Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Conodioeamore    28/07/2015    1 recensioni
Non è facile vivere in una famiglia che ti guarda ogni giorno come se fossi un pericolo. Un fratellastro talmente odioso che ti bullizza sempre. Una madre che ogni volta che posa lo sguardo su di te è per ricordarti che sei frutto di una notte passata con un angelo nero. Eppure, questa è la mia famiglia. Sono angeli dalle bianche e candide ali, hanno successo in qualsiasi cosa facciano, mentre io no. Per questo motivo, verrò sempre guardata con disprezzo da loro, perché non sarò mai quello che sono loro: un angelo bianco.
Il mio nome è Senja, che in greco antico sta a significare un'estraneo. Ed è proprio quello che sono io: un'estranea in una famiglia di angeli. In un certo senso è ironico, non siete forse d'accordo con me?
© (Copyright 2015 by Martina Carlucci)
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Profonda ferita che si schianta sulla tua insulsa vita, il mio odio distruggerà le tue parole malsane di superiorità. Sento scorrere in me la più grande avversione verso una creatura che nel cuore aveva preso un posto d'onore. Muori e giaci sulle spoglie della tua disfatta dopo che hai Distillato il mio sangue in un cuore malaticcio d'amore. (ODIO – DI BAUDELAIRE) Non riuscivo a crederci che l'avevo fatto. Ero riuscita a tenere testa amico fratello. Evento raro che bisognava per forza annotarlo su un registro. Ancora mano nella mano con Gage, mi diressi molto irrequieta verso casa, anche se sarei volentieri andata a studiare con lui da un'altra parte. Magari in biblioteca. Avremmo potuto benissimo prendere dei mezzi pubblici ma preferimmo camminare a piedi. «Hai intenzione di stringermi la mano ancora per molto?» mi chiese il ragazzo. Nell'imbarazzo più totale, gli lasciai andare la mano. «S-scusa» balbettai, arrossendo subito dopo. Gage mi sorrise divertito. «Sei proprio buffa!» Lo guardai stupita. Buffa? Avevo capito proprio bene? Mi trovava buffa? «Perché mi trovi buffa?» gli chiesi. «Per come ti comporti. Non tutti hanno il coraggio di tenere testa ad un angelo del rango di tuo fratello.» «Io non lo vedo come l'arcangelo Michele, ma semplicemente come un...» Mi bloccai nel preciso momento in cui provai a dire quella parola. Era come se le mie corde vocali si rifiutassero di pronunciare quella parola. Perché? «Fratello» concluse Gage al posto mio. Mi limitai ad annuire. «Ti ho mentito sul rapporto che ho con lui.» Gage inarcò un sopracciglio. «Lui non mi sopporta affatto. Anche se prima, inspiegabilmente, ha interpretato il ruolo del fratello geloso della sua sorellina.» «Credo che sia normale, nelle sue condizioni. Fa bene a non fidarsi di nessuno, specialmente ora che Samael lo sta cercando.» «Tu come fai a saperlo?» gli chiesi titubante. Senza che me ne accorsi, arrivammo davanti il giardino di casa mia. Entrammo, e stranamente la casa era deserta. Carl doveva essere a lavoro, così come mia madre. Posammo le borse in soggiorno ed andai in cucina. «Posso offrirti qualcosa? Una torta, un succo di frutta o altro?» gli domandai. Gage si avvicinò a me. «Se ce l'hai la torta» mi disse, accennando un sorriso. Quel ragazzo emanava un'attrazione alla quale mi era quasi impossibile oppormi. I suoi occhi erano in grado di leggermi dentro. Mi avviai verso la credenza e presi il contenitore rotondo dove dentro c'era la torta al cioccolato. «Ti piace il cioccolato?» gli domandai, mentre alzavo il coperchio. Gage accennò un sorriso. «Lo adoro.» Andai a prendere un coltello dal cassetto della cucina e tornai con un paio di piatti. Mi misi a tagliare la torta. «Sembra buona» commentò il ragazzo, con un sorriso beffardo. «Tranquillo, non ho nessuna intenzione di avvelenarti.» L'angelo nero accennò un sorriso, poi prese il piatto con dentro la fetta di torta. «Prima gli ospiti» esordisco, abbozzando un sorriso. Gage