colpa per averlo lasciato da solo con quel cretino. Si affrettò a mettergli un piatto di zuppa davanti e, avvicinandosi da dietro, iniziò a massaggiargli le spalle. Subito il giovane mago sembrò rilassarsi. Lui e Gaius parlarono un po', mentre consumavano la cena. La ragazza invece continuò a fare il massaggio a Merlino, stranamente silenziosa.
«Sai, la cena l'ha preparata lei» esclamò ad un certo punto il medico, rivolto al moro. Lui la guardò, sorridendole stanco. 
«Grazie Vì, sia per la cena che per il massaggio» tornò a voltarsi verso la zuppa, pronto a prenderne un'altra cucchiaiata, quando si rigirò verso di lei, gli occhi sgranati «mi sono dimenticato di dirti che Artù mi ha detto che devi andare subito da lui.»
La ragazza sgranò a sua volta lo sguardo, andando a sedersi sulla panca e prendendosi la testa fra le mani.
«Non ho voglia di andare da quel cretino
»
«Ginevra!» la rimproverò immediatamente Gaius, guardandola seriamente «una signora non dovrebbe dire queste parole. E adesso vai subito da lui e sii gentile.»
Sbuffando la mora si alzò e uscì dall'alloggio, lasciando quei due a consumare la cena.


Riuscì a perdersi quattro volte negli infiniti corridoi del castello, prima di trovare per caso Gwen. Sollevata nel vederla, le chiese dove diamine fossero le stanze di Artù. Appena la serva di Morgana le rispose scappò via, salutandola al volo. Arrivò davanti alla porta esausta ed irritata. Per colpa di quell'asino reale non era riuscita nemmeno a cenare. Senza contare che, essendosi persa così tante volte, era già molto tardi. E il mattino seguente si sarebbe dovuta alzare presto, in vista del torneo. Bussò piano, sperando che il principe già dormisse. Purtroppo per lei, sentì chiaramente la sua voce urlare «Avanti.»
Così, ripetendosi mentalmente di stare calma, entrò nelle sue stanze. 
Lo trovò in piedi davanti alla finestra posta nell'angolo a destra. Anche se indossava una semplice blusa blu e un paio di pantaloni marroni, era incredibilmente bello. Stava osservando il panorama notturno, immerso nei suoi pensieri. Per la prima volta le sembrò quasi un bravo ragazzo, senza quell'aria da sbruffone addosso. Poi però si voltò a guardarla e quel pensiero gentile svanì in un attimo.
«Dove sei stata? Quando ti faccio chiamare pretendo che tu arrivi immediatamente» commentò avvicinandosi a grandi passi verso di lei.
Vì degrignò i denti, abbassando la testa per evitare di guardarlo in faccia. Se faceva così era meno tentata dallo sputargli in faccia
«Chiedo scusa sire, ma Merlino...» si interruppe, non volendo far finire il ragazzo nei guai «me lo ha detto subito ovviamente, ma io mi sono persa innumerevoli volte per arrivare qui. Sono riuscita a trovare le vostre stanze grazie alla serva di Lady Morgana» alzò lo sguardo, sforzandosi di fare un piccolo sorriso.
Si trovò il principe a solo un paio di passi di distanza, che la fissava serio. Era fin troppo vicino per i suoi gusti.
«E allora, Ginevra» calcò freddamente il suo nome «farai avanti e indietro per tutti i corridoi del castello, passandoci anche tutta la notte, finchè non avrai imparato ogni singola strada per arrivare qui. Non tollererò altri ritardi così importanti» la ragazza sentiva le guance bruciarle dalla rabbia, ma si costrinse a dire un rapido «Sì, sire» per poi voltarsi verso la porta, credendo la conversazione conclusa, non ricordandosi che probabilmente il principe l'avesse fatta chiamare per un motivo. Era quasi arrivata all'uscita, quando la voce di Artù la fece fermare.
«Non volevo deriderti stamani, ti chiedo scusa.» Vì si voltò di scatto, la faccia sconvolta. Davvero il principe di Camelot le aveva appena fatto le sue scuse?! Riusciva a stento a crederci. Comunque scosse la testa, rimanendo ferma sul posto.
«Ovviamente questo non giustifica il tuo inappropriato comportamento che, sono sicuro, non succederà più.» Restarono a fissarsi per diverso tempo, senza dire niente. «C'è altro?» chiese infine il biondino, aspettandosi evidentemente che la serva si congedasse.
«Allenatemi» buttò fuori la ragazza, sentendo l'orgoglio finirle sotto i piedi «a Merlino non piace il combattimento, ma a me sì. Quando dovrete allenarvi con un servo, usate me invece di lui. Prometto che mi impegnerò al massimo per migliorare» parlò velocemente senza mai fermarsi, per paura che lui potesse prenderla nuovamente in giro. Invece rimase a fissarla in silenzio per qualche secondo, pensieroso.
«Perchè vuoi saper maneggiare un'arma? Sei una ragazza infondo» chiese, sinceramente curioso.
«Perchè se ci sarà un pericolo voglio essere in grado di potermi difendere da sola» chiarì, decisa.
«D'accordo. E adesso vai che devo riposare per il torneo di domani.»
Vì sorrise grata e, una volta uscita dalla porta, potè giurare di aver visto l'ombra di un sorriso anche sul volto del principe.


