Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Eliatheas    20/01/2009    10 recensioni
Questa che vi racconterò non è una storia felice e probabilmente non lo sarebbe mai stata, neanche se io e lui [noi] fossimo rimasti insieme.
Perché c’è sempre qualcosa che non va, c’è sempre il piccolo dettaglio che fa male, la nota stonata nell’armonia della vita.
Non esiste il lieto fine, non esisterà mai.
[Dominique Weasley/James Sirius Potter]
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, James Sirius Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 14 – Decisione, Giugno 2022

“Mi hai mentito”
Rose sobbalzò e si voltò  di scattò verso di me, facendo cadere a terra il calamaio con l’inchiostro nero.
“Oh, accidenti!” esclamò, guardando il disastro che si allagava sul tappeto azzurro della sua camera.
“Lascia, faccio io” Fu una soddisfazione puntare la bacchetta contro la macchia nera, mormorare un incantesimo e guardare il tappeto tornare come prima. Un piccolo capolavoro.
“Che stavi dicendo?” chiese mia cugina, ringraziandomi con un sorriso, mentre tornava a sedersi alla scrivania, invasa da libri di ogni genere, ovviamente.
“Ah, sì. Mi hai mentito” Lo dissi con tranquillità, senza neanche sconvolgermi più di tanto. Dopo tutto quel tempo trascorso tra incredibili rivelazioni, come in soap opere Babbane, credevo ormai di aver sviluppato un incredibile autocontrollo.
“Su cosa, esattamente?” domandò lei, accantonando per un attimo i libri e il tema di Trasfigurazione. Io mi acciambellai sul letto e la fissai, scettica.
“Su me e James...” Sentii una fitta al cuore quando pronunciai quel nome. Nonostante fosse passato più di un mese, non ero pronta. Non ero pronta a ricordare, a pronunciare il suo nome, a pensare a lui. Una smorfia di dipinse sul mio viso. Rose se ne accorse, ma non disse nulla. “Non l’hai detto a tua madre. Lo ha fatto Hugo”
“Già” Non si scompose minimamente. Si limitò a fissare la sua attenzione sul libro di Trasfigurazione posato sulla scrivania e ad ignorarmi completamente.
Rimasi in silenzio a guardarla, a metà tra ira e stupore.
“Perché?” chiesi, infine, mentre lei sospirava e si voltava a guardarmi. Mi sentii trafitta dal suo sguardo, così simile al mio. Ghiaccio puro.
Ma lei non era fatta di ghiaccio, lei era fuoco. Allegro, scoppiettante, caldo...mi sarebbe piaciuto essere felice come lei.
“Immagina che Louis abbia scoperto qualcosa di terribile e che, invece di tenere il segreto come gli avresti consigliato, lui lo dicesse a tua madre. Metti che abbia scoperto me e Al che ci baciavamo. Cosa avresti fatto?”
“Io non mi sarei addossata le colpe di Louis. Io gli avrei fatto notare il suo errore, ma non lo avrei protetto” sussurrai, guardandola con gli occhi pieni di lacrime. “Mi fidavo di te”
“ E non sbagliavi, Dominique. Io sono sempre stata con te. Non ho detto niente a nessuno, ho sempre mantenuto il segreto!” Questa volta non piangeva, era terribilmente calma. Mi faceva quasi paura, quell’aria risoluta sul volto tanto delicato e gentile.
“Hai mantenuto il segreto sbagliato” borbottai, prima di scrollare le spalle e avviarmi fuori dalla camera.
“Sei arrabbiata con me, ora?” mi chiese, prima che io potessi allontanarmi. Mi voltai nella sua direzione. Avevo gli occhi pieni di lacrime non versate [e che non avrei versato] e vedevo poco e niente, ma riuscii a distinguere la sua espressione preoccupata.
“No. Non lo sono”
Non potevo esserlo, se la persona sulla quale sarebbe dovuta cadere la mia ira era l’unica su cui potevo contare.

