Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ayr    23/07/2015    4 recensioni
Quando Matisse incontra Zefiro, un ragazzo affascinante ma misterioso, la sua vita tranquilla viene completamente sconvolta: il ragazzo infatti le rivela che lei è la principessa perduta, la legittima erede al trono di Heaven. Inizia così per lei un viaggio in compagnia di Zefiro, il cui silenzio pare nascondere un grande segreto, che la porterà dal tranquillo villaggio in cui vive alla caverna di Procne, una potentissima maga che aiuterà Matisse ad affrontare quello che le aspetta: non si tratta solo di sedere su un trono e di prendere sulle spalle tutte le responsabilità che esso comporta, Matisse infatti, dovrà prepararsi anche per una guerra perchè non è l'unica che ambisce a quel trono e c'è già chi trama nell'ombra per strapparglielo via.
Preparatevi ad accompagnare Matisse in questo viaggio tra maghi, battaglie, segreti, elfi e misteri. Siete pronti a partire?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Allora» incalzò Barden sporgendosi verso Neren, il boccale di birra inclinato pericolosamente «Che rapporti ci sono tra te e la locandiera?»
«Siamo solo amici» rispose laconico l’elfo prendendo tranquillamente un sorso dal suo boccale, Barden lo squadrò con sguardo scettico: non gli erano sfuggiti gli sguardi furtivi carichi di sottintesi che si lanciavano i due, le occhiate languide di lei e l’atteggiamento di confidenza malamente celata di lui.«Non prendermi per fesso…Non ti giudicherò per essere andato a letto con una locandiera. L’avrei fatto anch’io, soprattutto con una locandiera del genere» incalzò Barden gettando un’occhiata alla ragazza che era praticamente una leccata
E non solo con la locandiera venne da pensare a Morten, seduto di fronte al fratello.
Finché ci permette di stare in questa locanda ad un prezzo conveniente non me ne frega niente di quello che può aver fatto o non fatto con quella ragazza, fu invece il commento di Corniolo che guardava sconsolato il suo bicchiere di succo di mela. Dopo l’esperienza avuta alla “Lanterna Rossa” non aveva osato più nemmeno guardarla la birra della piana, ne aveva avuto già abbastanza.
Neren  sorrise sornione e bevve un altro sorso di birra
«Non è niente di che, davvero. Solo una breve e innocente storia che mi permette di avere alcuni trattamenti di favore» rispose e fece l’occhiolino all’ometto, come se tra loro due ci fosse stata un’intesa particolare che permetteva di cogliere significati sottintesi.
Corniolo inarcò un sopracciglio: nonostante gli permettesse di soggiornare in quella locanda ad un prezzo di favore e tentasse in tutti i modi di instaurare un qualche rapporto di amicizia con lui, l’ometto lo trattava sempre in modo freddo e distaccato. Non si fidava per niente dell’elfo, sentiva che c’era qualcosa di torbido e oscuro nascosto dietro la maschera di affabilità e cortesia, e non si trattava della sua relazione con la locandiera. Purtroppo, però, Matisse stravedeva per l’elfo cantore, chiacchierava spesso e volentieri con lui e Neren non perdeva occasione per spandere il suo fascino da cantastorie girovago che aveva vissuto un sacco di avventure straordinarie. Matisse veniva completamente rapita dalle mirabolanti storie che raccontava con calda voce ammaliante.
A Corniolo tutta questa confidenza non piaceva per niente. L’aveva fatto notare alla ragazza, ma Matisse, come sempre, aveva risposto che si preoccupava troppo e che Neren era solo un buon amico che riusciva a farle dimenticare per breve tempo la fatica del viaggio e la preoccupazione per quello che l’attendeva.
Oltre che Zefiro aveva aggiunto mentalmente. Da quando Neren la distraeva con i suoi racconti il suo pensiero era corso sempre meno a lui.