«Vì, Vì sveglia» una voce chiamava insistentemente la ragazza che, in risposta, si coprì il viso con il cuscino.
«Ancora cinque minuti mamma» Merlino rise mentre, non proprio delicatamente, le strappava il cuscino da sopra la testa.
«Ehi» urlò Ginevra, alzandosi di scatto a sedere.
«Muoviti che dobbiamo andare. Gwen ci sta aspettando per farci vedere come si mette l'armatura»
Vì sbruffò, ma si decise ad alzare. Il giovane mago uscì dalla stanza, lasciandole il suo spazio per potersi cambiare. Per problemi di spazio dormivano nello stesso luogo, ma ciò non li metteva a disagio. Semplicemente quando uno dei due doveva lavarsi o cambiarsi, l'altro usciva dalla stanza. Assonnata la mora si alzò, togliendosi il pigiama, che altro non era che una grande camicia vecchia di Merlino che le arrivava quasi alle ginocchia, ed indossando pantaloni neri e blusa verde scuro. Legò velocemente i lunghi capelli in uno chignon disordinato, piegò la camicia/pigiama lasciandola sul letto che aveva rifatto al volo, calzò gli alti stivali e uscì. Ad attenderla trovò Gaius, che era già impegnato nel suo lavoro, e Merlino che aveva appena finito la colazione. Appena la vide si alzò avviandosi alla porta.
«Ma io devo mangiare» cercò di protestare la ragazza.
In risposta il mago le lanciò una mela, subito prima di uscire. Sbuffando Vì lo seguì, salutando con la mano un Gaius divertito da quei due. Erano solo pochi giorni che li aveva in casa con lui, ma già sentiva di non poter fare a meno di entrambi.


