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Autore: SuperGoat    13/07/2015    4 recensioni
Camelot, otto anni prima dell'arrivo di Merlino. Un sogno profetico mostra a re Uther Pendragon una spada conficcata in una roccia. Colui che la estrarrà dalla roccia, viene rivelato al re, sarà destinato ad unificare i regni d'Inghilterra e regnare su tutto il mondo conosciuto, accompagnato però da un maledizione.
Solo un Pendragon può estrarre la spada dalla roccia, non avendo altri parenti se non due figli piccoli, Uther si convince di essere lui il prescelto.
Una storia dedicata a quelli che, come me, sono rimasti leggermente interdetti nel vedere Excalibur, la mitica spada dalla leggenda. ridotta dalla serie "Merlin" ad un inutile trucchetto di magia. In occasione della messa in onda della puntata 4x12, indignata per la poca importanza data a questa parte della leggenda, creai questa storia ambientata nella Camelot del passato che conferirà ad Artù l'opportunità di estrarre, per conto suo, la spada dalla roccia, pur senza creare contraddizioni con la trama della serie TV (o almeno si spera).
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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Mentre Goeffrey di Monmouth, il bibliotecario che per Artù e Morgana era anche professore di storia e letteratura, narrava del nascere dell'impero romano con voce monotona e noiosa, Artù combatteva il sonno. 
Non aveva dormito quella notte e il colpo in testa che aveva ricevuto appena cinque ore prima, mentre si allenava, di certo non lo aiutava. Sentiva le palpebre pesanti, il naso, rotto la stessa mattina, pulsava sotto le bende e lui faceva fatica a restare ritto sulla sedia. "Stai bene?" chiese Morgana premurosa, prendendogli una mano. Artù non si prese la briga di rispondere, Morgana gli tastò la fronte "stai scottando" sussurrò "poggia la testa sul legno".
"Che cosa sono queste chiacchiere?" chiese Goeffrey, sollevando lo sguardo dal libro  "Principe Artù, state forse dormendo?" Artù si rendeva conto di non riuscire ad aprire più di tanto gli occhi, talmente lucidi da rendergli impossibile la vista. "Perdonatemi Goeffrey" riuscì a dire "Gaius mi ha dato un farmaco per il dolore..." Goeffrey parve comprendere e continuò la lezione.

Un'ora dopo Artù si presento a tavola sorretto da Morgana, presero posto ai lati del tavolo, prima che arrivasse il re, davanti a lui Artù non avrebbe dovuto dare segni di cedimento.
Suo padre arrivò, e con lui portò quella tensione che sempre si creava in sua presenza, il re parve non farci caso, studiò le bende di Artù con un sorriso divertito, "sembri un lottatore ubriaco" affermò e Artù si rilassò nel vederlo tranquillo. 
Il pranzo fu servito e i commensali presero a mangiare. Artù sentiva di avere lo stomaco chiuso, si decise a parlare "Mi punirai per essere uscito di notte, padre?" Morgana si fece interessata, Uther ci pensò "credo che per oggi averti rotto il naso sia stato sufficiente" Artù ne era grato "Chiedo perdono, comunque" il padre lo fissò "se lo farai ancora ci penserà la frusta a farti ragionare" disse infine, Artù annuì. "Ma dove sei stato?" sbottò Morgana che di certo era divorata dalla curiosità "voglio dire" spiegò "sei uscito di notte per andare dove?" "In biblioteca" Morgana pareva delusa "Ma è pur sempre dentro il castello!" Morgana parlava sempre a sproposito "Frustate per non essere neanche usciti dal castello? Uther, è una punizione che non infliggiamo nemmeno ai ladri!" era fatta, Artù aveva sperato di poter chiedere a suo padre di esonerarlo dall'allenamento pomeridiano per via della febbre, Morgana glielo aveva reso impossibile.
"Non mi aspetto che tu comprenda, Morgana" rispose tranquillo il re, Artù invece capiva perfettamente e prese la parola "un principe deve saper obbedire molto più di quanto debba fare la gente comune" disse a Morgana "una disobbedienza da parte di un principe è molto più grave di un furto, perchè un principe dovrà fare leggi, un giorno, e guidare uomini in battaglia. Non si può comandare senza prima saper obbedire" gettò un'occhiata al padre per capire se approvava, lui non fece una piega "e siccome un principe sarà re, e un re deve prendere decisioni, decisioni dalle quali dipendono le vite di migliaia di persone, un principe deve subito imparare a prendersi le proprie responsabilità " si rivolse alla sorellastra "Morgana, ti prego, prima di parlare a mio padre di faccende che mi riguardano, consultati con me. Io accetterò qualsiasi punizione, padre".
Artù sapeva cosa fare "sono in ritardo per l'addestramento" annunciò e, con i muscoli irrigiditi, si alzò. "Non puoi andare" insistette Morgana "hai la febbre troppo alta" Artù sentì il bisogno di concludere con una frase eroica e così rispose senza girarsi "Finché sono cosciente e sto in piedi, posso" purtroppo non calò il silenzio solenne che Artù sperava, sentì chiaramente la risata di suo padre mentre lasciava la sala.
 
