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Autore: Bill Kaulitz    15/07/2015    3 recensioni
‹‹Bene, passi nuovamente.›› Bill obbedì senza esitare e, come temeva, suonò ripetutamente. Avvampò di più. Constatò di aver sentito qualcuno ridacchiare. Si voltò ex novo, e vide un ragazzo alquanto strano, ridere sotto i baffi. Avvertendo di essere stato sgamato, fece il vago; guardando da tutt’altra parte e grattandosi dietro la nuca. Bill alzò un sopracciglio e schioccò la lingua.
Voglio proprio vedere se nascosta sotto tutti quei rasta neri, non ci sia della droga.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Incest
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- Capitolo 19 -

 

Due giorni dopo

‹‹Sapevo che ti saresti divertito, Bill. Ne ero troppo sicura.›› disse Sarah, sorseggiando il suo frappè alla nocciola. Il biondo provò a sorridere per non far notare alla sua migliore amica quanto stesse soffrendo. Da quando era tornato a casa, non aveva avuto alcun messaggio da Tom, né tanto meno accettato la richiesta d’amicizia. Si era volatilizzato nel nulla.

Forse è meglio così.

‹‹Mi sei mancato un sacco, Bill.›› lo baciò affettuosamente sulla guancia lasciandogliela leggermente appiccicosa di gelato. Lui sorrise nuovamente.

‹‹Sì, è stato strano non averti lì con me. Potevi venire.›› tirò un morso alla sua brioche integrale e della crema di riso fuoriuscì, sporcandogli leggermente gli angoli della bocca.

‹‹Sai benissimo che sarei venuta, ma Kristoff non aveva ferie e quindi non potevo lasciarlo solo. Spero che ci sarà una prossima volta, così verremo anche noi.›› si interruppe, dando un ultimo e lungo sorso al suo frappè ormai finito. ‹‹A proposito, ma questo Tom ti ha contattato?››

Bill tirò un lungo e faticoso sospiro. Scosse il capo.

‹‹Questa cosa mi sta uccidendo. Si è volatilizzato nel nulla.›› provò a trattenere le lacrime. Tirò su con il naso e se lo stropicciò. Sarah sapeva che quando Bill si stropicciava il naso, stava quasi per piangere.

‹‹Oh tesoro, vedrai che molto probabilmente avrà da fare. Ti contatterà presto. Forse deve rinnovare la promozione, o forse non ha soldi sul cellulare…››

‹‹…o semplicemente non vuole più sentirmi e tutto ciò che mi ha detto sono state un mucchio di puttanate solo per fottermi come una puttana.››

Bill allontanò bruscamente la mano della sua migliore amica dalla sua spalla e si voltò dall’altro lato dandole. Sarah lo conosceva fin troppo bene. Bill stava davvero male per quel ragazzo e vederlo così le faceva davvero male.

‹‹Non dire queste cose, Bill. Sai benissimo che non è così. Insomma, mi hai detto un sacco di cose belle sul suo conto, non credo proprio che abbia finto per una settimana solo per portarti a letto.››

Bill sapeva che non era affatto così. Tom non stava mentendo. Non aveva mai mentito. Perché allora era completamente sparito dalla circolazione?

‹‹Non lo so, Sarah. So solo che sto soffrendo come un cane.››

‹‹Lo so, Bill. Lo so. Facciamo così, appena torno a casa lo cerco su facebook e lo aggiungo. Vediamo se accetta me, okay?›› cercò in tutti i modi di sollevare il morale del suo migliore amico e quella, le sembrava la soluzione più plausibile e valida. Sì, avrebbe fatto così.

Bill non disse niente, annuì contento e si asciugò una lacrima prima che cadesse sulla guancia.

*

‘Gli ho mandato la richiesta di amicizia, ma pare non si connetta da una decina di giorni. Quindi non fare la checca paranoica e aspetta. Il messaggio te lo manderà. Ti voglio bene, checca :*’

A quel messaggio sorrise. Si sentì davvero molto più sollevato e l’umore era leggermente salito. Sarah aveva la capacità di tirar su le persone, forse era anche questo uno dei cinquemila motivi per cui era la sua migliore amica.

‘Grazie. Sai sempre come migliorare le mie giornate. Ti voglio bene anche io, bestiolina.’

Inviò il messaggio con un sorriso malinconico e tornò a fissare il soffitto. Aveva le mani incrociate sul proprio grembo e stava fantasticando. Era come se le immagini presenti nella sua mente venissero proiettate sulla parete bianca della propria stanza ed era come se stesse assistendo ad un film dove lui e Tom padroneggiavano. Ricordava ogni cosa, ogni singolo particolare di quella magnifica vacanza, anche l’alluvione, il vento, la paura di morire. Tutto.

