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Autore: La sposa di Ade    19/07/2015    2 recensioni
Sentite le urla e i ringhi dei lupi, il padre della fanciulla uscì di casa in tutta fretta; giusto in tempo per vedere il corpo esanime della figlia nascosto sotto la carcassa di un lupo nero, il cui pelo ispido era lucido per il sangue. Nel momento in cui raggiunse la figlia, febbricitante e svenuta, la liberò dal peso della belva e si osservò intorno; altri lupi giacevano morti intorno a loro, con grandi chiazze di sangue che si espandevano velocemente nella neve candida. Intorno solo in candore e la piattezza della neve. Nessuna figura, nessuna impronta forniva il minimo indizio di ciò che era realmente successo, tuttavia l'uomo non ne aveva alcun bisogno per intuirlo.
Nello stringere la figlia tra le braccia e a sentire il battito del suo cuore si trovò a ringraziare sinceramente, per la prima volta, il Patto e la creatura con cui l'avevano stipulato.
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Falena

Dopo i fatti di quella sera Selene aveva capito molte cose; non era stato difficile collegare quella figura oscura alla creatura di cui narravano le leggende. Allo stesso modo, non fu facile spiegare perché si trovasse dentro la sua tenda.
Spesso Selene si ritrovava a pensare alla creatura che aveva ospitato, a ricordarlo come l'aveva visto per la prima volta e alla sua furia, mentre eliminava i cacciatori. Il resto del villaggio aveva parlato animatamente degli ultimi fatti avvenuti, nonostante lui avesse ucciso una famiglia erano tutti concordi nella convinzione che l'avesse fatto per via di un fraintendimento, di certo aveva creduto che fosse stato il villaggio stesso a ingaggiare i cacciatori. Il rancore verso di lui c'era, di certo, ma era maggiore il risentimento che tutti provavano verso i resti dei cacciatori, in fondo erano stati loro a minare l'equilibrio del Patto.
I loro resti erano stati danti in pasto ai lupi. La famiglia uccisa era stata seppellita nel cimitero, con la giusta cerimonia.
Avevano discusso a lungo, lei e Dijkstra. Non fu una discussione animata, anche perché il padre era più triste per la sua malattia che preoccupato per i fatti accaduti. A Selene era bastato rassicurarlo, dopo avergli raccontato tutto, perché lui accettasse le sue motivazioni. In fondo non aveva alcun motivo di cui preoccuparsi; se le storie erano vere, il vampiro non avrebbe arrecato loro alcun danno.
La tubercolosi -la tosse e il sangue- ogni tanto tornava a tormentarla, era passato poco dalla visita e la gravità della malattia sembrava un incubo lontano, si convinceva di poter ancora vivere tranquillamente.
L'unico problema era che il resto della compagnia non sembrava pensarla allo stesso modo.
Adesso nessuno si fidava più di lei.

Villaggio di Kovir, 1411 Febbraio

Lo svegliò uno stillicidio costante, perpetuo, snervante nel suo ripetersi in ogni goccia amplificata e moltiplicata dall'eco che gli ricordava il macabro suono del sangue che gocciolava in una pozza dello stesso.
Spostò lo sguardo alla sua destra, ricordando in quel momento che la sagoma sdraiata sul tavolo una volta era un persona. E che era da lì che proveniva quel suono snervante; la donna era riversa sul tavolo, il il volto girato verso di lui, ma i suoi occhi erano opachi, persi nell'oblio della morte. Il suono proveniva dalla profonda ferita sul suo collo; aveva creato una piccola pozza di sangue sul legno scuro della tavola e ora gocciolava pigramente sul pavimento di marmo, dando vita a quel suono.
Gli ricordò lo stesso suono del suo sangue che gli scivolava addosso, raffreddato dalla neve e dal gelo, lo stesso che lui steso aveva versato, più e più volte. Per rabbia, per vendetta, per dimostrare quanto potesse essere pericoloso un vampiro arrabbiato.
Gli tornò alla mente lo sguardo della ragazza, dell'ultima volta in cui ci erano visti, per la prima volta macchiato di paura, il folle timore di cosa era realmente capace una creatura delle tenebre.
Distolse lo sguardo dal cadavere che giaceva solitario in mezzo alla stanza, passandosi la mano sul petto, lì dove ancora c'erano le fasciature, sotto di esse poteva sentire le ferite in via di guarigione, il profilo frastagliato delle croste di sangue e il lieve dolore che si irradiava pigramente in tutto il torace. Poi ancora sotto, oltre la carne e le ossa, dove un battito stanco e lontano irradiava quel poco di energia che gli serviva per vivere, o per illudersi di farlo.
Perché cos'era l'immortalità realmente? Come può definirsi eterno un essere che non è più in grado di vivere?
Si chiese se lì dentro, da qualche parte, potesse esserci davvero qualcosa da salvare, qualcosa che valesse la pena essere salvato da piccole mani pallide. I ricordi ogni tanto tornavano, illudendolo nel pensiero di poter avere una vita che valesse la pena essere vissuta. Di un'umanità che pareva essere troppo lontana.
Forse la risposta non era neanche troppo difficile, né lontana.
Forse la risposta era appena ai margini del villaggio.
Lei sarebbe potuta essere la sua unica salvezza.
Il vampiro chiuse gli occhi, allontanando la realtà e qualsiasi altro pensiero dal suo isolamento.