Merlino e Vì andarono a prendere l'armatura di Artù e la portarono a Gwen, che li aspettava. Nonostante fosse mattina presto, molta gente era già alle prese con le proprie faccende. La mora era abbastanza sicura di non potersi abituare agli orari di quel posto, neanche se ci fosse rimasta per il resto della vita. La serva di Morgana fece vedere a alla moretta come mettere l'armatura, utilizzando Merlino come modello. La ragazza sapeva che non si sarebbe ricordata quasi niente, ma fece finta di capire tutto.
«Come mai tu sei più esperta di me?» chiese Merlino a Gwen, anche lui un po' incerto su come montare tutta quella ferraglia
«Sono la figlia del fabbro» rispose sorridendo.
«Forte!» esclamò Vì, non riuscendo a trattenersi «e sai anche maneggiare una spada?» le chiese, curiosa.
«Un po', ma conosco giusto le mosse basilari» rispose Gwen allargando ancora di più il sorriso, sinceramente contenta della curiosità della mora.
Le due ragazze aiutarono Merlino a togliersi l'armatura, per poi salutarsi e prendere strade diverse. Il mago e Vì si avviarono velocemente verso il prato del castello, dove i preparativi erano già giunti al termine. Artù li aspettava a braccia incrociate, scocciato. Insieme montarono in maniera decisamente maldestra l'armatura addosso principe, che li guardava sconcertato.
«Siete nervoso?» chiese Merlino, mentre gli allacciava l'armatura sotto il collo.
Vì lì osservava ad un paio di passi di distanza, l'elmo in mano.
«Io non sono mai nervoso» rispose Artù, anche se, vista la sua espressione, Ginevra potè giurare il contrario.
«Davvero?» Merlino continuava a parlare, non capendo che così lo avrebbe solo innervosito ulteriormente «credevo fosse normale...»
«Vuoi chiudere quella bocca?» lo interruppe urlando il biondo.
Vì abbassò il capo, non riuscendo a trattenere una lieve risata. Il mago, senza più dire una parola, gli legò il mantello rosso al collo. Si spostò poi per far spazio a Vì che tese l'elmo al principe, sforzandosi di mantenere un'espressione seria. Si allontanarono entrambi di qualche passo, osservando Artù. «Abbiamo fatto un ottimo lavoro» commentò Ginevra, contenta del loro operato.
«Non state dimenticando niente?» chiese serio il biondo.
«No, direi di no» rispose subito Merlino, alzando la mano destra in direzione di Vì.
Immediatamente la ragazza battè il cinque, sorridendogli. 
Aveva insegnato la mossa al giovane mago la sera precedente, quando era tornata dalle stanze di Artù. Ovviamente non aveva dato retta al principe, che le aveva ordinato di imparare tutti i corridoi del castello, ed era andata diretta nell'alloggi di Gaius, dove aveva trovato Merlino ancora in piedi. Sdraiati ognuno nel proprio letto, i due avevano parlato un po' e lei gli aveva insegnato a battere il cinque come segno di intesa.
«Ma cosa fate? Seriamente non notate niente?» sibilò il principe «si vede proprio che siete cugini! La mia spada!»
Merlino si affrettò a passargliela, mentre Vì si trattenne dal fare una linguaggia al biondo, che li osservava in malo modo.


Vì e il giovane mago si avvicinarono velocemente agli spalti montati a cerchio, dove erano già sedute la maggior parte delle persone. Il re, al centro della piccola arena, presentò i cavalieri in piedi davanti a lui, esclamò che il torneo sarebbe durato tre giorni, che il campione da battere era Artù e che il torneo aveva finalmente inizio. Dopodichè si congedò, andando a sedersi nel suo posto d'onore. Merlino e la ragazza erano rimasti in piedi accanto ad un muro vicino all'arena.