Si mise seduto composto non appena bussarono alla porta.

‹‹Avanti.›› bisbigliò poi, prendendo il suo portatile e mettendolo sulle ginocchia. Controllò nuovamente se Tom avesse accettato la sua richiesta d’amicizia. No. Non l’aveva fatto.

‹‹La cena è pronta, Bill. Scendi.›› disse Heidi aprendo leggermente la porta.

‹‹Non ho fame.›› Non la guardò nemmeno negli occhi. Restò a fissare la pagina del suo facebook.

‹‹Bill, è da quando siamo tornati che non mangi qualcosa. Non puoi morire di fame.››

‹‹Ho mangiato una brioche integrale stamattina assieme a Sarah. Mi basta quella.›› proseguì Bill senza staccare lo sguardo dal monitor. In realtà non stava guardando davvero qualcosa, non voleva semplicemente prestare attenzione a cosa Heidi gli stesse dicendo. Non aveva voglia di mangiare, né di uscire, né di fare altro. Voleva solo che Tom lo contattasse o accettasse la sua richiesta su facebook.

‹‹Bill, cosa devi fare con una delle tue brioche integrali del cazzo? Non puoi comportarti come un bambino. Insomma, ce ne sono tantissimi ragazzi qui a Berlino, non puoi aver perso completamente la testa per un americano che non rivedrai mai più.›› la voce di Heidi si alzò leggermente e, a quel punto, Bill perse la pazienza.

Chiuse violentemente il portatile e lo gettò lontano dalle sue gambe.

‹‹Ma si può sapere cosa cazzo volete tutti quanti? Lasciatemi in pace, okay? Voglio stare da solo e non voglio mangiare un cazzo di niente. Voglio semplicemente che ve ne andiate tutti a fanculo e mi ignoriate completamente. Sono stato abbastanza chiaro adesso?›› era in piedi, il più lontano possibile dalla sorella che, nel frattempo, era entrata in camera. Restò immobile ed impassibile all’inaspettata reazione che ebbe il fratello. Possibile che quel ragazzo l’avesse sconvolto così tanto?

‹‹Va bene, Bill. Fa come cazzo credi. Basta che non muori di fame, perché non ho alcuna intenzione di trovarti morto stecchito nel letto. Vaffanculo!›› ed uscì sbattendo violentemente la porta.

‹‹Vaffanculo!›› urlò Bill da dietro, tirando un forte calcio alla scrivania. Si fece parecchio male, ma in quel momento il dolore era l’ultimo dei suoi pensieri. Voleva sfogarsi; aveva bisogno di scaricare la rabbia ed il nervoso in qualche modo. Aveva la soluzione: il suo vecchio sacco da box.

Aprì le ante dell’armadio ed iniziò a rovistare fra le sue vecchie robe da pugilato. Trovò immediatamente le fasciature. Erano leggermente ingiallite e malconce. Avvolse la prima fasciatura e successivamente l’altra.

‹‹Ho bisogno di scaricare. Devo farlo.›› disse mentre sistemava la roba che aveva gettato sul pavimento.

Uscì rapidamente dalla sua stanza e si diresse in cantina dove, anni addietro, Simone aveva messo il suo sacco da box. Era davvero tanto tempo che non si allenava e, vedere il sacco ormai logoro, gli suscitò una strana sensazione allo stomaco. Lo fronteggiò qualche secondo prima di iniziare a colpirlo una volta, poi due, e ancora e ancora.

Aveva bisogno di scaricare tutta la frustrazione e la rabbia. Perché Tom non lo stava contattando? Perché era sparito nel nulla?

‹‹Vaffanculo, Tom. Vaffanculo.›› gridò, tirando un forte pugno sul sacco. ‹‹Sei uno stronzo. Un fottuto pezzo di merda.›› un altro pugno. ‹‹Mi hai illuso. Mi hai preso per il culo. Mi hai detto che mi amavi.›› un pugno ancora più forte. Un destro, un sinistro, ancora un gancio destro e un altro sinistro. ‹‹Ti odio!›› l’ultimo pugno fu il più forte.

Quando finì, aveva il respiro pensante e le nocche insanguinate. Si guardò le mani e notò che le fasciature si erano intrise di sangue. Non faceva male, non ancora almeno ma presto l’avrebbe fatto eccome.

*

Tornò in cucina e frugò fra la cassetta del pronto soccorso. Heidi era sul divano in salotto e faceva zapping fra i canali.

