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Autore: Fauna96    28/07/2015    2 recensioni
La storia di Jimmy, Gloria e Christian: tre anime inquiete che cercano di sopravvivere nel mondo, legate da un solo destino.
Dal prologo: "Jimmy si morse il labbro. Non era giusto. A nessuno importava di lui, solo perché aveva dieci anni!
Salì di corsa le scale, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Che aveva fatto di male per essere trattato come un poppante? Sì, non era ancora adulto, ma non era nemmeno uno stupido moccioso!
- Jimmy -.
Sua sorella Gloria lo guardava dalla porta della camera, infagottata in un pigiama rosa. – Che è successo? -
***
Christian si asciugò le lacrime e cercò di guardare fuori dal finestrino: il quartiere industriale dove era nato e cresciuto era sparito; si accorse con stupore che stavano attraversando la strada del centro di Detroit. Ma dove erano diretti? Davanti a lui sfilavano palazzi e case di ogni forma, macchine, persone affaccendate che camminavano sui marciapiedi.
Finalmente giunsero a destinazione. Christian scese dalla macchina e osservò l’edificio che aveva davanti: somigliava a una scuola.
- Perché ci hanno portati qui? – chiese. Nessuno dei suoi fratelli rispose."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christian, Gloria, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The static age
 

Luglio 2009
 


Era giovane, col volto pallido e gli stessi occhi di Gloria; effettivamente, non c’era dubbio sul fatto che fossero fratelli. Stringeva un serramanico sporco e sembrava stanco come tutti quelli che lo seguivano.
Christian avvertì la mano di Gloria cercare la sua e aggrapparvisi; quanto a lui, si limitò a non staccare gli occhi di dosso al giovane, ora intento a parlottare con Gary. Lanciò un’occhiata a Gloria, immobile come una statua, e le fece un cenno incoraggiante col capo; ma lei scosse la testa, quasi terrorizzata. Ma come? Si faceva cogliere dalla paura proprio ora? Paura di cosa, poi? L’aveva riconosciuto, era lui... era...
- Jesus?! – Christian si riscosse per vedere Tunny, sbalordito, lanciarsi verso il presunto Jimmy e afferrarlo per le spalle. – Sei tu?! Porca puttana, sei tu, sul serio? –
- Tunny? –
I due si abbracciarono come fratelli, tra le esclamazioni di Tunny, “Ero sicuro che fossi morto, Cristo” e “Cosa ci fai qui?” e fu proprio allora che Gloria sciolse delicatamente la presa dalla mano di Christian e fece un esitante passo avanti. Jimmy la vide da dietro le spalle di Tunny e immediatamente chiuse la bocca.
Fu... strano. Commovente, forse; se fosse stata la scena di un film, gli spettatori sarebbero stati tutti in lacrime. Gloria senza dubbio aveva due lacrimoni agli occhi che tratteneva per orgoglio, mentre Jimmy la fissava, pieno di sorpresa, dolore, amore... Christian non riusciva a dirlo con esattezza. Lo vide sfiorare la guancia di Gloria con dolcezza e bisbigliare il suo nome in una domanda. Poi Gloria spezzò la distanza tra loro e lo strinse tra le braccia, a lungo.
 
Era come un sogno, avere Jimmy tra le braccia. L’ultima volta che l’aveva fatto, era una mocciosa che gli arrivava a malapena al petto. Ora rimaneva comunque più bassa di lui, ma riusciva a raggiungerlo. Lui non appariva molto diverso da cinque anni prima: era solo più stanco, più vecchio, avrebbe osato dire, ma rimaneva pur sempre il solito Jimmy vestito di nero, con quello sguardo particolare negli occhi di ghiaccio.
La prima cosa che gli disse quando ruppe l’abbraccio fu: - Volevo dirti che ti odiavo. Ti odiavo perché avevi abbandonato me e mamma, e la mamma era morta per questo -.
- Ma non l’hai fatto – notò lui. Persino la voce non era cambiata.
- No – fu d’accordo Gloria. – Non l’ho fatto -.
 

Le presentazioni con Christian furono un po’ impacciate, come dovrebbero essere le presentazioni tra fratello maggiore e ragazzo della sorellina. Solo che... non erano nel salotto di una casa la sera del ballo scolastico: erano in un campo messo su alla bell’e meglio, con alle spalle una città che bruciava. Inoltre, Jimmy sembrava più interessato a rimirare Gloria, cercando di rivedere la bambina che aveva lasciato anni prima, che fare il discorsetto a Christian, pertanto lui decise di lasciarli in pace, andandosi a sedere accanto a Tunny. Questi pareva ancora incredulo e scuoteva la testa fra sé e sé. – Ma ci credi? – bofonchiò quando Christian gli fu vicino – Passi anni a credere che uno dei tuoi più cari amici sia morto... ed eccolo lì, fresco come una rosa. Sembra che alla fine la tua ragazza avesse ragione -.
Christian annuì, senza staccare gli occhi da Gloria. Era felice, ora? Aveva ritrovato il suo adorato fratellone, praticamente il suo solo scopo da quando aveva dodici anni. Ed ora?
 