~

Questa situazione continuò per un po’ di tempo.
Zia Hermione diceva che non c’era alcuno problema ad ospitarmi, che lo faceva volentieri e che era contenta che Rosie non fosse l’unica ragazza in casa.  Forse sperava che con il mio arrivo, i neuroni di Hugo e zio Ron si dessero da fare per comprendere che no, le carte non si alzavano da sole e si gettavano di loro spontanea volontà nel cassonetto.
Ovvio che non lo fecero. Quei neuroni continuarono a rimanere inattivi come prima che io piombassi a casa Weasley – Granger senza preavviso.
Aiutavo spesso in casa, per non sentirmi inutile, quasi un peso. Spesso la mattina mi alzavo presto e facevo trovare la colazione a tavola, a mo’ di ringraziamento per l’ospitalità che mi avevano offerto.
“Sei una benedizione, Dominique” disse una volta zio Ron, addentando una fetta di pane tostato e marmellata di ciliegie. “Ultimamente Hermione se la prende comoda”
Ovviamente, la gomitata tra le costole da parte di zia fu immediata. A giudicare dall’espressione di Ron Weasley, fu anche molto dolorosa.
La mattina  mi svegliavo sempre presto. Non c’era verso che io potessi dormire un po’ di più e quasi preferivo così. La notte sognavo, anzi...ricordavo. Erano bei ricordi, ma la mattina, il mio cuscino era zuppo di lacrime.
Restavo qualche minuto nel letto, a stiracchiarmi un po’ e a pensare inevitabilmente al sogno della notte precedente, che non variava poi molto da quello della notte prima.
Sognavo James, sognavo i momenti che avevamo trascorso insieme, sognavo la felicità che mi era stata negata troppo presto. Era inutile fare finta di aver dimenticato: James era ancora vivo [troppo] nei miei pensieri.
E poi mi veniva in mente Dorian. Vedevo i suoi occhi verdi guardarmi con aria delusa, soffocavo le lacrime contro il cuscino. Ero capace di reggere al ricordo di James e Dorian singolarmente, ma, insieme diventavano qualcosa che non ero capace di sostenere.
Quando mi rendevo conto che era inutile stare lì a piangere per uno che mi aveva mollata e per un altro che mi odiava, decidevo di scendere in cucina e di preparare la colazione. Molte volte, assorbita come ero da quei gesti, finivo per preparare molto più del necessario, ma nessuno si era mai lamentato – anche perché con due esseri come Hugo e zio Ron avrei potuto preparare anche una mucca per colazione, quello sarebbe finito dopo tre secondi, seguito dall’ovvia richiesta : “Ce n’è ancora?”
Dopo aver preparato quantità industriali di cibo – avrei potuto saziare un esercito, con tutta quella roba – mi dirigevo verso il salotto e sceglievo un libro da leggere, tra quelli che zia Hermione aveva disposto diligentemente, in ordine alfabetico per autore, sullo scaffale della libreria. Scorrevo i dorsi dei libri con l’indice e guardavo distrattamente i titoli.
Alla fine, mi fermavo sempre alla A di Austen e finivo per leggere sempre lo stesso libro: Orgoglio e Pregiudizio. Mi piaceva, lo avevo letto ogni volta che ero andata da zia Hermione. Le chiedevo sempre quella copia malconcia. Alla fine, zia Hermione si era rassegnata a regalarmi una copia di quel libro, ma per me, quella copertina vecchia e rovinata aveva un valore affettivo, ormai.
Purtroppo, il mio libro era rimasta a Villa Conchiglia, dato che sapevo per certo che nella sezione ‘Letteratura Babbana’ della Biblioteca di Hogwarts lo avrei trovato sicuramente. Non avevo previsto una situazione del genere.
Adoravo perdermi nella lettura, dimenticare me stessa e trovare altri sentimenti, altre situazioni. Le parole diventavano il mezzo grazie al quale potevo dimenticare per un secondo quello che era successo.
