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Autore: Tayr Seirei    20/07/2015    1 recensioni
Un applauso infinito risuona alla chiamata sul palcoscenico, eppure...
Mezza citazione per presentare quella che, in realtà, è una storia che tratta di melone col prosciutto. E orchi, è una storia che parla di orchi!
E parla di gente che si perde nei boschi e gente che nel bosco ci abita, per la precisione in una casetta col tetto sbilenco. Una casetta che un po' odia e che qualcuno gli ha rubato. Eppure, in quella casetta ha anche qualche ricordo felice. Ma se si vuole tornare indietro bisogna prima andar via, giusto?
Ed è difficile, ma va bene comunque, perché quando lui ne ha bisogno Iwaizumi andrà a prenderlo - ovunque sia.
Poi questa storia parla anche di panini al latte, secchi senza fondo e sarti molto allegri, ma questo lo vedremo piano piano.
Al segnale, il sipario si alza e via, cominciamo!
[Iwaoi + Quel che succede quando si mescolano Cenerentola, la Iwaoi e Haikyuu Quest + Tanti OC random. (No, non è SU Haikyuu Quest, ma ne riprende qualcosina. Alla larga.)]
Genere: Comico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Un buon piano





Iwaizumi si morse un labbro - non con violenza solo perché era il suo, di labbro. Aveva cercato di trattenersi. Ci aveva provato, davvero. E il fatto che la megera fosse ancora viva, vegeta, in buona salute e al momento stesse uscendo in carrozza per andare a far shopping ne era prova lampante.
Ma...
Tirò un pugno contro la parete. ― E no, adesso basta, dannazione!
... a tutto c'era un limite e lui proprio non riusciva a trattenersi più di così.
Si lanciò fuori dalla sua camera e sbatté qualsiasi porta gli si parò davanti; attraversò i corridoi come una furia e scavalcò una finestra cercando di non sradicare la tenda che gli si era impigliata ad un piede. Per poi ritrovarsi nel giardino nemmeno lui sapeva come, ma non era importante il modo - calciò via un vasetto vuoto prima di inciamparci sopra, che gli avrebbe un po' rovinato la foga del momento. L'importante era il perché; Tooru che stava lì, tranquillo tranquillo, tutto preso nella potatura artistica di un cespuglio, e per artistico intendeva che lo aveva tagliato a forma di polpo. Se l'avesse potato lui, furioso com'era, sarebbe venuto fuori un piranha in procinto di sbranare un'incauta nuotatrice.
Magari una signora di mezz'età con dodici collane di dubbio gusto.
La sua distruttiva entrata in scena si guadagnò subito l'attenzione dell'altro, che si volse per dargli un'occhiata interrogativa.
Ascolta. ― sibilò e doveva (ancora) trattenersi per non urlare. ― Credo sia giunta l'ora di farla finita. ― Si avvicinò di un passo, minaccioso. ― A tutto c'è un limite...
Tooru, dal canto suo, fece un passo indietro, giusto per buona norma.
... Okay, forse era tutto un po' fraintendibile, perciò aggiunse subito: ― ... e il mio è stato ampiamente raggiunto e superato dopo aver visto quella vecchiaccia passare tutta la colazione a tirarti contro pop-corn.
E soprattutto, dove cacchiarola li aveva presi, lei, i pop-corn?
― Ah! ― Tooru sospirò di quello che pareva proprio tanto un sospiro di sollievo. ― No, sai, per un attimo ho quasi pensato volessi compiere qualche gesto inconsulto...
― Potrei farlo in seguito, se assistessi ad un'altra scena simile. ― Guardò di lato; la voce era tornata calma, almeno un poco. Non voleva spaventare il ragazzo. Ma si sentiva ancora alquanto irritato. ― Voglio sapere perché ti ostini a restare qui. ― 'Fanculo alla discrezione, c'era momento e momento e quella non era più una situazione in cui ci si potesse concedere il lusso di essere educati o ritrosi. ― Tutto questo non è normale.
