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Autore: gloriabarilaro    26/07/2015    1 recensioni
"La mia storia d’amore inizia così: una ragazza dagli occhi ipnotici che mi chiede una sigaretta in una fredda mattina di ottobre. Allora non sapevo cosa significasse tenere davvero qualcuno, rimanergli accanto nonostante la sua presenza ti corrodesse piano a ogni suo semplice respiro. Allora non sapevo nulla, solo che quella ragazza sembrava troppo bella per essere vera: e con la vista un po’ annebbiata dall’alcool, l’unica cosa che i miei occhi catturavano con chiarezza era il colore dei suoi. Quell’azzurro ghiaccio, quel mare ghiacciato in cui mi sarei perso volentieri.
Quello sguardo di ghiaccio, quel sorriso rotto, quella mente contorta, lei: tutto quello di cui avevo bisogno; tutto quello che mi avrebbe distrutto."
[Jack O' Connell, Lily Loveless, Kathryn Prescott e Logan Lerman (crossover)]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo tre

Don’t you see me, I
I think I’m falling
I’m falling for you
 
[The 1975, Fallingforyou]



 
Guidai con cautela, senza superare il limite di velocità e rispettando tutti i cartelli e i semafori, cosa insolita da parte mia. Ero preoccupato per Lily, ma lei sonnecchiava tranquilla, distesa sui sedili posteriori dell’auto, e mugugnava cose incomprensibili.
Quando arrivai a casa mi tranquillizzai, constatando che stava bene e il suo piede era stato ferito più che altro da unico grosso coccio, quindi le schegge da togliere non erano molte e me la sarei cavata, da solo; la feci sdraiare sul divano e andai veloce a prendere ciò che mi occorreva, mentre lei mi seguiva con lo sguardo e stava zitta, chiedendosi, forse, cosa avessi in mente.
Fu quando vide la pinzetta che avevo in mano che scattò in piedi in un baleno, strabuzzando gli occhi. « Oh, no. No no no no. No. »
« Tranquilla, l’ho già fatto altre volte. Ci vorrà pochis... »
« Non ci pensare nemmeno! Non voglio. Metti via quelle cose, io me ne torno a casa! » ma, quando si guardò attorno, la confusione più totale fu chiara sul suo volto: se non sapeva nemmeno come uscire di lì, come poteva tornare a casa?
« Lily, non preoccuparti. Ci vorranno pochi minuti. Se ti faccio male hai diritto a tirarmi un ceffone, okay? »
Lei mi guardò. Pure da brilla, capiva che quella mia proposta era piuttosto insolita. Neppure io, in realtà, sapevo dove l’avessi tirata fuori, fatto stava che ormai l’avevo detta, quindi non potevo rimangiarmela. Incominciai a sentirmi in soggezione con quegli occhi azzurri ghiaccio, quindi abbassai lo sguardo per evitare il suo. Lo rialzai poco dopo, però, perché lei era scoppiata in una fragorosa risata, lasciandosi cadere di peso sul divano.
« Va bene » disse infine, tra una risata e l’altra. « Prima, però, gradirei un caffè. »
 
L’effetto dell’alcool le era quasi passato, prova di questo fatto era il mal di testa di cui si lamentava. La sentivo mugugnare e rigirarsi nel mio letto anche lì nel salotto, sdraiato sul divano com’era lei fino a poco prima, a fissare il soffitto.
Non riuscivo a dormire. Pensare di averla lì, a pochi metri, non mi aiutava a rilassarmi e ad assopirmi. Nonostante sapessi che non fosse nelle condizioni per fare qualsiasi cosa (anche se, in realtà, le mie intenzioni non erano cattive, anzi) continuavo a costringermi a rimanere dov’ero, fermo. La verità era che avevo una gran voglia di parlarle: non sapevo bene di cosa, volevo solo sedermi con lei e ascoltarla. Aveva quella voce straordinaria, del tipo che ascolteresti per ore e ore. Io, perlomeno, l’avrei ascoltata tutta la notte.
Il suono del cellulare mi scosse dai miei pensieri: guardai l’orologio, e mi accorsi che erano ormai le tre meno venti di mattina. Sbuffando, mi alzai e andai a recuperare lo smartphone nella tasca della giacca: sul display, a caratteri chiari, c’era il nome del mio amico che avevo abbandonato in discoteca per correre dietro la stessa ragazza che mi stava facendo dannare da giorni, e che ora era nel mio letto. Come facevo a dirglielo, dopo che avevo affermato che l’amore non faceva effetto, su di noi?
Magari era solo una cotta. Scossi la testa, rimproverandomi mentalmente per il fatto che io non avevo più l’età per semplici cotte adolescenziali; e Lily mi aveva preso davvero, non sapevo nemmeno come, né il perché: come potevo spiegarmi quella voglia di proteggerla, nonostante tutto e tutti? Quella voglia di stringerla a me, quella voglia di sapere cosa ci fosse dietro quello sguardo di ghiaccio; Quella voglia di sapere chi altri aveva sfiorato quella pelle bianca, baciato quelle labbra.
Intanto la chiamata si chiuse, e a distanza di pochi secondi ne arrivò un’altra: a quest’ultima, però, risposi subito.
« Jack? Jack, dove cazzo sei? » Logan gridava per sovrastare il casino del locale. Per non disturbare Lily, uscii e risposi al mio amico: « A casa. »
« A casa? Scherzi? Dovevamo festeggiare! » mi rimproverò lui, mentre in sottofondo si sentivano Megan e Kathryn che ridevano e parlavano: « Che stronzo, ci ha lasciati da soli! »
« Sono arrivati anche Tyler e Dennis, manchi solo tu. Davvero, perché cazzo non torni qui? »
Mi voltai verso la porta e risposi con un filo di voce: « Ho da fare. »
« Che cosa? Cosa c’è di meglio che stare con i tuoi amici? »
Mi venne da ridere. Era la stessa domanda che gli facevo io quando diventava depresso e non aveva voglia di uscire. « Inoltre, Ty ha portato della roba che sembra la fine del mondo, stiamo aspettando solo te per provarla. »
« Ho una bomba super sexy nel mio letto. Devo dire qualcos’altro? »
Logan si mise a ridere. « Questo spiega tutto. In questo caso, ci vediamo domani. »
« Lasciatemene un po’ » gli dissi, prima che riattaccasse.
« Scordatelo » mi rispose ridendo, e chiuse la chiamata.
 