Il nome di James continuava a ronzarmi fastidiosamente in testa, però.
James.
Avevo voglia di dimenticarlo, di non ricordare più quel nome, ma, allo stesso tempo, volevo urlarlo a squarciagola, farlo sentire al mondo, liberarmi di quel peso che, ormai, gravava solo sulle mie spalle.
Ma i miei zii e i miei cugini non lo nominavano mai, neanche accidentalmente. Stavano tutti attenti, erano tutti precisi. Forse era stata Rose a pregare di non fare riferimento a lui.
A volte, raramente, venivano Ted e Louis a trovarmi.  Non erano arrabbiati, al massimo delusi, ma accettavano di buon grado la mia decisione.
Dicevano che mancavo a casa, anche a Victoire. Per quanto il tono di mio fratello fosse sincero – ed io sapevo per esperienza che lui non era in grado di dire bugie – io non riuscivo a crederci. Victoire mi odiava, ormai.  Non che prima fossimo in grandi rapporti, ma...per lei avevo superato il limite, nel cercare di andare contro le regole.
Inutile spiegarle che non era un gesto di sfida, lei non mi avrebbe creduto.
Mi sentivo stanca al solo pensiero di affrontarla,di affrontare la mia famiglia, improvvisamente svuotata di tutte le energie, senza più forze, senza più voglia di combattere.
“Come va?” chiese Ted, interrompendo il flusso dei miei pensieri. Ero stanca anche di rispondere a quella domanda. Come voleva che andasse? Il mio ragazzo/mio cugino – barrare la risposta scelta, prego – mi aveva appena mollata, il mio migliore amico non poteva perdonarmi, la mia famiglia mi odiava ed io ero costretta a vivere a casa di mia zia.
Come doveva andare?
“Benissimo. Davvero benissimo” sussurrai, guardando tetra fuori dalla finestra. La mano calda di Louis circondò il mio polso e io mi sentii un po’ meglio. Louis era di un anno solo più piccolo di me, eppure sembrava più maturo di quanto potessi immaginare. Ai miei occhi era sempre stato il figlio prediletto, il maschio di casa, il cocco di papà, terribilmente dolce da far venire il diabete, ma ora mi rendevo conto che Louis era buono. Buono davvero. Continuava a regalarmi un sorriso, nonostante fosse consapevole che fosse solo colpa mia se mi trovavo in quella situazione.
“Dominique...” Ted aveva un’aria dispiaciuta, ma io scossi la testa.
“Non fa niente” tagliai corto, fissando il volto del mio quasi cognato. Lui annuì, serio, e fissò  un punto lontano, fuori dalla finestra. “Che si dice dal fronte occidentale?” chiesi, cercando di scherzare. Louis accennò ad un sorrisetto, Ted neanche quello.
“I tuoi genitori pensano cosa fare. Victoire è ancora arrabbiata. Crede che il tuo sia stato un gesto di sfida, per dimostrarti superiore al resto della famiglia” La sua voce era atona, ma sentivo un pizzico di tristezza che rendeva tutto insopportabile.
“Non è così, Ted. Lo sai. Mi conosci” mormorai, indignata, con le lacrime agli occhi. Perché cavolo dovevano credere che Dominique Weasley non potesse innamorarsi di suo cugino? Perché era sbagliato, perché loro avevano ragione ed io torto? Perché ero sempre stata troppo diversa?
“Non so più cosa pensare, Dominique. Conoscevo quella che eri prima, non quella di adesso. La Dominique di prima, anche se odiava la sua vita e la sua famiglia, non avrebbe mai osato sfidare tutti per dimostrarsi migliore, ancora una volta”
Lo fissai, a metà tra lo stupito e l’indignato. Non potevo crederci.
Ted era stato il mio confidente da quando ero bambina. Ero cresciuta con lui – mamma diceva che la prima parola che avevo detto era “Ted” -  e non potevo credere che ora osasse dubitare di me.
