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Capitolo 19 -
Due
giorni dopo
‹‹Sapevo
che ti saresti divertito, Bill. Ne ero
troppo sicura.›› disse Sarah, sorseggiando il suo
frappè alla nocciola. Il
biondo provò a sorridere per non far notare alla sua
migliore amica quanto
stesse soffrendo. Da quando era tornato a casa, non aveva avuto alcun
messaggio
da Tom, né tanto meno accettato la richiesta
d’amicizia. Si era volatilizzato
nel nulla.
Forse
è meglio così.
‹‹Mi
sei mancato un sacco, Bill.›› lo baciò
affettuosamente sulla guancia lasciandogliela leggermente appiccicosa
di
gelato. Lui sorrise nuovamente.
‹‹Sì,
è stato strano non averti lì con me.
Potevi venire.›› tirò un morso alla
sua brioche integrale e della crema di riso
fuoriuscì, sporcandogli leggermente gli angoli della bocca.
‹‹Sai
benissimo che sarei venuta, ma Kristoff
non aveva ferie e quindi non potevo lasciarlo solo. Spero che ci
sarà una
prossima volta, così verremo anche
noi.›› si interruppe, dando un ultimo e
lungo sorso al suo frappè ormai finito.
‹‹A proposito, ma questo Tom ti ha
contattato?››
Bill
tirò un lungo e faticoso sospiro. Scosse
il capo.
‹‹Questa
cosa mi sta uccidendo. Si è
volatilizzato nel nulla.›› provò a
trattenere le lacrime. Tirò su con il naso e
se lo stropicciò. Sarah sapeva che quando Bill si
stropicciava il naso, stava
quasi per piangere.
‹‹Oh
tesoro, vedrai che molto probabilmente
avrà da fare. Ti contatterà presto. Forse deve
rinnovare la promozione, o forse
non ha soldi sul cellulare…››
‹‹…o
semplicemente non vuole più sentirmi e
tutto ciò che mi ha detto sono state un mucchio di puttanate
solo per fottermi
come una puttana.››
Bill
allontanò bruscamente la mano della sua
migliore amica dalla sua spalla e si voltò
dall’altro lato dandole. Sarah lo
conosceva fin troppo bene. Bill stava davvero male per quel ragazzo e
vederlo
così le faceva davvero male.
‹‹Non
dire queste cose, Bill. Sai benissimo che
non è così. Insomma, mi hai detto un sacco di
cose belle sul suo conto, non
credo proprio che abbia finto per una settimana solo per portarti a
letto.››
Bill
sapeva che non era affatto così. Tom non
stava mentendo. Non aveva mai mentito. Perché allora era
completamente sparito
dalla circolazione?
‹‹Non
lo so, Sarah. So solo che sto soffrendo
come un cane.››
‹‹Lo
so, Bill. Lo so. Facciamo così, appena
torno a casa lo cerco su facebook e lo aggiungo. Vediamo se accetta me,
okay?››
cercò in tutti i modi di sollevare il morale del suo
migliore amico e quella,
le sembrava la soluzione più plausibile e valida.
Sì, avrebbe fatto così.
Bill
non disse niente, annuì contento e si
asciugò una lacrima prima che cadesse sulla guancia.
*
‘Gli
ho mandato la
richiesta di amicizia, ma pare non si connetta da una decina di giorni.
Quindi
non fare la checca paranoica e aspetta. Il messaggio te lo
manderà. Ti voglio
bene, checca :*’
A
quel messaggio sorrise. Si sentì davvero
molto più sollevato e l’umore era leggermente
salito. Sarah aveva la capacità
di tirar su le persone, forse era anche questo uno dei cinquemila
motivi per
cui era la sua migliore amica.
‘Grazie.
Sai sempre
come migliorare le mie giornate. Ti voglio bene anche io,
bestiolina.’
Inviò
il messaggio con un sorriso malinconico e
tornò a fissare il soffitto. Aveva le mani incrociate sul
proprio grembo e
stava fantasticando. Era come se le immagini presenti nella sua mente
venissero
proiettate sulla parete bianca della propria stanza ed era come se
stesse
assistendo ad un film dove lui e Tom padroneggiavano. Ricordava ogni
cosa, ogni
singolo particolare di quella magnifica vacanza, anche
l’alluvione, il vento,
la paura di morire. Tutto.
Si
mise seduto composto non appena bussarono alla
porta.
‹‹Avanti.››
bisbigliò poi, prendendo il suo
portatile e mettendolo sulle ginocchia. Controllò nuovamente
se Tom avesse
accettato la sua richiesta d’amicizia. No. Non
l’aveva fatto.
‹‹La
cena è pronta, Bill. Scendi.›› disse
Heidi
aprendo leggermente la porta.