Villaggio di Kovir, 1411 Marzo

Sentì bussare con forza al portone principale, quasi sorprendendosi del fatto che al di fuori il mondo sembrasse esistere ancora, e che tutto, in qualche modo, continuasse a funzionare. In fondo nessuno desiderava vedere di cosa era capace un vampiro infuriato, di nuovo.
Si avviò silenziosamente verso l'ingresso, non sorprendendosi di vedere le porte già socchiuse; difficilmente lui le chiudeva a chiave, in fondo non aveva nulla da temere. Ciò che lo stupì fu piuttosto, nel momento in cui aprì, il fatto di vedere un volto conosciuto sulla soglia, più pallido e magro di quanto ricordasse.
La osservò per qualche secondo, chiedendosi se si trattasse di un brutto scherzo o di una visione. Quando lei sorrise timidamente, capì che non si trattava di nessuna delle due ipotesi. Avevano davvero mandato lei.
Logen si spostò appena, quasi restio a farla entrare, un insieme di sentimenti contrastanti si stava agitando dentro di lui, a malapena riuscì a dire il suo nome, che scivolò via dalle sue labbra come un flebile sussurro.

Come vanno le ferite?”

Come vanno le ferite?
Era iniziata così, semplicemente, come se non fossero passati quasi sue mesi dall'ultima volta che l'aveva medicato. Lei ovviamente aveva insistito, nonostante non ce ne fosse alcun bisogno. E lui l'aveva lasciata fare, sorpreso del rendersi conto che quelle attenzioni -umane e leggermente maldestre- gli davano un vago senso di nostalgia.

Perché non me l'hai detto?” La sua mano esile sfiorò timorosa i segni sulla sua pelle, quelli lasciati dalle armi dei cacciatori. Nonostante Selene ricordasse quanto erano brutte quelle ferite quasi non fu sorpresa di avere l'impressione di sfiorare del marmo, liscio e gelido allo stesso modo.
“Non l'hai chiesto.” Rispose lui laconicamente.
“Ti ho chiesto se ne sapevi qualcosa, avresti potuto spiegarmi un minimo questa situazione.” Il vampiro sospirò, catturato dal movimento delle sue mani sulla sua pelle, avvertiva il calore inebriante del suo sangue attraverso il fragile strato di pelle.
“Quindi tu non sai perché sei qui?” La ragazza sollevò lo sguardo, accorgendosi che il vampiro non stava osservando il suo volto, ma le sue mani. Si perse quindi un attimo a studiare il profilo affilato contornato da lunghi capelli neri come la pece e la pelle pallida e perfetta su cui risaltavano gli occhi dai riflessi sanguigni, rendendolo affascinante e misterioso come la notte. Fu vagamente sorpresa del suo cambio d'argomento.
“Non esattamente, perché?” Il vampiro distolse in quel momento lo sguardo dalle sue mani, puntandolo nei suoi occhi di smeraldo, scrutandoli a fondo. “E non cambiare discorso.” Lui ancora non rispose. Quella conversazione si stava rivelando frustrante per la ragazza, non stava ottenendo nessuna risposta, era quasi peggio che parlare con un muro.
Si alzò, offesa dal suo mutismo e fece per alzare la voce, ma quando vide lo sguardo del vampiro -uno strano misto di rabbia e sconforto- la sua voce si affievolì. “Cosa c'è che non so?”
Lui impiegò un po' a rispondere, i suoi occhi vagavano incerti sul suo volto.
“Ti hanno mandato qui a morire.”