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, ma non piansi. Avevo pianto fin troppo negli ultimi giorni ed era ora di dire basta.
“Tu lo sai, dannazione! Tu mi conosci! Come puoi pensare che io possa fare una cosa tanto ignobile? E’ così difficile credere che mi sia innamorata per te?”
“Di tuo cugino?” Distaccato, voce atona, fredda. Faceva male, ma non ci feci caso, in quel momento, impegnata com’ero a trattenere le lacrime.
Non risposi. Non potevo rispondere. Tornai  a guardare fuori dalla finestra, sperando che Ted capisse, anche se sapevo che era impossibile.
“Zio Harry e zia Ginny stanno pensando a cosa fare” sussurrò Louis, dopo un po’. Sentii il suo sguardo azzurro come il mio su di me, ma non mi voltai. “Penso che vogliano mandare via James per un po’. Con le vacanze estive rischiereste di incontrarvi e vogliono impedirvelo”
“E dove vogliono trapiantarlo?” La mia voce era piena di amarezza. Ted sobbalzò leggermente, ma non mi guardò, mentre mio fratello sospirò, rassegnato.
“James non se ne vuole andare, dice che non ha fatto nulla di male ad innamorarsi, ma ha deciso di andare a Diagon Alley. Zio George ha bisogno di un commesso, da quando zia Angelina ha deciso di rimanere a casa per badare ai bambini”
Sospirai.
Non dissi nulla, ma in cuor mio sapevo che non doveva andare così. James doveva stare lontano da me e non doveva rinunciare alla sua famiglia. C’era una sola soluzione per questo: che fossi io ad andarmene.
“No” sussurrai, rendendomi conto della spiazzante verità. D’un tratto, quando mi capii con precisione cosa avrei dovuto fare, mi parve che tutte le azioni, tutte le parole, tutti i pensieri mi avevano portata a quell’inevitabile fine. Era come se tutti i tasselli del puzzle combaciassero.
“Cosa?” Ted si riscosse dal suo stato di torpore e mi fissò, con un sopracciglio inarcato e l’espressione scettica.
“James...” Una fitta al cuore, cercai di non darlo a vedere. “Lui non se ne deve andare” mormorai, voltandomi verso di lui con espressione sorpresa. Avevo capito finalmente cosa dovevo fare. “Devo andarmene io”
Con mia grande sorpresa, Ted scoppiò in una risata amara, senza allegria.
“E dove credi di andartene? Non hai un lavoro, non hai una casa e non hai una famiglia su cui contare” mi fece notare, ma io già non l’ascoltavo più.
“Ce l’ho, invece. Ho una casa e una famiglia. E posso trovare anche un lavoro” gli risposi, alzandomi in piedi e andando a frugare tra le mille carte poggiate sulla scrivania di Rosie, in cerca di un foglio di pergamena pulito. “Me ne vado in Francia”
Seguì un silenzio scioccato, interrotto solo dal fruscio della carta che spostavo dalla disordinata scrivania.
“In...Francia?” chiese Louis, stupito. Mi voltai verso di lui. Aveva gli occhi spalancati, l’espressione sorpresa. Anche Ted era meravigliato, di certo non si aspettava questo da me.
“Da zia Gabrielle. Proprio qualche mese fa mi ha chiesto di andare da lei”
Mi sedetti alla scrivania e immaginai cosa potessi scriverle, ma Ted si alzò e poggiò una mano sulla mia spalla, prima che potessi scribacchiare qualche giustificazione.
“Non sei obbligata, Dominique”
Lo ero, invece. Lo ero da me stessa che non riuscivo a superare il trauma dell’abbandono, da James che non voleva abbandonare tutto, da Victoire che mi odiava, dalla mia famiglia che voleva prendere provvedimenti e da Ted che teneva la sua mano calda sulla mia fragile spalla.
Ero obbligata ad andarmene.
“Invece sì” risposi, fissando risoluta il mio amico più caro, colui che mi aveva cresciuta e mi aveva adorata come una sorellina minore. “Me ne vado in Francia”

