The
biggest surprise of my life
I
raggi ancora timidi del primo sole mattutino si posarono delicati sul
suo
viso, invitandola ad aprire gli occhi.
Le
servirono un paio di secondi per realizzare di essere semi sdraiata sul
petto di Castle.
Lasciò
un piccolo bacio all’altezza del cuore prima di scostarsi
piano e di
alzarsi; rubò una sua camicia bianca dall’armadio
e a piedi nudi si diresse in
cucina.
Non
era mai stata una donna eccessivamente romantica; non passava ore ed
ore a fantasticare su come sarebbe stato, cosa avrebbe detto lei o cosa
avrebbe
risposto lui.
Ma
una cosa sulla loro prima notte insieme anzi, sulla mattina dopo per
l’esattezza, l’aveva sempre saputa.
Avrebbe
preparato lei il caffè.
Cercò
due tazze nella credenza del loft sperando che non avessero spostato
nulla da quando, anni prima, era stata ospite tra quelle mura.
Trovato
tutto il necessario, si appoggiò al bancone in attesa di
sentire
l’inconfondibile aroma diffondersi nella stanza.
Ripensò
alla giornata precedente, densa di avvenimenti.
Alcuni
le sembravano già ricordi sfocati.
Forse
perché emozioni più forti erano emerse facendosi
largo prepotenti e
lasciando in secondo piano tutto il resto.
Castle
si era dichiarato e lei l’aveva praticamente allontanato.
Appesa
a quel cornicione si era accorta di quanto bisogno avesse di lui e
che non poteva morire senza averglielo prima detto.
Si
era licenziata ed era corsa da lui.
Questi
erano i fatti salienti impressi a fuoco nella sua mente.
Il
resto faceva solo da contorno.
Aveva
fatto a Castle un riassunto generale poco prima di addormentarsi tra
le sue braccia. Cercò di minimizzare la parte in cui aveva
lottato con Maddox e
quasi rischiato di sfracellarsi al suolo, ma era sicura che i lividi
sul suo
corpo parlassero da soli.
Aveva
spento la preoccupazione sul suo volto con un ultimo bacio prima di
lasciare che Morfeo cullasse entrambi verso il meritato riposo.
Ma
ora c’erano altre cose che le premeva dirgli. Cose che non
riguardavano
Maddox o il licenziamento.
Versò
il liquido ormai pronto nelle tazze e con cautela tornò
verso la
stanza da letto.
Castle
si doveva essere appena svegliato perché aveva i capelli
tutti
arruffati e lo sguardo ancora assonnato.
Sorrise
quando la vide sulla porta.
Per
la prima volta in quattro anni lei gli stava portando il
caffè.
Se
l’avesse raccontato a qualcuno probabilmente non avrebbe
sortito alcun
effetto.
Nessuno
avrebbe potuto capire l’importanza di quel gesto.
Ma
lui sì. Era importante quasi quanto la notte appena
trascorsa.
“Allora
non è stato un sogno!”, esclamò mentre
Kate si avvicinava con le
tazze in mano.
Lei
sorrise e sedendosi sul fianco del letto, accanto a lui “No,
decisamente non è stato un sogno”,
confermò porgendogli il caffè.
“Avevi
ragione”, Castle si avvicinò a lei, sedendosi
meglio sul letto “Non
potevo immaginare!”, aspettava dal loro primo incontro di
sapere cosa lei
intendesse dire con quel ‘You have no idea’.
“Ti
è piaciuto?”, domandò Kate con un
po’ di esitazione.
“Sì!”,
rispose subito Castle, volendo fugare ogni dubbio.
“Anche
la parte in cui…”.
“Soprattutto
quella parte mi è piaciuta!!”, rispose sgranando
gli occhi.
“Bene,
anche a me”.
Si
sorrisero maliziosamente per qualche istante al pensiero della loro
performance, poi Castle diede voce ad un pensiero che lo attanagliava
sin dal
suo risveglio.
“Quindi
stai facendo sul serio? Non è una situazione tipo
‘Oh, ho mollato
il mio lavoro, ho rischiato di morire e sono molto in
crisi’?”.
“No...non
per me”, rispose Kate, non aspettandosi quella domanda.
“Ok.
Neanche per me”, le disse con un sorriso enorme stampato in
volto.
“Grazie”,
sussurrò Kate dopo poco.
“Di
cosa?”, domandò Castle perplesso, vedendola tanto
seria.
“Di
non esserti arreso con me”, spiegò abbassando
leggermente lo sguardo
“Per aver aspettato anche se non eri tenuto a
farlo”.