non perse tempo ed assaggiò la torta. «Complimenti, è veramente buona» si complimentò lui. Iniziai a mangiarla anch'io. Dovevo ammettere che era veramente squisita, mia madre era abbastanza brava a cucinare dolci. «Grazie. L'ha preparata mia madre.» Mi pentii immediatamente di quello che avevo appena detto ed abbassai la testa, quasi come se fossi la causa di tutti i mali del mondo. «Ehi, Sen va tutto bene?» mi chiese il ragazzo preoccupato. Scossi la testa, cercando di alleggerire quello stupido senso di colpa. Quando Gage se ne accorse, s'impietosì. «Ti va di parlarne?» «Magari un'altra volta, sarebbe meglio se ci mettessimo a studiare» dissi in tono tagliente. Ci alzammo dal tavolo ed andammo a prendere i libri e i quaderni per iniziare il ripasso. «Allora, quali sono le tue principali lacune?» mi domandò con fermezza. Iniziai a sfogliare il quaderno, alla ricerca delle ultime spiegazioni del professore di algebra. Sorrisi un po' a disagio, ma poi mi feci coraggio e gli feci vedere qualche punto cosicché capisse dove avevo più difficoltà. «Ma dai, questa roba è una cacchiata» mi aveva detto quando gli avevo fatto vedere uno degli argomenti che con avevo capito. I suoi modi da saputello mi fecero salire i nervi, tant'è che dovetti calmarmi più volte. Alla fine, però, riuscii a capire dove commettevo la maggior parte degli errori e quindi a non ripeterli più. Era ormai giunta la sera quando terminammo tutti i compiti. Attendevo con impazienza l'arrivo di mio fratello e una delle sue scenate, che quasi mi dimenticai che Gage era lì con me. Guardai l'orologio del mio cellulare che segnava le sette meno cinque. Era veramente strano che nessuno dei miei familiari non fosse ancora rincasato. «Tra quanto vengono i tuoi?» mi domandò Gage, mentre s'infilava la giacca. «Veramente, dovrebbero già essere qui» gli risposi, perplessa. «Sicura che starai bene da sola?» «Sì, non ti preoccupare. Nessuno potrà nuocermi, sono un angelo nero, ricordi?» esordii, cercando di rassicurarlo. Mi prese la mano tra le sue, ma la lasciò quasi subito andare. «D'accordo, se insisti...» Gage lasciò la frase incompiuta. Mi porse la mano che non esitai a stringere. «Grazie, per essere stato paziente con me.» Il ragazzo mi accennò un sorriso solare e, una volta messosi lo zaino in spalla, uscì dalla porta. Avrei voluto invitarlo a restare a cena per farmi compagnia, ma non mi sarei mai voluta approfittare della sua gentilezza. Però... «Ehi!» lo chiamai dall'uscio della porta. L'angelo si girò verso di me. Il suo sguardo voleva dire: «Cosa c'è ancora?» Mi feci coraggio e gli chiesi: «Magari la prossima volta resti a cena, che ne dici?» Il mio tono di voce risuonò alquanto insicuro. «Volentieri» disse, sorridendo beffardo. Non capii se mi stesse prendendo in giro, oppure aveva veramente voglia di cenare con me. «Ci vediamo a scuola» mi salutò, sparendo nell'oscurità della notte. «A domani» sibilai, arrossendo. Entrai dentro casa, il cuore nel petto mi batteva all'impazzata e le gambe non mi reggevano più. Dovevo assolutamente riprendermi. Non riuscivo a comprendere quello che mi stava succedendo. È possibile che gli angeli neri provino dei sentimenti umani? Dovevo assolutamente parlarne con Carl. Andai a prendere il cellulare per chiamarlo, ma subentrò la segreteria telefonica, che mi diceva che momentaneamente la persona cercata non era raggiungibile. Salii nella mia stanza ed andai a farmi una doccia. Iniziai a preoccuparmi, perché non era ancora ritornato nessuno? Dal corridoio, sentii qualcuno accendere l'interruttore. Di scatto, chiusi l'acqua ed uscii dalla doccia. Mi infilai il minuscolo accappatoio e per non fare rumore rimasi a piedi scalzi. Vidi un'ombra fermarsi davanti la porta del bagno, così capii che quello era il momento giusto per agire. Aprii di scatto la porta e mi scagliai addosso al presunto maniaco. Tantoché cademmo