Per la prima volta Vì assistette ad un torneo.
I primi a scontarsi furono Artù ed un cavaliere che lei ovviamente non conosceva. Il principe vinse facilmente, così come facilmente vinse poco dopo un cavaliere vestito di giallo. La gente applaudiva continuamente, mentre le persone combattevano. Ginevra non lo fece, non comprendendo tutta quella violenza gratuita. Inoltre, non essendo abituata nel suo mondo, era sempre in apprensione per tutti, avendo paura che qualcuno si facesse male. Cosa che, dovette constatare presto, succedeva fin troppo spesso. Artù vinse sempre e così anche il cavaliere giallo, che Vì aveva scoperto chiamarsi Valiant. 
A fine giornata i due servi stavano aiutando il principe a togliersi l'armatura, quando Valiant, insieme al suo servo, si avvicinò.
«Posso congratularmi per le vostre vittorie di oggi?» Vì strinse i denti, irritata dal tono pomposo dell'uomo.
«È reciproco» commentò Artù, senza scomporsi.
«Spero di vedervi al ricevimento» rispose il cavaliere al principe, dando poi una breve ma intensa occhiata a Ginevra, prima di allontanarsi seguito dal servo.
«Leccapiedi» lo apostrofò Merlino, facendo sorridere Artù. «Cretino» rincarò la dose Vì, incapace di trattenersi. I due ragazzi la guardarono sconvolti, ma lei fece finta di niente, anche se sentiva le guance cominciare a diventare rosse. Era difficile dover ricordarsi dove era e stare quindi continuamente attenta al proprio linguaggio.
«Per domani dovete riparare il mio scudo, lavare la mia tunica, pulire i miei stivali, affilare la mia spada e lucidare la mia cotta di maglia» commentò il principe allontanandosi, mentre i due lo guardavano allibiti.
Nella loro stanza Vì iniziò a lucidare la sua cotta di maglia, non avendo alcuna intenzione di pulirgli gli stivali, ma Merlino la fermò. Sorridendo fece una magia e gli oggetti iniziarono a prendere vita, facendo il lavoro al posto loro. Il mago e la ragazza si sdraiarono nel letto di lui, appoggiando la schiena al muro, e si misero a studiare il complicato libro di magia.
Dopo un po' entrò Gaius, cogliendoli in fragrante
«Stai di nuovo usando la magia, ragazzo?» «No» rispose subito Merlino, negando l'innegabile.
Vì rise e Gaius uscì scuotendo la testa, dopo averli avvertiti che la cena era pronta. 
Passarono il resto della serata nell'alloggio, dando una mano a Gaius a pulire, continuando a studiare il libro e facendosi a turno un bel bagno caldo.
La ragazza si immerse con soddisfazione nell'acqua quasi bollente. Non era abituata a correre di quà e di là per tutto il giorno e la stanchezza si faceva sentire. Osservò la piccola camera da letto che condivideva con Merlino e la trovò molto accogliente. Era semplice certo, ma era un semplice che lei amava. L'unica cosa che le dispiacque fu che non c'era nessuno specchio. Per una ragazza non potersi specchiare, anche solo per vedere come le stava un vestito o come si era pettinata i capelli, era abbastanza traumatico. Ne avrebbe parlato sicuramente con Gaius. Finito il bagno i due ragazzi salutarono il medico, avviandosi nella loro stanza. Andarono a letto decisamente troppo presto rispetto a quanto era abituata Vì, ma si addormentò comunque velocemente, essendo molto stanca. 


