Proiettili
di Ghiaccio
- 27 -
Bruce riunì il resto della squadra
nella sala di comando.
- Hal e Luke sono partiti.
- Come partiti? Dove sono andati? -
Chiese Felicity, sconcertata.
- A Metropolis.
Lì c’è Cindy e il Trentatré punto uno.
- Trentatré punto
uno? - Chiese Diggle.
- Che ci fa lì Cindy? - Domandò a sua
volta Roy.
- Il Trentatré punto uno è il
laboratorio principale delle attività dei Luthor.
Cindy è andata a Metropolis per sabotare i loro
piani. Dalle informazioni che hanno raccolto Clark e Chloe sembra che tutto sia
partito da lì. Luke ne è la prova. - Spiegò Bruce seguito da un lungo silenzio.
- Agiremo in sincronia. Attaccheremo nello stesso momento, e metteremo fine a questo
scempio. Al lavoro. Il tempo a nostra disposizione è quasi terminato.
Ognuno andò alla propria postazione per
definire gli ultimi dettagli. La sera calò velocemente e li
trovò ancora immersi nei loro compiti.
Felicity si appoggiò allo schienale
della sedia, stanca. Si portò una mano alla tempia e iniziò a massaggiarla
lentamente. Tutto quel lavoro celebrare la stava mettendo a dura prova.
- Stai bene? - Chiese gentilmente
Roy, scivolando con la sedia accanto a lei.
- Solo stanchezza.
- Sei preoccupata?
Felicity si voltò verso di lui. -
Come tutti. Dividermi non mi è mai piaciuto, ma so che con Luke c’è Hal e
questo mi fa stare più tranquilla.
- Come ti capisco.
Lei gli
sorrise e gli appoggiò una mano sul braccio. - Andrà bene, e presto saremo di
nuovo tutti insieme.
Oliver si avvicinò ai due. Aveva
appena finito di allenarsi con Diggle in un combattimento a corpo libero.
Felicity scivolò con gli occhi sul suo petto sudato. Si morse il labbro mentre veniva sommersa dalle immagini della nottata infuocata appena
trascorsa.
- Roy, - Chiamò severo Oliver. -
Muoviti, Bruce ti sta aspettando, dovete perfezionare la tattica che abbiamo
progettato.
- Ma io… -
Roy tentò di protestare, ma l’occhiata severa di Oliver lo fece desistere.
- Oliver… - Felicity cercò di intercedere.
- Dobbiamo essere preparati, Felicity,
non sappiamo che cosa ci aspetta domani sera.
- Un po’ di riposo non ha mai fatto
male a nessuno. - Provò ancora. Diggle e Bruce nel frattempo si erano
avvicinati a loro. In cambio Oliver le regalò una delle sue occhiate serie.
- Perché non la smetti di comportarti
da despota e non mi baci… no! Volevo dire perché non mi dai retta? - Felicity
scattò in piedi e chiuse brevemente gli occhi, passandosi una mano sul viso e
le luci della sala iniziarono a lampeggiare facendo risaltare il suo disagio. -
Dio... - Con un gesto della mano fermò il sfarfallio
dell'illuminazione. Con lo sguardo scivolò un'altra volta su Oliver. Inspirò
profondamente. - Perché non indossi una maglietta... che prendi freddo! - Si
affrettò a specificare. Fece qualche passo indietro. - Ma
guarda... Alfred mi sta cercando. Vado da lui. - Corse via lasciando i presenti
di stucco.
Felicity entrò nel laboratorio
proprio quando il Dottor Wolfar stava scagliando a terra l'intera ricerca a
fronte dell'ennesimo esito negativo per l'antidoto.
- Andrew, - Si avvicinò piano.
Lui si scostò con rabbia. Si appoggiò
pesantemente al tavolo, con i pugni serrati e gli occhi chiusi. - Ho fallito...
ancora. - Colpì con forza il legno con il pugno.
- Ce la farai, ne sono più che
sicura.
L'uomo la guardò brevemente e poi
senza badarle prese a raccogliere i fogli da terra. - Hai troppo fiducia nelle
mie capacità. Ti deluderò... un'altra volta.
- Tu non mi hai mai deluso! -
Felicity si inginocchiò a terra di fronte a lui e gli
prese il volto tra le mani. - Beh, mi hai nascosto la verità per non so quanto
tempo e mi hai allontanato da Oliver... - Felicity strizzò gli occhi. - Mi hai
salvato la vita.