Solo a volte, prima di addormentarsi, si chiedeva dove fosse finito, se la stesse seguendo a distanza, mantenendo fede alla sua promessa di proteggerla oppure se si fosse dimenticato completamente di lei e se ne fosse andato per la sua strada.
«E poi che è successo?» domandò la ragazza, incuriosita dall’intera faccenda
«Si è sposata» fu la risposta dell’elfo
Ma ciò non le impedisce di venirti a trovare ogni notte fu il caustico commento di Corniolo, che più volte aveva sentito qualcosa di molto simile a gemiti e versi di piacere provenire dalla stanza accanto alla sua.
E se Neren poteva avere una relazione clandestina con una donna sposata, chissà quanti altri segreti e sotterfugi teneva all’oscuro.
Primo fra tutti Alcor. L’elfo si era sempre limitato ad essere l’ombra del cantore, non aveva mai proferito parola, con nessuno, se ne stava silenzioso e impassibile ai bordi dell’ego smisurato di Neren, quasi come se non esistesse. Tutto quello che sapevano di lui proveniva dalle informazioni frammentarie e laconiche dell’elfo e anche queste erano oscure e velate di mistero.
Corniolo bevve un sorso di succo e storse il naso, chiedendosi per l’ennesima volta perché quei due si fossero uniti a loro.
Venne riscosso dai suoi pensieri da una risata sguaiata proveniente da Barden. Anche quel ragazzo non gliela raccontava giusta: ronzava attorno a Matisse come prima ma c’era un qualcosa di strano in lui, qualcosa di inafferrabile, che non riusciva a definire. Aveva la sensazione di essersi perso qualcosa di fondamentale, che gli avrebbe permesso di capire meglio quello che stava succedendo.
Anche Morten stesso, di solito così pacato e prevedibile, pareva nascondere qualcosa: era diventato più nervoso, in un certo senso, non riusciva a stare fermo e spesse volte spariva senza dire niente a nessuno, senza sapere dove andasse e cosa stesse facendo. Corniolo odiava essere all’oscuro delle cose, per questo aveva deciso che quella sera avrebbe tenuto sotto controllo il ragazzo.
 
Il cielo era già scuro e gli ultimi raggi di sole indugiavano a scomparire, quasi volessero illuminare il cammino del corvo, che stava attraversando terre rigogliose e verdeggianti che la luce del tramonto faceva rilucere come smeraldi.
Finalmente giunse alla sua meta: all’orizzonte un enorme castello di vetro e oro si stagliava quasi prepotentemente contro la pietra scura e tetra delle montagne retrostanti.
Il corvo, esausto, entrò da una finestra lasciata aperta apposta per lui e si adagiò su una poltrona amaranto, su cui era seduta una figura altera e nobile.
«Sei tornato presto» disse con voce calma la figura «Che notizie porti?».
Il corvo zampettò sul bracciolo, si avvicinò al viso della figura e iniziò a gracchiare, quasi le stesse sussurrando nell’orecchio.
«Quel leccapiedi sta iniziando a scocciarmi» borbottò.
Da quando aveva scoperto che Izar era morto, aveva avuto solo problemi: la regina continuava a resistere e quella rincitrullita della sua guaritrice gli ronzava ancora attorno, la preparazione del veleno procedeva troppo a rilento e Alcor pareva svanito nel nulla.
Radamanto batté un pugno sul bracciolo, facendo alzare il corvo in volo, spaventato. Almeno l’uccello gli aveva dato una buona notizia: il lacchè di Procne pareva stesse sorvegliando una ragazza; doveva per forza trattarsi della sua amata nipotina, la principessa perduta, Zefiro non avrebbe mai fatto la guardia ad una ragazza qualsiasi.
Un piega gli increspò le labbra, quel ragazzo non gli era stato del tutto inutile, dopotutto.
Un disegno iniziò a formarsi nella sua testa e man mano che prendeva i contorni sempre più distinti di un piano, il suo sorriso si allargava. Aveva però bisogno di contattare un po’ di persone e di eliminare l’ostacolo più grande che in quel momento si frapponeva fra lui e Matisse: Zefiro. Con quel rompiscatole tra i piedi non avrebbe mai potuto avvicinarsi alla ragazza, come era sua intenzione; andava quindi eliminato.