Lui
sorrise benevolo scostandole una ciocca di capelli dalla fronte
“Di
recente ho un po’ vacillato, veramente…”.
Kate
sapeva che si riferiva alla sua piccola avventura a Las Vegas con la
bionda hostess e sapeva anche che stava cercando di non farla sentire
in colpa
“Non hai fatto niente di male, Castle”, gli disse
scuotendo la testa, poi
ricambiò il suo sorriso “Una volta qualcuno mi ha
detto che quello che succede
a Las Vegas resta a Las Vegas”, scherzò lei,
citando le parole che Rick le
disse a Los Angeles.
Castle
capì il riferimento immediatamente “Vale con tutte
le città,
giusto?”.
“Giusto”,
concordò Kate “Quindi grazie”,
ribadì.
Lui
scosse energicamente la testa con la faccia buffa di un bambino che non
vuole mangiare il passato di verdure “Rifiuto i tuoi
ringraziamenti” disse “Non
mi devi ringraziare proprio di niente”.
“Invece
sì, Castle, ti devo ringraziare e mi devo scusare”.
Castle
continuava a scuotere imperterrito la testa “Rifiuto i
ringraziamenti e non accetto le tue sc… un
momento”, si fermò di colpo “Di cosa
ti dovresti scusare?”.
Kate
si strinse nelle spalle “Un po’ di tutto, Castle! E
me lo chiedi?
Avrei mille ragioni per cui chiederti scusa; se non altro per averti
fatto
credere di non ricordare nulla della sparatoria”.
Gli
si spezzava il cuore a vederla così amareggiata.
Non
aveva bisogno di grazie o di scuse. Voleva solo saperla felice.
“Capisco…”,
mormorò fingendosi pensieroso “Allora
confermo”, rispose prima
di riprendere a dimenare la testa a destra e a sinistra
“Rifiuto ringraziamenti
e scuse da parte tua”.
La
fece sorridere e alzare gli occhi al cielo contemporaneamente.
Castle
si sdraiò portandosi una mano alla fronte “Mi gira
la testa”,
bisbigliò.
“Ma
va? Ti si stava quasi svitando!”, lo prese in giro Kate
accarezzandogli
una guancia “La vuoi sapere una cosa?”.
Lui
annuì restando sdraiato ad occhi chiusi in attesa che il
malessere si
placasse.
“Se
questi sono i risultati… potrei dare una chance alle tue
teorie sul
destino”.
La
sentì
sorridere anche senza vederla e incurvò le labbra di
rimando.
“Detective
Beckett, si sente bene?”, ora era lui a prenderla in giro.
“Sì,
Rick. Mi sento bene”, rispose seria.
Il
tono di voce meno scherzoso lo indusse a sollevare le palpebre.
Era
uno di quei loro mementi in cui, se ci fosse stata un esplosione
nucleare a pochi metri di distanza da loro, non avrebbero battuto
ciglio,
troppo impegnati a guardare l’uno dentro l’anima
dell’altra.
“Sei
tu allora a farmi girare la testa”, le sussurrò
senza scostare lo
sguardo.
Le
sembrò strano arrossire per quella semplice frase, dopo la
notte appena
trascorsa.
Non
si erano di certo risparmiati dopo quattro anni di attesa.
Eppure
bastò quel timido rossore di lei, e lo sguardo furbetto di
lui, a
riaccendere i loro sensi.
“Ho
lasciato il mio lavoro… quindi sai, ho la giornata
libera…”.
Mentre
parlava, Kate iniziò a sbottonarsi la camicia.
Castle
abbassò lo sguardo su quei piccoli bottoni che, uno ad uno,
lasciavano la propria asola permettendogli una migliore vista sulla
pelle di
Kate “In effetti, anche io”.
“Davvero?”,
domandò lei, stando al gioco.
“Sì”,
ribadì Castle, poi iniziò a sfilarla la camicia
dalla spalla “Allora
che cosa ti piacerebbe fare oggi?”.
“Mmm,
non lo so, potremmo leggere”, propose Kate.
“Guardare
la televisione”, le diede corda Castle.
“Sì...potremmo
mangiare qualcosa…”, aggiunse protendendo il busto
verso di
lui per baciarlo, ormai mezza svestita.
“Potremmo
farlo, sì…”, anche Castle si fece
più vicino, per fermarsi poi di
colpo a pochi centimetri dal volto di Kate.
Il
rumore di una porta sbattuta riecheggiò nella stanza.