- Non è vero! Io non ti ho salvato.
Non sono stato in grado di trovare la cura e ho dovuto
scendere a compromessi con Braniac. - Abbassò il
capo, colpevole.
Felicity sorrise mestamente. - Mi hai
donato una nuova vita, ancora più bella di quella che avevo. La tua scelta è
stata giusta, il modo no, dovevi dirmi tutta la verità…
- Scosse la testa per non ricadere nello stesso errore. Gli
sollevò il capo in modo che potesse guardarlo negli occhi. - Mi hai salvato.
Senza di te non sarei qui, non potrei aiutare a cambiare il mondo, mi hai solo
aiutato a trovare la vera me stessa. Mi hai completato.
Andrew la guardò a lungo senza dire
niente. Felicity sorrise dolce e d'istinto
l'abbracciò.
- Ho piena fiducia in te, sono sicura
che riuscirai a trovare l'antidoto.
Lui la strinse a sé, confortato dalle
sue parole.
- Hai salvato la mia vita, salverai anche quelle delle altre persone.
L’uomo rimase sull’uscio a osservare
quell’abbraccio. Stava per fare un passo per interrompere quell’intimità
fastidiosa, ma desistette. Se ne andò in silenzio come
era arrivato, immerso nei suoi pensieri.
Felicity si era sentita impotente nel
vedere Andrew così sfiduciato. Aveva avvertito tutta la sua frustrazione per
l’ennesimo fallimento.
Si fermò un attimo e si appoggiò alla
porta. Era stanca, tutto quel super lavoro e la tensione che aleggiava sull’intera
squadra erano difficili da sostenere.
Ad un tratto la porta si aprì: Felicity
venne acciuffata per un braccio e tirata dentro la stanza. Non ebbe neanche il
tempo di capire che cosa stesse accadendo che delle labbra calde e morbide si
appoggiarono sulle sue. Cercò di fare resistenza, ma poi quando riconobbe
l’impronta particolare del bacio, si lasciò andare e si fece travolgere dalla
sua intensità.
Si staccò dopo un paio di secondi,
senza fiato, tutta scombussolata.
- Wow. - Esclamò estasiata. Con uno
schiocco di dita accese la luce e incontrò lo sguardo divertito di Oliver.
- Questa imboscata sta per… - Lo invitò a proseguire con la mano mentre cercava di
ritrovare un po’ di lucidità.
Oliver si avvicinò a lei e le
circondò la vita stringendola a sé. - Non me l’hai ordinato tu di baciarti? -
Ghignò divertito.
Felicity rimase senza parole, sgranò
gli occhi per la sorpresa ma poi sorrise compiaciuta. Gli
circondò il collo con le braccia, intrecciando le dita sulla sua nuca.
- Da quando esegui i miei ordini?
- Da quando sono così stuzzicanti. -
Oliver la baciò brevemente. - E poi...
- Poi... - Felicity avvicinò il viso
al suo.
- Come promemoria.
- Promemoria?
- Felicity... - Oliver lasciò la
frase in sospeso e rimase a guardarla negli occhi.
- Oliver.
- Quando tutto sarà finito, dobbiamo
parlare.
- Parlare di cosa? - Chiese Felicity,
confusa.
Oliver la baciò brevemente, prima
sulla bocca e poi sulla fronte. Si staccò da lei, facendo scivolare le mani
sulle sue braccia e facendo intrecciare le loro dita.
- Quando tutto sarà finito,
parleremo. Ora, concentriamoci sulla missione.
- Ma...
Oliver non aggiunse altro e aprì la
porta. Stava per andarsene ma ritornò sui suoi passi.
- Ah, Felicity... la prossima volta,
cerca di consolare Andrew con meno enfasi, ok? Non è più un bambino, credo che
possa incassare un fallimento. - Le fece l'occhiolino e uscì dalla stanza.
Dopo un attimo di smarrimento,
Felicity sorrise e sussurrò alla porta chiusa: gelosone.
- Siamo in posizione. - Confermò
Arrow a Batman. Il tempo per agire era arrivato.
- Ok, gli accessi sono sbloccati. Che
inizino le danze! - Decretò Felicity con troppa euforia, guadagnandosi
un'occhiataccia da parte di Oliver. - Possiamo entrare. - Terminò più seria.
