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Autore: Shainareth    16/07/2015    4 recensioni
Ero consapevole che Ambra meritasse tutti quegli insulti, e forse anche qualcuno di più, visto il modo poco amabile in cui era solita comportarsi con gli altri – ed io per prima ne sapevo qualcosa. Tuttavia, non potevo non immedesimarmi in lei e non provare la sua sofferenza: anch’io ero innamorata, e se Kentin avesse avuto per me le stesse parole che ora stava pronunciando contro Ambra… beh, probabilmente mi sarei sentita morire.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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RIVALI - CAPITOLO QUINTO




«Penso che tu sia la sola che possa aiutare Ambra.»
   Guardai Nathaniel come se avesse parlato in una lingua aliena.
   «Sul serio», insistette. «Credo che tu sia davvero l’unica persona in grado di scuoterla.»
   Ci eravamo incrociati all’uscita dell’aula, dopo la lezione di Francese, e mi era venuto spontaneo fargli sapere che il giorno addietro avevo avuto l’impressione che in mensa volesse dirmi qualcosa. Difatti così era. Mi spiegò che aveva avuto una lunga discussione con sua sorella, durante la quale l’aveva ascoltata e consolata, consigliandole di cambiare atteggiamento verso gli altri, se le faceva così male che continuassero ad avere una cattiva opinione di lei. Stranamente, Ambra non aveva ribattuto ed era rimasta in silenzio, immagazzinando le sue parole e riflettendoci su; al punto che, a quanto pareva, aveva deciso di dargli ascolto, cominciando a collaborare almeno sul piano scolastico.
   «Se sei stato tu a darle quel consiglio», cominciai a protestare, perplessa riguardo ciò che mi aveva appena detto, «io cosa c’entro? E sono stati gli altri a parlar male di lei, io mi sono limitata a dispiacermi per quello che era successo.»
   Nathaniel accennò un sorriso. «È proprio questo, il punto.» Mi permisi di inalberare un’espressione ancora più dubbiosa. «Non so per quale ragione, ma Ambra sembra considerarti sua degna rivale.»
   Mi scappò di bocca una risata isterica. «L’ultima cosa che vorrei è entrare in competizione con qualcuno, te l’assicuro.»
   «Oh, lo so», assentì lui. «Ormai ti conosco da tempo e ho capito che tipo sei. Certe provocazioni ti scivolano addosso come se nulla fosse.»
   «Appunto», confermai. «Senza contare che non c’è assolutamente nulla per cui io e tua sorella dovremmo entrare in competizione. Rivali in cosa? Di certo non per chi fra noi sia la più fashion», scherzai, dando uno sguardo alla maglietta e ai jeans dal taglio semplice e alle sneakers un po’ consumate che indossavo quel giorno. «Figurarsi per un ragazzo. Per quanto a volte io possa apprezzare Castiel, di certo non sono interessata a lui in quel senso.» E non era neanche da prendere in considerazione l’ipotesi che l’oggetto del contenzioso fosse Kentin, dal momento che Ambra aveva iniziato a prendermi di mira sin dal primo giorno di scuola, quando lui era ancora piccolo e gracilino e portava sul naso due occhiali grossi e spessi che gli nascondevano in gran parte il viso. All’epoca, anzi, anche Kentin subiva le angherie di Ambra, che lo considerava un buono a niente e uno sfigato al pari di me – a testimonianza di come lei badasse soprattutto all’aspetto esteriore delle cose e delle persone, senza soffermarsi minimamente a guardarne la sostanza.
   «Forse è perché riesci a piacere più di lei», ipotizzò Nathaniel con una scrollata di spalle, facendomi aggrottare la fronte. «A differenza sua, sei riuscita ad integrarti quasi subito nella classe, se si escludono pochi elementi. E mi pare di aver capito che di recente tu vada più d’accordo anche con Castiel», aggiunse, pronunciando quasi a forza l’ultima frase. «Anche con Peggy le cose sono migliorate, no?»
   «Sì, è vero», ammisi. Tanto più che lei aveva mantenuto il silenzio riguardo al mio primo appuntamento con Kentin, che andava soltanto a confermare un altro episodio di cui lei stessa era stata testimone, avendoci sorpresi insieme mentre cercavamo un posto appartato – per chiamare i servizi sociali per aiutare Nathaniel, non per pomiciare. Era stata una situazione assai fraintendibile, che né io né Kentin ci eravamo curati di smentire per non dover dare spiegazioni più gravi, eppure anche in quell’occasione Peggy aveva mantenuto il segreto. «In ogni caso», ripresi dopo un attimo, «non è certo merito mio. Non ho fatto nulla per conquistarmi le simpatie degli altri. Se tua sorella fosse un po’ meno acida e prepotente, forse anche lei risulterebbe più amabile.»