“Hai
sentito?”, le domandò agitato.
Kate
non seppe rispondere, incerta sul suono udito poiché troppo
presa
dall’imminente bacio.
“Richaaaaard,
sono a casa!”.
La
voce di Martha proveniente dalla cucina ebbe su entrambi
l’effetto di
una doccia gelata.
“Oh,
accidenti!”, esclamò Castle trascinando Kate con
se giù dal letto.
Quando
si rialzarono Kate strinse a sé un cuscino per coprirsi
“Hai detto
che era negli Hamptons!”.
“Era negli
Hamptons! Non dovrebbe essere qui!”.
“Caroooo,
dobbiamo parlare”.
Trasalirono
nuovamente alla voce della donna.
“Nasconditi!”,
fu la prima cosa che gli venne in mente.
“Che
cosa?!”, domandò sconcertata Kate.
“Nasconditi
nell’armadio!”, insistette Castle, ormai al massimo
livello di
agitazione per l’imbarazzo di venire colto in flagrante da
sua madre.
“Dici
sul serio?!”, protestò di nuovo, mentre Castle la
spingeva proprio
verso il guardaroba.
“Va
nell’armadio!!”, le disse un’ultima
volta, sentendo la madre
avvicinarsi alla camera.
“Ma
no, non vado nell’armadio!”, ribadì
ancora e senza successo, dato che
ormai era praticamente già all’interno.
Giusto
in tempo per vedere Martha entrare nella stanza e domandare al
figlio come mai non le avesse risposto.
Si
era dimostrata clemente verso il destino, stava pure prendendo in
considerazione di rivalutare le sue convinzioni a favore del fato e lui
la ripagava così?
Prima
appesa a penzoloni ad un palazzo, ed ora mezza nuda
nell’armadio di
Castle con il resto della sua famiglia in cucina?
Lanciò
il cuscino allo scrittore non appena Martha gli voltò le
spalle.
Si
rivestirono e concordarono un piano di fuga per farla uscire
inosservata.
“Ti
raggiungo da te appena posso”, le baciò una
guancia e andò dalle due
rosse in cucina, pronto a distrarle.
Sul
volto di Kate scappò un involontario sorriso al pensiero di
tutta
quella situazione e di chissà quanti altri scherzetti Castle
e il suo ‘caro
amico destino’ le avrebbero riservato.
Ma
per il momento tornò seria.
Era
irritata dall’interruzione subita e non l’avrebbe
fatta passare liscia
a Castle.
Dalla
porta aperta dello studio le cadde l’occhio sullo scaffale
con la
collezione di cd dello scrittore.
Mentre
si nascondeva ed attendeva il momento giusto per scivolare
inosservata lungo le pareti del loft cominciò a far passare
con lo sguardo i
titoli dei vari album.
Castle
aveva gusti molto vari. Alcuni cd li aveva anche lei, ma uno in
particolare attirò la sua attenzione.
La
compilation dei Kiss intitolata The
Originals uscita nel 1998 la indusse a mordersi il labbro.
Era
proprio durante l’Halloween di quell’anno che la
sua vita cambiò, anche
se lei l’avrebbe scoperto solo l’anno successivo.
Si
accucciò e nascosta dalla scrivania rubò un
post-it e una penna.
Scrisse
meglio che potè, nonostante la posizione scomoda.
Sei
la più grande sorpresa della mia vita.
K.
Arrossì
e infilò il bigliettino nel cd prima di cambiare idea.
Se
non l’avesse trovato da solo, pensò che forse per
il loro primo anno
insieme avrebbe potuto consigliargli di festeggiare ascoltando le
canzoni della
band che li fece incontrare.
Scosse
la testa. Una notte con Castle e già stava fantasticando sul
loro primo
anniversario.
Tese
l’orecchio verso la conversazione che si stava tenendo in
cucina.
Strinse
al petto gli stivali, tornò sui suoi passi solo per
recuperare il
reggiseno dimenticato ai piedi del letto, e di soppiatto
uscì dal loft mentre
in cucina Alexis stava implorando il padre di darle
un’aspirina.
Non
si può scegliere il modo di morire. E
nemmeno il giorno.
Si
può soltanto decidere come vivere. Ora.
Joan
Baez
Ivi’s
Corner:
ed
eccoci con la terza ed ultima ff a conclusione della serie che vede
come
protagonisti... i Caskett??? Nooooo! Gene Simmons!!! Ahahahahahah :p
A
presto!! :-*
Ivi87