Stava per varcare la porta quando lui
la bloccò per il braccio. - Stai attenta.
Felicity l’osservò per un lungo
istante negli occhi. Sospirò, abbassando leggermente il capo e dopo un attimo
ritornò da lui. - Anche tu.
- Se avete finito voi due, avremo una
missione da portare avanti. - S’intromise Andrew, sorpassandoli. - Rispettiamo
il piano: a me il laboratorio, Felicity computer centrale e ad Arrow i
sotterranei.
- Grazie per il promemoria. - Tagliò
corto Oliver, infastidito.
Felicity sorrise appena, sollevò le
spalle non sapendo bene cosa dire e poco dopo si apprestò a seguire Andrew.
- Andrew, creerò un labirinto
virtuale, così potrai analizzare i dati senza che
qualcuno possa scovarti.
- Non sarà troppo lavoro per te? -
Obiettò lui, preoccupato.
- Che cosa vuoi che sia? Per Black
Queen è uno scherzo tenere sotto controllo i suoi eroi, realizzare diversivi e
mettere nel frattempo fuori gioco il sistema operativo del laboratorio. La smetterò primo o poi di parlare di me in terza persona? -
Domandò perplessa.
Andrew le afferrò la mano. - Non
abusare del tuo potere, sappiamo bene entrambi come andrà a finire.
- In queste settimane sia Arrow sia
Batman mi hanno allenato per spingere al massimo il
mio potere, sarà un gioco da ragazzi!
L’uomo sospirò contro la
cocciutaggine della donna. - Promettimi solo che al primo cedimento smetterai,
va bene?
- Non succederà. - Confermò risoluta.
Si fermò un attimo ad ascoltare la voce di Oliver. - Dammi un minuto e sono in
posizione.
Felicity entrò nella stanza. Rimase
ferma sull’uscio, impressionata dalla mole di computer che si era ritrovata
davanti.
- Vieni, piccolino, fatti coccolare,
è arrivata mamma.
Si accomodò in poltrona, inspirò a
fondo per trovare la giusta concentrazione.
- Ora vediamo che combina la squadra.
- Appoggiò le mani sulla console e s’intrufolò nell’intera rete, intercettando
i segnali di Arrow e Batman. - Tre, due, uno… balliamo!
Le luci si attivarono, l’allarme
prese a suonare e in un attimo il caos s’impadronì dell’intero stabile.
- Esplosivi sistemati. - Confermarono
Arrow e Batman quasi nello stesso istante.
- Ok, ci ritroviamo al punto di rendez vous come concordato.
Felicity continuò ad analizzare i
vari ambienti per accertarsi che non ci fosse più nessuno, senza perdere di
vista l'uscita di Arrow e Batman.
- Dottore, ti concedo dieci minuti e
poi ti voglio fuori di qui. Sei senza protezione, fai presto!
Al “roger”
di Andrew, Felicity sorrise, divertita. Stava per avviare l’innesco delle bombe
quando intercettò un debole segnale.
- Ma… -
Digitò diversi comandi sulla tastiera, seguendo quel bip misterioso. Avviò le
telecamere e sgranò gli occhi, quando vide l’immagine di Flash intrappolato
nella gabbia che correva a tutta velocità. - Oh mio dio. - Si portò le mani
alla bocca, spaventata. - Barry!
Arrow era quello più vicino, lo intercettò e lo guidò da lui.
- Ehi, amico! - Flash salutò Arrow,
ansimando. - È bello rivederti! Sei venuto alla festa? Scusa se non ti do la
mano, ma al momento sono impegnato con altro.
- Barry, non è il momento di fare del
sarcasmo. - Intervenne Felicity, comparendo sul monitor del laboratorio.
- E addio alla mia identità segreta…
- Ragazzi, - Oliver li interruppe. -
A dopo i convenevoli. - Black Queen, che cosa mi puoi dire sulla gabbia?
- Il pavimento della cella è
ricoperto da lastre sensibili alla pressione, che rilevano i movimenti. Se si
ferma per più di un millesimo di secondo, si genererà una scossa elettrica che
lo ucciderà all’istante! Dannazione! Accadrebbe lo stesso, anche se provassi a
sbloccare le porte.
- Intervengo io da qui. Dove sono i
comandi della gabbia?