   Mi resi conto solo dopo che il tono da me usato, soprattutto per l’ultima osservazione, era stato forse un po’ duro, ma per quanto mi dispiacesse per Nathaniel, a cui ero legata da una bella amicizia, non riuscii a pentirmene. Avevamo ormai appurato che non ero l’unica a non sopportare Ambra, senza contare che sapevamo tutti e due che adesso lei stava solo raccogliendo ciò che aveva a lungo seminato. Da quanto tempo mi ero lamentata del suo comportamento con suo fratello? Lo avevo fatto così tante volte, nel primo periodo, che alla fine avevo persino rinunciato a comunicargli tutto ciò che era accaduto in seguito. A che sarebbe servito farlo, se Nathaniel non era in grado di farla ragionare? Più ci pensavo, più mi rendevo conto che Castiel e Kentin avevano ragione: non era un problema mio, se Ambra piangeva per qualcosa di cui lei stessa era responsabile. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
   «Immagino che tu abbia ragione», si costrinse a concedermi Nathaniel, stringendo le labbra in un’espressione seriosa. «Credo che però la colpa maggiore ce l’abbiano i nostri genitori. L’hanno viziata troppo, dandogliela sempre vinta e cedendo ad ogni suo capriccio. È normale che non si sia mai resa conto delle conseguenze delle proprie azioni se non quando ormai era troppo tardi.»
   Almeno potevo riconoscergli di essere obiettivo, soprattutto per quel che riguardava la pessima educazione che sua madre e suo padre avevano impartito a lui e Ambra. Ora che Nathaniel aveva aperto gli occhi al riguardo, decidendo di prendere in mano la propria vita e di sfuggire così alle violenze e alle imposizioni paterne, era in grado di ragionare con maggior lucidità e di vedere con maggior chiarezza come stavano le cose che a chiunque altro sarebbero apparse palesi sin da subito.
   «Dopo tutto quello che è successo nella nostra famiglia», continuò dopo un attimo, «il bel mondo rosa di Ambra è crollato su se stesso. Credo che abbia avuto bisogno di tempo per assimilare ogni cosa e che quest’ultimo episodio le sia servito come sprone per tirare le somme di tutto.»
   «È per questo che ha deciso di aiutare Armin nella ricerca?»
   «Davvero?» si stupì lui, dando prova di non essere a conoscenza della cosa, come invece mi era parso di capire. «Non ne avevo idea, non le ho ancora parlato del gruppo di studio. Se le cose stanno così, allora direi che è sulla buona strada per migliorare se stessa, non trovi?» mi domandò con fare retorico, sorridendo con entusiasmo.
   Dunque Ambra aveva scelto da sola di mettersi seriamente sui libri, senza che nessuno le suggerisse nulla. Dovetti riconoscere con me stessa una certa ammirazione al riguardo, perché forse Nathaniel aveva ragione: sua sorella aveva deciso di sforzarsi per cambiare la situazione in cui si era cacciata e della quale si era resa conto in modo piuttosto brusco. Però quel piccolo trauma stava dando i suoi frutti, a testimonianza che, come dice il detto, non tutto il male vien per nuocere.
   L’unica cosa di cui però non riuscivo a persuadermi era che io fossi inconsapevolmente una sorta di stimolo per lei. Per quale motivo? Tutto ciò che mi veniva in mente era che, avendo provato pena nei suoi confronti, l’orgoglio di Ambra doveva averne risentito più di quanto avrebbe fatto se non fossi stata presente anch’io quando i ragazzi l’avevano umiliata con i loro spietati giudizi. Ciò nonostante, ancora non riuscivo a spiegarmi per quale dannata ragione Ambra ce l’avesse tanto con me. A dirla tutta, non mi sarebbe neanche importato più di tanto, se solo lei e le sue amiche mi avessero lasciata in pace.
   Durante l’intervallo, comunque, fui avvicinata da Melody che, tutta sorridente, mi informò che aveva sentito da Alexy che stavamo organizzando dei gruppi di studio per la ricerca che ci aveva assegnato la Delanay. «Io e Kim ne abbiamo parlato e ci piacerebbe unirci a voi, se fosse possibile.»