Tooru lo guardò, esitante. Poi guardò le cesoie da potatura che aveva ancora in mano.
Si allontanò e le ripose in alto, sul tetto del piccolo capanno degli attrezzi... fuori dalla sua portata...?
Dopodiché tornò esattamente nello stesso punto in cui era prima come se niente fosse, esibendo un'incredibile nonchalance.
Oh, andiamo, se avesse voluto fare del male a qualcuno/cosa si sarebbe portato dietro la sua spada, di sicuro non si sarebbe ridotto a fregargli le cesoie. Ci voleva classe anche in quelle cose.
― Quindi... ― L'espressione più amena che gli avesse mai visto in volto: ― Iwaizumi si preoccupa per me!
Splut.
― Chiunque si preoccuperebbe, a vedere una persona trattata così! ― L'aveva sbottato più che altro per nascondere che gli fosse appena andata di traverso la saliva (lui non si preoccupava.)(Di nessuno.)(Men che meno di quel marmocchio.), ma... non era forse vero?
L'altro sogghignò appena. ― Oh, sì, sì, immagino. Ma... ― E sorrise, un sorriso perfetto senza neanche un'ombra: ― Anche se ti ringrazio tanto, non devi preoccuparti per me. Va bene così.
Ora gli avrebbe tirato un pugno e mandato in frantumi quel sorriso ingannevole - ma chi ingannava? Gli altri? O se stesso?
― Non credo proprio. ― Si sedette di schianto sulla nuda terra, appoggiandosi alla prima fontana che trovò alle sue spalle (?), e indicò accanto a sé con un gesto imperioso. ― Ora ti siedi qui e mi fornisci un più che valido motivo del perché non sei ancora fuggito nel paese più lontano e remoto possibile. O perlomeno non hai cercato di trovare lavoro come servo anche nella città qui accanto.
Tooru socchiuse gli occhi, il sorriso che andava affilandosi e, chissà perché, ora gli risultava molto più credibile: ― E' una sfida, per caso?
Iwaizumi annuì soltanto, in attesa.
E l'altro sbuffò, divertito, portando le mani sui fianchi. "Fin troppo facile", diceva il suo atteggiamento.
Ma quello era tutto da vedere. Se ne sarebbe dovuto uscire con qualcosa di davvero incredibile, per convincerlo che non-
Tobio-chan è mio fratello! ― Buttò fuori l'altro tutto d'un fiato, quasi per migliorare l'effetto sorpresa.
E, in effetti, ci riuscì.
― ... prego?
― Tobio-chan. Il tipo coi capelli nero-blu. E la faccia spaventosa. Io e lui. Siamo fratelli. ― Sospirò ancora, sedendosi finalmente vicino a lui davanti alla fontana. ― So che a vederci non si direbbe, insomma, io sono molto più carino e cordiale, ma...
― ... aspetta solo un attimo. ― Alzò entrambe le mani, che era sicuro di essersi perso un qualche passaggio di fondamentale importanza. ― Se siete fratelli, com'è possibile...
― ... che io lavi i pavimenti e lui sia il rampollo della famiglia, quando tra l'altro sono ovviamente il maggiore? ― Tooru annuì. Era una domanda prevedibile. ― Se ricordi la storiella che ti avevo promesso...
Si fece più vicino a lui... ― Devi sapere che nostra madre è morta molto, molto tempo fa. ― ... E iniziò di colpo a parlare a mezza voce, sebbene il tono fosse molto più coinvolto; era tutta una gran confidenza. ― Non è morta di parto, ma la lasciò così debilitata da morire alcuni mesi dopo. O quantomeno, così ci hanno detto. Mio padre mal sopportava la solitudine e quindi, qualche anno dopo, si sposò di nuovo con una donna nobile... o qualcosa del genere... della capitale...
― Magari una nobile decaduta che sembrava vecchia pure dieci anni fa. E che era già sposata con il signor "soldi". ― Non poté impedirsi di intervenire, ma quasi quasi aveva la scena davanti agli occhi: un povero pirla, la maliarda con un vestito attillato che scopriva gambe sottili come ossi di pollo... e magari un orrendo cappellino ornato di piume viola e nere...