Quella fu la prima notte serena di quell'inverno mortale, finalmente Selene riuscì a vedere di nuovo il disegno delle stelle nel manto oscuro della notte. Quella sera sembrava quasi calda, rispetto alle giornate di vento gelido che aveva avvolto quel luogo. Aveva anche aperto la finestra, non aveva resistito all'intenso desiderio di sentire sulla pelle l'addio dell'inverno.
Quindi è così che funziona? Ti mandano una persona di cui nutrirti una volta al mese per evitare che tu stermini il villaggio?” Si sedette sul davanzale, e osservò il vampiro, seduto sul suo personale scranno al centro della stanza. Lui non aveva mai avuto intenzione di ucciderla, e di certo non l'avrebbe fatto ora per assecondare un Patto vecchio di secoli, ci sarebbe stato un modo per permettere a entrambi di vivere, e l'avrebbe trovato.
Lui stesso si era quasi sorpreso di quei pensieri, ma si era convinto del fatto che si trattasse solo di gratitudine. Una sorta di malessere si impossessava di lui al pensiero di uccidere colei che gli aveva salvato la vita.
“Ci teniamo in pugno a vicenda con questo Patto, loro non osano disturbarmi perché sanno che non avrei rimorsi a sterminare il villaggio, ma allo stesso modo non posso muovermi di qui finché non sono loro a rompere il Patto. Sono come incatenato.” Logen guardò fuori, la tenue luce dell'alba si stava lentamente irradiando oltre i Monti Neri, troppo lontano perché gli occhi umani della ragazza potessero ancora coglierlo.“Funziona che ogni mese mandano una persona qui, per me, il minimo indispensabile, in cambio della mia protezione. Credevo l'avessi capito.” Una brezza fredda, forse l'ultima della stagione, si intrufolò dallo spiraglio lasciato dalla finestra socchiusa e si diffuse in tutto il salone, facendo rabbrividire la ragazza. Il vampiro rimase immobile come la statua di un oscuro sovrano.

E se io scappassi?” Il suo sussurro ruppe il silenzio.
“Mi obbligheresti a rompere il Patto. Desideri che io faccia del male alla gente del villaggio?”
Selene rimase in silenzio, capendo che la situazione non le dava alcuna via d'uscita, il vampiro, tuttavia, sembrava tutt'altro che smanioso di nutrirsi di lei.
“Loro mi hanno semplicemente spedito qui, senza spiegazioni, immagino che il capo del villaggio sia stufo di mandare parenti e amici, quindi deve aver essersi approfittato della nostra presenza per non condannare qualche conoscente, a ripensarci la scelta non sarebbe potuta essere diversa, in fondo sono stata io ad averti ospitato e ad aver fatto correre rischi alla famiglia.” Nella sua voce fece capolino un accenno di tristezza, un vago risentimento. Aveva lo sguardo lontano, i suoi occhi andavano oltre la finestra, oltre la neve che si stava sciogliendo e oltre i tronchi contorti, raggiungeva i limiti del villaggio, laddove c'era qualche tenda montata su con rapida esperienza; altri pensieri, più cupi e funesti, stavano attraversando la sua mente.
Ma nel suo sguardo, il vampiro ne fu molto sorpreso, non c'era né rabbia né rancore, solo una profonda tristezza.

Ti penti di quello che hai fatto?” Nonostante gli anni, per lui gli umani rimanevano un mistero, tanto fragili quanto meschini, guidati dai sentimenti più assurdi, prepotenti e distruttivi.
In realtà Selene era consapevole che del fatto che uno dei motivi per cui la stavano lasciando lì era che portarsi in viaggio un malato aggrava solo la sua situazione, lo sapeva benissimo, era già successo. Per questo si era ripromessa di non badarci troppo, per quanto la sua condizione glielo permettesse. Tuttavia rendersi conto che la sua famiglia, la sua vita, quella che era stata la sua realtà, si stava allontanando per sempre, non le facilitava le cose.

Eppure non sembri arrabbiata.” La sua non fu neanche una domanda, lo vedeva bene, che per quanto triste, sulle sue labbra si stava delineando un lievissimo sorriso mesto. Questa volta fu lei a non rispondere. Incorniciata dalla finestra e dal cielo stellato sembrava l'incarnazione della luna, nella sua candida purezza pareva una creatura effimera.
Il vampiro riusciva a vederlo anche a quella distanza; i gitani che si affaccendavano per mettere via le loro cose e ripartire per il villaggio più lontano possibile da Kovir.
Pensò che fosse meglio allontanarsi, lasciando Selene al suo addio personale.
L'alba stava sorgendo, ancora poche ore e il cielo sarebbe esploso di luce, sciogliendo i resti di neve e ricreando un mondo che sarebbe stato del tutto estraneo al vampiro, per questo stava dirigendosi nella zona più interna del suo castello, lasciando che Selene si godesse quei finalmente tiepidi raggi solari.