   «Anche a me piacerebbe molto», le assicurai, mostrando l’entusiasmo che in effetti sentivo di provare. Ero sul serio contenta che fra me e Melody ormai le cose andassero bene come prima; anzi, sembravano persino migliorate da quando le avevo detto a chiare lettere che non ero interessata a Nathaniel. Avevo trovato ingiusto il suo atteggiamento scostante nei miei confronti, quand’era convinta che avessi delle mire su di lui, però col senno di poi mi ero detta che il suo era stato un comportamento più che comprensibile. Pertanto avevo evitato di prenderla troppo a male e, non appena me ne aveva lasciata l’occasione, avevo chiarito la mia posizione al riguardo e noi due eravamo tornate amiche.
   «Alexy mi ha detto anche che avevate una mezza idea di cominciare oggi pomeriggio in biblioteca», m’informò Melody, dal momento che invece io non ne sapevo ancora nulla.
   «Suppongo vada bene», risposi lo stesso, dato che non avevo impegni di sorta. Avrei soltanto dovuto avvisare i miei genitori che sarei rimasta a studiare con le mie amiche – amici, se si includeva anche Alexy.
   «Ci pensi?» ricominciò Melody, tutta contenta. «Sarà un po’ come quel giorno al parco.»
   Mi unii alla sua allegria, sorridendo di cuore. «Con la differenza che stavolta non potremo darci battaglia o ci butteranno fuori dalla biblioteca.»
   La vidi soffocare una risatina dietro al palmo della mano, con un gesto talmente delizioso che mi stupii per l’ennesima volta del fatto che Nathaniel si ostinasse a non prenderla in considerazione sotto a un punto di vista amoroso. A me aveva detto che Melody non era il suo tipo, eppure, se fossi stato un ragazzo, credo che a me sarebbe piaciuta molto – e non solo perché era assai graziosa.
   «Prima ti ho vista parlare a lungo con Nath», mi disse poi, tutto d’un tratto, senza però oscurarsi in viso come avrebbe fatto in passato. «Non ci saranno mica problemi con le tue assenze, vero?»
   Si riferiva ovviamente a ciò che era accaduto due giorni prima, e cioè quando le avevamo fatto credere che avevo bisogno di informazioni al riguardo. «Oh, no, non preoccuparti», la tranquillizzai. E poiché sapevo che teneva a Nathaniel anche più di me, non mi feci scrupoli ad informarla dell’oggetto del nostro discorso. «In realtà stavamo parlando di Ambra.» Melody aggrottò leggermente la fronte. «Sembra che ultimamente abbia deciso di impegnarsi di più, a scuola.»
   «Sul serio?» si stupì lei. «Mi fa piacere! Scommetto che è stato Nath a farle capire che lo studio è importante.»
   Scrollai le spalle. «Lui dice di no, ma chi può saperlo? Lo sai che è piuttosto modesto e che diventa particolarmente cieco quando si tratta di sua sorella.»
   Melody storse la bocca. «Sì, è vero», concordò a malincuore. «Spero solo che non debba rimanere deluso da lei ancora una volta.»
   «Tutto ciò che potremmo fare, in quel caso, è stargli vicino come al solito.»
   «In fondo, gli amici servono soprattutto per questo, no?»
   Fu così che, nel corso della giornata, riuscimmo ad accordarci per passare un paio d’ore in biblioteca per studiare insieme e raccogliere i primi appunti per la ricerca di Scienze. Si sarebbe prospettato un pomeriggio perfetto, se non fosse stato che, borbottando contro la sfortuna, Kentin mi avvisò che non sarebbe stato dei nostri perché ormai aveva dovuto impegnarsi con Castiel, Lysandre e Capucine per quello stesso giorno. Il tono e l’espressione con cui mi informò della cosa lasciavano capire esattamente quanto gli pesasse; di certo non soltanto perché non ci saremmo potuti vedere, ma anche e soprattutto perché l’unica persona con la quale riusciva ad andare d’accordo, nel suo gruppo di studio, era Lysandre – con il quale, purtroppo, non doveva fare la ricerca in coppia.