― Come sei perspicace, Iwaizumi! ― Rise Tooru, annuendo di nuovo. ― Sì, è andata proprio così. Mio padre, per quanto gli volessi bene, non era altrettanto perspicace. Abboccò senza problemi. Poi è morto anche lui.
― Tasso di mortalità alto, nella tua famiglia... ― commentò Iwaizumi, con casualità.
― Vero? E sì che mio padre è sempre stato sano come un pesce...
Lui e Tooru si scambiarono un'occhiata.
― ... suvvia ― disse infine il ragazzo. ― Quello, almeno, credo non sia stata colpa sua. O nel caso, non è stata cosa volontaria. Non per altro... ― Alzò gli occhi al cielo: ― Se fosse stata lei ad ordire un piano tanto geniale, se ne sarebbe vantata.
Si ritrovò a concordare. Aveva pure ragione. Il solo passare dieci minuti in compagnia della racchia, lì, avrebbe potuto spingere il malcapitato ad evocare nella sua mente dozzine di epiteti - meritatissimi e poco lusinghieri - con cui definirla. Eppure, fra i tanti di sicuro non figurava un "loscaggine fatta a persona".
― Ad ogni modo, poco dopo il funerale, la signora venne a parlarmi. ― Tornò a narrare Tooru, rapito dalle sue stesse parole. ― Mi spiegò che c'erano ancora tre cose di cui occuparsi. ― Alzò tre dita. ― Me, mio fratello e il nostro patrimonio. Ovvero una cosa che voleva e due che non voleva. Non è difficile indovinare cosa fosse cosa, vero?
... e, d'un tratto, Iwaizumi ebbe l'impressione di aver già capito prima ancora che finisse di raccontare. Avrebbe voluto sperare che fosse solo un suo brutto sospetto, ma aveva la risposta davanti agli occhi. Ce l'aveva avuta per tutto il tempo.
― Voleva i nostri soldi e non voleva occuparsi di due mocciosi. Però... ― Strizzò le palpebre, il viso che si induriva: ― Dato che, come disse lei stessa, quel giorno si sentiva magnanima... mi spiegò che, in effetti, forse qualcosa per mio fratello avrebbe potuto farla; d'altronde era ancora abbastanza piccolo da poterlo crescere come preferiva e un figlio senza la scocciatura del parto e del marito sembrava "un affare da non perdere". Però voleva anche qualcosa in cambio... ― Piccola pausa scenica. ― Non le andava di avere servi veri e propri in casa. Sarebbe stata costretta a pagarli e trattarli bene, poi c'era sempre il rischio di incorrere nei pettegolezzi. Per non parlare dell'assicurazione sanitaria! Io, invece, non avrei potuto toccare l'eredità fino ai miei diciotto anni, quindi...
Iwaizumi si tirò su. Non c'era bisogno di finire la frase. Eppure, in qualche modo, sembrava - sapeva - che l'altro avesse bisogno di andare fino in fondo, perciò non lo fermò.
― ... avrei potuto farlo io. Solo fino ai diciotto anni, ovviamente. Altrimenti, se non ci fossi stato io in giro, chissà che sbadata com'era non potesse capitare qualcosa di strano e altamente pericoloso al mio fratellino, ancora così piccolo...?
Tooru inspirò, lo sguardo perso più avanti, nell'intrico dei rami del cespuglio a forma di polpo. ― Avevo otto anni, mio padre era appena morto e non avevo davvero idea di cosa fare. Ho accettato.
Avrebbe preferito che fosse tutta una sua ipotesi molto fantasiosa, quella. ― ... non avresti potuto chiedere aiuto a qualcuno? Doveva pur avere degli amici o conoscenti, tuo padre. ― Doveva pur esserci...
