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Autore: M3K1317    19/07/2015    1 recensioni
Questa long-fiction è una versione migliorata di "Inazuma Eleven personalizzato", miglioramento della quale sono grato ad Ale2000.
Anno 2091 - Italia
Tra le tecnologie avanzate e i molteplici cambiamenti avvenuti sino ad ora, un gruppo di ragazzi tenta di creare una nuova potente squadra. Ma un ostacolo è in agguato nell'ombra.
Fra misteriosi personaggi, oscuri segreti e curiose rimembranze del passato, Milo e i suoi amici riusciranno nell'intento?
[Dal capitolo 4]
"Egli rideva in un modo così sguainato che Milo dovette coprire il telefono con una mano, per impedire che il tutto svegliasse i genitori o la sorella. E sopratutto che i suoi poveri timpani si distruggessero.
Dopo la scena a dir poco surreale, il portiere sbottò, mantenendo però un tono di voce basso:
"Ma... Era proprio necessario?".
Dall'altra parte ci fu il silenzio come risposta. Ormai sembrava inevitabile."
Genere: Avventura, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 6
 
Durante i momenti dediti alla presentazione personale, Milo si ritrovò in una copiosa quantità di occasioni, a riflettere sulla scelta che avrebbe preso. In certi momenti si sentiva quasi di poter accettare, ma in altri gli pareva obsoleto e futile anche solo considerare l’ipotesi. Ma questo non era che uno degli innumerevoli pensieri, che attanagliavano la mente del castano. Non venivano certo a mancare riflessioni sugli accadimenti della notte precedente. Cosa potesse intendere l’individuo dall’altra estremità del telefono, non riusciva ad essergli chiaro. Per quanto possa parere paradossale, tali ragionamenti non erano neppure i più impietosi verso la psiche del ragazzo. Il pensiero che maggiormente gravava su di lui, quasi come un macigno che fa spostare le pietre più piccole sottostanti, era Lara. Non gli era chiaro né il come, né il perché, ma si sentiva come spinto, da una flebile voce, che col tempo si stagliava, divenendo sempre più stentorea, a cercarla, come avesse potuto. “Non capisco…” pensava egli “Eppure sento che devo rivederla… Che posso rivederla… Che voglio rivederla…”. Era il suo dolce sorriso che gli si era stampato come con ferro rovente nei pensieri. Non è necessario rammentare al lettore com’egli si ritrovasse timido ed impacciato nel rivolgersi alle persone che non si sentiva ancora di conoscere veramente. Non era nuovo ad invidiare le abilità oratorie dei suoi coetanei, che quale che fosse la conversazione, riuscivano sempre a trovare una frase onde controbattere all’interlocutore. Lui, invece, nell’atto di colloquiare si ritrovava spesso balbuziente ed estremamente timido. “No!” si disse “Questa volta riuscirò a contenere le mie emozioni!”.
Egli era talmente assorto nei propri pensieri e monologhi mentali, da non riuscire nemmeno a comprendere come il suono della campanella avesse appena posto fine alla lezione (se tale poteva essere chiamata un ennesimo dialogo rivolti alla classe, in cui si doveva parlare di sé e dei propri hobby). Il disordine andatosi a formare ridestò Milo dai suoi pensieri e dallo zibaldone di riflessioni incompiute che lo tormentavano.
Fu Volt il primo ad avvicinarsi a lui. Dopo qualche istante di silenzio, parlò. Egli disse: “Ho una semplice domanda per te. Perché hai così tanta paura di deludere le aspettative altrui?”. Il castano si sentì come colpito su un nervo estremamente scoperto. Tentò di rispondere affrettatamente, ma l’altro lo zittì con un gesto della mano, per poi continuare: “Quale che sia il tuo motivo, ascolta: sbagliare è umano. Ma noi cerchiamo sempre di evitarlo, eppure siamo consapevoli che prima o poi cadremo di nuovo in errore. Ciò nonostante cerchiamo di fare in modo che sia più poi che prima. In ogni caso: rifiutare la sfida non è il modo giusto per vincerla. Quel tipo francese che ha provato a conquistare la Russia, ha fallito, ed è divenuto leggenda, se avesse esitato forse avrebbe vissuto più a lungo, ma non sarebbe stato tanto famoso... Ciò che voglio dire è che non potrai sempre fuggire di fronte ad una sfida... Se non accetti mai, non potrai scoprire se eri o meno all'altezza. Se accetti hai la possibilità di farti valere... Anche se fallisci, fin quando sai di aver dato tutto te stesso, non devi avere rimpianti.”