   Alla fine delle lezioni, mi avviai con i miei amici verso la biblioteca della scuola di cui, in verità, avevo per lo più sentito parlare da Nathaniel. In qualità di delegato degli studenti, lui ci andava spesso anche solo per puro svago, mentre a noi comuni mortali quel posto era accessibile soltanto se, come in quel caso, avremmo dovuto svolgere un compito particolare. Un po’ mi rodeva, visto quanto mi piacciono i libri, ma avevo dovuto farmene una ragione e consolarmi con la biblioteca comunale, anche se la mia più grande passione rimaneva quella di frugare fra i negozietti di libri usati per recuperare a poco romanzi che altrove avrei pagato un occhio della testa o che ormai difficilmente si potevano reperire in una semplice libreria perché usciti fuori commercio. Ma sto divagando.
   Mentre attraversavamo l’interno dell’edificio per raggiungere uno dei tavoli liberi, mi guardai attorno e mi resi tristemente conto di quanto fosse vuota. A parte noi, l’unica altra anima presente era il bibliotecario, che al nostro ingresso ci aveva fermati per informarsi su cosa ci facessimo lì. Gli avevamo spiegato della ricerca e già pareva convinto a lasciarci andare; ma fu solo quando si avvide di Melody che l’uomo ci concesse anche un sorriso, dando segno di averla riconosciuta quale assistente del delegato degli studenti del liceo. Ad ogni modo, la biblioteca era piuttosto grande e ben fornita e mi domandai per quale dannata ragione dovessero riservarla soltanto ai progetti di ricerca. Lo trovavo un vero peccato, soprattutto perché, se avessero lasciato libero accesso a tutti gli studenti della scuola, forse avrebbero invogliato molti più ragazzi alla lettura.
   Non avevamo ancora raggiunto il tavolo, che qualcun altro fece il suo ingresso all’interno della grande stanza stipata di scaffali, e quando mi volsi per curiosare sull’identità del nuovo arrivato, mi stupii nel vedere ben quattro nostri compagni di classe. Mi si illuminò lo sguardo non appena i miei occhi si posarono sulla figura di Kentin che si era avvicinato svogliatamente al bibliotecario insieme a Castiel e Capucine. Fu Lysandre a parlare con l’uomo che subito annuì e fece cenno col capo nella nostra direzione. A quel punto anche loro si volsero a guardarci e con uno scambio di saluti con la mano e di sorrisi, finimmo tutti per occupare la stessa zona dell’edificio, sia pure accomodandoci a due tavoli differenti, dal momento che Castiel ci giurò che gli sarebbe venuta l’orticaria se si fosse seduto insieme a noialtri.
   Prima di metterci a studiare, comunque, scambiammo due chiacchiere con loro e venimmo a sapere che in realtà il gruppo appena arrivato, sotto suggerimento di Lysandre, avrebbe dovuto ritrovarsi da Castiel, visto che, vivendo da solo, lì avrebbero avuto tutto lo spazio e la tranquillità di cui avevano bisogno. Con grande sollievo di tutti, di Castiel e Kentin per primi, Capucine si era impuntata di non voler mettere piede a casa di un uomo, da sola, in compagnia di ben tre ragazzi.
   «Senza contare che miei genitori non approverebbero», affermò risoluta. «Non sono quel genere di donnaccia, io.»
   «Come se fossimo abbastanza disperati da volerle saltare addosso», commentò pigramente Castiel, scuotendo le spalle con noncuranza e regalando a qualcuno di noi un sorriso divertito.
   Dal fondo della sala giunse il suono secco della gola che il bibliotecario decise di schiarirsi in quel momento, scrutandoci dietro le lenti degli occhiali a mezzaluna. Fummo perciò costretti a chiuderci nel silenzio e ognuno di noi, col proprio binomio, si mise a caccia del materiale di cui aveva bisogno per l’argomento della ricerca che gli era stato assegnato dalla professoressa.
   Lavorare con Rosalya risultò fruttuoso e piacevole, grazie al cielo, anche perché di tanto in tanto la monotonia dello studio veniva puntualmente interrotta da una delle nostre stupide battutine che mi ricordarono la ragione per cui, nonostante fossimo molto diverse, io e lei andassimo così d’accordo. Avrei voluto evitarlo, eppure più di una volta il mio sguardo scivolò via dai libri e dagli appunti per andare alla ricerca della figura di Kentin, seduto all’altro tavolo insieme agli altri del suo gruppo. A dispetto delle nefaste previsioni, sembrava che le cose non andassero poi troppo male, benché il grugno con cui Castiel esprimeva la propria insofferenza a quel genere di cose parlasse chiaro. D’un tratto anche gli occhi di Kentin si sollevarono dal proprio quaderno per posarsi sui miei e mi sorpresero a fissarlo. Arrossii e distolsi lo sguardo, tornando a prestare attenzione a ciò che stavo ricopiando. O meglio, tornando a fingere di prestare attenzione a ciò che avrei dovuto ricopiare. Ci misi diversi minuti prima di riuscire a calmare il batticuore e quando finalmente mi parve di essere tornata lucida, qualcosa rimbalzò sulle pagine del mio quaderno, facendomi sobbalzare: una pallina di carta.