‹‹Non
ho fame.›› Non la guardò nemmeno negli
occhi. Restò a fissare la pagina del suo facebook.
‹‹Bill,
è da quando siamo tornati che non mangi
qualcosa. Non puoi morire di fame.››
‹‹Ho
mangiato una brioche integrale stamattina
assieme a Sarah. Mi basta quella.››
proseguì Bill senza staccare lo sguardo dal
monitor. In realtà non stava guardando davvero qualcosa, non
voleva
semplicemente prestare attenzione a cosa Heidi gli stesse dicendo. Non
aveva
voglia di mangiare, né di uscire, né di fare
altro. Voleva solo che Tom lo
contattasse o accettasse la sua richiesta su facebook.
‹‹Bill,
cosa devi fare con una delle tue
brioche integrali del cazzo? Non puoi comportarti come un bambino.
Insomma, ce
ne sono tantissimi ragazzi qui a Berlino, non puoi aver perso
completamente la
testa per un americano che non rivedrai mai
più.›› la voce di Heidi si
alzò
leggermente e, a quel punto, Bill perse la pazienza.
Chiuse
violentemente il portatile e lo gettò
lontano dalle sue gambe.
‹‹Ma
si può sapere cosa cazzo volete tutti
quanti? Lasciatemi in pace, okay? Voglio stare da solo e non voglio
mangiare un
cazzo di niente. Voglio semplicemente che ve ne andiate tutti a fanculo
e mi
ignoriate completamente. Sono stato abbastanza chiaro
adesso?›› era in piedi,
il più lontano possibile dalla sorella che, nel frattempo,
era entrata in
camera. Restò immobile ed impassibile
all’inaspettata reazione che ebbe il
fratello. Possibile che quel ragazzo l’avesse sconvolto
così tanto?
‹‹Va
bene, Bill. Fa come cazzo credi. Basta che
non muori di fame, perché non ho alcuna intenzione di
trovarti morto stecchito
nel letto. Vaffanculo!›› ed uscì
sbattendo violentemente la porta.
‹‹Vaffanculo!››
urlò Bill da dietro, tirando un
forte calcio alla scrivania. Si fece parecchio male, ma in quel momento
il
dolore era l’ultimo dei suoi pensieri. Voleva sfogarsi; aveva
bisogno di
scaricare la rabbia ed il nervoso in qualche modo. Aveva la soluzione:
il suo
vecchio sacco da box.
Aprì
le ante dell’armadio ed iniziò a rovistare
fra le sue vecchie robe da pugilato. Trovò immediatamente le
fasciature. Erano
leggermente ingiallite e malconce. Avvolse la prima fasciatura e
successivamente l’altra.
‹‹Ho
bisogno di scaricare. Devo farlo.›› disse
mentre sistemava la roba che aveva gettato sul pavimento.
Uscì
rapidamente dalla sua stanza e si diresse
in cantina dove, anni addietro, Simone aveva messo il suo sacco da box.
Era
davvero tanto tempo che non si allenava e, vedere il sacco ormai
logoro, gli
suscitò una strana sensazione allo stomaco. Lo
fronteggiò qualche secondo prima
di iniziare a colpirlo una volta, poi due, e ancora e ancora.
Aveva
bisogno di scaricare tutta la
frustrazione e la rabbia. Perché Tom non lo stava
contattando? Perché era
sparito nel nulla?
‹‹Vaffanculo,
Tom. Vaffanculo.›› gridò, tirando
un forte pugno sul sacco. ‹‹Sei uno stronzo. Un
fottuto pezzo di merda.›› un
altro pugno. ‹‹Mi hai illuso. Mi hai preso per il
culo. Mi hai detto che mi
amavi.›› un pugno ancora più forte. Un
destro, un sinistro, ancora un gancio
destro e un altro sinistro. ‹‹Ti
odio!›› l’ultimo pugno fu il
più forte.
Quando
finì, aveva il respiro pensante e le
nocche insanguinate. Si guardò le mani e notò che
le fasciature si erano
intrise di sangue. Non faceva male, non ancora almeno ma presto
l’avrebbe fatto
eccome.
*
Tornò
in cucina e frugò fra la cassetta del
pronto soccorso. Heidi era sul divano in salotto e faceva zapping fra i
canali.
‹‹Dove
diavolo sono le garze?›› disse Bill
afferrando il disinfettante. Ora il bruciore cominciava a farsi
sentire.
‹‹Heidi, le hai viste?››
‹‹Visto
cosa?›› disse lei distaccatamente.
‹‹Non so di cosa tu stia
parlando.››
‹‹Le
garze mediche. Dove le tiene la mamma?››
‹‹Non
lo so. No ne ho bisogno in questo
momento.››
Bill
sbuffò e smise di cercare. Volse lo
sguardo alla sue spalle, dove Heidi era seduta. Gli dava le spalle
anche lei.