Mormorando tra sé, si alzò e avvicinatosi ad un tavolo in mogano, estrasse da una scatola in legno finemente intagliato un ciondolo: un rubino. La pietra, appena venne liberata dalla sua prigione di legno, si accese nella morente luce del sole di migliaia di riflessi rossi che, proiettati sulle pareti, parevano gocce di sangue. I suoi occhi assorbivano il riflesso del gioiello a tal punto che parevano screziati di rosso, come se delle fiamme ardessero in quel freddo mare verde.
Radamanto si rigirò la pietra tra le mani, sussurrando a fior di labbra, quasi sibilando. La pietra si illuminò e irradiò la sua luce rosso cupo per tutta la stanza, andando a cozzare contro le pareti e fondendosi con la calda luce del tramonto.
«Radamanto!» esclamò una voce tonante e cavernosa, simile ad un tuono
«Alcor» salutò a sua volta l’uomo «Noto con piacere che sei ancora vivo»
All’interlocutore non sfuggì la sfumatura di lieve rabbia nel tono della sua voce
«Mi avevate detto di avvisarvi solo nel caso in cui l’avessi trovata» gli fece notare Alcor, titubante
«L’hoi trovata io» dichiarò Radamanto «Questo a dimostrazione che se vuoi una cosa fatta bene devi fartela da solo». Un singhiozzo strozzato di sorpresa e preoccupazione fu la risposta
«Per questo ora hai un altro incarico» continuò «Spero non ti dimostrerai inadeguato anche per questo…Credo si addica di più a te»
«Di che si tratta?»
«Niente di che: solo eliminare una mosca fastidiosa. Fin troppo fastidiosa» rispose l’uomo «Si trova a Solwin, è un ragazzo piuttosto alto, capelli lunghi e scuri, occhi azzurri, schivo e difficilmente avvicinabile, gira con un mantello scuro e una spada. Non ama troppo farsi vedere in giro, dovrai stanarlo e coglierlo di sorpresa, è piuttosto vigile e non è uno stupido. Si chiama Zefiro»
«Non vi deluderò» promise Alcor
«Lo spero» fu la secca risposta di Radamanto prima di chiudere la conversazione.
E una è fatta. Ora occupiamoci della ragazza.
Radamanto prese tra le mani un altro rubino e come prima mormorò alcune parole che lo accesero di intensa luce sanguigna.
«Radamanto!» esclamò una voce melodiosa, proveniente dalla gemma «Quale sorpresa e quale onore!»
«Ogni tanto fa piacere risentire un vecchio amico» rispose Radamanto sorridendo
«Cosa ti serve?» domandò subito l’altra voce
«Perspicace, proprio come me lo ricordavo» replicò l’uomo ridacchiando, poi tornando serio. «È un compito piuttosto delicato, ma credo vivamente che ne sarai all’altezza…Dove ti trovi ora? »
«Solwin» fu la risposta della voce
«Perfetto! Lì a Solwin si trova una ragazza, una certa Matisse, occhi verde smeraldo…» Sentì il suo interlocutore ridacchiare «Cosa c’è da ridere?» domandò seccato
«Guarda caso, credo proprio di sapere di quale ragazza si tratti. Per una fortuita coincidenza mi trovo a viaggiare con lei…Almeno credo sia lei, non ci dovrebbero essere tante Matisse in questo regno»
Anche Radamanto si trovò a sghignazzare: il suo piano stava procedendo meglio di quanto avesse supposto o anche solo sperato.
«Cosa devo fare con lei?» domandò la voce
«Solo assicurarti la sua totale fiducia e sorvegliarla, oltre che trovare il modo di portarla da me»
«Sarà fatto» rispose la voce.
La gemma si spense, mentre l’ultimo raggio di sole dava il benvenuto alla notte imminente.
