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Autore: Robigna88    23/07/2015    1 recensioni
Harvey Specter è il mediatore più brillante di New York.
Lisa Sullivan è una donna comune con qualche segreto e molte difficoltà.
Cosa succede se Harvey incontra Lisa?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harvey Reginald Specter, Mike Ross, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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5.

 

 

 

 

 

“Grazie, è stato molto gentile a dedicarmi un po’ del suo tempo,” Lisa sorrise gentile all’anziano uomo dietro il bancone. “Ha il mio numero, se dovesse cambiare qualcosa mi chiami.”

Uscì dal negozio lasciando l’uomo sorridente e sospirò mentre si ritrovava di nuovo nel gelo di New York. Aveva perso il conto di quanti negozi aveva visitato quel giorno, alla disperata ricerca di un lavoro che le permettesse di pagare un avvocato per suo zio Bruno. Un avvocato che mettesse in ordine i documenti dell’uomo in modo da permettergli di rimanere a New York.

Riprese il collare di Rufus, che se ne stava seduto tranquillo sulla soglia della porta, e si piegò sulle ginocchia per dargli una carezza.

“Andiamo a casa adesso,” gli disse. “Sono stanca e probabilmente anche tu.”

Il cane guaì senza staccare gli occhi da lei e di nuovo Lisa ebbe la sensazione che stesse cercando di dirle qualcosa.

Corrugò la fronte perplessa quando il suo cellulare squillò e lo prese dalla tasca del giubbotto.

“Pronto,” rispose ricominciando a camminare.

“Salve, sono Donna Paulsen, la segretaria di Harvey Specter.”

“Ehm… salve Donna. Cosa posso fare per lei?”

“Per me assolutamente nulla tesoro,” rispose l’altra. “Ma Harvey vorrebbe vederti nel suo ufficio.”

“Adesso?”

“Adesso. Se mi dici dove sei manderò un’auto a prenderti.”

“Non è necessario,” Lisa si guardò intorno. “Stavo sbrigando delle commissioni vicino allo studio, quindi posso venire a piedi.”

“Bene, a tra poco allora.”

La donna riattaccò e Lisa non potè fare a meno di sorridere; per il caratterino di Donna e anche perché non le era mai capitato, dopo un appuntamento, di essere contattata dalla segretaria del suo accompagnatore.

Ripensò alla cena con l’avvocato e fece un grosso respiro cercando di mettere in ordine i pensieri. Non era il caso di affezionarsi troppo, ne era certa nonostante quell’uscita fosse andata magnificamente. Non aveva idea del perché volesse vederla ma il fatto che non fosse stato lui stesso a chiamarla le faceva presupporre che questa volta non si trattava di un appuntamento di piacere. Senza rendersene conto, quindici minuti dopo, si ritrovò di fronte al grande palazzo che ospitava lo studio legale di Harvey.

Solo mentre varcava la soglia accolta da un vociare e da una marea di gente realizzò che probabilmente Rufus non sarebbe esattamente stato il benvenuto.

“Signora, mi dispiace,” le disse infatti una guardia raggiungendola. “Ma gli animali non sono ammessi.”

Lisa annuì facendo cenno a Rufus che si mise a sedere immediatamente.

“Mi dispiace molto,” rispose. “Eravamo in centro e sono stata chiamata qui per un appuntamento con Harvey Specter. Non potevo andare fino a casa e tornare qui, non avrei mai fatto in tempo.”

La guardia le sorrise cordiale, poi si avvicinò ad un bancone e compose due numeri. Parlò per alcuni secondi e poi si voltò a guardarla.

“Mi assicura che il cane non farà alcun danno?”

“È buonissimo ed è troppo pigro per creare problemi,” Lisa rise accarezzando la testa di Rufus. “Mi creda, si sdraierà sul pavimento e rimarrà immobile per tutto il tempo.”

“In questo caso,” l’uomo le fece cenno di seguirlo fino agli ascensori e una volta che lei vi entrò premette il tasto del piano giusto prima di salutala con un sorriso. “Buona giornata.”

Lisa lo salutò con un gesto della mano mentre la pigrizia di Rufus iniziava a farsi vedere e il cane si sdraiava poggiando il muso sulla sua scarpa.

 

 

 

 

****

 

 

 

 

Harvey la aspettava seduta sul divano del suo ufficio, piegato in avanti per guardare alcuni documenti poggiati sul bel tavolino. Un bicchiere di whisky stretto nella mano. Dietro di lui un’immensa libreria piena zeppa di dischi in vinile e tutto intorno palline da baseball tenute come trofei.

