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Autore: namelessire    16/07/2015    2 recensioni
l colore è il testo, l’occhio è il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde; ad esempio il rosso risveglia in noi l’emozione del dolore per il suo suono interiore.
Così parlò Kandinskij e io ascoltai queste parole milioni di volte e il rosso mi faceva ogni volta più male.
Genere: Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le settimane passarono inesorabilmente lente tra l’Università e il Museo, io nel frattempo avevo di nuovo piantato i fiori e Max continuava a uscire con quei ragazzi ma gli riconoscevo il merito di non avermi rimpiazzata, non completamente almeno e nel mentre stavo cercando un altro impiego temporaneo per compensare ad altre piccole spese universitarie.

Intanto nella hall del Collage erano comparsi i primi volantini del Met Gala e correva voce che cercassero qualcuno che servisse il cibo in tavola agli ospiti, o almeno così dicevano voci di corridoio, così il pomeriggio chiamai Max e gli chiesi di accompagnarmi (di nuovo) al museo, accettò e gli dissi che sarei passata a casa sua subito dopo le lezioni e così feci, non passai nemmeno a casa per cambiarmi così con i miei jeans e la felpa rossa con una macchia di acrilico blu suonai al 45/b della quarta palazzina a destra della via; lui mi aprii in pigiama.

-Buongiorno- gli dissi guardandomi l’orologio, erano quasi le due del pomeriggio e quasi non gli scoppiai a ridere in faccia mentre entravo e guardavo il solito disordine, mi girai per guardarlo e lui alzò le mani e disse:

-Non guardarmi in quel modo, ho avuto il turno di notte signorina- gli sorrisi e mi misi ad aspettarlo seduta sul divano, tornò pochi minuti dopo anche lui in felpa e jeans.

Per strada camminavamo così attaccati che spesso la gente che incontravamo ci lanciava degli sguardi complici come se fossimo stati una coppia e allora Max, per prendermi in giro, mi prendeva la mano e iniziavamo a correre a perdifiato, facendo slalom tra le persone che in quel momento invece ci maledivano.

Arrivammo davanti al Met ansimando e specchiandomi nelle lenti degli occhiali da sole di Max mi sistemai meglio che potei

-Aspettami qui- gli dissi

-Buona Fortuna Nasty- odiavo quando mi chiamava così ma non avevo tempo per insultarlo così salii di corsa le scalinate e subito mi diressi alla reception dove non c’era nessuno, suonai il campanellino e quasi si materializzò un impiegato basso e impomatato stretto in un completo da sartoria.

-Come posso esserle utile?-

-So che cercate del personale per il Gala di venerdì sera- gli spiegai

-Esatto, ma cerchiamo persone qualificate, dedite al mestiere…-

-La prego- gli dissi scuotendo la testa -mi sto laureando in arte e ho bisogno di questo piccolo impiego-

-ci vediamo al corso domani mattina, puntuale- mi ammonì sistemandosi gli occhiali tartarugati sul ponte del naso -e procurati una camicia bianca, dei pantaloni neri e un papillon- corsi fuori salutandolo allegramente e saltai praticamente in braccio a Max che si sbilanciò pericolosamente.

-Procurami un papillon- gli dissi dandogli una pacca sulla spalla  -e un po’ di buone maniere- aggiunsi ridendo.

-Stasera usciamo a festeggiare- mi propose allontanandosi -sono da te alle dieci e non accetto un no come risposta!-

-Aspetta!- urlai, lui si fermò di scatto.

-Cosa sai di quel Francis, intendo oltre al domicilio e all’aspetto fisico-

-che ha diciannove anni-feci una smorfia di fastidio ma lui si era già allontanato, di nuovo.

 

Poche ore dopo.

La finestra della cucina era decisamente uno specchio migliore di quello del bagno, mi sistemai il vestito nero e i capelli che avevo appoggiato tutti su una spalla, infilai gli stivaletti e mi sedetti con poca eleganza sul divano, quella sera davano la partita di Baseball, giocavano i Mets; Max arrivò puntuale e ingenuamente mi avviai a piedi verso il solito ristorante/bettola ma lui chiamò un taxi che si fermò di colpo davanti a noi, salimmo e partimmo in mezzo al traffico newyorkese.