- Di fronte a te c’è la scatola, il
rilevatore centrale è in alto sulla sinistra. Per impedire che Barry si faccia
del male, dovresti infrangere la gabbia e distruggere il generatore nello
stesso momento. È impossibile!
- Flash, tieniti pronto. - Ordinò
Oliver, non ascoltando le obiezioni di Felicity. - Quando questa freccia
colpirà la lastra della gabbia, creerà un campo di forza per pochi secondi, in
quell’attimo dovrai tirartene fuori. Mentre questa… - Inforcò una seconda
freccia. - Colpirà l’interruttore generale.
- Così facendo innescherai
una reazione a catena e si attiveranno le bombe! - Avvisò Felicity,
preoccupata.
- Mi fido di te, Black Queen. - Le
rivolse un tenero sguardo. - Ci rivediamo al rendez vous come concordato. - Terminò con il suo tono risoluto.
Oliver si concentrò sul tiro. Inspirò
a fondo, in sincronia col battito del suo cuore lanciò entrambe le frecce.
L’onda d’urto che si generò lo
scaraventò contro la parete.
- Che botto! Amico, stai bene? -
Chiese Flash, stordito, aiutando l’uomo ad alzarsi.
- Porta fuori di qua Felicity.
- Ma…
- Vai!
- Torna intero, siamo intesi? - Gli
porse la mano.
- Stanne certo. - Gliela strinse a
sua volta, sorridendo.
- Dottore, ha finito? - Domandò
Batman.
- Sì, ci sono quasi. L’ultimo
risultato e possiamo andare.
- Non credo proprio, non vi muovete
di qua. - L’uomo e i suoi sottoposti gli puntarono addosso le
armi, tenendoli sotto tiro.
Batman si guardò intorno con calma
cercando una via di fuga.
- Guarda un po’,
il pipistrello in gabbia. - La voce maliziosa e irriverente di Cat li sorprese alle spalle. Schioccò la sua frusta. -
Credo che qualcuno abbia bisogno di aiuto.
- Vai! - Ordinò Batman al Dottor
Wolfar.
- Ma... -
Andrew tentò di opporsi ma l’occhiata truce che gli rivolse lo convinse all’istante
a rispettare il piano.
- Prima le signore. - Concesse
Batman.
- Non credo proprio! - La raffica di
proiettili si abbatté su di loro.
I due, muovendosi in sincronia,
misero fuori gioco gli uomini.
Cat diede l’ultimo calcio, mettendo fine
a quel caos, e si alzò in piedi, in tutta la sua eleganza felina. Intercettò lo
sguardo fiero di Batman e si immerse in quel buio
profondo che erano i suoi occhi.
- A volte riusciamo anche a
collaborare.
Non ebbe neanche il tempo di
terminare la frase che Batman si gettò su di lei per proteggerla, mentre uno
delle sue bat-lance andò a colpire in pieno petto
l’uomo comparso alle sue spalle.
- Stai bene? - Chiese Batman
preoccupato, non lasciando mai i suoi occhi.
Un sorriso dolce comparve sul viso
della donna. - Potrai far credere al mondo di essere l’uomo più freddo e duro
che esiste ma non potrai mai nascondermi i sentimenti che agitano il tuo cuore.
- Appoggiò le mani sul suo viso e lo trascinò verso di
sé, e senza neanche dargli il tempo di pensare, lo baciò.
L’innescarsi delle esplosioni li risvegliò da quel magico momento.
- Dobbiamo andare.
- Dove crede di andare con quella
valigetta? - La voce inflessibile dell’uomo gli gelò
il sangue nelle vene. Andrew si bloccò all’istante. - Si volti, lentamente. -
Lui eseguì all’istante quando avvertì il suono del colpo che andava in canna.
- Lex Luthor. - Andrew pronunciò quel nome, serio, senza
sorprendersi di trovarselo davanti.
- Dottore, è un illuso se credeva di
poter scappare con gli esiti delle analisi sulla sostanza che stiamo
producendo. Faccia scivolare la valigetta verso di me!
Andrew lentamente si abbassò e a
malincuore gliela lanciò.
- Grazie, Dottore. Ora non mi serve
più. - Lex puntò la pistola, e senza neanche un
briciolo di esitazione sparò.
- Fermo! - Arrow bloccò la corsa
dell’uomo. - Molla la valigetta, Luthor!
