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Autore: FairySweet    16/07/2015    2 recensioni
Non sei mai stato bravo a raccontare bugie. Non l'hai mai fatto, non a te stesso per lo meno, come puoi pensare di ingannarti così? Dimenticare i suoi occhi, il suo sorriso, dimenticare il battito accelerato che ti sconvolgeva il petto ogni volta che l'avevi vicino.
Eppure ci hai provato, hai cambiato vita per lei, per te stesso, per la tua famiglia ma era bastata una telefonata, era bastato il suo nome per convincerti a scappare via di nuovo ...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elliot Stabler, Olivia Benson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                   Sempre Perfetta





Aveva passato talmente tante ore in quello studio da ricordare ogni più piccolo particolare.
L'ordine esatto dei libri negli scaffali, le statuine sulla scrivania e quel disordine ordinato di fogli e cartelle “Resterai ancora molto a fissare il vuoto?” “Perché sono ancora qui?” “Ricordi il patto vero? Due ore di terapia ogni giorno senza proteste” “Si, ma sono stata qui questa mattina ed è il mio giorno libero. Perché sono ancora qui?” “Per fare un gioco” quelle parole bastarono a convincere ogni muscolo, si alzò in piedi stringendo la giacca tra le mani “Ciao George, ci vediamo domani” “Ehi, dai prometto che sarà rapido e veloce” “Perché?” “Perché ho fatto lo stesso gioco con Elliot” “Non è un buon motivo per giocare con me” “Tu hai il terrore di poter scoprire che provi dei setimenti verso di lui e che quei sentimenti sono ancora vivi. Hai passato una cosa orribile, sei stata rapita, picchiata, insultata e …” “Non ho bisogno di sentirlo di nuovo!” “Vedi come scatti? Basta parlarne appena per farti arrabbiare. Devi sbloccare questa cosa Olivia e la vicinanza del tuo collega può aiutarti” “Non credo sia la cosa migliore” “È preoccupato per te. Ha paura di poterti perdere perché ti stai spegnendo lentamente” restarono in silenzio qualche secondo con lo sguardo perso l'uno nell'altra.
“Perché?” “Perché voglio mostrarti che quei sentimenti sono giusti Olivia, che quei dodici anni passati assieme non sono stati uno spreco” “D'accordo, d'accordo facciamo questo stupido gioco” esclamò tornando a sedere sul divanetto.
L'espressione sul volto dell'amico cambiò di colpo, sembrava un bambino a cui i genitori avevano compravo chili e chili di caramelle, un bambino irriverente e dispettoso che si divertiva con i pensieri altrui “Ti farò sette domande. Dovrai semplicemente rispondermi” “Non è difficile” “Esatto! Ma dovrai anche spiegarmi il pensiero di Elliot, cosa direbbe nella stessa situazione riguardo alle tue risposte “Uao, non vedo l'ora” “Meno sarcasmo e più concretezza. Tè o caffè?” “Tè. Prima bevevo caffè, molto caffè. Mi aiutava a restare concentrata, passano così tante schifezze in quell'ufficio” “Elliot? Cosa ne pensava?” “Credeva fossi diventata matta. Dopo l'incarico sotto copertura ho iniziato a bere il tè. Lui odia il tè” “Ti piacciono i bambini?” “Li adoro” sussurrò giocherellando con i capelli “Sono così piccoli e puri. Non mi sono mai fermata a pensare, a chiedermi se un figlio poteva cambiarmi la vita o meno. Credevo di non essere pronta, non sono mai pronta a cambiamenti del genere” “Ne parlavi con il tuo collega?” “Lui ne parlava, io fingevo che la conversazione fosse fuori luogo o inconcludente” “E tua madre?” “Cosa?” domandò confusa “Parlami di tua madre Olivia” “Ancora? Ormai la conosci meglio di me” ma lo sguardo sul volto di Huang la costrinse a continuare “Non è stata una cattiva madre, non era sempre presente o preoccupata per la mia infanzia come ogni madre normale ma non è stata una cattiva madre. Aveva i suoi problemi, tanti problemi …” si fermò qualche secondo spiando i movimenti dell'uomo di fronte a sé.
