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Autore: MuchLoveNoah    27/07/2015    2 recensioni
Noah Regan si trasferisce all'estero per portare avanti i suoi studi. Incontrerà quattro ragazzi un pò strani, ma tutto sommato simpatici, durante il suo soggiorno. Non può immaginare a cosa la porterà questo incontro.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#Capitolo 8


 
Le settimane passarono velocemente, forse perché furono estremamente ordinarie, o forse perché cominciamo ad abituarmi alla mia nuova vita.
Mangiavo qualcosa al volo la mattina, andavo a lezione con i ragazzi, pranzavamo insieme, andavo alle lezioni del pomeriggio, a volte sola a volte in compagnia; ci fermavamo da Starbucks a chiacchierare per ore davanti ad un caffè, cenavamo in college e passavamo bellissime serate: mi chiedevo se tutto questo abituarmi mi stesse facendo male.
Fu così che tra tutto ciò alcune settimane volarono e il freddo di novembre nonché il Ringraziamento arrivarono più velocemente del previsto. Avevamo cinque giorni liberi, chi voleva poteva tornare a casa per fare visita alla famiglia: così aveva fatto Ariana, tornando a Barcellona; io invece avevo deciso di passare quei giorni in college e godermeli nel modo più semplice possibile, i ragazzi invece pur volendo vedere le loro famiglie erano costretti a rimanere a Boston a causa di progetti ancora in corso alla Berklee. Morale della favola: ero spesso sola, i ragazzi tornavano tardi e ciò che facevo era guardare serie tv nel mio pigiama, stare sdraiata sul letto e dare segni di vita ogni dodici ora mettendomi alla ricerca di cibo.
Qualcuno avrebbe definito le mie vacanze ‘tristi’ e ‘buttate’, ma onestamente mi stavo rilassando e anche divertendo; non negavo però che avrei potuto fare qualcosa di meglio invece che guardare serie tv e abbuffarmi di schifezze, e avrei potuto passare il mio tempo in compagnia diversa da quella di un pc. Che ci potevo fare se ero solitaria per natura?
In quel momento uno spiraglio della mia porta si aprì, e ne spuntò la testa di Brad un secondo dopo, con il solito sorrisetto.
-“Bel pigiama”- disse ridendo. In quel momento mi guardai nello specchio sul retro della porta: avevo i capelli tirati su in una cipolla disordinata, la felpa extralarge con lo stemma del college e leggins neri.
-“Ciao anche a te”- dissi ridendo
-“Stasera alla Berklee c’è il saggio per il Ringraziamento. Presentiamo i lavori degli ultimi mesi, ci farebbe piacere se tu venissi”- disse lui tirando un sorriso.
-“Mh… non lo so Brad”- dissi poco convinta.
-“Ehi, le puntate di The Vampire Diaries non scappano sai”- disse sarcastico. Io lo guardai.
-“Sono così orribile, eh?”- dissi ironica. Lui scoppiò a ridere.
-“No, anzi stai benissimo. Solo, da quanto non esci?”- io lo guardai e lui mi inviò uno sguardo esplicativo –“solo stasera, dai”- disse inclinando la testa.
-“E poi sarò libera di abbuffarmi e guardare tutte le serie tv che voglio?”- dissi ironicamente alzando le mani
-“Diciamo di sì”- disse ridendo
-“Allora si può fare”- dissi ricambiando il sorriso.
Il mio pomeriggio passò stando ancora davanti al pc, comodamente sdraiata sul letto. Avevo praticamente perso il concetto spazio-temporale, infatti Brad sarebbe passato alle 18 per andare insieme alla Berklee ed io mi accorsi appena in tempo dell’orario.
Mi misi sotto la doccia, poi mi vestii comodamente con felpa, jeans, vans, giacca di pelle nera e sciarpa dello stesso colore. Decisi anche di applicare un po’ di fondotinta per coprire i numerosi sfoghi sulla mia faccia causati dalla pessima alimentazione degli ultimi giorni, poi piastrai leggermente i capelli che decisi di lasciare sciolti. Nello stesso momento sentii bussare alla mia porta, aprii e senza sorpresa trovai Brad.
-“Stai benissimo”- disse squadrandomi. Il suo commento mi stranì.