- Ma guarda
chi si vede. Dovevo aspettarmelo che dietro a tutto questo c’era il tuo zampino,
Arrow.
L’uomo puntò la freccia verso di lui.
- Dammi la valigetta.
- Va’
all’inferno! - Gliela lanciò contro.
E nello stesso istante Arrow scagliò
la freccia, che sfiorò la guancia di Lex e si
conficcò dentro al tubo di gas. - Dopo di te!
I due si guardarono in cagnesco per
un istante.
- Se fossi in te
non perderei altro tempo.
- Che vuoi dire?
- Fai la tua scelta, Arrow. Me o la vita del Dottor Wolfar. L’ultima volta che ci siamo
incrociati non aveva una bella cera.
- Sei un bastardo, Luthor! Ti verrò a cercare e
quando finalmente ti ritroverò, sarò il tuo incubo peggiore. - Arrow senza
aggiungere altro si voltò e corse via, accompagnato dalla risata sadica di Lex.
- Black Queen! - Chiamò Oliver ma non
ricevette risposta. - Black Queen! - Niente. - Felicity! - Urlò il suo nome
esasperato. - Cosa significa che sei leggermente
indaffarata? - La donna iniziò a straparlare come il suo solito per spiegare la
situazione che stava affrontando. - Andrew. - Bastò che Oliver pronunciasse
quel nome per far capire la gravità della situazione. - Secondo sotterraneo,
ricevuto.
- Maledizione! Il materiale di questa
stanza è troppo resistente, non riesco a sbloccare i livelli di protezione. -
Felicity si avvicinò al computer centrale. Alla memoria viva di tutto il
laboratorio. - Devo fare qualcosa, prima che questo posto si distrugga con noi
dentro.
Tu sei il cuore di ogni computer, a te scoprire come esserlo veramente. Per la prima volta, quella voce,
che più volte nel corso degli anni aveva sentito guidarla, si associò a un
volto e a un nome.
- Brainiac.
- Sussurrò collegando i fatti accaduti. - Io sono il cuore, - ripeté piano.
Fece scivolare la mano sul metallo freddo e si fermò sulla scatola centrale. -
Io sono il cuore. - Disse più decisa. Premette le mani sulla scatola, facendo
aderire i palmi perfettamente al metallo. Chiuse gli occhi e si concentrò, fino
a fondersi con il sistema. Analizzò ogni singolo spazio. Vide il segnale di
Arrow uscire, seguito da quello di Batman. Respirò a fondo.
- Felicity! - Urlò Barry arrivando in
quell’istante.
- Vai via, Barry! Tra poco qui non
resterà niente. - Gridò mentre l’energia del suo corpo si liberava nel sistema
mandandolo in corto circuito. - Ora!
- No! - Gridò Barry gettandosi su di
lei.
L’esplosione che ne
seguì fu devastante.
- Come sta? - Chiese Selina entrando
nello studio. Bruce era affacciato alla grande porta a vetri e guardava con
sguardo pensieroso il giardiniere terminare di potare le siepi.
- Ancora nessuna novità. - Rispose
senza voltarsi. - Felicity è in coma vegetativo. Flash l’ha portata in salvo un
attimo prima che l’esplosione li travolgesse. - Sospirò profondamente. - Mi
sembra di essere ritornato indietro nel tempo, a due anni fa, quando la sua
vita era appesa a un filo, pronto a staccarsi in qualsiasi momento.
- Il dottor Wolfar si è ripreso in
fretta.
- Già. - Bruce rimase in silenzio per
qualche secondo. - Arrow gli ha salvato la vita. Per fortuna il proiettile non
l’ha colpito in un punto vitale. È chiuso nel suo laboratorio da giorni ma
grazie alle informazioni recuperate dal laboratorio, siamo
vicini a trovare l’antidoto.
Selina si avvicinò a lui e gli
appoggiò una mano sulla spalla. - La situazione a Metropolis?
- Almeno lì è andato tutto bene. Hal
è riuscito a contenere i danni anche grazie all’aiuto della Macchia e a
rimettere sulla retta via Cindy. Per usare le sue parole, gli rimane solo da
sciogliere la situazione polare tra Luke e Cindy, ma mi ha detto che sarà un
gioco da ragazzi farli tubare come un tempo.