Continuava a leggere sul suo quaderno evitando di guardarla, era certa che la sua attenzione fosse attratta da quelle linee scure che risultavano più interessanti dell'ennesimo racconto su sua madre “ … era un alcolista, si ubriacava ogni volta che ne aveva l'occasione. Ogni volta che facevo domande sul passato lei cambiava, diventava un'altra, mi nascondeva le cose lasciandomi sospesa in qualcosa che non mi apparteneva. A volte mi capitava di pensare a lei, spesso accadeva in ufficio, nelle ore di pausa lei tornava tra i miei pensieri ma infondo, non è stata una cattiva madre, ero legata a lei, molto legata e perderla è stato doloroso” sorrise divertita da quel ricordo che ora sembrava innocuo, perfino tenero “Era la mia mamma, la donna che aveva avuto il coraggio di tenermi nonostante … beh, lo sai no? Elliot passava minuti interi a fissarmi. Credeva di essere al sicuro oltre la scrivania. Era convinto che non me ne sarei mai accorta” “E invece te ne accorgevi?” “Liv, torna sul pianeta dei comuni mortali” Huang sollevò lo sguardo dai fogli cercando i suoi occhi “Puoi ripetere?” “Era l'unica cosa che mi aiutava a non pensare. Una frase come tante ma Elliot la pronunciava al momento giusto. Non so nemmeno io come fosse possibile” “Ti piace il gelato?” “Alla vaniglia” rispose confusa da quel cambio improvviso di discorso “L'ho costretto a mangiare gelato alla vaniglia durante ogni pausa” “Ti piacerebbe avere un cucciolo?” “Un cucciolo?” l'altro sbuffò alzando gli occhi al cielo “Perché nessuno sa cos'è un cucciolo?” “No, so cos'è un cucciolo ma con me morirebbe di fame George” “Perché lo pensi?” “Perché mi scordo perfino di cenare, credi davvero che un cucciolo possa aspettarmi tutte le sere per mangiare, giocare e fare una passeggiata?” “Abbiamo quasi finito” “Meno male” sospirò appoggiandosi allo schienale.
“Mare o montagna?” “Mare” “Qual è la tua stagione preferita?” ci pensò qualche secondo perdendosi in pensieri lontani e poi, con un filo di voce sussurrò “Primavera” “Perché?” “Tutto rinasce, tutto e profumato e pieno di colori. È come se d'improvviso il mondo fosse rinato e allora penso che per tutti quei bambini violati e distrutti possa esserci una nuova rinascita. Lui adora l'inverno, il freddo e quella sensazione strana che provocano le giornate di pioggia” “Abbiamo finito detective” “Ora posso sapere a cosa …” ma l'uomo scosse leggermente la testa “Oh andiamo!” “Fuori di qui, vai a goderti il tuo giorno libero” “Ti sto odiando” “Lo so” un altro sorriso, l'ennesimo carico di ironia e sarcasmo.




“Ha chiamato?” Fin scosse leggermente la testa lasciandosi cadere mollemente sulla sedia “Doveva chiamare mezz'ora fa” “Diamole altro tempo” sussurrò Munch “Era un incontro importante” “Che diavolo ci faceva lei assieme a Colman?” “Ha chiesto delle ragazze per la sua festa speciale. Belle, eleganti, rigorosamente castane e con occhi scuri e profondi” Cragen entrò nella sala reggendo un cellulare nella mano sinistra e un caffè nella destra “Come mai non parlo ancora con il mio agente sotto copertura?” “Mezz'ora di ritardo signore, è normale in casi come questo” “Fin ha ragione, possiamo solo aspettare” ma Elliot scosse leggermente la testa passeggiando nervosamente attorno alla scrivania poi d'improvviso quel suono leggero.
Si alzarono all'unisono avvicinandosi al telefono “Olivia?” “Da quando hai poteri mentali?” Munch sorrise ricadendo sulla sedia “Dove diavolo sei sparita?” “Mi scusi signore, Colman ha prolungato il suo festino. Mosman e Collister erano entrambi presenti. Sono rimasti quaranta minuti chiusi nell'ufficio di Colman” “Malloy?” “Mi ha seguito fino al locale di Colman ed è rimasto di guardia tutta la notte. Ho consegnato al nostro contatto la registrazione del mio microfono e alcuni nastri recuperati due giorni fa” “Tu stai bene?” “Si signore. Sono solo un po' stanca ma tutto sommato sto bene” “Bene, perché ora ti ammazzo!” esclamò Elliot avvicinandosi all'altoparlante “Ti uccido Liv, lo faccio davvero!” Fin e Munch sorrisero divertiti da quel siparietto che per qualche giorno, sembrava averli trasportati indietro di anni “E tu che ci fai ancora lì?” “Stai scherzando?” ma la risata della ragazza non faceva altro che spingere la rabbia e il sarcasmo in superficie “Ricordi quando ti dicevo che giocare con la mia pazienza era pericoloso? Che sarei scoppiato travolgendo tutti e tutto? Sei a buon punto detective, continua a tirare un altro po' la corda e vedrai le stelle!” Cragen sbuffò avvicinandosi alla scrivnia di Munch “Mettetevi in contatto con Malloy, lavorate sulle registrazioni e studiate i nastri che vi consegna” “Chiamo Mandy ai crimini informatici. Magari riusciamo ad estrarre dal computer che ci ha consegnato Olivia qualcosa di utile” l'altro annuì appena lasciando l'ufficio “Come diavolo ti è venuto in mente di chiamare in ritardo?” “Hai sentito cos'ho detto? Ho appena finito!” “Questa non è una scusa” ma dall'altro lato arrivò solo silenzio “L'hai fatta arrabbiare cowboy” “Pensava che scherzassi?” il collega ridacchiò divertito afferrando la cornetta del telefono “Sai amico mio, secondo me dovresti andare a casa sua e legarcela perché se pensi che Olivia ti dia retta sei un illuso” “Grazie Munch. È sempre bello parlare con te” “Figurati” afferrò la giacca e senza aggiungere una parola corse fuori dall'ufficio.