L'altro scosse il capo. ― Ogni tanto, quand'ero più piccolo, capitava che la signora mi dicesse di stare in camera mia per tutta la giornata, e quasi non mi sembrava vero potermi riposare un po', anche se non potevo nemmeno uscire in giardino. ― Sorrise, ma era un sorriso un po' strano, sbilenco: ― Certo, poi ho scoperto che erano i giorni in cui venivano a trovarci i vecchi amici di famiglia. A quanto pare, ha raccontato a tutti che sono scappato e probabilmente mi hanno mangiato i coccodrilli. Perciò risulto anche io come "morto" da almeno sette anni.
... una scappatoia.
Lo guardò per un lungo momento. ― E tu... ― parlò piano, dando peso ad ogni singola parola: ― Credi davvero che, quando compirai diciotto anni, la megera ti metterà in mano le chiavi di casa, i pochi spiccioli rimasti in banca e ti chiederà scusa per gli ultimi dieci anni di angherie?
Magari adducendo che non c'era da darci peso, in fondo era solo un po' scorbutica, giusto?
Sbagliato.
― No! ― Tooru quasi saltò su: ― ... no. ― Ma si ridiede un contegno subito. ― Ma... farò qualcosa. Non starò qui per sempre, insomma. Devo solo...
Iwaizumi sentì quasi le spalle cedergli, nel rendersi conto di quello che non gli stava dicendo. ― ... Tu non hai tutt'ora idea di cosa fare.
― Ci sto pensando, però!
― Da dieci anni.
― E' una cosa complicata. Sono giustificato. ― S'imbronciò l'altro, piegando le braccia sul petto.
... no, non era una cosa "complicata". Non soltanto, almeno. Era solo che, stando a quelle regole, non c'era proprio nulla che lui potesse fare.
E il fatto che la signora, in quei dieci anni, lo avesse probabilmente traumatizzato più di una volta e ora lo terrorizzasse non era d'aiuto.
Il ragazzo aveva le gambe distese sul terreno, in quel momento; i pantaloni erano pieni di aloni e macchie che stavano lì da chissà quanto, più alcuni piccoli buchi qui e là. Sulle ginocchia, la stoffa era consumata, sul punto di strapparsi. Veniva da chiedersi come facessero a stare ancora insieme.
Il suo sguardo si spinse ancora più in basso, laddove i pantaloni terminavano sui piedi nudi. Aveva schizzi di fango fino alle caviglie, una lunga cicatrice sul dorso del piede sinistro.
D'improvviso, le ginocchia si piegarono buttando le gambe a lato, al di là del suo campo visivo.
L'altro si era accorto di come lo stava studiando.
― ... sono ripetitivo, ma tu non te ne devi preoccupare. ― E sorrideva ancora, ma non ci credeva più nessuno. ― Va tutto bene, va tutto bene... ― ... solo una cantilena fasulla.
Giust'appunto, a tutto c'era un limite.

Quello che c'era da fare era chiaro, ormai.
Rimaneva poco chiaro il come. E, soprattutto, il tempo era quasi scaduto: dopo la loro chiacchierata di quel mattino e il suo successivo giro per il bosco, Iwaizumi si era reso conto di come avesse disorchizzato tutta quell'area. Probabilmente sarebbero ritornati, dopo, ma se ne sarebbe parlato per la primavera successiva. Lui aveva finito il suo lavoro e dunque anche la sua permanenza; Tooru, invece...
Beh, non avrebbe potuto intraprendere una carriera come la sua se non fosse stato bravo anche ad organizzare qualche piccolo escamotage diplomatico. Una soluzione che permettesse ad entrambi di uscirne in piena legalità, per risparmiarsi scocciature anche dopo - e poi aveva una reputazione da "buono", lui. Tipo.
Doveva giusto sperare che l'idea giusta gli venisse entro il mattino successivo.

L'aveva annunciato alla cena di quella sera. "Il mio lavoro qui è concluso; gli orchi non vi daranno più alcun disturbo (per i prossimi nove mesi, dopo non mi assumo alcuna responsabilità)".