Lisa si prese un attimo per perdersi nella grandezza di quell’ufficio, nella mobilia bella e moderna, nell’odore virile che regnava nella stanza. Gli si addiceva, pensò guardando l’uomo seduto, concentrato come non lo aveva ancora visto. Le vetrate offrivano una vista mozzafiato della città e lei fissò lo sguardo fuori per un lungo minuto.

Quando lo distolse, per poggiarlo su Harvey, lui la stava guardando con un sorriso stampato sul viso.

“La tua segretaria mi ha detto che potevo entrare,” gli disse sorridendo. “E mi sono persa nella vista della città.”

“Succede spesso anche a me.”

“Questo ufficio è bellissimo, molto… molto da te.”

Lui la raggiunse e diede una lunga carezza a Rufus prima di parlare di nuovo. “È il posto dove passo la maggior parte del tempo. Volevo che fosse accogliente quando ho deciso come arredarlo.”

“L’hai deciso tu? Non sono tutti uguali?”

“Assolutamente no!” replicò lui guardandola. “Ma non ne troverai uno migliore del mio” scherzò.

Lisa rise, con quella risata bella e contagiosa addolcita da quelle fossette sulle guance. “Ne sono certa” disse. “Ma sono sicura che non mi hai chiamata per parlare del tuo ufficio.”

Harvey scosse il capo invitandola a sedersi e le si sedette accanto. “Ti ho convocata per delle questioni che riguardano tuo zio Bruno. Ho fatto qualche telefonata, in quanto suo avvocato e…”

“Aspetta, aspetta” lo interruppe Lisa. “Tu non sei il suo avvocato.”

“Sì lo sono.”

“Da quando?”

“Da quando mi hai conferito l’incarico a cena l’altra sera.”

Lisa scosse il capo abbozzando un sorriso. “Ricordo tutto di quella sera, ma non questo.”

“Ricordo tutto anche io,” le disse lui malizioso.

“Harvey,” sussurrò lei. “Non voglio che tu ti occupi del caso di Bruno.”

“Perché no?” chiese lui. “Lisa, andiamo… sono un ottimo avvocato te lo assicuro.”

“Ne sono certa. Ma non posso permettermi un avvocato del tuo livello, e non voglio che tu lo faccia pro bono.”

“Perché no?”

“Perché hai già fatto molto per noi e non voglio chiederti altro.”

“In realtà, se ci pensi bene, non ho fatto assolutamente nulla” disse lui. “E comunque non me lo stai chiedendo. Sono io che mi sto offrendo.”

Lei scosse il capo. “Non fa alcuna differenza.”

“Fa una differenza enorme,” le disse lui. “ma riparliamone dopo, ora voglio parlarti delle novità che ho.”

“Va bene,” accettò lei. “Dimmi tutto.”

Harvey diventò di colpo serio e Lisa capì che nonostante l’atmosfera scherzosa non si trattava di buone notizie. “Ho fatto alcune telefonate all’ufficio immigrazione.”

“Il tono della tua voce non promette nulla di buono…” sussurrò Lisa.

“Non sono buone notizie,” Harvey le prese delicatamente la mano. “Bruno dovrà tornare in Italia, almeno fin quando non metteremo in ordine i suoi documenti per permettergli di ritornare, seguendo la legge stavolta.”

“Cavolo” mormorò Lisa. “Questa è… non me la aspettavo.”

Si accorse che le lacrime le pizzicavano gli occhi e liberò la mano dalla presa di Harvey per coprirsi il viso. L’uomo le diede un attimo per sfogarsi, poi le accarezzò piano i capelli chiusi in una disordinata coda di cavallo.

“Metteremo le cose a posto, te lo prometto” le disse.

Lei si asciugò gli occhi e si prese un secondo, accarezzando Rufus che le si era avvicinato. “Come?”

“Lo rimandiamo in Italia con un comodissimo biglietto in prima classe. Lui rivede la sua famiglia, si rilassa… come un viaggio. Nel frattempo io sistemo tutti i documenti e poi lo riportiamo qui.”

“Sono io la sua famiglia.” Lisa scoppiò a piangere. Una situazione davanti alla quale Harvey, solitamente, non avrebbe saputo cosa fare.

Con lei però, mentre la stringeva tra le braccia, sembrò quasi naturale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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