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Autore: Piuma_di_cigno    15/07/2015    2 recensioni
Tic Tac, fa l'orologio di Wendy. Ha ormai 17 anni e ogni giorno le sembra che crescere la renda più triste. Non si può fermare questo treno in corsa, e quel che è peggio è che non ricorda nemmeno che, per un attimo, ne ha persino avuta la possibilità.
Ma cosa succederebbe se, infine, gliene venisse concessa una seconda? Una seconda possibilità per rimediare, per scegliere meglio, per valutare e, soprattutto, per mettere in conto anche gli occhi di Peter, in cui si perde continuamente?
Partirebbe all'avventura una seconda volta?
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Darling, Michael Darling, Peter Pan, Wendy Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 3 – La scelta

Nel momento in cui dubiti di poter volare, perdi per sempre la facoltà di farlo.
(Peter Pan, J. M. Barrie)


Quando, il mattino dopo, mi svegliai, pensai fosse stato tutto un sogno. Un assurdo sogno … E come potevo anche solo pensare che fosse reale? Non c'era nessuna prova a testimoniarlo.

Era un giorno qualunque.

Dovevo alzarmi e andare a scuola, nonostante avessi fatto tardi. Dovevo mettermi la divisa e pettinarmi bene i capelli. Dovevo affrontare un altro giorno piovigginoso nella Londra piovigginosa per arrivare in una classe piovigginosa e umida.

Rimpiansi davvero che il sogno non fosse reale … In quel momento, avrei accettato senza nemmeno pensarci.

Con un sospiro, scesi dal letto.

Finsi di non notare che ero scalza e con i piedi pieni di terra e con qualche filo d'erba. John, nell'altra stanza, si rigirò nel letto e sentii Michael emettere un sospiro.

Michael!

No … No … Cosa!?

Mi costrinsi a fare respiri lenti e profondi.

Poteva anche essere stato un sogno, Peter Pan. L'incontro della sera precedente poteva anche essere stato un sogno, certo, certo che sì, ma tutto il resto, quello che ricordavo, quello che mi aveva detto … Era tutto vero!

Esisteva un'Isola che non c'è, io ci ero stata.

Lui esisteva!

L'avventura … Tutto era vero! Ecco cosa avrei dovuto ricordare la sera precedente, secondo Michael! Ecco cos'avevo dimenticato!

Fui tentata di svegliarlo subito.

Mi trattenni a stento e sgusciai in bagno con i vestiti. Non potevo parlarne di fronte a John, sapevo che non mi credeva, ma dovevo dirlo a Michael, assolutamente.

Dovevo dirgli che non era pazzo e che gli credevo, in tutto. Che ricordavo anch'io.

Ci vollero ore prima che potessi farlo.

Dovetti aspettare che un'interminabile giornata di scuola volgesse finalmente al termine, fra insegnanti pazzi e compagne pettegole, e arrivare al tragitto di ritorno verso casa. Solo allora, riuscii a staccare Michael da John, rimanendo indietro con lui.

Aveva intuito subito che c'era qualcosa che non andava, e non protestò quando lo feci camminare più lentamente al mio fianco, con una scusa.

“Allora, Wendy, che c'è?” chiese subito, appena fummo abbastanza distanti da John. Almeno non pioveva.

“Mmm … Michael?”

“Sì?”
Gli lanciai un'occhiata. Sembrava così tranquillo, ancora. Così … Spensierato.

“Io … Ti ricordi quando, ieri sera, mi hai chiesto … Se … Se io ricordavo?” mi chiesi perché sembrassi così spaventata, tanto da balbettare. Non gli stavo dicendo nulla di male.

Sentii gli occhi sorpresi di Michael su di me.

“Perché me lo chiedi?”

Deglutii.

“Ecco … Io, sì, ricordo.” lo sguardo di mio fratello si fece stupito, e poi incredibilmente sollevato. “Non sei pazzo, credimi.”

Michael cominciò a sorridere.

“Allora hai visto anche tu Peter!” disse, a voce tutto a un tratto bassa, ma profondamente felice ed eccitata. Lanciai un'occhiata al viso lentigginoso di mio fratello e mi sentii arrossire.

Altro che sogno!

“Sì.” annuii, prendendo finalmente coscienza del fatto che, la sera precedente, avevo davvero visto Peter Pan e che lui se n'era davvero andato via da quella terrazza in volo.

“Anche a te l'ha chiesto?”

Lo fissai.

“Anche a te ha chiesto di tornare sull'Isola?”

Meravigliata, annuii di nuovo. L'aveva chiesto anche a Michael? E allora …

“Hai detto di no?”

Mio fratello si rattristò un po'.

“Esatto.”

Per un attimo, non riuscii a dire nulla, spaesata. Ma … Come? Michael desiderava più di tutti noi messi assieme di tornare all'Isola che non c'è. Ne ero assolutamente sicura. Tutto, in lui, lo dimostrava, dalla felicità nella sua voce quando ne aveva parlato, alla tristezza quando, la sera precedente, aveva capito che non ricordavo nulla.

“Perché?” chiesi infine.

Michael alzò le spalle.

“Non voglio tornarci. Voglio diventare grande, è questa la sola avventura che voglio.” mi sorrise, sorprendendomi ancora di più. “Ho già avuto la mia avventura da bambino, adesso è ora di andare avanti.”