Venne svegliato da un lievissimo fruscio, dal delicato rumore di piedi nudi sul gelo del marmo, socchiuse gli occhi, sorpreso di vedere la ragazza avvicinarsi a lui con passo abbastanza deciso.
In quel lasso di tempo, mentre i suoi occhi si abituavano alla luce che, ancora forte, filtrava tra un tendaggio e l'altro, riuscì a registrare tutto della figura della ragazza. La cosa che lo colse alla sprovvista fu il tenue ma deciso odore speziato di sangue che sembrava avvolgerla.
Gli rivolse un sorriso timido, i suoi occhi erano lucidi e velati di stanchezza, il volto pareva ancora più pallido del solito.
Selene era certa di essersi ripulita per bene dopo l'accesso di tosse che le aveva fatto sputare altro sangue, eppure lo sguardo penetrante e attento con cui il vampiro seguì i suoi passi le vece capire che lui non aveva bisogno di vedere per avvertire l'aroma di sangue che aleggiava su di lei. Forse coglieva anche l'aura pesante della sua malattia mortale.
Fu forse per quello che accolse tra e braccia la sua debolezza, posandole una mano sulla schiena e accarezzandola, nel tentativo di alleviare il dolore che provava anche solo respirando.
Già allora Logen doveva aver capito che qualcosa non andava, eppure non fece domande. E Selene rimase quasi delusa, avrebbe voluto non iniziare lei quel discorso. Ma a quanto pare il vampiro non era intenzionato ad intromettersi.
Rimase un po' così, con la testa appoggiata al suo ampio torace, duro e immobile come quello di una statua, mentre tentava di raccogliere le parole.
In quel momento di stasi anche Logen tentava di mettere ordine dentro di sé, cercando di decifrare quelle sensazioni che lo tormentavano. Sapeva che legarsi agli umani era un errore, erano noti per la loro fragilità, per la brevità della loro esistenza, eppure, anche ripetendosi che non avrebbe mai funzionato, non riusciva a convincersene, c'era qualcosa, nel profondo, che sembrava in grado di contraddire ogni suo pensiero razionale.

Logen.” Lo chiamò, con un flebile sussurro. Lui rimase in silenzio, in attesa. “Voglio diventare come te.” E al diavolo le spiegazioni, non intendeva rendere la cosa più dolorosa di quanto fosse necessario. Certe cose, certe motivazioni, era meglio non conoscerle.
Il vampiro la allontanò delicatamente da sé per guardarla negli occhi. In quel momento Selene si sentì nuda, come se lui potesse cogliere con quello sguardo indecifrabile la grandissima paura che stava provando dentro di sé.

Non intendo rovinarti.” La sua mano sfiorò la spalla della ragazza, che rimase sorpresa più dalla sua dichiarazione che dal suo gesto, oltre che vagamente delusa.
Ti prego.” Selene sentiva le lacrime spingere per uscire, ma non si sarebbe messa a piangere.
La mano del vampiro si serrò con più forza sul suo braccio, come a rimarcare la sua decisione “No.”