‹‹Ma ne ho bisogno io.››
‹‹Non
mi interessa di cosa tu abbia bisogno.
Hai detto che dobbiamo ignorarti. Quindi ti sto ignorando…
anzi…›› si girò
verso il fratello e gli fece un’occhiataccia.
‹‹Ti ho anche parlato
troppo.››
lo fulminò con lo sguardo e tornò a fare zapping
fra i canali. Lasciò ad un
canale di cucina.
Bill
sbuffò di nuovo e senza che la sorella se
ne accorgesse, si piazzò davanti il televisore, lo spense e
prima che Heidi
potesse dire o fare altro, con un gesto lesto le sfilò via
il telecomando dalle
mani e lo posò sulla parete attrezzata.
‹‹Senti
okay, mi dispiace essermi comportato
come un bambino. Non dovevo rivolgermi così con
te.››
Heidi
lo guardò dall’alto verso il basso ed
incrociò le braccia al petto.
‹‹Dici
così solo perché non sai dove mamma ha
messo le garze ed hai bisogno del mio aiuto. Se le avessi trovate, a
quest’ora
continuavi ad ignorarmi come se fossi un cazzo di fantasma o una cazzo
di
estranea.›› disse lei acidamente volgendo lo
sguardo verso un qualcosa che
nemmeno lei sapeva. Bill sospirò seriamente dispiaciuto.
‹‹Senti
Heidi, mi dispiace davvero. Giuro.››
‹‹Resta
comunque il fatto che mi hai trattato
come una pezza da piedi. Dimmi
adesso…›› voltò nuovamente
lo sguardo verso il
fratello, puntandolo. ‹‹Ti sembro per caso una
tipa a cui ci si può rivolgere
nella maniera in cui ti sei rivolto prima? No di certo. Questa non te
la lascio
passare caro il mio Wilhelm Kaulitz›› si
alzò dal divano e si diresse verso il
bagno, senza dir nulla.
‹‹Ti
ho chiesto scusa, Heidi. Mi dispiace.
Mettiti nei miei panni. Sono stato preso per l’ennesima volta
per il culo.››
Bill sentiva le lacrime avvicinarsi. Poteva piangere un’altra
volta? Stava
diventano un frignone forse? ‹‹Io mi sento uno
stupido, ti giuro. Mi sento un
emerito coglione. Possibile che sia così tanto
sfigato?›› si avvicinò alla
porta del bagno e si appoggiò sulla stipite.
Bussò piano una prima volta.
‹‹Heidi, davvero mi dispiace. Non avrei dovuto
risponderti in quella maniera.››
bussò di nuovo. ‹‹Aprimi e parliamo
bene.›› bussò ancora e ancora.
‹‹Per favore
Heidi…››
Solo
quando bussò una decima volta la porta si
aprì di scatto, facendolo sobbalzare. Heidi era in piedi
davanti a lui e
provava ad essere quanto più seria possibile ma,
inevitabilmente, scoppiò a
ridere.
‹‹Ti
diverte così tanto vedermi in queste
condizioni pietose?››
‹‹Sì.
Prostrarti ai miei piedi mi rende la
persona più felice al mondo.›› lo
guardò con occhi compassionevoli. Per quanto
suo fratello potesse essere stronzo alle volte, gli volevo ugualmente
un bene
dell’anima e si sarebbe gettata fra le fiamme per lui.
‹‹Tieni
sfigato, queste sono le tue garze.
Vacci piano con il sacco la prossima volta.››
‹‹Signorsì.››
disse poi Bill con il capo chino.
Afferrò le garze e andò per allontanarsi quando
si sentì afferrare per il
polso.
‹‹Vieni,
ti medico io.››
*
Simone
e Gordon rientrarono la sera da lavoro.
Né Bill e né Heidi erano in casa.
‹‹Tu
non hai idea di quanto mi manchi essere
servita e riverita, amore.›› Simone
poggiò le chiavi di casa sul comò
dell’ingresso e si asciugò la fronte con il dorso
della mano.
‹‹Oggi
a lavoro mi sono distrutta. Tornare dopo
una settimana è stato letteralmente
traumatico.›› continuò poi, lasciando
la
propria borsa sul tavolo della cucina.
‹‹Non
dirlo a me, cara. Pare che oggi tutti
quanti volessero prendere un’auto.››
Gordon
posò la sua ventiquattrore sul divano e
diede una fugace occhiata se tutti i documenti fossero in ordine o
correttamente compilati.
‹‹Bill
mi ha mandato un messaggio. Lui e Heidi sono
usciti con Sarah e il fidanzato.››
‘Oggi
non torniamo
per cena. Siamo usciti con Sarah e Kristoff. Un bacio.’
‘Okay!
Mi raccomando.