Uther non era stato impressionato, purtroppo, ma Artù era veramente convinto di tutto ciò che aveva detto, eccetto che per una cosa: sapeva che il suo dovere era comportarsi come un principe doveva fare e secondo il desiderio di suo padre, e sapeva di aver mancato, ma a volte ciò che suo padre voleva era imperscrutabile per lui. 
Come faceva a sapere che andare in biblioteca di notte era sbagliato? lo avesse saputo non lo avrebbe fatto. 
A volte Artù aveva l'impressione che il padre creasse regole di punto in bianco, lui obbediva e se sbagliava veniva punito, ma mai perdonato. Puntualmente due o tre volte a settimana, senza volerlo, si rivelava una delusione per il padre, la sua fiducia in lui si incrinava sempre di più. Se solo il re avesse saputo che tutto ciò che Artù voleva era compiacerlo forse..."io sono meglio di quanto lui creda" disse a Leon durante l'allenamento, con i muscoli in pappa e la testa cotta da sole, un attimo prima di svenire. 

Alle tre del pomeriggio Artù giaceva sopra il letto di Morgana, la sorellastra lo aveva costretto a stendersi e gli aveva messo un panno bagnato sulla testa, le divertiva fare il lavoro di Gaius quando lui era misteriosamente scomparso "non ho mai sentito una fronte così calda" disse lei col tono lugubre che aveva il medico quando diagnosticava a qualcuno morte certa, "mi chiedo come tu abbia fatto ad allenarti in queste condizioni" Artù rispose automaticamente "Come tutti i veri eroi, con tenacia, con forza di volontà!"Morgana sbuffò "sei proprio un bambino, Artù" era nervosa, si capiva "Morgana, mi dispiace per quello che ho detto a tavola" Morgana sorrise e si avvicinò a lui "Non ci fa niente" disse "tu sei fatto così, ti piace farti schiavizzare da Uther, sei un masochista" "non è questo..." "so bene come la pensi, Artù, ma io credo che un re debba sapersi imporre" "non di certo sul proprio padre" questo per Artù era ovvio "e se fosse questo ciò che tuo padre vuole da te?" il seme del dubbio si insinuò dentro di lui "io non lo so cosa vuole da me mio padre!" disse con foga eccessiva, spinse via il panno bagnato e si alzò.
"Vado fuori a giocare" annunciò "a giocare?" ripetette perplessa Morgana "ho solo un'ora prima che riprenda l'addestramento" "e la vuoi passare stancandoti ulteriormente?" chiese lei incredula "beh" rispose "non siamo tutti pappe molli come te" "no, è che io sono più intelligente di te, Artù" "cosa c'entra essere intelligenti adesso?" "hai ragione" si corresse Morgana "la parola che cercavo era: sana di mente" Artù abbandonò la stanza in fretta.