 
La notte era immota, silenziosa, tesa, sospesa.
Non un alito di vento increspava l’immobilità delle tenebre, il Myr era stato spezzato dalle alte torri di Solwin e non un refolo riusciva a penetrare nella città. Tutto era immerso in una coltre di silenzio.
Un leggero scalpiccio di piedi e un fruscio di vesti: un’ombra più scura delle altre scivolò furtiva lungo gli umidi muri di pietra delle case, cercando di turbare il meno possibile l’inerte quiete della notte. Improvvisamente l’ombra incespicò e da sotto il manto scuro uscì una colorita imprecazione, dicendo addio al suo proposito di essere silenziosa e discreta.
«Possibile che non riesca mai a fare niente senza che mi inciampi, faccia cadere qualcosa o robe simili?» borbottò Morten.
Come ogni notte, da qualche giorno, andava da Zefiro, che alloggiava in una locanda poco lontana, per tenerlo aggiornato su tutto quello che accadeva. Il ragazzo si era ripromesso di proteggere Matisse a distanza e così faceva: ogni notte si informava su di lei, chiedendo se Barden avesse tentato qualche altro approccio, se Corniolo non la assillava e tormentava troppo, se stava bene, se dormiva, mangiava, se era preoccupata…Insomma facendo quel genere di domande che rivolge un padre premuroso alla nutrice dei suoi figli. Fortunatamente, Barden pareva aver, almeno per il momento, se non totalmente spento, almeno acquietato i suoi ardenti appetiti. Per il resto le giornate scivolavano tutte uguali l’una dietro all’altra, monotone e sonnolente.
Avevano deciso di fermarsi a Solwin una settimana, per riposare, rifocillarsi, fare provviste e approfittarne per dare un’occhiata al Mercato d’Estate. Così la maggior parte della giornata trascorreva tra bancarelle e botteghe. Matisse, abituata al più modesto mercato di Fogliadoro, si imbeveva di quella moltitudine di oggetti esposti, colorati e tintinnati, si estasiava di fronte a qualche animale raro e curioso, portato da stravaganti mercanti di terre esotiche, storceva il naso davanti all’aroma delle spezie o all’intenso profumo delle Camelie tigrate dell’est, assaggiava e provava tutto, spesse volte pentendosene amaramente, e sarebbe rimasta tutto il giorno ad ascoltare i racconti dei viaggiatori o le canzoni dei bardi erranti, se non fosse stato per Corniolo che la richiamava all’ordine, pur permettendole di curiosare e scoprire quel mondo a lei parzialmente nuovo.
Zefiro sorrise di quell’ingenua e dolce curiosità. Matisse da quel punto di vista era ancora una bambina, vissuta per troppo tempo nella tranquillità agreste di Verderamo, lontano dal fascino suggestivo ma pericoloso delle grandi città. Si chiese come avrebbe reagito trovandosi davanti le cupole dorate, le guglie ricamate di sole e i pinnacoli di vetro della capitale.
«Quando tornerai?» domandò Morten
«Quando sarà il momento» rispose laconico Zefiro, come ogni volta che il ragazzo gli poneva la domanda «Fino ad adesso mi sembra ve la siate cavata bene anche senza di me»
«Ma solo perché non è successo niente. E se dovesse aggredirci qualcuno? E se gli Elfi Neri ci attaccassero?» domandò Morten. Zefiro era stato costretto a metterlo in guardia da queste creature, per paura che potessero attaccare di nuovo, e gli aveva chiesto di tenere gli occhi ben aperti. Morten aveva già sentito parlare di questi Elfi, ma credeva che fossero solo creature create per popolare storie da raccontare intorno al fuoco, nelle sere d’inverno, spaventare i bambini. L’apprendere che in realtà esistevano davvero ed erano più spietate che mai l’aveva turbato, e la sua indole paurosa gli aveva urlato di correre via a gambe levate. Ma fortunatamente non aveva avuto il piacere di vedere un Elfo Nero da vicino, fino ad ora.