Mangia e non farmi stare in pensiero. La mamma ti vuole bene’
*
‹‹Io
prendo una Schweppes al limone.›› disse
Bill mentre sgranocchiava delle olive verdi denocciolate.
‹‹Sei
il solito astemio, Bill. Alza un po’ il
gomito ogni tanto, no?›› Kristoff bevve il suo
secondo cicchetto. Sarah e
Heidi, si erano limitate anche loro ad un’acqua tonica.
‹‹No
Kristoff. Stasera no. Non mi va di bere.
Poi sono appena le otto. Non mi va affatto.››
In
realtà aveva voglia di bere, eccome, ma il
solo pensiero di ordinare una vodka gli faceva tornare in mente
lui…Tom.
Quel
grandissimo
stronzo.
Pensò
poi, mentre continuava a divorarsi le
olive. Non aveva toccato cibo dalla mattina e inevitabilmente, il suo
stomaco
cominciava a brontolare.
‹‹Bill,
se continui a mangiare così tante
olive, potresti diventare un frantoio. Se hai fame possiamo ordinare
una
pizza.››
Bill
non rispose. Annuì e basta. Heidi sorrise
e con un gesto della mano, chiamò il cameriere.
‹‹Volete
ordinare qualcosa?›› il cameriere si
affrettò ad arrivare e afferrò il suo taccuino
tecnologico attendendo l’ordine.
‹‹Sì,
una ruota diavola e capricciosa,
grazie.›› prese nota e andò via. Erano
tutti d’accordo su quella scelta.
*
Bill
addentò con voracità il suo trancio di
pizza capricciosa. Non mangiava una pizza dall’epoca della
preistoria e le sue
papille gustative stavano festeggiando.
‹‹Mmh…››
mugugnò di piacere. ‹‹Mi ero
dimenticato di quanto diamine fosse buona la pizza che fanno qui.
Questo pub
resterà sempre il migliore di
Berlino.›› tutti annuirono all’unisono.
‹‹La
pizza è uno dei cibi più buoni a questo
mondo, che è diverso.›› aggiunse
Sarah, sminuzzando il suo trancio di pizza.
Tutti
la guardarono stralunati.
‹‹Cosa
volete? Io mangio la pizza in questo
modo.›› risero all’unisono con i
bocconi ancora pieni, Bill quasi si strozzò
tanto stava ridendo. ‹‹Non mangio come un
animale, a differenza vostra. Io ho
classe.›› aggiunse poi lei pavoneggiandosi e
toccandosi con eleganza i suoi
capelli.
Era
la prima volta che rideva dopo essere
tornato dalla crociera. D’un tratto però prese a
squillare il suo telefono.
C’era molto baccano e ovviamente non poteva urlare per farsi
sentire.
‹‹Scusate,
mi squilla il telefono. Deve essere
mamma.›› disse poi, ancora con il boccone pieno.
‹‹Mi allontano un attimo.››
deglutì e facendo stridere leggermente la sedia, si diresse
verso il bagno
dimodoché potesse sentire meglio.
1
chiamata persa –
numero non salvato.
Bill
avvicinò il display così da poter vedere
meglio quel numero che, apparentemente, non aveva salvato. Il suo cuore
perse
un battito. Non era sua madre. Né Gordon.
Tom.
Può essere lui.
No, non può esserlo. Il numero è tedesco.
Pigiò
il tasto richiama e attese che dall’altra
parte rispondessero. I battiti erano accelerati. E se fosse stato
davvero lui?
E se gli avesse raccontato una marea di stronzate e lui in
realtà era tedesco
proprio come lui?
Smettila
Bill.
Smettila di fantasticare come una ragazzina.
Il
telefono squillò tre volte e, al quarto,
risposero.
‘Pronto?’
‹‹Tom?
Sei tu?›› l’istinto di Bill prevalse.
Non
chiese nemmeno chi ci fosse dall’altra parte. Diede per
scontato che fosse lui.
‘Non
mi riconosci
nemmeno più?’
La
linea era disturbata e Bill non riusciva a
capire bene chi fosse. La voce gracchiava e nonostante fosse in bagno
– il
luogo meno rumoroso del pub – non riusciva sentire.
‹‹Pronto?
Non riesco a sentirti. Chi sei?›› si
tappò un orecchio con la mano libera e si chiuse in una
delle cinque cabine
presenti nel bagno.
‘Mi
manchi un sacco,
Bill. Mi manchi troppo.’
Ora
riusciva a sentire meglio. La voce non
gracchiava più.
‹‹Scusami,
non ho il tuo numero. Chi sei?››
Dall’altra
parte non ci fu risposa. Solo un
lungo sospiro.
‹‹Pronto?››
‘Bill,
sono io.
Georg. Chi è questo Tom?’
Silenzio.