~

Tempo una settimana e zia Gabrielle aveva già risposto alla mia lettera – ovvero, una supplicante richiesta di aiuto, scritta in francese improvvisato – e aveva detto  che per lei andava bene, che potevo andare in Francia e stare a casa sua.
Non credevo avrei fatto questo passo. Un conto era andare avanti e cancellare James dalla mia vita, un altro era cambiare radicalmente la mia esistenza.
Zia Gabrielle era sempre stato un tipo affettuoso. Non avevamo lo stesso rapporto che io avevo con zia Hermione, ma mi era simpatica e tanto bastava. Avevo visto rarissime volte suo marito, Jean François, un tizio dall’aria snob e incredibilmente perfetto, ma il fatto che questo tizio avesse accettato una nipote quasi sconosciuta in casa bastava a renderlo sopportabile. E poi c’era Apolline, la mia adorabile cuginetta di undici anni, che non vedevo da quando lei ne aveva sette.
Chissà se si ricordava di me...
Pensavo a questo mentre preparavo la valigia, infilandoci dentro tutto il possibile. Non sapevo quando sarei tornata –forse non sarei neanche tornata, se mi fossi trovata bene lì – e cercai di mettere di tutto. Purtroppo mancavo di spirito organizzativo, così la mia valigia finì per essere piena immediatamente senza che ci avessi messo dentro qualcosa di utile.
Sospirai. Forse una valigia non bastava.
“Allora è vero. Te ne vai”
Quella voce l’avrei riconosciuta fra mille.
Sobbalzai leggermente e sperai che lui non se ne fosse accorto, prima di voltarmi verso la porta e fissare James con gelido distacco.
“Sì. Vado un po’ a Parigi a trovare zia Gabrielle” sussurrai. La mia determinazione vacillò non appena incontrai i suoi occhi castani e mi ritrovai a sospirare, con il respiro tremante.
“Mi dispiace. Io...io non volevo causarti tutti questi problemi. E’ colpa mia se...”
“Basta!” esclamai. Non aveva detto molto, lo avevo capito dalla sua espressione, ma quelle poche parole bastarono per farmi del male. Perché non capiva che non volevo sentire le sue scuse? “Mi hai mollata, hai deciso che non ne valeva la pena. Ok. Però ora non voglio sentire le tue scuse”
Rimase impalato davanti alla porta e sospirò.
“Lo capisco. Sei arrabbiata”
“James, va’ via, per favore” gli intimai, indicandogli la porta che aveva appena chiuso “Se ti vedono qui, non oso immaginare cosa potrebbe accadere”
Lui se ne fregò ampiamente di quello che avevo detto e si avvicinò a me, mi accarezzò il viso e sospirò.
“Mi dispiace, Dominique”
Trattenni a stento le lacrime.
Lo spinsi indietro con forza. Perché non voleva capire che non avevo bisogno di lui, dannazione? Non ora, ora dovevo solo andarmene via, per dimenticare tutto.
“Ti dispiace, eh? Ti dispiace! Lui se ne va, lasciandomi sola a combattere, ad affrontare una famiglia che non ne vuole sapere di me e poi viene a dirmi che gli dispiace!” Ero furiosa. Non piangevo, ma urlavo. Sentivo il bisogno di sfogare quel mese di lacrime trattenute e di dolore che graffiava un cuore ormai rotto. “Certo che ti dispiace, ma io non me ne faccio nulla delle tue scuse, James! Perché non vuoi capire che non voglio parlare con te? Perché devi rendere tutto più difficile?”
James non mi guardava più. Fissava il pavimento sotto di sé, come a sperare che potesse inghiottirlo. Quasi lo sperai anche io.
“Credevo che fosse più giusto. Credevo che se ti avessi lasciata loro non avrebbero continuato ad odiarti. Ero convinto che stavo facendo la cosa giusta, che avrei permesso che tu vivessi normalmente” mormorò, dopo qualche minuto di silenzio in cui io avevo accatastato un paio di magliette sul letto, in attesa che lui se ne andasse per continuare a fare la valigia.
“Eri convinto delle cose sbagliate” osservai, distaccata. Lui mi fissò dispiaciuto e io sospirai. “Non riesco ancora a credere che tu mi abbia lasciata qui da sola a combattere contro Victoire e la mia famiglia. Avevamo detto che dovevamo continuare insieme, che avremmo combattuto insieme. Perché noi eravamo una sola persona, legati indissolubilmente. Tu eri la mia unica speranza, James, e quando mi hai lasciata...era come se il mondo fosse sparito. Tu eri il mio mondo, la mia ancora di salvezza. Io avevo bisogno di aggrapparmi a te, ma tu sei fuggito via” mormorai, con la voce rotta. Non piangevo, cercavo di trattenere i singhiozzi. “E ora devo cercare di andare avanti. Per questo me ne vado. Perché tu hai deciso che avrei dovuto vivere normalmente. Ora non ho più bisogno di te. Ora devo andare avanti da sola”
James mi fissò per un attimo ancora, poi mi accarezzò il viso e mi fece un sorrisetto amaro.
Vidi una lacrima brillare debolmente sulla sua guancia, ma lui sembrò non farci caso.
“Sappi che non ho smesso di amarti” sussurrò, prima di voltarsi e andarsene.
“Neanche io” sussurrai al vuoto, prima di accasciarmi a terra e piangere per tutta la notte.

