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Autore: mavima    23/07/2015    1 recensioni
Sergio è un medico anestesista, deluso dal fallimento del suo matrimonio. Vive un'esistenza di emozioni sopite. Una mattina in ospedale incontra Laura, una bella ragazza, malata di leucemia, che si rivelerà essere la professoressa di suo figlio.
"Sergio fermò lo sguardo sulla foto di classe dell’anno precedente del figlio
Sul lato sinistro c’era Laura, la riconobbe dallo sguardo. Era una persona completamente diversa: aveva lunghi capelli castano chiari, con qualche riflesso biondo; il viso era tondo; gli occhi erano sempre luminosi; era persino leggermente sovrappeso, la maglietta rivelava qualche rotolino e il seno era prosperoso; era vitale e bella con i jeans e con le scarpe da ginnastica.
Quando andò a dormire non riuscì a smettere di pensare a quell'immagine, rappresentava il tipo di donna che avrebbe voluto trovarsi a casa la sera. Se la immaginava insieme al profumo della caffettiera che saliva al mattino….un attimo di eternità".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO XI – MARCO ED EMMA
 
E Marco era sempre più innamorato di Emma, al punto da aver rivoluzionato la sua vita ed esserne contento. Emma prima di mettersi con lui era solita frequentare la parrocchia. Marco non ci aveva mai messo piede, prima di conoscerla .  La ragazza aveva provato a portarcelo, ma l’oratorio lo innervosiva moltissimo e ancor più lo facevano imbestialire tutti quei ragazzi che stavano lì senza una vera convinzione, mentre magari  a casa non avrebbero portato un bicchiere d’acqua alla loro nonna .
Certo non faceva più le corse con i motorini e non sentiva più la necessità di sballarsi bevendo, o fumando qualche canna. I due ragazzi avevano iniziato a frequentare una casa famiglia lì in zona, e stavano organizzando una recita teatrale con i ragazzini ospiti. Inaspettatamente Marco rivelò grandi doti di intrattenimento e un certo carisma su questi bambini per lo più delle elementari.
Passavano buona parte del loro tempo libero alla preparazione de: “La gabbianella e il gatto”.
Si era così innamorato del sentirsi utile per il prossimo, che aveva cambiato i suoi piani futuri: aveva deciso che dopo la maturità sarebbe andato a lavorare nella fabbrica di rubinetti del padre di Laura e si sarebbe iscritto alla facoltà di economia e commercio. Marco diceva che per far del bene agli altri, non bastavano solo i buoni sentimenti, ma serviva anche una certa disponibilità economica. Era inutile far finta di disprezzare il denaro, era  da figli di papà minchioni…e quando pronunciava questa frase Emma faceva sempre finta di arrabbiarsi. Ovviamente il padre di Laura era felicissimo delle sue intenzioni e non vedeva l’ora di passare il testimone, a questo ragazzo, che mostrava di apprezzare l’impero che aveva creato.
Era una Domenica sera, Laura e Sergio stavano ritornando da Lugano. Laura era ormai di sette mesi  e si era appisolata un po’.
La musica dell’autoradio risuonava non troppo forte, quando si inserì in viva voce una telefonata di Marco:
“Papà dove siete”
“Siamo sulla provinciale , siamo appena usciti dall’autostrada, tra dieci minuti siamo a casa”
“Ma Laura sta bene?”
Laura intervenne: “Sto benissimo, perché?”
“C’è una ragazzina qua che ha la febbre, da ieri. Gli educatori dicono che è normale, ma io ed Emma siamo preoccupati, non mangia nulla e sta tutta raggomitolata per i dolori all’addome…magari non riesce neanche a spiegarsi bene…papà, ha la sindrome di down.  Poi la febbre non scende, nonostante la tachipirina, non so …non è che potreste passare di qua”
“Sì certo, arriviamo tra pochi minuti”
Quando la telefonata terminò Sergio disse: “ Non è vero che i caratteri non si cambiano… almeno per me e mio figlio non è stato così , dopo aver incontrato le nostre donne”
 
 
“Ma voi in realtà eravate già così, solo che noi vi abbiamo aiutato a far emergere le vostre qualità”
“Mi commuove vederlo farsi carico di una situazione così …da quello che ho capito, questa bambina sta male da ieri e gli educatori non hanno chiamato un medico”
“Ma Marco si è sempre preso cura degli altri, anche a scuola…da qualcuno avrà preso!”