-Dove stiamo andando Max?-

-Al Paloma- scoppiai a ridere

-Non possiamo permetterci nemmeno di pagare l’ingresso, Max- mi lanciò uno sguardo divertito ma non mi rispose. Le luci del locale iniziarono a vedersi anche a duecento metri di distanza, e dopo cento iniziai ad intravedere la lunga fila, il taxi accostò, litigai con Max per pagare metà tariffa e poi mi lasciai condurre in mezzo alla folla, ma non ci fermammo dietro a tutti gli altri ma continuammo a superare con Max che pareva seguisse qualcuno e in pochi secondi capii tutto. 

I quattro ragazzi del museo ci stavano aspettando accanto al buttafuori, Max li salutò calorosamente io mi limitai ad un cenno con la mano.

-Dai entriamo- disse quello che poi scoprii in seguito chiamarsi Ashton; la guardia, un omone alto e calvo si sistemò l’auricolare e non appena video Francis lo salutò quasi con una riverenza

-Signorino- e si fermò senza dire il nome o il cognome e così entrammo, ma ero l’ultima della fila e il biondo aveva allungato un paio di banconote al buttafuori che non aspettò ad intascare, ci avevano riservato una zona al piano superiore del locale che dava sulla pista con divanetti imbottiti e quant’altro, alcolici compresi.

-Siamo dei maleducati- iniziò Francis -non ci siamo nemmeno presentati alla signorina- poi continuò -io sono Francis, lui è Calum- indicando il moro -lui è Ashton e quello con i capelli sbiaditi è Michael- feci una smorfia di disgusto -il piacere è tutto nostro- terminò con freddezza sfiorandomi la mano, il ragazzo aveva un che di languido che mi disgustava ma anche un che di intrigante che mi faceva nascere in testa migliaia di domande da porgli, ma prima optai per il bagno, i ragazzi scesero con me e raggiunsero la pista dove li persi subito di vista, in bagno incontrai un paio di ragazze che si stavano sistemando il trucco, feci loro un sorrisino di circostanza e mi chiusi nel primo bagno.

“Hai sentito del pargolo di Hemmings?” iniziò una “Pare che stavolta sia stato coinvolto in una truffa d’arte” squittì l’altra “è sempre stato un tipo strano, era alla St.Andrews con mia sorella maggiore, un secchione, con gusti strani, non l’hanno mai visto con una ragazza” ridacchiarono e poi uscirono, uscii anche io mi lavai le mani, mi sistemai il sistemabile e tornai nel caos, nella pista ragazzi e ragazze ballavano a ritmo di una di quelle canzoni che usavano una sola nota per ore, corpi sudati che quasi brillavano sotto le luci strobo e al bancone del bar una folla indistinta di altri corpi si ammassavano, ma riconobbi Francis, o meglio riconobbi la sua giacca in jeans e mi avvicinai.

-un Cosmopolitan- dissi al barman

-Pensavo avessi gusti più raffinati- mi urlò nell’orecchio

-Sui tuoi non ho dubbi- gli risposi, si accigliò ma continuai -per venirti a nascondere in un museo devi essere un personaggio singolare- gli risposi prendendo un sorso dal drink, mi sedetti sullo sgabello e continuai a fissarlo negli occhi; le ragazze che avevo incontrato alla toilet ci fissavano sbalordite in lontananza e ridacchiavano quasi sprezzanti.

-e così te ne intendi di arte- mi domandò

-così dicono- presi a fare piccoli cerchi sul bancone di ceramica

-quadro preferito?- 

-Paesaggio con macchie rosse- mi guardò perplesso

-un amante di Kandinskij, singolare-

-e tu? te ne intendi?-

-Sono nel giro- e poi mi trascinò in pista a ballare, cercai di fargli qualche altra domanda ma lui sembrava non sentirmi mentre si muoveva attorno a me, mi lasciai andare e le prime gocce di sudore iniziarono a bagnarmi la fronte, con una mossa da perfetto uomo dell’alta società mi afferrò il braccio e mi fece volteggiare facendomi finire direttamente attaccata al suo petto e prima di andarsene mi sussurrò

-Il mio quadro preferito è Autoritratto nello studio-

-Dalì- gli risposi prima di perderlo di vista tra la folla.

 

 

Buonasera! Il prossimo capitolo arriverà con un po’ più d ritardo perché comprenderà anche il Met Gala quindi preparatevi; spero comunque che questo vi soddisfi anche se non è lunghissimo ma ho bisogno di farvi conoscere bene i personaggi quindi beh, se ne avete voglia lasciatemi qualche commento così anche da spronarmi ad andare avanti perché come vi ho già detto tengo molto a questa fan fiction.

Un abbraccio, Irene.

P.S spero non ci sia nessun errore e se ne trovate ditemelo o per messaggio o inseritelo in una recensione!

  
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