- Ogni cosa al suo posto. - Decretò
Selina, soppesando le informazioni ricevute. - Ma tu
non sei soddisfatto. - Constatò la donna, interpretando l’espressione grave sul
volto dell’uomo.
- Cat… -
Iniziò Bruce.
- Non ti azzardare a dire quello che
credo vorresti dire.
- Dovresti andartene... - Iniziò
Bruce, con un tono calmo, voltandosi verso di lei. - Parti da zero, con una
nuova vita, lontano da Ghotam, lontano... - Si bloccò
catturato da quegli occhi feriti. - Non è così semplice.
- Niente è semplice con te. Hai due
personalità insite in te, completamente opposte. C’è l’uomo dolce e protettivo
che si prende cura di me e poi c’è l’uomo serio e freddo che mi spinge via.
- Da quando i miei genitori sono
morti, mi sono ripromesso che avrei fatto qualunque cosa fosse in mio potere per
tenere in salvo le persone deboli… - Le accarezzò la guancia. - e a cui tengo.
- Allora fammi restare, possiamo farlo insieme.
- Non ci riesco, perché ci sono cose
più importanti di quello che voglio… e di quello che amo.
Selina si staccò da lui, ferita.
- Non aspettare di rivedermi ancora.
- È meglio
così, Cat. - Si avvicinò a lei. - Mi dispiace.
L'ultima cosa che voglio è farti del male.
- Ma alla
fine ci sei riuscito lo stesso, Bruce.
- Questo è il momento di cui mi pentirò per tutta la vita, vero?
- Sì.
Bruce le afferrò il viso tra le mani
e la baciò teneramente.
- Ti amo, ma non posso stare con te.
Non voglio che piombi nelle tenebre in cui vivo, meriti una vita migliore e io non posso dartela.
Selina abbassò il capo e dopo un
attimo alzò la testa, con la fierezza nello sguardo che l’aveva sempre
contraddistinta da tutte le altre donne.
- Pensavo che lottare per stare con
te ne valesse la pena, ma mi hai appena dimostrato che mi sbagliavo. - Si
avvicinò alla porta. Rimase ferma per qualche istante e poi si voltò ancora
verso l’uomo. - Le nostre strade non s’incroceranno più, stanne certo. Addio,
Bruce.
Diggle aprì lentamente la porta della
stanza e si accostò silenziosamente a Oliver, seduto accanto al letto dove
giaceva il corpo di Felicity.
- Come sta? - Chiese dopo un po’.
Oliver si portò la mano della donna
vicino alla bocca. La baciò e l’appoggiò alla sua guancia.
- Sempre lo stesso, vegeta. L’unica
cosa che possiamo fare e aspettare.
Diggle gli appoggiò la mano sulla
spalla. - Non ti preoccupare, Oliver. Felicity troverà
il modo per tornare da te, da noi.
Il silenzio calò tra i due che
rimasero intenti a osservare ogni piccolo movimento del corpo della donna.
Il trillo del cellulare di Diggle
infranse quel momento di calma.
- Roy è arrivato a Starling City. Situazione tranquilla. I lavori alla base
ormai sono quasi finiti.
- Bene. Dovresti raggiungerlo.
- Dovrei... ma resto qui con te.
- Non ce n’è bisogno, torna pure a
casa, Dig. - Ordinò serio.
L’uomo sospirò di fronte alla
cocciutaggine dell’amico. - Come vuoi.
- Presto faranno ritorno anche Luke e
Cindy, ho bisogno che tu faccia da paciere tra quei tre. - Oliver si lasciò
sfuggire un mezzo sorriso.
- Da autista di colore declassato a
baby-sitter, non era certo questo che mi aspettavo quando ho accettato di
collaborare con te.
- Non ti preoccupare, ti aiuterà Hal
Jordan… - I due si guardarono interdetti.
- Di bene in meglio. - Sospirò
Diggle, scoraggiato, e poi scoppiarono a ridere.
- Ma dove
sono? - Felicity si guardò attorno. Era immersa in una soffice nebbia bianca.
- Finalmente ci incontriamo di
persona. - La voce alle sue spalle la fece sussultare.
Si voltò di scatto, impaurita. - Brainiac!
- Esatto, sono io. Lieto di vederti, Felicity.
- Sono morta?
L’uomo rise di gusto. - No, sei solo
in una fase di transizione.
- Perché?