Rimasi ancora più indietro, mentre lui procedeva davanti a me e le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere.

Per come camminava, con la cartella sulle spalle, fischiettando, e per la grandezza delle spalle, notai per la prima volta che Michael stava diventando un uomo.

E io? Io non mi sentivo per niente una donna, mi sentivo solo una ragazzina sperduta.

Mentre correvo verso casa, con l'acquazzone che mi scrosciava intorno, mi resi conto che non ero mai cresciuta, in fondo. La mia avventura non era finita.

 

Quella sera, spalancai la finestra di camera mia, nonostante il freddo e la pioggia. Avevo bisogno di sentire un po' di quell'antica libertà perduta, pensai togliendomi i vestiti fradici e indossando la camicia da notte.

Sciolsi le trecce e osservai la mia immagine allo specchio.

Quanto ero cambiata, da allora.

I capelli erano lunghissimi, ormai, e forse la mamma me li avrebbe fatti tagliare presto, anche se a me piacevano così. Si erano un po' scuriti da quando ero piccola, e ora erano più castani che biondi e mi facevano sembrare il viso più pallido.

Le guance rosse erano scomparse, cancellate dal freddo, dalla pioggia e dallo stress di essere sempre perfetta.

Mi strofinai con forza il viso e sospirai, spettinandomi più che potevo, per somigliare di più a quella persona che ero stata, e che desideravo tanto, tanto, tanto tornare ad essere. Non potevo desiderare di nuovo un po' di libertà?

Un'unica candela tremolante faceva luce nella stanza, proiettando ombre ovunque guardassi. Per questo non feci subito caso all'ombra alla finestra … Fino a quando non si mosse verso di me.

Mi voltai di scatto, afferrando quasi d'istinto la prima cosa che mi capitò sottomano. Un portagioie, per la precisione.

Ma, quando lo straniero si fece avanti alla luce tremula della candela, lo rimisi subito a posto.

“Peter.” sussurrai.

Si inchinò davanti a me con un sorriso sarcastico.
“Wendy.”

Indossava una semplice camicia bianca, larga, da pirata, e dei pantaloni attillati, in cuoio. Ma era sempre scalzo. Come me.

Vidi una visione di noi due da piccoli, lui vestito di foglie soltanto, e io, come allora, in camicia da notte.

I suoi occhi verdi erano splendidi, tinti di una luce dorata.

Per un istante, rimanemmo entrambi immobili, occhi negli occhi, e in silenzio.

Poi, una voce arrivò dalle scale, facendomi sobbalzare.

“Wendy, scendi cara, è ora della lezione di piano!”

“Arrivo!” risposi a mia madre.

Peter si accigliò.

“Wendy … Hai deciso?”

Gli avevo chiesto del tempo per pensare. La mia scelta, la mia scelta, la mia scelta.

Non avevo ancora deciso, non completamente.

Qualcosa, l'amore per la mia famiglia, forse, mi tratteneva.

Pensai a tutte le giornate uguali, ai giorni di pioggia, all'essere continuamente perfetta, a tutti quei vestiti, ai balli, al mio futuro sposo, ai miei genitori, ai miei fratelli … Tutto in un unico attimo.

Poi, mamma chiamò una seconda volta, ma io non risposi.

Pensai all'Isola e guardai Peter, che abbozzò un sorriso, e pensai alla libertà, al volo, a tutto.

Udii i passi di mamma.

“Renditi presentabile, cara, oggi sarà il signor Wilson, quel così caro ragazzo, a darti le lezioni di piano!”

Fu l'ultima goccia.

Udii i suoi passi avviarsi verso le scale e poi cominciare a salirle.

Era davvero questa la vita che volevo? Era questo? Un marito sconosciuto, lezioni di piano, una scuola che odiavo … Con un ultimo impeto, me ne resi conto.

Pensavano davvero di intrappolare anche me come un uccellino nella gabbia!?

Udii i passi di mamma farsi più vicini.

Guardai Peter e vidi una scintilla accendersi nei suoi occhi. Speranza? O felicità? O malinconia?

“Vieni con me dove non dovrai mai, mai più pensare alle cose dei grandi.”

Sentii il mio cuore scoppiare di gioia.

“Mai è un tempo seriamente lungo.”

“Mai significa per sempre.”

Mamma continuò a chiamarmi dalle scale, e poi entrò in camera mia. Quando non mi trovò, scoppiò il putiferio e persino la zia fu coinvolta nella situazione, da tanto grave.

Mentre mamma sospirava sulla poltrona, papà cercava in città e la zia elaborava teorie, ampiamente sostenute da John, solo Michael aveva capito cosa fosse davvero successo.

Non mi avrebbero intrappolata.

Ero volata via.

Spazio autrice: ecco il nuovo capitolo! Finalmente Wendy se n'è andata ... Anche se, lo sappiamo, per sempre è un tempo molto, molto, molto lungo e non basta saperlo: bisogna rendersene conto.
Nel prossimo capicolo ho in programma il suo ritorno all'Isola, ovviamente, ma Peter sarà come lo ricordava? Tutto sarà come lo ricordava?
Lascio al mistero!
Baci,
Piuma_di_cigno.

   
 
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