Si guardò intorno stupita. Era nuovamente ai bordi della staccionata e non sapeva come ci fosse arrivata. Indossava una camicia bianca e dei pantaloni marroni. I capelli erano arruffati e per qualche oscuro motivo aveva il fiatone, come se avesse corso. Le tribune di legno erano piene e in mezzo all'arena stavano combattendo Artù ed un cavaliere.
Vì ruscì a riconoscerlo dallo scudo: era Valiant.
I due duellarono ferocemente, fino a quando Valiant non buttò a terra il principe. Ginevra chiuse gli occhi, terrorizzata. Il rumore della spada che trafisse un corpo la fece urlare.  
«Vì, Vì!» Merlino la svegliò scuotendola energeticamente per le spalle. Quando finalmente la ragazza capì cosa stava succedendo, smise di urlare ed abbracciò tremante il giovane mago, che la strinse sorpreso.
«Era solo un sogno, tranquilla» la tenne stretta a sè fino a quando non si calmò. Lei lo ringraziò infinitamente ed entrambi si sdraiarono ognuno nel proprio letto, addormentandosi poco dopo.


La mattina venne nuovamente svegliata in malo modo da Merlino. Si rimise i soliti pantaloni e la camicia verde scuro. Legò questa volta i capelli in una lunga treccia laterale. Fece una veloce colazione con Gaius e il mago e poi si separarono. Entrò nell'armeria, ancora leggermente scossa dal sogno. Cosa tra l'altro assurda, visto che a lei non poteva fregar di meno di Artù. Però si conosceva. Sapeva di non poteva accettare la morte di nessuno, nemmeno di chi le stava veramente sulle palle. Scrollò la testa, osservando l'armatura del principe posta su di un tavolino di fronte a lei. Fece per prenderla, quando un rumore la distrasse. Sembrava che un sibilio provenisse dal fondo dell'armeria.
«C'è qualcuno?» chiese, guardandosi intorno agitata.
Nessuno rispose, ma quel fastidioso suono continuò. Fece qualche passo incerto, cercando la fonte del rumore.
Sgranò gli occhi quando, inginocchiandosi di fronte allo scudo del cavaliere Valiant, si rese conto che il sibilio sembrava provenire proprio da uno dei serpenti disegnati nello scudo. Avvicinò leggermente il viso e, incredula, potè giurare di aver visto il rettile chiudere per un attimo l'occhio. Non fece in tempo però ad indagare oltre, che qualcuno le puntò una spada al petto. Si alzò lentamente, voltandosi verso la figura. Si trovò davanti proprio Valiant
«Posso esserti d'aiuto?» chiese aggressivo, abbassando solo leggermente l'arma.
«No» la voce di Ginevra uscì strozzata.
Più che impaurita per la spada puntata al petto, era agitata perchè nel suo sogno era proprio lui ad uccidere Artù.
«Stavo solo prendendo l'armatura per il principe» chiarì arretrando fino al tavolino, sperando di mettersi così fuori dalla portata della sua spada.
Lui però la seguì, l'arma abbassata, fermandosi ad un solo passo di distanza. Vì si ritrovò bloccata tra il tavolo e Valiant.
«Certo. Prendi l'armatura» esclamò come se il discorso fosse concluso.
A dispetto delle sue parole, subito dopo avvicinò il viso a quello immobile della ragazza, andando a portare la bocca ad un centimetro dal suo orecchio.
«Io però starei attenta se fossi in te. Mai farsi gli affari degli altri, non sai mai in quale guaio tu ti possa cacciare» si allontanò, lanciandole un'occhiata lasciva.
Ginevra non rispose, raccogliendo al volo l'armatura mentre lui continuava a fissarla. Scappò via, sentendo il cuore batterle incredibilmente veloce.


Corse praticamente fino alle stanze di Artù, nonostante stesse tenendo tra le braccia la pesante armatura. Trovò Merlino e il principe ad attenderla. Posò tutto sul tavolo davanti a loro, mentre cercava di riprendere fiato. Evidentemente doveva avere una faccia sconvolta, perchè il mago le si avvicinò subito, preoccupato.
«Ehi tutto bene?» le chiese, mentre Artù osservava stralunato l'armatura. Lui sembrò non notare niente di strano in lei.
«Dopo ne parliamo» sussurrò Vì a Merlino, proprio mentre il biondino chiedeva loro se avessero fatto tutto da soli. Il mago annuì subito, visibilmente soddisfatto del suo operato.
«Bene, adesso vediamo se riuscite a vestirmi senza dimenticare niente.»
Fece tutto Merlino.
Ginevra se ne stette in disparte, a guardali. Ancora scossa dall'incontro con Valiant, non voleva avvicinarsi a nessun uomo, tranne forse Merlino.
Vedere Artù poi le fece uno strano effetto, dopo il sogno. Si sentiva quasi in ansia per lui.
«Tutto bene Ginevra?» la ragazza osservò confusa il principe, rendendosi conto solo in quel momento che entrambi la stavano fissando, perplessi.
«Oh sì, certo» cercò di fare un vero sorriso, sperando di avere doti nascoste da attrice.
Artù sembrò cascarci, tornando a fissare Merlino che gli aveva appena consegnato l'elmo.
«Molto meglio. Anche se era difficile peggiorare» «Bè imparo in fretta» rispose subito il mago, soddisfatto.
«Spero per te che sia così.» Il battibecco fra i due la fece sorridere, distraendola per un attimo dai suoi pensieri.