Un battito di ciglia e mi ritrovai sulla soglia della mia camera. Lei era sdraiata su un fianco, mi dava le spalle: i suoi capelli si stiracchiavano morbidi sul cuscino bianco, le coperte le fasciavano il petto nudo fin sopra al seno, e la linea della sua vita, dei suoi fianchi e delle sue gambe si stagliava in controluce, mentre i raggi argentei della luna le illuminavano la pelle delle braccia, del collo, delle guance.
Mi avvicinai piano a lei, con il respiro ingiustificabilmente veloce, e mi sedetti sulla sedia della scrivania. Per calmarmi, mi accesi una sigaretta.
Forse fu la puzza di fumo, forse il mio respiro troppo affannato, o forse si era accorta della mia presenza, fatto sta che lei si ridestò dal sonno e mi guardò, aggrottando la fronte. Mi aspettavo che si mettesse ad urlare di andarmene, che si coprisse il seno con le braccia e mi guardasse male, ma non fece nulla di tutto questo. Sì, si coprì il seno con le braccia quando si mise seduta, ma mi guardò tranquilla, sorridendomi, e sussurrò: « Hai una sigaretta anche per me? »
 
« Scusami, non volevo svegliarti. »
Lei fece un gesto non curante con la mano, poi si portò quest’ultima sulla fronte. Io aspettai che la smorfia che si era dipinta sul suo viso svanisse, ma si alleviò solo un poco, quando si voltò verso di me e mi chiese: « Hai un’aspirina? »
« Il rum inizia a scatenarsi con i suoi effetti collaterali? »
Lei fece una smorfia infastidita, buttò gli occhi al cielo. « Spiritoso » mormorò sarastica, poi perse lo sguardo nel vuoto e rise. Tenni la sigaretta incastrata tra i denti mentre aprivo e chiudevo i cassetti del comodino per cercarle qualcosa. Mi voltai e andai a cercare in bagno. Non ci misi molto, ma quando tornai lei si era già rimessa l’intimo, cercava i suoi vestiti con lo sguardo tenendo le braccia incrociate sul petto.
Mi fermai a guardarla, appoggiato sullo stipite della porta. « Ho messo a lavare tutto – le dissi, attirando la sua attenzione – In macchina ti sei vomitata un po’ addosso. »
Lei mi sorrise di nuovo, venne verso di me e prese la scatola bianca che le porgevo, incurante della sua semi-nudità. Sembrava quasi a suo agio. Aveva ancora la sigaretta tra le dita, la aspirava avidamente come se fosse il suo respiro. Chiudeva gli occhi, ogni volta che teneva il fumo dentro i polmoni qualche secondo in più; scoprii che non mi dispiaceva guardarla proprio in quei momenti: mi immaginavo quell’espressione sul suo viso mentre le baciavo il collo, quella pelle morbida e bianca sulle clavicole...
Ingoiò l’aspirina senza acqua, tra un tiro e l’altro. Spalancò il mio armadio, smosse le maglie e le felpe ordinate, sfiorò con le dita le camice e i jeans appesi. « Sei il ragazzo più ordinato che abbia mai incontrato, sai? » rise, afferrando una maglia e buttandosela addosso. Mi grattai la nuca, le sorrisi indeciso se prendere quell’affermazione come un complimento o altro.
 



Scusatemi scusatemi e scusatemi ancora per l'enorme ritardo. Mentre voi aspettavate impazientemente (oppure no?) il nuovo capitolo, io ho creato un profilo su wattpad, in cui ho caricato questa storia. Ho aspettato, quindi, di arrivare al terzo capitolo per poter aggiornare anche qui, visto che ho ripreso a scrivere questa storia e sono intenzionata a finirla!
Intanto, se avete wattpad 
(dove accedo più frequentemente in quanto seguo altre storie e pubblico messaggi in caso di problemi con gli aggiornamenti), potete trovare il mio profilo qui per potermi seguire, o aggiungere questa storia alla vostra biblioteca. Voti e commenti sono sempre graditi! 
Un bacio a tutti!
Glo.
 
   
 
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