La megera aveva applaudito, deliziata - salvo stringere convulsamente una mano sulle sue collane per il resto della serata; perfino Tobio aveva alzato lo sguardo dal suo piatto, con quella che forse era ammirazione. Forse. Ci somigliava, da lontano. Tooru era stato l'unico a non dar nemmeno segno di aver sentito, ma... lo sapeva. Non era forse quello che ascoltava con più attenzione qualsiasi cosa dicesse?
E l'aveva cercato, dopo. Per parlargliene. Eppure non era riuscito a ritrovarlo in cucina, né in giardino, né sulla torretta - dopo quei venti minuti per salirci... - né... da nessuna parte, in effetti.
Stava per arrendersi e tornarsene in camera sua. La giornata era finita, non aveva salutato il ragazzo e nessuna idea geniale si era affacciata sulla sua mente. La situazione all'apparenza non versava proprio bene, ma confidava che la notte avrebbe portato consiglio e- balle, si augurava caldamente solo che dopo una lunga notte di sonno potesse venirgli più ispirazione. (
Insomma, sperava che gli venisse il lampo di genio negli ultimi dieci minuti disponibili, ancora rimbambito dal sonno. La situazione non versava così male, nooo...)
Ma venne fermato pochi passi prima della porta della sua stanza.
― Ehi. ― Abituato com'era alla sua voce squillante, Iwaizumi quasi non lo riconobbe, con quel mezzo tono. Tooru era dall'altra parte del corridoio e stringeva forte i lembi della sua maglia. Che stava anche fissando, all'apparenza interessatissimo.
Aspettò il seguito, non sapendo cosa dire.
― ... perciò domani te ne vai. ― L'altro rialzò la testa ma, per quanto si fosse aspettato di vederlo in lacrime, sembrava la persona più tranquilla del mondo; niente occhi lucidi, un sorriso pacato sulle labbra e parlava con voce bassa, ma non lentamente. Giusto la stretta delle dita sulla stoffa lo tradiva.
― Beh... grazie. Ora non avrò problemi quando andrò a fare la spesa, il melone sarà sempre in salvo...
E tacque, forse non proprio sicuro di come continuare. O forse nemmeno a lui importava un accidente del melone.
Lo sguardo ripiombò giù. ― ... grazie per tutto, direi. E' stato un piacere stare con te. E parlarti. Anche se hai un caratteraccio.
Ammirevole come riuscisse a fargli venir voglia di spaccargli la faccia anche in un momento, in teoria, commuovente.
Però... non sapeva cosa rispondere, come...
― Quando ripasserai da qui... ― Un respiro più profondo degli altri e gli parve che in realtà stesse tirando su col naso di nascosto. ― Ricordati di passare a salutarmi, va bene?
E Tooru tornò a guardarlo per quella che, secondo il copione, sarebbe dovuta essere l'ultima volta.
― Allora... ― Se la luce crepuscolare che regnava nel corridoio non lo ingannava, ora aveva gli occhi lucidi. ― Buonanotte, Iwa-chan!
...
― ...
Cosa.
Cazzo.
Chan.
Chan a chi.
Non era esattamente quello che si aspettava di sentire durante un addio.
Tooru rimase paralizzato per un istante, che si era basito da solo; poi alzò una mano, piano, quasi volesse coprire la bocca... o le guance pallide, che cominciavano ad assumere una decisa sfumatura rossastra... e infine girò i tacchi e gli diede le spalle.
― Sì, insomma, menetornodilà- ― La voce che ora andava facendosi acuta, i pugni stretti lunghi i fianchi. ― Buonanotte!
E fuggì di gran carriera, lasciando Iwaizumi lì, impalato in mezzo al corridoio, ancora incerto di aver sentito bene.
Ma gli pareva proprio di sì.
... seriamente...?
Davvero. Prima fata, ora quello.
Mai persona al mondo era riuscita ad essere più insolente nei suoi confronti - e fuggire tutta d'un pezzo.
Per un qualche assurdo motivo che non avrebbe potuto comprendere neanche con tutto il suo impegno, aveva una mezza voglia di sorridere. Non poteva certo lasciare il ragazzo laggiù, no? Come si sarebbe potuto vendicare, altrimenti?