Merlino e Vì augurarono al principe buona fortuna, seguendolo poi fino all'arena dove lui si fermò al centro, mentre loro restarono in piedi fuori dallo steccato di legno. Il re, Morgana e le altre persone erano già seduti, in attesa dell'inizio del torneo. Anche il secondo giorno a cominciare fu Artù, che vinse facilmente contro un cavaliere sconosciuto alla ragazza. Dopo fu la volta di Valiant. Solo nel vederlo, Vì sentì un brivido freddo lungo la schiena. Durante il combattimento Merlino si avvicinò ad Artù, mentre la mora rimase ferma lì, rapita dallo scontro. Scontrò che terminò con la vittoria di Valiant e l'altro cavaliere a terra, immobile.
Solo a quel puntò Ginevra corse da loro, afferrando per un braccio la giacca di Merlino.
«Perchè non si rialza?» chiese, agitata.
Entrambi non le risposero, troppo impegnati ad osservare la scena. Gaius portò via il cavaliere, che sembrava fare qualche lieve movimento, e il torneo continuò.
Alla fine della seconda giornata Merlino e la ragazza aiutarono Artù a svestirsi dell'armatura e si congedarono velocemente, avviandosi di gran passo verso l'alloggi di Gaius. Appena entrati posarono la pesante ferraglia, da pulire entro la mattina successiva, sul tavolo. Si avvicinarono subito all'anziano, seduto accanto al letto dove stava il cavaliere.
«È ferito gravemente» esclamò serio, guardandoli «qui ha due puntini, come se fosse stato morso da un serpente» indicò loro la ferita sul collo, mentre Vì ripensò con orrore a quella mattina.
«Come può essere stato un serpente? Era un combattimento fra spade» chiese perplesso Merlino.
«Eppure tutto fa pensare ad un avvelenamento...» esclamò Gaius, iniziando ad elencare i vari sintomi.
Disse che l'unico modo per salvarlo era quello di trovare il serpente che lo aveva morso. Ginevra fece un respiro profondo, cercando di riordinare la mente.
«Vi devo raccontare di stamani» interruppe il medico e, senza tanti giri di parole, raccontò ad entrambi la sua disavventura con Valiant.
Merlino decise subito di andare a controllare, mentre lei preferì rimanere con Gaius ad assistere il cavaliere. Mise una pezza bagnata sulla fronte dell'uomo, mentre il medico leggeva un libro, probabilmente alla ricerca di un antidoto. Non sapendo che altro fare, si sciolse stancamente i capelli, che caddero subito sulla sua schiena in morbide onde. Rimase ad osservare il fuoco di una candela per un po', assorta.
Il suo cervello faceva fatica ad accettare che lì la magia era reale e che quindi potevano succedere le cose più strane ed inimmaginabili.
«Avete fame?» chiese ad un certo punto a Gaius. Il vecchio non fece in tempo a rispondere che ecco Merlino spuntare dalla porta. Raccontò loro di aver visto Valiant dar da mangiare un topo ai tre serpenti dello scudo.
«Che schifo!» commentò Vì, disgustata.
«Dobbiamo dirlo subito ad Artù» Merlino e Ginevra si stavano già avviando verso la porta, quando Gaius li richiamò. Con saggezza spiegò loro che avevano bisogno delle prove per essere ascoltati, visto che Valiant era un cavaliere e loro solo servi. La loro parola non valeva praticamente niente. Vì capì che il medico aveva ragione, ma trovava comunque la cosa inaccettabile.
«Bene, vorrà dire che Artù morirà se combatterà contro Valiant. Non mi interessa... anzi potrò finalmente smettere di fare da serva a quel cretino dal sangue blu» Ginevra si rese conto di urlare solo al termine del suo discorso.
Indispettita si rinchiuse nella sua camera, senza aspettare la risposta di qualcuno. Si buttò sul letto, chiedendosi il perchè della sua scenata. Sicuramente era colpa di quel posto. Non era abituata a magie, complotti e mostri mitologici. La cosa più esaltante nella sua vita, prima di arrivare a Camelot, era stata quella di aver dormito in spiaggia con gli amici di nascosto dai suoi. I suoi. Dio, quanto le mancavano. E le mancavano anche il suo tutore e i suoi amici. Sperava che stessero bene. Chissà se la stavano cercando, se la pensavano.
Quando Merlino entrò nella stanza, ancora arrabbiato con Gaius per ciò che aveva detto, trovò la ragazza addormentata. Gli si avvicinò per svegliarla e dirle che la cena era pronta, ma si accorse che il viso di Vì era bagnato. La mora si era addormentata piangendo. Merlino uscì dalla stanza per andare a mangiare, preferendo lasciarla dormire. 



Angolo dell'autrice:

Sono in ritardo di 21 giorni. Lo so.
Ma se devo essere sincera ho un po' di dubbi su questa fan fiction.
Ancora nessuna recensione, è evidente che non piace.
Ormai credo che continuerò a pubblicare fino all'episodio di Lancillotto, ovvero fino a dove sono arrivata a scrivere.
Se poi qualcuno commenterà e mi darà motivo di continuare lo farò.
Al prossimo mercoledì,
yukiko.



 
  
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