entrambi per terra. Stavo per sferrargli un pungo in faccia, ma venni bloccata dalla sua mano. Me la strinse talmente forte da farmi male e gemetti per il dolore. «Ehi, ma sei impazzita?» mi rimproverò una voce familiare. Alzai lo sguardo e vidi che non era un maniaco, ma solamente mio fratello. Mi stava guardando incredulo. «Scusa, credevo che fossi...» Lasciai la frase incompleta, diventando rossa per l'imbarazzo. «Chi?» domandò seccato. «Niente, lascia perdere» mugolai. D'un tratto, mi resi conto dello stato in cui mi trovavo e sprofondai nella vergogna. Mi sentivo a disagio e in imbarazzo per com'ero conciata. Avevo il corpo ancora bloccato in una posizione poco dignitosa, quando realizzai il tutto. Mi strattonai via da Micka e mi alzai di scatto. «Era ora che ti togliessi di dosso!» disse in tono amaro. «Scusami» balbettai, abbassando lo sguardo. Mentre mio fratello si alzò io andai verso la mia camera da letto, chiudendo di fretta la porta. Mi guardai la mano con la quale stavo per colpire mio fratello. Mi faceva male, stava diventando viola. Possibile che me l'avesse storta? Feci appena in tempo di infilarmi le mutandine e di allacciarmi il reggiseno che la porta si spalancò di colpo. «Senja...» Mio fratello era entrato senza bussare, con una completa furia che mi fece venire i brividi lungo la schiena. D'istinto mi coprii il seno con le mani, anche se avevo indosso il reggiseno. Mi sentivo nuda. «Cazzo, Micka esci immediatamente!» urlai seccata. Mickael parve in imbarazzo, tuttavia rimase a fissarmi. «Volevo sapere se stavi bene.» Inarcai un sopracciglio. «Ti sembra questo il momento per farmi delle domane? Non potevi aspettare che finivo di vestirmi?» gli dissi in tono tagliente. «Scusami hai ragione.» Fece per andarsene, ma si voltò di nuovo verso di me, come se ci fosse qualcos'altro ma immediatamente uscì dalla porta. «Papà e mamma questa sera non torneranno» disse poco prima di richiudere la porta dietro di se. La sua frase mi lasciò del tutto spaesata. Non capivo. Perché non sarebbero tornati? Era forse successo qualcosa? Mi sbrigai ad infilarmi il pigiama e a raggiungere mio fratello in cucina. «Che cosa significa che non torneranno?» gli domandai alterata. «Carl ha chiamato e ha detto che è stato convocato dai Troni.» «E cosa c'entra la mamma? Lei non è un angelo.» «Volevano parlare anche con lei» ribatté. Non dissi più nulla, non avendo altre domande da fargli, quindi me ne andai in cucina a prepararmi un'insalata. «Che cosa c'è fra te e quell'angelo nero?» mi domandò Mickael, comparendo alle mie spalle. Sussultai, ma non mi volsi. «Che cosa c'è fra te e Seraphine, invece?» ribattei retorica. «Non sono affari tuoi» mi rispose seccato. Mi girai a guardarlo negli occhi. «Vale anche per te, allora. Non immischiarti nella mia vita.» Presi l'insalata ed andai in camera mia, lasciandolo solo con i suoi pensieri. Dopo aver finito di cenare mi misi a letto. Sdraiata sul materasso, fissai il soffitto mentre mi accarezzavo i capelli, ricordando quello che era successo il pomeriggio con Gage. Quella notte, imparai che la sua compagnia non mi bastava: desideravo che stesse ancora al mio fianco. Era diventato come una droga. Mi pareva ancora di avvertire il calore delle sue mani sulla mia... E desideravo ardentemente sentirlo di nuovo. Ma imparai anche un'altra cosa... che mio fratello provava una forte gelosia nei miei confronti. .................................................................................................................................................... Ragazzi, perdonatemi per la lunga attesa ma non avevo proprio idee su come sviluppare questo capitolo così ho scritto le quattro cavolate che mi sono passate per la capoccia. Spero che vi sia piaciuto lo stesso.. Spero che le idee mi vengano più in fretta, - Dark Dreamer :3
   
 
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