Sapeva anche come fare; il metodo perfetto, quello a cui nessuno avrebbe potuto dir di no. Gli era balzato in testa d'improvviso. Il tanto atteso lampo di genio dovuto, con buone probabilità, allo shock del momento.
Non temere, non temere. Di questo ne riparliamo poi.
Era proprio il tipo di persona da legarsi le cose al dito, lui.

Iwaizumi precedette la signora nel suo studio; le pareti erano tutte ornate dalla famosa collezione di tappi di sughero incisi, stavolta in bell'ordine alfabetico. Sulla scrivania, una piantina rinsecchita, ma ornata da piume violette appese ai rami - allora c'erano sul serio, le piume. Kami-sama, dammi la forza...
La signora entrò dopo di lui, si richiuse la porta alle spalle e non si mosse più da lì, la mano stretta con forza alla maniglia. Forse voleva costringerlo in quella stanzetta. O forse, più probabile, voleva solo assicurarsi di avere l'unica via di fuga tutta per sé.
Che dilettante. Anche l'enorme finestra sulla parete opposta, affacciata com'era sul giardino, avrebbe costituito un'eccellente via di fuga. Certo, avrebbe implicato buttarla giù con un gran fracasso di vetri infranti, ma...
E poi, quante storie. Erano lì per concludere il loro affare. Aveva tutto il diritto di reclamare la giusta ricompensa per il suo onesto lavoro.
Quasi gli scappò un minuscolo sorriso, che dissimulò in un colpetto di tosse, guardando a lato. Neanche lui credeva a quel che pensava di proporle...
― Dunque, giovanotto... ― esordì lei, senza nemmeno un tremolio nella voce, sebbene le nocche della mano aggrappata alla maniglia fossero sbiancate: ― Quanto le devo, per i suoi puntuali servigi?
Oh, sì. Davvero, si stava sbigottendo da solo. Da quando era diventato così buono? Era sicuro di aver sempre e solo fatto finta.
Lasciò vagare lo sguardo lontano... non così tanto, oltre la scrivania, oltre i vetri della finestra tanto lucidi da potercisi specchiare... ecco, il giardino con le sue piante perfettamente curate, i suoi cespugli potati a mo' di creature marine, il muschio di un bel verde cupo in piena fioritura.
Tooru passò di lì proprio in quel momento, affaccendato come sempre, una grossa bacinella piena di panni lavati fra le braccia.
― Ho scelto il mio pagamento. ― E alzò il braccio, indicando il ragazzo che passava di lì per caso.
Quello, neanche avesse potuto sentirlo, si fermò, voltandosi con aria perplessa. Eh?, aveva scritto in fronte.
O, piuttosto, doveva aver sentito i loro sguardi di fuoco appuntarsi su di lui.

Poco dopo, trascinava via Tooru tirandolo per il polso; non stringeva, ma non l'avrebbe neanche lasciato andare. E ignorava tutte le sue proteste, lo strepitare e i calci sugli stinchi - finché non gli avesse lanciato contro un melone, sarebbe andato tutto bene. E nel qual caso, avrebbe dovuto assicurarsi di stenderlo, perché se si fosse rialzato avrebbe passato cinque brutti minuti. Parlava del ragazzo, non del melone.
Il suo cavallo li stava aspettando al limitare del bosco; straordinario come sempre, era bastato un fischio per farlo arrivare al galoppo. Inequivocabile l'occhiata seccata lanciatagli al vedere il nuovo ospite che aveva portato con sé. Quel cavallo era un gran compagno di venture, l'unico che davvero lo capiva... (?)
― Iwaizumi! Cosa credi di fare?! ― Protestò ancora Tooru quando lo lasciò andare, ormai di fronte al cavallo. Ritirò il braccio, massaggiando il polso con aria indignata.
Che attore...
― Ti avevo detto di non preoccuparti. Ti avevo detto che non...