«Non si avventurerebbero mai in città. E poi, mi sembra che tu sia in grado di maneggiare una spada, o no?» replicò Zefiro
«So giusto giusto come si menano due colpi, quanto basta per difendere mia madre e le mie sorelle in caso di necessità, quando papà è via per lavoro…Ma questo non fa di me un guerriero…»
«E credi che io lo sia? Solo perché riesco a fare qualche affondo coreografico in più?» domandò il ragazzo inarcando un sopracciglio «Un guerriero non è qualcuno che sa mulinare una spada in aria e fare strage di nemici. Un guerriero è qualcuno che da tutto sé stesso per proteggere ciò a cui tiene, lotta per difendere ciò che ama, ma è pietoso e compassionevole e sa quando risparmiare la vita di qualcuno. Anche un ragazzino magrolino come te è un guerriero. Tu sei un guerriero, Morten» dichiarò Zefiro, stringendo la spalla del ragazzo e congedandolo.
Morten ringraziò il buio che nascondeva il rossore che gli aveva imporporato le guance. Dentro di sé, assieme all’imbarazzo, sentiva un calore piacevole irradiarsi per tutto il corpo, scaldandolo: orgoglio.
Con questa nuova e sorprendente consapevolezza nell’animo, ripercorse baldanzoso le vie che aveva attraversato poco prima.
Improvvisamente si sentì spintonare e schiacciare contro la parete del vicolo, avvertì la ruvidezza aguzza della pietra contro la schiena e una mano premuta contro la bocca a soffocare la voce e il respiro. Qualcosa di appuntito gli pungolava l’addome. Morten spalancò gli occhi cercando di distinguere in mezzo a quel nero compatto la figura del suo aggressore. Ma questi era vestito di scuro e aveva il volto coperto e tutto ciò che si riusciva ad intravedere di lui era il luccichio metallico della lama premuta contro la sua pancia e un brillio sanguigno, proveniente da un ciondolo, che aveva tutta l’aria di essere un rubino. Per Morten aveva un aspetto famigliare, sentiva di averlo già visto da qualche parte ma non ricordava dove.
Ebbe appena il tempo di fare questo fugace pensiero che sentì la lama penetrargli fulminea nella carne e qualcosa di caldo bagnargli la camicia. Un rantolo soffocato uscì dalle labbra e le ginocchia cedettero. Morten si accasciò contro la parete, mentre la lama vorace, mordeva la carne, spingendosi più a fondo e ubriacandosi del suo sangue.
«È così, dunque, che muoiono i guerrieri» pensò.
E fu il suo ultimo pensiero.

 
***
Dopo aver litigato con l'html e aver maledetto efp perchè non ha pubblicato questo capitolo (o forse sì, però a me non risulta, quindi può darsi che ci siano due capitoli 16, se è così, avvisatemi), sono finalemnte riuscita ad aggiornare.
Il capitolo è più corto e per allungarlo un po' ho insertio la prima parte che fa da riempitivo (senza sarebbero risultate appena TRE pagine!), però se fa schifo e non c'entra niente lo elimino e vedrò di arrangiarmi diversamente.

VI PREGO VIVAMENTE DI RECENSIRE QUESTO CAPITOLO. Desidero ardentemente sapere se l'ultima parte vi ha sconvolto o vi ha lasciati indifferenti, se ho reso bene la morte di Morten, se la prima parte va eliminata...
Insomma: RECENSITE, RECENSITE, RECENSITE!
A tutti coloro che lo faranno un grazie immenso, a quanti non lo faranno: peste li colga!

Ayr

p.s. Per farmi del male ho deciso di cambiare il font della storia, perchè questo mi faceva un po' pena, e intanto ne approffito per sistemare tutte le incongruenze, errori di svista, battitura e orrori di ortografia che mi avete segnalato (avrei dovuto farlo già da tempo, ma non ne avevo molta voglia XD).
Ditemi se riuscite a leggere, perchè a me sembra un po' piccolino. 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ayr