“Mi hai attaccato il telefono in faccia” “Non riesci a lasciarmi in pace per qualche minuto?” domandò sfinita appoggiandosi allo stipite della porta “Mi hai attaccato il telefono in faccia!” oltrepassò la ragazza costringendola ad arrendersi, si chiuse la porta alle spalle seguendolo fino alla sala “Hai la vaga idea delle ore che ho passato in centrale?” ma lei non rispose, si limitò ad annuire sedendosi sul divano.
Le gambe dolcemente sollevate e una coperta morbida e dall'aspetto invitante che si avvolgeva attorno a lei coprendo ogni più piccolo sprazzo di pelle.
Non si era nemmeno accorto di quanto fosse bella, con i capelli dolcemente arruffati e gli occhi così pieni di sonno da sembrare una bambina “Aspettavo la tua chiamata oggi pomeriggio e immagina la mia sorpresa quando Fin mi ha contattato dicendomi: abbiamo un problema, Olivia ha mancato il contatto di tre ore” “Mi dispiace” sussurrò stringendosi più forte nella coperta “Ma non ho avuto tempo. Colman non mi ha mai lasciato sola” “Ha detto qualcosa?” “No” “Ti ha dato fastidio in qualche modo?” “Cosa vuoi sapere? Se le sue mani erano tutto il tempo sul mio …” “Ok, basta così” esclamò ironico voltandosi verso la finestra “Non voglio sapere altro” “Non dovresti chiederlo allora” “Non sei divertente” ridacchiò divertita nascondendo il volto sul cuscino “Ero preoccupato per te, non sapevo dove fossi” inspirò a fondo seguendo con lo sguardo le luci della strada lì sotto “Ti ho detto tante volte che non hai il dirittto di farmi preoccupare così. Non puoi metterti in situazioni pericolose perché non posso proteggerti, non più e so che è colpa mia, lo so. Ma se non posso proteggerti allora devi farlo tu, devi restare al sicuro perché non sopporterei di perderti” si voltò verso di lei e un sorriso nacque spontaneo sulle labbra.
Quella bambina così bella si era addormentata, a lei non importava niente delle sue parole, della sua preoccupazione.
Aveva chiuso gli occhi perdendosi nel respiro delicato della notte. Si avvicinò al divano inginocchiandosi davanti a lei.
Sembrava così serena, così tranquilla, il suo respiro era regolare, il battito del suo cuore seguiva i sogni restituendogli dolcezza.
Le sfiorò le labbra con le dita seguendone il contorno, era così bella, così dannatamente bella e perfetta, la perfezione che cercava in ogni donna, la sua perfezione che non era mai sbagliata.
Di giorno, di notte, in qualsiasi periodo dell'anno era perfetta, con i suoi difetti e con i suoi pregi, con quegli occhi meravigliosi che erano in grado di leggere nell'anima.
Restò ancora qualche secondo a studiare ogni più piccolo particolare di quel volto giocando con i suoi linemaneti, cercando di imprimersi a fuoco nella memoria la dolcezza di quella ciocca castana che gli scorreva tra le dita poi d'improvviso una scossa elettrica salì dal braccio fino al cervello.
Ritrasse la mano di colpo, quasi come se ne fosse stato scottato. Si rialzò e tornò sui propri passi chiudendosi velocemente la porta alle spalle.
Quella casa sconosciuta era il suo rifugio sicuro, la casa che il suo nuovo personaggio sotto copertura aveva ereditato da suo padre, era un luogo sicuro per permetterle di riposare convincendo quel mondo sporco e infame a fidarsi di lei.
Non riusciva mai ad allontanarsi da quella porta, ogni volta che usciva da casa sua era come perdere un pezzo di cuore perché non poteva controllarla, non poteva proteggerla come aveva sempre fatto.
  
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