Sergio facendo un sorrisetto: “Spengo il climatizzatore, non posso posare queste mani ghiacciate sulla pancia di nessuno!”
“Spegni pure…vedi è più forte di te, hai delle attenzioni per il prossimo, non comuni … le avevi anche quando eri un po’ più orso… prima di conoscerci”
Davanti la casa- famiglia li aspettava Marco che li fece subito salire al piano superiore.
Marco: “Evita di toglierle la corona, se puoi”
Sergio: “La corona?”
Marco: “Gliela abbiamo regalata per Natale io e Emma …è una piccola coroncina giocattolo delle principesse Disney e non se la vuole togliere quasi mai. In ogni spettacolo ovviamente dobbiamo inventarci una parte per una principessa, anche quando non è prevista. Anche nella gabbianella e il gatto c’è una principessa…lo sapevate?”
Laura: “Beh deve essere un versione interessante”
Sergio: “Non sarà necessario toglierle la sua coroncina”
La piccola Stefania era distesa in posizione fetale su un fianco, Emma le teneva una mano. Aveva dei grandi occhi scuri,  un po’ a mandorla e capelli castani di media lunghezza, che incorniciavano il viso paffuto. Sergio si mise a sedere sul suo lettino, poggiando la borsa da medico sulla sedia vicina: “Ciao, sono il papà di Marco, come ti chiami?”
La bambina: “Stefania…devo fare aaaa?”
Sergio: “Ok,è un buon suggerimento, iniziamo a controllare la gola”
La bambina si rigirò con fatica e si vedeva che era in preda agli spasmi del dolore. Sergio l’aiutò.
Emma: “Quando siamo arrivati qui stamattina, gli educatori ci hanno detto che aveva la febbre da ieri e che non avrebbe potuto fare le prove. Ma nel corso della giornata, nonostante le supposte di tachipirina , la febbre non si è abbassata. Ha vomitato due volte, anche se non riesce ne’ a mangiare, ne’ a bere”
Sergio cercò di alitarsi sulle mani, per riscaldarle un po’. Le controllò la gola e le ghiandole del collo. Poi dopo averle messo il termometro sotto l’ascella, le sollevò la maglia del pigiamino: “Quanti anni hai?”
Stefania: “Dieci”
Sergio: “Ma dov’è che ti fa tanto male?”
Stefania indicò la pancia. Il quadrante inferiore destro era turgido e dolente e non appena Sergio la  toccò, la piccola gridò. La diagnosi era chiara: appendicite acuta.
Sergio: “Dobbiamo fare un discorso serio.  Hai un tubicino nella pancia, che si chiama appendice, che si è otturato e se non ti operiamo, potrebbe rompersi. L’infezione potrebbe diffondersi agli organi vicini e sarebbe molto pericoloso. .  Dobbiamo al più presto andare in ospedale.”
Stefania scoppiando a piangere: “Non voglio andare in ambulanza e voglio la mia mamma!”
Sergio: “Non occorre l’ambulanza. Possiamo andare con la mia macchina. E per quanto riguarda tua madre, la faremo avvisare e verrà il prima possibile, se vuoi può venire anche lui!” indicando l’asinello di peluche sul comodino.
Le accarezzò la testa: “Ti fidi di me?”
Stefania fece cenno di sì.
Sergio: “ Bene, mentre io e Marco avvisiamo l’ospedale e andiamo a parlare con gli educatori, Emma e Laura, ti aiuteranno a prepararti.
Laura: “ Sì, ci pensiamo noi”
Sergio telefonò in ospedale affinché chiamassero tutto il personale reperibile, necessario all’intervento d’urgenza, ad eccezione dell’anestesista ovviamente. Si accertò che fosse reperito anche un tecnico di radiologia per la tac.
Quando scesero al  piano inferiore i bambini con i due educatori stavano cenando. I ragazzini li tempestarono di domande sullo stato di salute di Stefania.
