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Autore: DarkEvilStiles    17/07/2015    0 recensioni
Riccardo è un normalissimo sedicenne con molti amici di cui potersi fidare, una vita movimentata, ma soprattutto una bellissima ragazza: Anastasia. Lei è tutto per lui, ma non si può esattamente dire lo stesso di lei. C'è un segreto del quale il ragazzo non è a conoscenza, un segreto che cambierà totalmente il suo modo di vedere le cose, lo farà entrare in un periodo del tutto nuovo della sua vita e lo porterà a compiere nuove esperienze che prima non avrebbe mai sognato di fare.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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— Ana, no!
La poggiai delicatamente a terra, corsi a prendere il cellulare e, con un po’ di difficoltà dovuta alle mani tremanti, chiamai il 118. Poi, tornai da lei e pregai che non le fosse successo nulla di grave e che quello fosse solo un abbassamento di pressione.
 
Dieci minuti dopo, arrivò il 118. La caricarono immediatamente sull’ambulanza dopo averla controllata per pochi secondi, ed entrai anch’io dentro.
 
Arrivati in ospedale, rimasi in sala d’attesa, nervosissimo. Cosa poteva esserle successo? Perché ci mettevano tanto?
 
Dopo quella che sembrò un’eternità, ma in realtà dovevano essere una trentina di minuti, uscì dalla stanza in cui avevano portato Anastasia in barella una dottoressa, magra, sulla cinquantina, con capelli lunghi e castani, legati. Scattai immediatamente, mi diressi velocemente da lei e domandai: — La prego, può dirmi cos’ha la mia... — esitai per un secondo — ... ragazza?
Mi fissò per qualche istante, poi rispose: — Bisogna avere il consenso dei genitori della ragazza. Mi dispiace. Quando arriveranno saranno informati, poi spetterà a loro decidere se darti la notizia. Sono informazioni cliniche riservate.
— Ma... — Avrei voluto replicare, convincerla, ma venni interrotto da un forte rumore. Mi voltai, e vidi la madre di Anastasia, Stefania, che in quel momento stava azzardando una corsetta nel corridoio, affiancata dal marito.
 
 
 

 
Erano passati dieci giorni dall’inizio della scuola, e la routine era sempre la stessa. Anastasia si era ammorbidita, e iniziavo a pensare che forse era davvero solo stanca. Insomma, tornò più o meno a comportarsi come prima. Qualche sospetto ce l’avevo sempre, ma quando parlavamo di New York sembrava non sentirsi più molto a disagio. Come se non avesse assolutamente nulla da nascondere. Persino quando le facevo domande a trabocchetto, lei ne usciva indenne. Avevamo passato delle belle serate insieme, a coccolarci, a dirci cose carine, a guardare film e cose così. No, niente sesso. Anastasia era una che voleva aspettare e fidarsi ciecamente di qualcuno per poterci fare l’amore, ed era una persona davvero, davvero diffidente, quindi sarebbe passato un altro po’ prima che se ne convincesse. Comunque, io non le facevo pressioni: in fondo, se l’avessimo fatto, sarebbe stata anche per me una prima volta. Ma il desiderio c’era.
Mattia, invece, ci stava provando con una ragazza di primo conosciuta una settimana prima a scuola.
— Amico, è davvero troppo complicata per me! Ma come diamine fai tu a mandare avanti una storia da quasi cinque mesi? Io ci provo con lei da una settimana e ho già fantasie suicide. Secondo te qual è il modo più indolore di farla finita? Tanto non mi si fila nessuna, e questa mi lascerà con le mani in mano, e io farò la figura del pesce lesso!
Scoppiai a ridere e gli diedi un piccolo spintone. — E smettila! Quanti drammi!
— Siamo tutti dei grandi saggi, quando abbiamo una ragazza e non ci preoccupiamo di non essere cagati, eh?
La campanella suonò.
— Ma deve sempre durare così poco la ricreazione?! — esclamò Mattia, e si diresse con me in classe.
Quando entrammo, notai che Anastasia teneva la testa poggiata sul suo banco e tremava.
Mi avvicinai a lei, e le chiesi: — Stai bene?
Lei alzò la testa, strofinò gli occhi e, tra uno sbadiglio e un altro, rispose: — Sì, sono solo un po’ assonnata. Ho dormito molto poco stanotte.
— Ma mi avevi dato la buonanotte alle undici e quaranta dicendo di avere sonno… — replicai, perplesso.
Lei fece un’espressione stupita, come se avesse dimenticato di avermi scritto quel messaggio. Si ricompose subito dopo, e rispose: — Sì, hai ragione, ma alla fine non sono riuscita ad addormentarmi subito. Sono un po’ stressata ultimamente, fatico a dormire.
— Oh... non me ne avevi mai parlato.
— Mi sarà sfuggito. — Sorrise.
Prima che potessi aggiungere altro, entrò la prof e andai a sedermi.
 