Ma io non sono nulla di speciale, non sono tanto diversa dalla fanciulla che ogni mattina si rovina le mani al torrente per lavare i panni, non sono diversa, e neanche migliore, di qualsiasi altra persona di questo villaggio. Se tu volessi entrare in contatto con loro te ne renderesti conto.” Sorrise appena, consapevole di aver tirato fuori il sorriso falso meno credibile della storia. “Noi umani siamo tutti uguali.”
Non ti priverò dell'unica cosa che ti rende unica e diversa, non ti priverò di ciò che ti rende così bella.” Ignorò completamente le sue suppliche. Rapito dal colorito roseo che si stava diffondendo sulle sue guance.
La sua mano, fredda e dura come marmo si posò sulla sua guancia; il vampiro si beò della sensazione della tenera e calda carne umana, quasi stupendosi delle sensazioni che quella poteva donargli, che insieme al sangue non fossero sazietà e soddisfazione. Ma una lieve sensazione di pace.
“Perché? Io non sarò bella per sempre.”
Lui tentennò, bloccando l verità che premeva per uscire. “Un fiore lo è?” Era la sua stessa fragilità a renderla affascinante, la sua stessa delicatezza a renderla bella, per la prima volta, sulle labbra del vampiro, sembrò abbozzarsi un sorriso.
“Logen.” Fermò la sua mano con tono grave, un silenzio teso si allargò tra di loro, alla fine non aveva potuto fare niente per nasconderglielo. “Io sto morendo.” Il vampiro sollevò lo sguardo, con una sottile malinconia negli occhi. Non c'era sorpresa, disperazione; sapeva che gli esseri umani potevano essere meschini quanto fragili, sapeva benissimo che lei, non essendo immortale come lui, prima o poi sarebbe morta, anche in quel momento stava morendo, e il fatto che anche lei se ne fosse resa conto non faceva che rendere ancora più dolce amaro quel sentimento che stava tentando di conoscere.
“Tutti gli esseri umani muoiono, il tempo uccide. Lo so che stai morendo.” L'ultima frase la disse in un soffio, le loro mani che si stringevano una nell'altra, mentre le pulsazioni di Selene attraversavano il corpo del vampiro, facendogli rievocare i ricordi di una mortalità persa ormai da tempo.
Questo denotava la profonda differenza che c'era tra i due; qualcuno nasce umano, qualcun altro ci mette una vita a diventarlo.
“No.” Logen si bloccò, vagamente sorpreso dal tono duro della fanciulla. “Sono malata, Logen. Per me, il prossimo mese di vita potrebbe essere l'ultimo. È per questo che ti chiedo di rendermi come te.” Il vampiro aveva distolto lo sguardo, i pensieri ora impetuosi che vagavano lontani. “Ti prego, forse sarò io a essere egoista, ma ora sto chiedendo a te di esserlo.” Un moto di emozioni da troppo dimenticate avvolse in una stretta dolorosa il suo cuore; un misto di rabbia e tristezza.
“Impossibile.” Sentiva la disperazione stringergli la gola, perché sapeva di non poter far nulla, e la consapevolezza di stare per perdere l'unica cosa che pareva avergli ridonato un po' di vita lo stava annientando. Come mani artigliate che gli scavavano il volto, il collo, il petto e poi ancora più in profondità, stringevano il cuore e lo ferivano, strappando lembi di carne gelida. Lasciandosi dietro solo le i resti scomposti di un'anima cupa e fragile.

Cosa?” La sua voce sembrò incrinarsi, le sue mani strinsero quelle del vampiro, inerti e gelide.
“Il vampirismo non è una cura; ma una malattia, una maledizione. Non credere che la mia situazione possa giovare in alcun modo a guarirti, o a cambiare le cose.” Ciò che uscì dalle sue labbra fu poco più che un sussurro, tuttavia Selene, nell'immobile silenzio della notte, lo percepì chiaramente, con lo stesso dolore che avrebbe causato una lama affilata infilzata nel petto.
La fanciulla rimase in silenzio a lungo, ascoltando il suo stesso respiro e il battito del suo cuore, come se in quella cupa abitazione si trovasse solo lei stessa. Logen era silenzioso come la notte, ma lei stessa intuiva che dentro di lui si stesse scatenando una tempesta.

Allora questa è la mia ultima richiesta.” Lei stessa fu quasi sorpresa di sentire gocce gelide correrle lungo le goti roventi e che la sua voce non fosse troppo incrinata da rendere incomprensibili le sue parole. “Fa in modo che non sia la malattia ad uccidermi.”
I loro sguardi si incontrarono, complici della stessa disperazione e dello stesso dolore.
Le mani di Logen si strinsero con forza sulle sue in un tacito e doloroso consenso.
C'erano state parole che non era stato in grado di dire, rimbombavano con forza nella sua mente, tentavano di forzare le sbarre che aveva imposto con la ragione e l'orgoglio. Non avrebbe mostrato debolezza, nonostante non potesse sapere che non era di quello che si trattava, bensì di un sentimento molto più profondo, radicale e incontrollabile, che da secoli si era imposto di non provare più.
Non ti priverò dell'unica cosa che ti rende unica e diversa, non ti priverò di ciò che ti rende così bella.
Perché?
Perché sento qualcosa, in questo mio gelido cuore, qualcosa che mi ero ripromesso di non provare più. Tante, troppe volte, le falene si avvicinano alle fiamme... troppo breve è la vita con il suo inganno.

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Eccoci, ci siamo quasi. Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo la storia, spero che continui a piacervi, visto che siamo quasi al finale. 

Prometto che il prossimo capitolo arriverà presto :)


  
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