. In quella determinata occasione, Volt si era rivelato molto più saggio di quanto Milo si aspettasse, ma i suoi commenti sul “tipo francese” fecero subito tornare sulla terra il suo discorso. “Per cominciare” rispose il castano “Il tipo francese ha un nome: Napoleone Bonaparte.”. L’altro sghignazzò, quasi consapevole che sarebbe stato corretto. “Poi: non ti facevo capace di tali discorsi di incoraggiamento.” continuò il castano. “Vuoi forse dire che sei dei nostri?” domandò Rich, apparso dal nulla. “Non vedo perché no.” rispose il portiere, stupendosi in prima persona della rapidità e della sicurezza con le quali aveva risposto.
Pochi istanti dopo Tundir girava per la classe chiedendo a tutti se volessero entrare a far parte della squadra, che in tale momento necessitava ancora di otto membri per essere ritenuta effettiva. Mentre egli vagava per l’aula, Deception e Hammer parlavano di quali ruoli sarebbe stato necessario coprire con i vari giocatori. Risultò che Volt giocasse da centrocampista e Rich da difensore.
Dopo breve il terzo fece ritorno, e già dal volto era palese come egli non avesse avuto successo. “Solo una persona.” spiegò poi. “Ebbene…” commentò il castano. “Ma mi sono rifiutato.” rispose l’altro. “Stai scherzando?!” chiese con un tono quasi sarcastico il difensore. Per tutta risposta il centrocampista indicò un ragazzo alto e robusto, con un volto quasi sferico e capelli ed occhi neri, aggiungendo: “Voleva essere il capitano.”. Milo stava per porre quale quesito, come mai tale richiesta fosse ritenuta nemmeno papabile, ma Rich fu più celere. Egli disse: “Cristoforo Ventura? Hai fatto bene a rifiutarti, non voglio uno che potrebbe essere alle superiori, come capitano.”. Hammer fece un volto che faceva intendere la sua estraneità a tale conversazione, spingendo Tundir a spiegargli: “Nessuno sa di preciso quante volte sia stato bocciato, ma una cosa è certa: è successo tante volte…”.
La campanella suonante troncò ogni ragionamento del portiere sul nascere.
Seguirono altre tre ore di lezioni, durante le quali, gli avvenimenti degni di nota furono talmente rari, da non venire neppure rammentati all’inizio dell’ora successiva.
Con l’ultimo suono di campanella, indicante la fine delle lezioni per quel dì, Milo pose i suoi oggetti nello zaino, e fece per uscire. Fu, però, prontamente bloccato da Rich, che gli propose di vedersi tutti e tre al parco, per colloquiare circa il loro nuovo progetto. Egli accettò, sciente, però, di dover procrastinare la sua presenza ove stabilito, onde passare per casa ad avvisare i suoi genitori.
Pattuiti il dove ed il quando, il trio si diede appuntamento per un’ora dopo.
Come usciva dall’istituto, Hammer, notò veruno di noto nella folla di studenti che si apprestava ad uscire: Lara.
Le si avvicinò, e dopo i saluti iterativi, Milo accennò al progetto nel quale si era imbarcato. Gli venne, quindi, in mente, di chiedere alla sua amica qualora nella sua classe vi fossero studenti interessati. Lei, dopo averci riflettuto sopra, affermò: “Una persona ci sarebbe…”. Come udì la richiesta di spiegazioni, lei esclamò: “Ce l’hai davanti!”.
 

ANGOLO DELL’AUTORE
Allora… Apro subito dicendo che questo capitolo è pieno di fatti prevedibili. Ci si poteva attendere che Milo accettasse. Forse l’unico accadimento un po’ inatteso è rappresentato dalle riflessioni su Lara. Ringrazio, come al solito, JKEdogawa per la recensione… E comunque, tutti coloro che siano stati tanto masochisti da leggere fin qui…
  
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