   Aveva tutta l’aria di essere un bigliettino scritto di straforo, di quelli che ci si lancia di solito in classe durante le lezioni per non essere sorpresi a chiacchierare. D’istinto, lo afferrai nel pugno e quando fui certa che nessuno, nemmeno Rosalya che mi sedeva accanto, si fosse accorto della cosa, lo aprii e lessi: Anche se non possiamo più uscire nel weekend, dopo ti va di tornare a casa insieme?
   Di nuovo il cuore mi sobbalzò in petto e i miei occhi saettarono verso Kentin che mi stava ancora guardando con una certa apprensione. Abbozzai un timido sorriso d’assenso e lui comprese al volo il mio messaggio, perché mi rispose con un sorriso molto più entusiasta che gli costò una gomitata dal suo binomio. Li vidi borbottare su qualcosa e solo quando le severe iridi grigie di Castiel si piantarono su di me, fui costretta ad abbassare definitivamente il capo per rimettermi a studiare con serietà.
   Chiudemmo i libri che ormai era l’imbrunire e la biblioteca sul punto di chiudere. Una volta fuori, ci stiracchiammo a dovere all’aria aperta e la prima cosa che fece Castiel, per la gioia di tutti, fu accendersi una sigaretta. Gli imprecai contro e mi allontanai il più possibile da lui, che ben presto si ritrovò quasi isolato dal resto del gruppo. Ci soffermammo ancora qualche minuto a parlare davanti all’ingresso della scuola, ma poiché ormai si stava facendo tardi, fummo costretti a salutarci e a darci appuntamento l’indomani mattina a lezione.
   Kentin mi si affiancò subito ed insieme riprendemmo la strada del ritorno, fingendo di non accorgerci degli sguardi indagatori di Rosalya e Alexy che, con un sorrisetto malizioso e fare infantile, agitarono la mano in segno di saluto. Durante la nostra passeggiata verso casa, raccontai a Kentin della mia chiacchierata con Nathaniel di quella mattina e anche lui mostrò una vaga perplessità riguardo alla competizione che Ambra sembrava avere nei miei confronti. Su una cosa, però, non potevamo non essere d’accordo con il nostro amico: di sicuro la causa primaria dei problemi di lei e dei suoi capricciosi, prepotenti ed egoistici comportamenti era senza dubbio da ricercare nell’educazione discutibile che le era stata impartita dai suoi genitori.
   «L’ho già detto che non rimpiango affatto il pugno di ferro di mio padre?» scherzò Kentin, quando ormai eravamo in prossimità di casa mia. «Nonostante la sua severità, non mi ha mai picchiato e ha sempre cercato di inculcarmi il senso di responsabilità.» Dal modo in cui parlava spesso di lui, si capiva che gli volesse molto bene e che lo ammirasse. A volte mi chiedevo come sarebbero state le cose se suo padre non fosse stato costretto ad allontanarsi da casa per lunghi periodi per via del lavoro, lasciandolo da solo con sua madre che per molto tempo si era occupata della sua educazione contando quasi unicamente sulle proprie forze. Di sicuro, per quanti errori lei potesse aver commesso per troppo affetto, era comunque riuscita a trasmettergli molti di quei valori importanti che ci avevano permesso di diventare amici e dei quali col tempo avevo finito inconsciamente con l’innamorarmi.
   Qualcuno ci chiamò e fu solo quando alzammo lo sguardo che ci rendemmo conto di essere giunti sotto casa proprio quando anche i miei genitori stavano rientrando. A giudicare dalle buste della spesa che portavano con loro, dovevano essere appena stati al supermercato. Ci fu uno scambio di saluti piuttosto rigido da parte di mio padre e Kentin, che si offrì di aiutarli con i sacchetti, ma mamma lo rassicurò che non ve ne fosse bisogno e, come al solito, si prodigò in sorrisi e gentilezze che contribuirono a mettere parzialmente il mio amico a suo agio. Almeno fino a che papà, studiandoci con aria accigliata, non domandò: «Ma non eri uscita con le tue amiche?»