- Hai spinto al massimo il tuo
potere, ne hai preso pieno possesso, ma questo ti ha portato a valicare il
confine tra la vita e la morte. Il tuo cervello si è resettato e hai bisogno di
tempo per riavviare il tuo sistema neuronale.
- Oh.
- Ora spetta solo a te decidere
quando è tempo di ritornare.
- Si sta bene qui. C’è pace. Non
provo più quella confusione in testa. Ho una calma interiore che non provavo
più da anni. Non avverto più la pericolosità del mio potere. - Si guardò le
mani. - Non ho bisogno di stare attenta e trattenerlo, perché? - Chiese
meravigliata quando se ne rese conto.
- Hai capito che cosa significa per
te il dono che hai ricevuto con la tua nuova vita.
- Questo cambierà il mio destino?
- Perché non guardi tu stessa. - Brainiac le indicò la porta comparsa all’improvviso. - La
risposta alla tua domanda è dietro a quella soglia.
Felicity appoggiò la mano sulla
maniglia. L’abbassò lentamente fin quando lo spiraglio di luce non la immerse, fornendo
la risposta alla sua domanda.
- Torna da me, - Sussurrò Oliver,
teneramente, all’orecchio di Felicity. - Sono qui, che ti aspetto.
Come se le sue parole fossero state
la formula magica per dissolvere l’incantesimo dormiente, Felicity aprì gli
occhi con un bel sorriso stampato sulle labbra.
Batté un paio di volte le palpebre,
per abituarsi alla luce e poi incrociò i suoi occhi.
- Sono qui, - Disse piano.
- Ti stavo aspettando. - Confermò
Oliver prima di baciarla. - Ben tornata da me.
- Felicity, sei ancora qui? - Chiese
Bruce entrando nel laboratorio, sorpreso di trovarla ancora lì. - Non hai un appuntamento con Oliver?
- La vita da eroi è complicata, - Si
voltò verso di lui. - Ma questo già lo sai. - Schioccò
le dita, puntandogli l'indice. - Un ultimo controllo… ok, situazione nella
norma. - Si avvicinò all’uomo e gli batté la mano sul petto. - Mi dispiace per
Batman, ma stasera non potrà divertirsi con i cattivi.
- Vi ho prenotato un tavolo al Four Season per le venti, dovresti sbrigarti, lo sai che
Queen si agita quando non ti vede arrivare.
Felicity si alzò sulle punte dei
piedi e gli baciò la guancia. - Grazie, papà. - Scherzò,
divertita.
Bruce la freddò con un'occhiataccia.
- Ok, ok, scherzavo. Se ci fosse Hal in questo momento mi avrebbe già preso in giro.
- I lavori alla base di Starling City avevano bisogno della sua presenza. -
Giustificò Bruce.
- Lo so, ma non averlo attorno mi
manca. - Felicity si fermò sull'uscio. - Bruce, - Si voltò a guardare l'uomo,
senza avere il coraggio di continuare.
Il silenzio calò tra loro.
Bruce lentamente si avvicinò a lei. -
Non ti preoccupare, andrà tutto bene. È tempo che abbandoni il nido. - Le baciò
la fronte. - Vai, non farlo aspettare oltre.
- Tutto bene? - Chiese Felicity
quando notò Oliver agitarsi sulla sedia per la milionesima volta.
- Certo, e tu? - Domandò lui a sua
volta.
- S-sì. - Rispose incerta, sorpresa
da quella domanda. - Dovremmo essere fieri. Il nostro primo appuntamento, in un
ristorante, e siamo arrivati perfino al dolce senza intoppi, ma soprattutto
senza esplosioni di nessun genere. - Sorrise divertita e lo
stesse fece Oliver rilassandosi a sua volta.
- Vero, ma la serata non è ancora
finita.
- Che vuoi dire?
- Venga con me, signorina Smoak, e lo
scoprirà.
Oliver si alzò in piedi, afferrò
delicatamente la sua mano e la invitò a seguirlo.
Dopo pochi minuti, raggiunsero il
palazzo delle industrie Wayne. Salirono all’ultimo piano.
Prima che le porte dell’ascensore si aprissero, Oliver appoggiò le mani sugli occhi di Felicity.
- Oliver, - Felicity sorrise, - che
fai!
- Ti fidi di me?
- Ho altra scelta?
- Ti fidi di me?