-“Mi vesto così tutti i giorni”- dissi confusa indicando i miei vestiti. Lui sorrise.
-“Appunto”- abbassai lo sguardo e lo spinsi, cosa che lo fece ridere.
Camminammo fino alla Berklee rimanendo quasi in silenzio. La cosa non mi dava problemi dato che non ero mai stata un tipo di molte parole, tuttavia sentivo Brad molto a disagio e trovavo la cosa in parte divertente.
Finalmente entrammo nell’atrio della Berklee, era una scuola bellissima soprattutto in quei giorni in vista del saggio. Ci trovai i ragazzi, non erano agitati né per il saggio né per la vista di tanto pubblico, ci tenevano più che altro a finire il più presto possibile. Parlammo per circa cinque minuti, mi dissero poi che ci saremmo rivisti all’uscita della scuola e non prima dato che dovevano rimanere dietro le quinte per tutto il tempo fino alla fine dello spettacolo per poi uscire ai ringraziamenti finali. Annuii, li guardai allontanarsi e presi poi posto nelle ultime file.
Gli allievi erano tutti molto bravi, mi accorsi rapidamente del loro alto livello: cominciavo a capire perché i ragazzi avessero fatto tanto per entrare in quella scuola. E dopo quaranta minuti di esibizioni finalmente arrivò il loro turno. Si esibirono in una cover di “22” di Taylor Swift (
https://www.youtube.com/watch?v=_CiyDlUle-8 ), non ero di certo una musicista, non sapevo nemmeno suonare una chitarra ma mi sembrarono incredibilmente bravi ed ebbi la sensazione che tutto il pubblico stesse pensando la stessa cosa. La conclusione della loro esibizione fu seguita da molteplici applausi. Dopo qualche minuto di silenzio mi stupii nel vedere Tristan risalire sul palco, questa volta però era solo e aveva una chitarra. Aggiustò il microfono, poi si schiarì la voce e cominciò a parlare.
-“Dunque… chi mi conosce sa che non amo essere al centro dell’attenzione e che non penso di saper davvero cantare”- ci fu una risata generale –“però ho sempre pensato che la musica esprimesse al meglio ciò che non sono capace di dire a parole. C’è qualcosa che vorrei dire ad una ragazza in particolare e penso che questa sia la migliore maniera per farlo. Spero che lei lo colga e che la canzone vi piaccia”- le sue parole furono seguite da alcuni applausi incerti, poi calò il silenzio e cominciò a suonare la chitarra. Cantò una canzone che non avevo mai sentito prima (
https://www.youtube.com/watch?v=o2-Tq9ekCHY , ascoltatela perché è importante per lo svolgimento della storia❤). Trovavo anche lui bravissimo e pieno di talento, non mi capacitavo di come potesse pensare il contrario, e a giudicare dagli applausi alla fine dell’esibizione il pubblico la pensava come me. Ero così contenta che fossero così bravi nella strada che avevano deciso di intraprendere, e non mi pentii affatto di essere uscita dal letto per prendere parte a quel saggio.
Era ancora rimasta un’ora di esibizioni, alle quali cominciai a non prestare più molta attenzione. Improvvisamente sentii toccarmi la spalla e al mio fianco trovai una ragazza dalla pelle scura e capelli ricci.
-“Ti ho vista con Tristan Evans nell’atrio, sei una sua amica?”- disse bisbigliando, io annuii – “ha lasciato i suoi appunti vicino al mio violoncello, potresti darglieli tu al posto mio?”- mi chiese porgendomi un raccoglitore colmo di fogli.
-“Certo”- bisbigliai sorridendole. Lei mi diede il raccoglitore e la guardai allontanarsi.
Le esibizioni di musica classica cominciavano davvero ad annoiarmi, tuttavia dovendo rimanere fino alla fine decisi di trovarmi qualcosa da fare. Aprii il raccoglitore di Tristan, riconobbi subito la sua calligrafia disordinata. Notai che aveva scritto il piccolo discorso pronunciato quella stessa sera, e a mia sorpresa più di una volta: aveva riempito decine di fogli con diverse versioni; girai tutte le pagine fino ad arrivare a quella che aveva scritto per prima, di cui lessi distrattamente la prima frase.