‹‹Dove diavolo sono le garze?›› disse Bill afferrando il disinfettante. Ora il bruciore cominciava a farsi sentire. ‹‹Heidi, le hai viste?››

‹‹Visto cosa?›› disse lei distaccatamente. ‹‹Non so di cosa tu stia parlando.››

‹‹Le garze mediche. Dove le tiene la mamma?››

‹‹Non lo so. No ne ho bisogno in questo momento.››

Bill sbuffò e smise di cercare. Volse lo sguardo alla sue spalle, dove Heidi era seduta. Gli dava le spalle anche lei. ‹‹Ma ne ho bisogno io.››

‹‹Non mi interessa di cosa tu abbia bisogno. Hai detto che dobbiamo ignorarti. Quindi ti sto ignorando… anzi…›› si girò verso il fratello e gli fece un’occhiataccia. ‹‹Ti ho anche parlato troppo.›› lo fulminò con lo sguardo e tornò a fare zapping fra i canali. Lasciò ad un canale di cucina.

Bill sbuffò di nuovo e senza che la sorella se ne accorgesse, si piazzò davanti il televisore, lo spense e prima che Heidi potesse dire o fare altro, con un gesto lesto le sfilò via il telecomando dalle mani e lo posò sulla parete attrezzata.

‹‹Senti okay, mi dispiace essermi comportato come un bambino. Non dovevo rivolgermi così con te.››

Heidi lo guardò dall’alto verso il basso ed incrociò le braccia al petto.

‹‹Dici così solo perché non sai dove mamma ha messo le garze ed hai bisogno del mio aiuto. Se le avessi trovate, a quest’ora continuavi ad ignorarmi come se fossi un cazzo di fantasma o una cazzo di estranea.›› disse lei acidamente volgendo lo sguardo verso un qualcosa che nemmeno lei sapeva. Bill sospirò seriamente dispiaciuto.

‹‹Senti Heidi, mi dispiace davvero. Giuro.››

‹‹Resta comunque il fatto che mi hai trattato come una pezza da piedi. Dimmi adesso…›› voltò nuovamente lo sguardo verso il fratello, puntandolo. ‹‹Ti sembro per caso una tipa a cui ci si può rivolgere nella maniera in cui ti sei rivolto prima? No di certo. Questa non te la lascio passare caro il mio Wilhelm Kaulitz›› si alzò dal divano e si diresse verso il bagno, senza dir nulla.

‹‹Ti ho chiesto scusa, Heidi. Mi dispiace. Mettiti nei miei panni. Sono stato preso per l’ennesima volta per il culo.›› Bill sentiva le lacrime avvicinarsi. Poteva piangere un’altra volta? Stava diventano un frignone forse? ‹‹Io mi sento uno stupido, ti giuro. Mi sento un emerito coglione. Possibile che sia così tanto sfigato?›› si avvicinò alla porta del bagno e si appoggiò sulla stipite. Bussò piano una prima volta. ‹‹Heidi, davvero mi dispiace. Non avrei dovuto risponderti in quella maniera.›› bussò di nuovo. ‹‹Aprimi e parliamo bene.›› bussò ancora e ancora. ‹‹Per favore Heidi…››

Solo quando bussò una decima volta la porta si aprì di scatto, facendolo sobbalzare. Heidi era in piedi davanti a lui e provava ad essere quanto più seria possibile ma, inevitabilmente, scoppiò a ridere.

‹‹Ti diverte così tanto vedermi in queste condizioni pietose?››

‹‹Sì. Prostrarti ai miei piedi mi rende la persona più felice al mondo.›› lo guardò con occhi compassionevoli. Per quanto suo fratello potesse essere stronzo alle volte, gli volevo ugualmente un bene dell’anima e si sarebbe gettata fra le fiamme per lui.

‹‹Tieni sfigato, queste sono le tue garze. Vacci piano con il sacco la prossima volta.››

‹‹Signorsì.›› disse poi Bill con il capo chino. Afferrò le garze e andò per allontanarsi quando si sentì afferrare per il polso.

‹‹Vieni, ti medico io.››

*

Simone e Gordon rientrarono la sera da lavoro. Né Bill e né Heidi erano in casa.

‹‹Tu non hai idea di quanto mi manchi essere servita e riverita, amore.›› Simone poggiò le chiavi di casa sul comò dell’ingresso e si asciugò la fronte con il dorso della mano.

‹‹Oggi a lavoro mi sono distrutta. Tornare dopo una settimana è stato letteralmente traumatico.›› continuò poi, lasciando la propria borsa sul tavolo della cucina.

‹‹Non dirlo a me, cara. Pare che oggi tutti quanti volessero prendere un’auto.››

Gordon posò la sua ventiquattrore sul divano e diede una fugace occhiata se tutti i documenti fossero in ordine o correttamente compilati.