- Sempre.
Oliver la guidò fuori sulla terrazza,
immersa nel buio della sera.
Levò lentamente le mani dal volto
della donna. La fece abituare e poi illuminò la scritta.
Felicity lesse il messaggio e sgranò
gli occhi per la sorpresa. Si portò le mani alla bocca e si voltò verso di lui.
Si ritrovò di fronte Oliver,
inginocchiato, che le porgeva una scatolina aperta, nella quale l’anello di
fidanzamento che anni prima aveva acquistato e che aveva custodito gelosamente
nella speranza un giorno di poterglielo infilare al dito risplendeva sotto la
luce della luna. E quel giorno era finalmente arrivato.
- Felicity Smoak, mi vuoi sposare?
Una lacrima scivolò impertinente
dagli occhi di Felicity. Dopo qualche istante gli porse la mano tremante,
pronunciando un debole ed emozionato sì.
Oliver le infilò l’anello al dito, le
baciò la mano e poi si alzò in piedi adagiandosela al petto.
- Ti amo. - Sussurrò sulle sue labbra
prima di baciarla.
Felicity appoggiò il capo al petto di
Oliver. - Se è un sogno, ti prego non svegliarmi.
Lui sorrise e la strinse a sé. - Non temere, Felicity, è tutto vero.
Un violino in lontananza iniziò a
suonare, e cullati da quella musica dolce, i due presero a dondolare.
Felicity alzò il capo e si tuffò
nello sguardo caldo che le stava rivolgendo Oliver.
- Qualsiasi scelta io faccia nella
vita, il destino mi ha legato a te. - Lo baciò
teneramente.
Oliver appoggiò la fronte su quella
della donna. Inspirò, godendosi a pieno la serenità di quel momento e della
nuova possibilità che la vita gli aveva concesso.
Felicity rabbrividì tra le sue
braccia. Senza dire nulla, Oliver si levò la giacca e
gliela fece indossare.
- Torniamo a casa? - Chiese serio,
stringendo delicatamente il bavero.
- No, dai, restiamo ancora qui per un
altro po’, sto bene. Papà Bruce non mi ha dato il coprifuoco. - Sghignazzò divertita.
Oliver sorrise per quel malinteso.
- Torni a casa con me? - Domandò
ancora, più serio.
Felicity l’osservò per un lungo
istante e quando capì cosa]volesse dire con quella
domanda, un’espressione tenera si dipinse sul suo volto.
- Sì.
FINE.
Angoletto di Lights
È finita. È veramente finita? Sì,
confermo: è finita.
Questi due anni sono volati. Mi
sembra l’altro ieri che mi tuffavo in punti di piedi in questo fandom con Undercover. Allora non avevo ancora la
consapevolezza di cosa volesse dire gestire personaggi così diversi l’uno
dall’altro come Oliver e Felicity, e guarda ora dove
sono arrivati i miei, anzi, i nostri Olicity.
Quando ho iniziato, non avevo idea
che avrei passato questi due anni a scrivere su di loro. È stato un progetto
ambizioso, certo ho dovuto ridimensionare “Proiettili di ghiaccio” per mancanza
di tempo, ma non potrei essere più soddisfatta di così e per come ho trascorso
questi due anni insieme con voi e ai personaggi.
Un doveroso e prezioso grazie va a vannagio che mi ha seguito in tutto questo tempo, limando
ogni capitolo e curando l’aspetto del betaggio. Non
potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto il tempo che mi hai dedicato, sei
stata un ammore, sempre.
L’altro grazie va sicuramente a jaybree,
averti al mio fianco come fangirl silenziosa non è
stato solo prezioso ma davvero importante, perché insieme abbiamo realizzato
questo progetto. Non so veramente come avrei fatto senza di te.
Grazie a tutti voi, a chi mi segue
fin dall’inizio, dai primi passi con Undercover e mi ha continuato a dare
fiducia con Metodo Scientifico e Proiettili di Ghiaccio.
Grazie a tutti voi che capitolo dopo capitolo mi avete dimostrato tanto affetto attraverso le
recensioni, su facebook e messaggi privati.
Ora possiamo andare in vacanza, mi concederò una bel e lungo periodo di relax, ma chissà,
potrei anche tornare.
Vi voglio bene. Dai,
un bell’abbraccio di gruppo!
Con affetto, Lights.