Quando uscii da scuola, raggiunsi Anastasia e la baciai intensamente, poi le dissi: — So io come farti passare lo stress. Per domani abbiamo pochi compiti, quindi passa da me e li facciamo assieme. Poi andiamo al cinema, e dopo il film usciamo con Mattia e gli altri. Devi svagarti un po’, e magari stare con più persone potrà aiutarti.
Sorrise debolmente, poi si posò una mano sulla fronte. Il colore del suo viso mutò in bianco cadaverico in pochi istanti. — Senti, Rick, mi piacerebbe, ma... davvero, non sono dell’umore giusto per... — non riuscì a finire la frase, perché non riuscì a tenersi in piedi. La afferrai prima che cadesse.
— Ana, ti senti bene?! — esclamai, preoccupato.
Mattia, a pochi metri da me, stava parlando con Michele, un nostro amico di quarto con cui uscivamo. Aveva i capelli biondissimi e lunghi (per questa ragione portava il codino), che facevano contrasto con gli occhi castano scuro. Indossava una maglia viola a maniche lunghe, jeans e Nike bianche. Quando gridai, si voltarono entrambi e, notate le condizioni di Anastasia, mi aiutarono a reggerla e a portarla fuori dal cancello, sotto gli sguardi di tutta la scuola. Accorse anche la sua migliore amica, Giorgia, che iniziò a dire una decina di Ave Maria, credendo che avessero aiutato a farla riprendere.
— Ma che cazzo, Giorgia, avrà avuto un semplice giramento di testa, ha detto che è stressata in questo periodo! Se fosse in forze credo ti prenderebbe a schiaffi lei per prima, la stai assillando! — Ero incazzato, perché l’idea che ci fosse qualcosa che non mi dicesse si faceva sempre più concreta, per quanto non volessi ammetterlo. C’era per forza qualcosa di più. Sembrava essersi finalmente calmata, ma era tornata stranissima, come il primo giorno di scuola. Giorgia ci rimase male, perciò si zittì.
La casa di Anastasia si trovava vicino la scuola, quindi in pochi minuti eravamo lì. Frugai tra le sue tasche mentre blaterava qualcosa (mi era parso di sentire, tra le tante cose, un “mi dispiace”, ma forse era solo una mia impressione), presi le chiavi e aprii. I genitori non erano in casa, ovviamente: lavoravano entrambi in provincia. La mettemmo subito a sedere sul divano e le demmo un bicchiere d’acqua e zucchero.
— Ti senti meglio? — domandai pochi minuti dopo.
Alzò la testa, mi guardò con gli occhi lucidi e rispose: — Sì, Rick. Non ti preoccupare.
Mi voltai verso gli altri. — Grazie per l’aiuto, ma potreste andarvene? Vorrei restare un po’ da solo con lei, devo parlarle.
Mattia aggrottò la fronte e disse, a bassa voce, “buona fortuna”. Sapeva che avrei iniziato un discorso molto serio con Anastasia, e stavolta non avrebbe potuto evitarmi, perché eravamo solo io e lei, da soli.
Quando la porta di casa si chiuse alle nostre spalle, mi sedetti accanto a lei, che intanto sembrava essersi ripresa abbastanza, ma aveva ancora gli occhi lucidi e tremava. Le presi la mano.
— Anastasia, senti, da quando sei tornata dalla vacanza a New York... sento che c’è qualcosa che non va. Mi eviti, sei strana, tremi di continuo, a volte sei assente, e poi oggi sei quasi svenuta. Non è lo stress. Non ti credo. C’è qualcosa che mi stai nascondendo, Anastasia. E mi piacerebbe sapere... — In quel momento fui interrotto dal suono del campanello. Guardai un’ultima volta Anastasia, sospirai e mi diressi verso il portone.
Quando lo aprii, sgranai gli occhi.
— E tu che cazzo ci fai qui?
  
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