Iwaizumi mise un piede sulla staffa e poi montò in sella, auto-approvando come fossero stati tutti gesti fluidi nonostante la mancata pratica dell'ultima settimana. Lo guardò dall'alto, mantenendo una faccia neutra. ― Non puoi fare niente. E lo sai anche tu. ― Parole dure, ma era l'ora di fargliele entrare in testa. Anche con la violenza.
― ... io non me ne posso andare... ― Quelle proteste erano diventate lamenti. Iwaizumi vedeva l'esitazione sul suo volto. E la paura, sottile, che non riusciva a lasciarsi alle spalle.
― E se... me ne andassi e poi non potessi più tornare...? ― Un pigolio atterrito.
Respirò. Si prese un attimo prima di rispondergli. Capiva - alla larga - come doveva sentirsi l'altro. Ma di una cosa era sicuro: non poteva continuare in quel modo. C'era tanto da dire e lui, con la sua impulsività/impietosità, non era la persona più tagliata per rassicurare un bambino spaurito.
... Ci poteva provare, però.
― ... Tooru. ― Non lo chiamava quasi mai per nome e solo allora gli venne da chiedersi perché. ― Adesso, così, non potresti fare niente. Comunque la vuoi mettere, è una battaglia persa in partenza. Puoi solo riposare... ― Si chinò, abbassando anche la voce. ― ... e ricominciare da capo. Un'altra partita, e se vorrai stavolta avrai dell'aiuto. ― Non era necessario specificare da parte di chi. D'altronde, a quel punto era diventata quasi una faccenda personale. E tutto per del melone col prosciutto. ― Perciò...
Qualche secondo di silenzio.
L'altro girò la testa di scatto, improvvisamente imbronciato. ― ... non pensare neanche per un attimo che ti farò da servetto.
― L'hai fatto per dieci anni a quella befana. ― Replicò Iwaizumi, senza scomporsi.
― ... quella non era proprio la stessa cosa...
Iwaizumi si tirò su, mettendo una mano su un fianco. ― Ma non ho mai pensato niente del genere. Comunque, la scelta è tua. Giusto per evitare ti venga qualche crisi mistica in futuro, ci tengo a specificare che io come pagamento ho richiesto che ti lasciasse andare, non te. ― Inspirò. ― Sei libero, ora. Puoi fare quello che preferisci.
E Tooru lo guardò per qualche istante, con un'espressione indecifrabile...
― ... sai ― Alla fine, sorrise ancora, per quanto fosse un sorriso molto abbozzato: ― Io avrei solo voluto sistemare le cose, nient'altro. La mia casa, mio fratello...
― Come ho detto, la scelta è tua. ― Anche Iwaizumi guardò la casetta oltre il recinto. A pensarci, sembrava impossibile potersi affezionare ai suoi tetti storpi, le finestre messe a caso e le porte che a volte si incastravano, tenendo i presenti in ostaggio. Ah, quella d'ingresso bisognava prenderla a spallate, per chiuderla del tutto. Eppure...
... perfino qui deve avere avuto qualche ricordo felice, allora?
Se era ciò che desiderava, avrebbe potuto aiutarlo.
Ma avrebbe avuto bisogno di una pausa, prima. E di un... riassetto. Anche i guerrieri più temprati si prendevano tutto il tempo necessario, prima delle battaglie peggiori - almeno, lui lo faceva, e lui era una persona intelligente.
― Puoi restare qui e aspettare che il già alto tasso di mortalità della tua famiglia si alzi ancora. ― Perché era abbastanza sicuro che la megera non l'avrebbe lasciato arrivare così serenamente ai suoi diciotto anni. ― Oppure puoi provare a vivere nel bosco e aspettare il ritorno degli orchi. O, ancora, potresti fuggire lontano, lontano, tentare la fortuna altrove. Altrimenti... ― Gli tese la mano. ― Puoi venire con me. E prepararti. Dopo, potrai fare qualunque cosa.
Il ragazzo diede ancora un'occhiata alla sua casa. Provando ad immaginarla con i suoi occhi, alla fin fine, non pareva nemmeno così storpia.
... e poi, Tooru si voltò di colpo e afferrò la sua mano con una grinta che non si aspettava. ― E sia. Vengo con te!