   «C’era anche un ragazzo», precisai per dovere di cronaca. E anche per rendere giustizia al povero Alexy, che si trovava spesso in minoranza. «Eravamo andati in biblioteca a studiare per una ricerca di Scienze, e lì abbiamo incontrato altri nostri compagni. Alla fine, visto che si era fatto tardi, Kentin si è offerto di riaccompagnarmi.»
   Papà lo scrutò ancora per qualche istante, ma poi ci meravigliò con la seguente affermazione: «Ha fatto bene.» Sia io che Kentin c’irrigidimmo sul posto, cercando di capire se non fosse impazzito. «Almeno lui non puzza di fumo», borbottò ancora mio padre, prima di incamminarsi verso il portone e lasciarci con un saluto formale.
   Ancora attonita, lo seguii con lo sguardo fino a che la voce di mamma non mi riportò alla realtà. «Due giorni fa ti abbiamo vista rientrare con quell’altro tuo compagno di classe… Sai, quello con i capelli rossi.»
   «Ah», balbettai, non sapendo cosa pensare. Pregai solo che non avessero frainteso la faccenda, magari pensando che fra me e Castiel ci fosse qualcosa.
   «E dopo che sei salita in casa, lui ci è passato accanto borbottando, senza neanche accorgersi di noi», continuò mia madre, in tutta tranquillità.
   «Spero di cuore che non vi siate fatti idee sbagliate al riguardo», commentai, già pronta a darle battaglia se avesse osato insinuare chissà cosa – per di più davanti a Kentin.
   La sua risata mi sorprese. «Oh, no, no tranquilla», mi rassicurò lanciando uno sguardo complice al mio amico. «Direi che il modo per nulla carino in cui si sono salutati fosse abbastanza eloquente.» Avvertii nitidamente il sospiro di sollievo che Kentin tirò ed io non potei fare a meno di lasciarmi andare ad un risolino divertito e isterico a un tempo. «Kentin», riprese mamma con allegria, «è stato un piacere rivederti.»
   «Oh, lo è stato anche per me, signora», rispose subito lui, scattando quasi sull’attenti come un bravo soldatino, un sorriso fiducioso sulle labbra. Sapeva di piacerle e questo non poteva che renderlo orgoglioso di se stesso e fiducioso per l’avvenire. Ammetto che anch’io provavo le sue stesse emozioni, in quei frangenti.
   «Beh, io salgo», disse mamma, tornando a rivolgersi a me. «Vi lascio liberi di salutarvi affettuosamente», trillò infine, avviandosi sulle orme di papà prima ancora che avessi modo di ringhiarle contro tutta la mia vergogna.
   Calò un silenzio imbarazzante, durante il quale io rimasi immobile senza avere il coraggio di alzare lo sguardo su Kentin e lui spostò nervosamente il peso del corpo da un piede all’altro. Infine, una lieve risata raggiunse le mie orecchie e i miei occhi cercarono il suo viso. Sembrava decisamente di buon umore.
   «Forse dovrei ringraziare Castiel per avermi inconsapevolmente spianato la strada con tuo padre», mi spiegò allora. Gli diedi un colpetto sul braccio, non riuscendo tuttavia a soffocare il divertimento causato da quelle parole, a dispetto del rossore del mio viso. Infine, senza perderci troppo in chiacchiere visto che era già tardi, Kentin si limitò a salutarmi a parole – anche e soprattutto perché i miei potevano benissimo tenerci d’occhio dalla finestra – e si avviò frettolosamente verso casa.












Credevo che fosse passato molto più tempo dall'ultima volta che avevo aggiornato e invece sono solo cinque giorni. Meglio così.
La storia procede. A rilento, ma procede. Non ricordo se l'ho già detto (sarà l'età, abbiate pazienza), però non ho fretta di raccontare ciò che accadrà, voglio prendermela comoda per non dimenticare dei pezzi per strada e non rendere inverosimili determinate situazioni. Ho bisogno di tempo per lavorare sul personaggio di Ambra (e non solo sul suo, ve lo anticipo), quindi ho deciso di non fare più previsioni sul numero di capitoli di questa long, ché tanto sono sicura che non lo azzeccherei.
Come sempre, ringrazio chiunque legga e recensisca, ma anche chi ha aggiunto questa storia fra le preferite/ricordate/seguite - e siete già in molti, non me lo aspettavo, grazie!
Buona giornata a tutti,
Shainareth





  
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