Trotterellava per la città bassa fingendo di essere un cavaliere errante, presto qualcuno avrebbe chiesto di lui per una missione: uccidere un drago o un grifone, sconfiggere un troll, ritrovare una pianta magica o un mistico oggetto perduto, magari salvare una città assediata da stregoni malvagi, sarebbe rimasto certamente ferito ma avrebbe trionfato e re Uther gli avrebbe concesso una ricompensa...allora lui avrebbe risposto "non l'ho fatto per denaro ma perchè io sono un cavaliere". Un rumore lo riportò alla realtà, sembrava una porta che sbatteva, inizialmente, poi sentì i lamenti di una persona, che ci fosse un avventura vera all'orizzonte? Leggermente preoccupato ma assolutamente deciso, seguì il rumore. Svoltò l'angolo di corsa e finalmente vide: Un ragazzo grande e grosso aveva afferrato una ragazzina molto più piccola di lui e le sbatteva ripetutamente la testa contro la porta di legno chiusa, avvicinandosi Artù riconobbe il ragazzo, era il fratello stupido di Leon, "Tiger!" chiamò non appena fu abbastanza vicino "che cosa stai facendo?" esclamò "Perchè!?" Tiger non rispose e continuò, un re doveva sapersi imporre, Artù raccolse una pietra "Tiger, basta!" urlò lanciandola, aveva una mira eccezionale, riuscì a colpire Tiger tra la spalla e il collo, il punto perfetto quando si vuole far mollare la presa a qualcuno. E infatti Tiger mollò la presa con un lamento e si girò verso Artù con un grugnito, come fanno le bestie "sei un topo puzzolente" gli disse, Artù non si scompose "tu sei più puzzolente e più stupido, Tiger. Lasciala andare e non ti farò nulla" in un altro momento Artù avrebbe schiacciato quel tredicenne trenta centimetri più alto di lui e quaranta chili più pesante ma adesso aveva le forze di una lumaca. Ne ebbe la conferma immediatamente quando Tiger, inaspettatamente, prese una mazza chiodata dietro di se e gliela schiantò sulle costole facendolo rotolare nella polvere senza fiato. Da terra, con lo sguardo annebbiato, Artù lo vide sollevare la mazza per colpire la ragazza e lei farsi scudo con le mani. Artù fu più veloce, si alzò con un salto e mando Tiger atterra placcandolo ai fianchi, "ho detto di lasciarla stare, Tiger." Tiger era arrabbiato si alzò mulinando la mazza chiodata ma Artù gli bloccò il polso e vorticando su se stesso gli assestò una gomitata in pieno stomaco poi, con un movimento preciso, gli spezzo il braccio all'altezza del gomito e gli strappo l'arma dalla mano priva di forze. Tiger scappò piangendo, Artù si girò verso la ragazza: aveva i capelli scuri e una ferita sanguinante alla testa. "Come stai?" chiese pur sapendo quanto idiota fosse quella domanda "grazie" rispose lei con sincerità e fece per alzarsi "no, no, resta ferma" intervenne Artù, aveva fatto i conti molte volte con ferite alla testa e sapeva come comportarsi, si accovacciò su di lei "come ti chiami?" chiese "Ginevra" rispose la ragazza "ma quasi tutti mi chiamano Gwen" "stai perdendo sangue, Ginevra" disse "ma la ferita è superficiale, mi preoccupa di più la botta" la studiò con aria da esperto "dimmi, ti gira la testa?" chiese infine "non mi pare" rispose lei ma era pallida in viso "vuoi che vada a chiamare Gaius?" propose Artù "o preferisci venire con me?" la ragazza si guardò intorno e si alzò "vengo con te". "A proposito" disse Artù camminando "cosa voleva da te Tiger?" "nulla" rispose lei "Tiger è uno di quelli che ti picchia senza motivo, solo per il gusto di farlo" "Tiger ha un ritardo mentale" spiegò Artù, ma Ginevra scosse la testa "ce ne sono tanti come lui, anche, anzi, soprattutto, tra i nobili" Artù si chiese se Ginevra sapesse chi fosse, dopotutto non si era presentato e le bende sul naso lo rendevano irriconoscibile "il principe Artù, ad esempio" forse la ragazza lo prendeva in giro ma lui rispose ugualmente "Artù? chi ha mai picchiato?" "il mio amico Oswald, è uno scudiero" rispose lei prontamente "ma si allenavano!" Artù era sconvolto "poco importa" tagliò corto Ginevra "Artù sapeva che Oswald non aveva speranze ma lo ha umiliato ugualmente" Artù rispose di getto "Se dovessi rifiutarmi di combattere contro chiunque sia..." ammutolì accorgendosi di avere usato la prima persona singolare e istintivamente portò una mano alla bocca, Ginevra parve non accorgersene "perchè sei così sconvolto?" chiese "Artù ed Oswald sono amici" rispose lui con sincerità "forse Oswald è il migliore amico di Artù" ammise "intendo...in una classifica di amici...per cui penso sia normale per loro...insomma, credevo che ad Oswald piacesse" Ginevra scosse la testa come se avesse detto qualcosa di stupido "Oswald lo odia, e Artù non ha amici" affrettò il passo, o forse Artù rallentò.
"E tu invece?" riprese Ginevra "come lo conosci Tiger?" "è fratello di un mio ami...di uno che conosco" rispose lui semplicemente "allora conosci Leon!" esclamò lei sorpresa "si, Leon è fortissimo!" esclamò, provava grande ammirazione nei suoi riguardi, Ginevra pareva d'accordo "Leon si che è come un cavaliere dovrebbe essere!" "e infatti sarà presto investito" aggiunse Artù rischiando di tradirsi ancora una volta "da grande vorrei essere come lui" affermò senza pensare, doveva desiderare essere come suo padre, non come Leon. Ormai erano arrivati, Ginevra sorrise "secondo me lo sarai" "davvero?" Artù era sorpreso dall'affermazione "mi hai salvato, anche se eri ferito" si fermarono davanti la porta di Gaius "a te non sto veramente simpatico" disse Artù con tristezza "perchè dici così?" "io non ho amici" rispose lui con un misto di ironia, la ragazza si avvicinò a lui "non può essere!" affermò "Ginevra" la interruppe lui, tese la mano "mi chiamo Artù Pendragon" lei non gliela strinse, fece un passo indietro, afferrò i lembi del vestito e fece la riverenza "grazie per avermi salvata, mio signore" disse con voce atona e salì da sola i gradini per casa di Gaius "Ginevra" la chiamò lui da dietro "si, mio signore?" "posso considerare almeno te...insomma...tra i miei amici?" lei sorrise "si, potete".
Artù si avviò zoppicando verso il castello ma Ginevra lo raggiunse di corsa "Gaius non c'è" annunciò.
   
 
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