 

“Questa canzone è per Noah, sperando che finalmente capisca come mi sento tutte le volte”


Il mondo sembrò bloccarsi intorno a me, non sentivo più nessun suono e non mi sembrava di sentire neanche più il mio corpo.
Tristan aveva cantato quella canzone per me, Tristan aveva indirizzato a me il significato del suo testo. Tristan provava più di una semplice amicizia.
Ripresi piano piano il controllo di me stessa e di ciò che mi circondava; mi alzai velocemente senza curarmi di quanto rumore stessi facendo o di quanta gente avessi disturbato, corsi nell’atrio e abbandonai il raccoglitore di Tristan su un tavolino qualsiasi.
Presi a correre per le strade di Boston, senza una meta precisa, senza il più assoluto controllo di me stessa, della mia testa, dei sentimenti che non avevo mai provato, che nessuno aveva mai tentato di smuovere.
Mi fermai in mezzo ad una strada qualsiasi, era tutto così calmo mentre io, persona razionale per 18 della sua vita, stavo diventando un miscuglio di sensazione senza una connessione logica. Faceva troppo freddo per correre, ed era stato fin troppo pericoloso. Non mi sorpresi quando mi trovai davanti allo Starbucks a pochi metri dal college; ero sempre prevedibile e sempre razionale: non sarei mai scappata in luoghi che non conoscevo. Sempre razionale.
Mi scese una lacrima, che poi ne chiamò un’altra ed un’altra ancora.
Mi presentai al desk e ordinai una cioccolata praticamente in lacrime, sotto gli occhi del commesso visibilmente in imbarazzo. Mi stavo semplicemente odiando in quel momento.
Presi la mia cioccolata e decisi di sedermi ad un tavolino poco lontano dall’entrata. Dopo poco vidi entrare Tristan, che dopo essersi guardato intorno, tenendo in mano il suo raccoglitore, mi vide.
Aveva capito cosa era successo, aveva capito perché. Io appoggiai dei soldi sul tavolino e corsi all’uscita dalla parte opposta. Stavo correndo ma qualcosa mi bloccò il braccio da dietro. O meglio qualcuno.
-“Noah, ti prego… non scappare da me”- disse quasi disperato. Io scoppiai a piangere, un’altra volta. La mia vista sembrò distruggerlo.
Si avvicinò a me, le nostre fronti si toccarono e lui tentò di guardarmi negli occhi.
-“Devi smetterla di avere paura”- sussurrò vicino alle mie labbra.
-“Non ho paura”- dissi determinata, allontanai da me Tristan e mi asciugai le lacrime.
-“Certo che ne hai”- urlò lui- “tu non hai paura di vivere forse, di stare da sola, di viaggiare da sola, di essere indipendente. Ma hai paura di perdere la tua autonomia, di appoggiarti a qualcuno, di mostrare le tue debolezze, di piangere, di guardare qualcuno come io guardo te. E allora lascia che ti chieda che razza di vita pensi di vivere”- disse con il fiatone –“la vita è troppo breve e difficile per fare tutto da soli”- disse piano inclinando la testa e mantenendo lo sguardo su di me.
-“Non puoi farmene una colpa se sono così, non puoi pretendere che io sia sbagliata perché noi due siamo diversi. Tu forse pensi di amarmi ora, ma è proprio per questo che non funzionerà. Io ho paura dei rapporti che ti distruggono, delle cose che non posso controllare”- dissi ad alta voce. Lui si riavvicinò a me.
-“E paura di amare”- disse sospirando
-“E paura di amare”- ammisi io.
-“Non devi”- disse dopo una pausa. Le sue labbra toccarono le mie, riscaldandole e proteggendole da quel freddo pungente di metà novembre.
 
 


-Solito angolo-
Mi odierete per quello che sta succedendo, ho capito che tra di voi ci sono molte più #broah shippers che TristanxNoah (trovatelo voi un nome che io non sono capace ahaha). Ma lo avevo già in mente dall’inizio, è parte della storia; sappiate che però i ‘colpi di scena’ non sono finiti qui, quindi
non sfiduciatevi !
Grazie ancora per le varie recensioni, spero che nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto. Comunico che a breve avrò una serie di impegni per circa una settimana, quindi non so se riuscirò ad aggiornare, di sicuro non così frequentemente (come al solito
quando e se ci saranno recensioni). In ogni caso è solo per una settimana, quindi non vi sto abbandonando.
A presto!
 

  
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