... forse ora avrebbe potuto lasciarlo andare quel sorrisino, eh?
Dopodiché rimasero così per qualche secondo, lui in sella e Tooru lì davanti, le mani strette.
― ... stiamo aspettando qualcosa? ― Si informò, giusto per.
― Sì, che mi spieghi cosa devo fare. ― Rise appena l'altro. Si grattò il naso con fare di scuse. ― Non sono mai andato a cavallo!
Ah, giusto.
Ci sarebbero state tante, tante cose da spiegargli. E insegnargli.
Si prospettava una faccenda lunga.
Ma non così male, in fondo.


― A proposito... come mi hai chiamato, ieri notte?
― Iwa... Iwa.
― No, non è vero.
― ... L'abitudine con Tobio-chan...
― Sì, certo. Intendi continuare?
― Beh, se a te non dà fastidio...
Pausa che fu impiegata per pensare se sguainare la spada o
se buttarlo direttamente giù da cavallo.
― Oh, quindi non ti dà fastidio? Okay, allora vada per Iwa-chan!
― Non è quello che ho detto!








TANTI AUGURI
TANTI AUGURI
TANTI AUGURI A TOORU \*A*/
^ Come qualcuno potrà sagacemente intuire, è un pochino su di giri perché oggi è una giornata beeellissima!
Sì, insomma, oggi è il compleanno di Tooru e il mondo è un posto migliore; poi, sapete una cosa?
Dopodomani è anche il mio compleanno. La coincidenza mi procura un'insana gioia *A*
Per festeggiare, ecco l'aggiornamento!
... che era pure l'ultimo capitolo già pronto, coff. Spero, spero, spero tanto si non cominciare a tardare con questa. Ma voglio impegnarmi, anzi, preferirei aggiornarla un po' prima e___e (Che, oddio, nel prossimo capitolo ci sono cose molto carine e molto simpatiche e confido mi spingeranno a scriverlo il prima possibile.)
Trovo il capitolo attuale particolarmente adatto ai festeggiamenti in quanto accade una bella cosa; il piccolo (?) può andarsene da quel posto orribile - anche se, si è capito, a lui non sembra proprio così orribile. Ci fosse giusto un inquilino di meno...
Perciò, sì, ora si trasferirà in tutta allegria a casa di Iwa-chan e seguiranno le loro magiche avventure. No, Tobio-chan non sparirà, anzi. Magari è la volta buona che viene fuori dalla caverna anche lui. à.à
Ah, sì: colpone di scena, sono fratelli. Ovvio. Di mio (in quanto sorella maggiore di fratello che odio di purissimo odio tsundere) ho sempre trovato che Tooru e Tobio-chan si comportassero come due fratellini imbecilli, quindi... *Questa storia ne sarà la dimostrazione perfetta* Sì, poi specificherò anche come fanno di cognome, ma essendo io dovrebbe essere perfino... scontato lol. Però c'è una spiegazione, lo giuro!
Mi dicono dalla regia che il tutto diventa sempre più gaio, e vabbé. Sono pucci *A*/
Oh, dal prossimo finalmente ci sarà anche il punto di vista di Tooru - anche per il bene della mia sanità mentale, non posso farmi tutta la fic nella testa di Iwa. Non oso (?) immaginare cosa arriverà a pensare in seguito, che sarà così stimolato. Anyway.
Altro da dire...? Uh... no, non mi pare. Vado a scolarmi quei due-tre litri di tè freddo celebrativi.
Bye bye chu! ☆



Note
- In Giappone si diventa maggiorenni a vent'anni, tuttavia nella storia non volevo sfasare troppo le loro età, quindi andiamo per i classici diciotto à_à
- Sì, siete autorizzati ad immaginarvi la megera come Izma delle Follie dell'Imperatore. Tuttavia, io me la figuro più come la versione vecchia e racchia della matrigna nel live action di Cenerentola di quest'anno ♡ (A proposito, che film puccino!)
  
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