~

“Mi mancherai”
Rose mi stritolò in un abbraccio targato Weasley e appoggiò la testa sulla mia spalla, singhiozzando.
Alzai gli occhi al cielo. Non ero mai stata il tipo che amava gli addii strappalacrime e tutta quella situazione non faceva che mettermi in imbarazzo. E farmi stare ancora più male.
“Tornerò, te lo prometto. E ti scriverò tutte le settimane” le dissi, stringendola a mia volta. Mi ritrovai a piangere, mentre anche lei piangeva. Tutto questo non mi faceva stare meglio.
“Promesso?” chiese, scostandosi un po’ a me. Le scombinai i boccoli castani e le feci un sorriso tra le lacrime.
“Promesso”
Mi avviai lentamente verso il treno. Avevo deciso di viaggiare in treno anziché Smaterializzarmi – anche perché, mio malgrado, ancora dovevo superare l’esame. L’ultimo era stato un fiasco totale – perché volevo abbandonare la mia vita pian piano, senza fretta, vederla sfrecciare fuori dal finestrino, tra la grigia campagna londinese e pensare che forse non avrei mai rivisto quel grigio tanto familiare e caro.
“Scrivici, Dominique. Aspetto anche io una lettera a settimana” sorrise zio Ron, stringendomi in un abbraccio goffo e impacciato. Non era mai stato bravo a parlare dei sentimenti, ma capii ugualmente quello che voleva trasmettermi. Sarebbe mancato anche a me.
“Promesso”
Poi toccò a Hugo, dispiaciuto, a Ted, con espressione addolorata, a Louis, che scoppiò a piangere disperatamente, stringendomi come se fosse stato certo che io non sarei mai tornata. Poi toccò a zia Hermione. Fu difficile.
La abbracciai e lei singhiozzò un poco, ma non scoppiò a piangere. Voleva trattenersi.
“Ci mancherai, Dominique”
“Anche voi” sussurrai in risposta, prima di salire sul treno.
Mi sistemai in un vagone libero e poggiai le valigie sul portabagagli in alto. Mi sedetti al sediolino e fissai la banchina, dove zio Ron e zia Hermione, Rose e Hugo,  Ted e Louis, mi salutavano in lacrime, con un sorriso amaro sul volto.
Sventolai la mano in segno di saluto, singhiozzando disperata e sorridendo tra le lacrime.
Poi il treno partì con uno scossone e di loro non rimase altro che una scia debolissima.


 

 

Angolo Autrice

Questo è l’ultimo capitolo di Only Hope. Il prossimo sarà l’epilogo. Ora come ora non riesco ad essere triste, perché sul mio computer non si legge il file di Only Hope e sto facendo salti mortali tra questo computer e l’altro dove si legge, che, tra l’altro, non ha internet,, quindi devo poi passarlo di qui con la penna USB...insomma, un casino mondiale. Di conseguenza, più che triste, sono arrabbiata.
Già.
Un po’ triste però lo sono. Dite la verità, vi aspettavate che Dominique fuggisse in Francia? Immagino di sì, dopotutto sono prevedibile.

Ringraziamenti:


Kimly: Grazie, grazie davvero. Mi dispiace far piangere la gente, non è il mio principale obiettivo, ma sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto.
Emily Doyle:
Immagino che, prevedibile come sono, avrai indovinato XD
lilyluna_4e: Oh, vedo che il colpo di scena dello scorso capitolo non te lo aspettavi. A dir la verità, neanche io, ma è saltato fuori così e...bum! Rose non ha colpe – anzi, ha quella di aver protetto Hugo. Grazie mille per i complimenti, per il comportamento di Dorian...be’, poveretto, anche lui ha diritto ad un po’ di felicità. Grazie mille *___*
Fede_Wanderer:
Prima di tutto, grazie per le stupende recensioni, davvero. Comunque, sì, per un po’ ho preso ispirazione da New Moon, anche perché lo stavo leggendo prima di iniziare questa storia. Alcune frasi sono uscite spontanee, non me ne sono neanche accorta, ma per il resto è particolarmente ispirato, sì. Grazie mille e spero ti piaccia anche questo capitolo.
Juliet:
Oh,grazie mille. Grazie davvero per la tua recensione e per i tuoi complimenti. E sono contenta di averti fatto piacere Dominique e James *___*
Miss Rainbow:
No, dai. Mi sento davvero in colpa ^^ Mi piacerebbe leggere la tua storia, anche perché mi sembra sempre di essere un caso isolato qui e vorrei leggere di qualcun altro. Spero che tu la scriva *___* Comunque, grazie. Grazie davvero per i complimenti *__*

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Eliatheas