Sergio: “Dobbiamo portarla in ospedale per un intervento e poi starà bene, ma non dobbiamo perdere altro tempo”
Educatore: “La bambina è affidata alla casa famiglia, non può portarla via così”
Sergio: “Se non la portassi via, sarebbe omissione di soccorso… lei  non si rende conto che Stefania deve essere operata urgentemente, c’è il rischio di una peritonite. Comunque non c’è tempo da perdere,  ne è già stato perso troppo e lei come responsabile della casa-famiglia dovrà svolgere tutte le pratiche per il ricovero”
Educatore: “Vi seguo con la mia macchina”
Sergio: “Prima deve avvisare la madre”
Educatore: “La mamma è agli arresti domiciliari in una comunità per tossicodipendenti”
Sergio: “Le farò un certificato medico che attesta la gravità della bambina, in modo che ottenga un permesso”
Intanto Emma e Laura avevano messo una giacca leggera alla bambina e le avevano infilato le ciabattine. Poi le avevano preparato una piccola borsa con il necessario per il ricovero. Stefania , per  l’effetto dell’analgesico che le aveva iniettato Sergio e per la stanchezza della notte precedente passata in bianco, si era addormentata stringendo “Hi Ho”.
Marco la prese in braccio e salirono tutti in macchina per raggiungere l’ospedale, seguiti dall’educatore sulla sua auto. Durante il viaggio Sergio aveva notato che Laura aveva il viso stanco e le caviglie un po’ gonfie. Quando arrivarono il pronto soccorso, stranamente ,non era molto affollato e mentre Stefania, ancora addormentata ,veniva posta su una barella per  essere portata a fare la tac, Sergio si fermò a parlare con Laura nell’atrio: “Prendi le chiavi della macchina e vai a casa, hai bisogno di mangiare qualcosa e di distenderti…hai le caviglie gonfie”
“Non sono stanca, andiamo a casa insieme dopo l’intervento”
“Probabilmente, non finiremo prima di mezzanotte, devi pensare a lei” mettendole una mano sul pancione.
Li raggiunse Marco: “Panzona, ha ragione lui, anzi, io direi…chiamiamo un taxi, così il taxista ti aiuterà a scaricare il bagaglio”
“Vada per il taxi allora!”
“Non appena l’intervento sarà finito ti chiamerò, poi aspetterò che Stefania si risvegli e verrò a casa”
Un’ infermiera chiamò Sergio: “Dottor Antinori, la bambina non vuole farsi toccare da nessuno e urla, perché non la vede più”
“Arrivo, arrivo!”
Laura: “Corri, stai tranquillo, che chiamo subito il taxi”
Marco rivolgendosi al padre: “Non ti preoccupare, ci penso io alla panzona, prendo le borse dalla tua macchina e parlo con il taxista, che gliele scarichi a casa!”
Sergio raggiunse di nuovo Stefania, nel frattempo era arrivato il dottor Sandri, il chirurgo pediatrico.
Sergio: “Che fortuna che ci sei tu!”
Dott. Sandri: “Che fortuna anche per me, la cena con i miei suoceri era piuttosto noiosa e mia moglie e mia cognata si beccavano già da ore!”
Sergio: “Stefania, il dottor Sandri è bravissimo, fatti visitare da lui”
Stefania: “Non te ne devi andare!”
Sergio: “ Ti lascerò solo per cambiarmi prima di entrare in sala operatoria, promesso. Prima  ho dovuto mandare a casa Laura, sai, lei aspetta una bambina…era un po’ stanca, ho dovuto convincerla”
Stefania: “Ah sì, la panzona!”
Intanto il dottor Sandri  palpava l’addome della bambina: “Non c’è molto tempo da perdere, falle un prelievo e poi procediamo subito con la tac”
L’intervento si concluse bene, ma la bambina aveva corso il serio pericolo che la sua appendicite degenerasse in peritonite.
Il giorno seguente arrivò anche la sua mamma, accompagnata d due agenti di polizia penitenziaria, che furono presentate a Stefania come due colleghe della madre.
Stefania quando si risvegliò era tutta contenta di avere sua madre accanto e raccontava a tutti che tra non molto tempo sarebbe ritornata a vivere con lei . Spiegava entusiasta, che sua mamma avrebbe aperto una pasticceria e che loro sarebbero andate ad abitare in un alloggetto dietro.
Purtroppo i giorni passarono in fretta e Stefania ritornò alla casa famiglia e sua madre in comunità.

 
   
 
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