‹‹Bill mi ha mandato un messaggio. Lui e Heidi sono usciti con Sarah e il fidanzato.››

‘Oggi non torniamo per cena. Siamo usciti con Sarah e Kristoff. Un bacio.’

‘Okay! Mi raccomando. Mangia e non farmi stare in pensiero. La mamma ti vuole bene’

*

‹‹Io prendo una Schweppes al limone.›› disse Bill mentre sgranocchiava delle olive verdi denocciolate.

‹‹Sei il solito astemio, Bill. Alza un po’ il gomito ogni tanto, no?›› Kristoff bevve il suo secondo cicchetto. Sarah e Heidi, si erano limitate anche loro ad un’acqua tonica.

‹‹No Kristoff. Stasera no. Non mi va di bere. Poi sono appena le otto. Non mi va affatto.››

In realtà aveva voglia di bere, eccome, ma il solo pensiero di ordinare una vodka gli faceva tornare in mente lui…Tom.

Quel grandissimo stronzo.

Pensò poi, mentre continuava a divorarsi le olive. Non aveva toccato cibo dalla mattina e inevitabilmente, il suo stomaco cominciava a brontolare.

‹‹Bill, se continui a mangiare così tante olive, potresti diventare un frantoio. Se hai fame possiamo ordinare una pizza.››

Bill non rispose. Annuì e basta. Heidi sorrise e con un gesto della mano, chiamò il cameriere.

‹‹Volete ordinare qualcosa?›› il cameriere si affrettò ad arrivare e afferrò il suo taccuino tecnologico attendendo l’ordine.

‹‹Sì, una ruota diavola e capricciosa, grazie.›› prese nota e andò via. Erano tutti d’accordo su quella scelta.

*

Bill addentò con voracità il suo trancio di pizza capricciosa. Non mangiava una pizza dall’epoca della preistoria e le sue papille gustative stavano festeggiando.

‹‹Mmh…›› mugugnò di piacere. ‹‹Mi ero dimenticato di quanto diamine fosse buona la pizza che fanno qui. Questo pub resterà sempre il migliore di Berlino.›› tutti annuirono all’unisono.

‹‹La pizza è uno dei cibi più buoni a questo mondo, che è diverso.›› aggiunse Sarah, sminuzzando il suo trancio di pizza.

Tutti la guardarono stralunati.

‹‹Cosa volete? Io mangio la pizza in questo modo.›› risero all’unisono con i bocconi ancora pieni, Bill quasi si strozzò tanto stava ridendo. ‹‹Non mangio come un animale, a differenza vostra. Io ho classe.›› aggiunse poi lei pavoneggiandosi e toccandosi con eleganza i suoi capelli.

Era la prima volta che rideva dopo essere tornato dalla crociera. D’un tratto però prese a squillare il suo telefono. C’era molto baccano e ovviamente non poteva urlare per farsi sentire.

‹‹Scusate, mi squilla il telefono. Deve essere mamma.›› disse poi, ancora con il boccone pieno. ‹‹Mi allontano un attimo.›› deglutì e facendo stridere leggermente la sedia, si diresse verso il bagno dimodoché potesse sentire meglio.

1 chiamata persa – numero non salvato.

Bill avvicinò il display così da poter vedere meglio quel numero che, apparentemente, non aveva salvato. Il suo cuore perse un battito. Non era sua madre. Né Gordon.

Tom. Può essere lui. No, non può esserlo. Il numero è tedesco.

Pigiò il tasto richiama e attese che dall’altra parte rispondessero. I battiti erano accelerati. E se fosse stato davvero lui? E se gli avesse raccontato una marea di stronzate e lui in realtà era tedesco proprio come lui?

Smettila Bill. Smettila di fantasticare come una ragazzina.

Il telefono squillò tre volte e, al quarto, risposero.

‘Pronto?’

‹‹Tom? Sei tu?›› l’istinto di Bill prevalse. Non chiese nemmeno chi ci fosse dall’altra parte. Diede per scontato che fosse lui.

‘Non mi riconosci nemmeno più?’

La linea era disturbata e Bill non riusciva a capire bene chi fosse. La voce gracchiava e nonostante fosse in bagno – il luogo meno rumoroso del pub – non riusciva sentire.

‹‹Pronto? Non riesco a sentirti. Chi sei?›› si tappò un orecchio con la mano libera e si chiuse in una delle cinque cabine presenti nel bagno.

‘Mi manchi un sacco, Bill. Mi manchi troppo.’

Ora riusciva a sentire meglio. La voce non gracchiava più.

‹‹Scusami, non ho il tuo numero. Chi sei?››

Dall’altra parte non ci fu risposa. Solo un lungo sospiro.

‹‹Pronto?››

‘Bill, sono io. Georg. Chi è questo Tom?’

Silenzio.

   
 
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