- Non... non l’hai più rivista? E non ricordi nemmeno il suo nome? –
Jimmy fece un sorriso amaro. – No, Gloria. Ma suppongo sia meglio così. Non eravamo adatti a stare insieme – giocherellò con un buco particolarmente slabbrato dei jeans, sentendosi stranamente sotto esame. Gloria, pur essendo la sua sorellina, l’aveva sempre messo piuttosto in soggezione, involontariamente: era impaurito di deluderla, di non essere un buon fratello. Chiaramente, si era dimostrato un disastro su tutta la linea, ma poteva rimediare. Forse. La dolce ragazzina che si faceva sollevare in aria senza sforzo si era tramutata in una giovane donna dallo sguardo tormentato e stanco. Aveva notato con preoccupazione gli zigomi troppo appuntiti, in coppia con le occhiaie spaventose del ragazzo, ma aveva tenuto la bocca sigillata. Dopotutto, non aveva alcun diritto di intromettersi nella vita di sua sorella, per quanto desiderasse che lei lo invitasse. Dunque si era messo a raccontarle la sua, di vita, da quando l’aveva abbandonata fino ad allora, più o meno. Non si era reso conto che ci fosse così tanto da dire sulle stronzate che aveva combinato un ragazzino, eppure buona parte della notte era passata, e loro erano ancora lì, a recuperare gli anni perduti. Le aveva detto tutto, persino di St. Jimmy, e lei aveva capito. Non l’aveva preso per pazzo o altro, perché lei capiva.
Gloria si riavviò automaticamente la coda arruffata. – E... cosa fai, qui? –
- Il capo – rispose lui, sinceramente. – Pianifico attacchi eccetera. Provo a prendermi cura di tutti. E’ la prima cosa utile che sia riuscito a combinare dopo aver fatto l’egoista. Suppongo che, sotto sotto, mi mancasse la famiglia – sogghignò e improvvisamente tornò a essere il diciassettenne ribelle di un tempo.
Gloria alzò un sopracciglio – Non siamo mai stati una vera famiglia, Jimmy – obiettò. – Io la volevo tanto ma... con la mamma era impossibile. Pazienza -.
- E lui? – Jimmy avrebbe voluto mangiarsi la lingua. – Stava andando benissimo, ed ecco che gli scappava la classica domanda da fratello geloso. Patetico.
- Christian? Noi... siamo una famiglia, in un certo senso – Gloria lo guardò, improvvisamente impacciata. – Spero che... insomma, so che non ti aspettavi di vedermi qui e con un ragazzo, poi... –
- Cazzo, no, scusami. Sono io che... – faccio il fratello con anni di ritardo.
- Perché Jesus? – buttò lì Gloria, senza guardarlo in faccia. Sciocca, perché era lei quella imbarazzata?
- E’ solo un soprannome. Mi chiamavano così a Jingletown e me lo sono tenuto. Nessuno sapeva il mio vero nome, nemmeno Tunny, e io stavo bene così -.
- Ma perché proprio Jesus? – insistette lei, ma Jimmy fece un gesto stanco. Sarebbe stato troppo complicato e doloroso raccontarle il moto della sua testa di adolescente incazzato col mondo e soprattutto con se stesso. Quella persona ormai era morta da tempo: al suo posto c’era un uomo con delle responsabilità, delle vite sulle spalle. Non era un manager come avrebbe voluto sua madre, ma sempre meglio di un piccolo idiota che taccheggiava i negozi. Non si considerava più un dio in terra, ma solo... solo Jimmy.
- Cosa farete ora tu e Christian? –
Gloria aggrottò le sopracciglia. – Che significa? Restiamo qua e combattiamo. Siamo venuti per questo -.
- E’ pericoloso! –
Lei gli lanciò uno sguardo di compatimento. – Lo sapevo già. Jimmy, ti voglio bene e tu lo sai. Ma sono io che decido cosa fare della mia vita. Ne ho passato gran parte a pensare a te, a cercarti. Ora si tratta di me e basta. Non sei l’unico ad aver trovato un buon motivo per combattere -.
Jimmy le prese dolcemente le mani. – Non voglio decidere per te, sorellina. Ma dimmi: quel buon motivo per combattere è anche un buon motivo per morire? –
 
 
 

E dopo mesi mi ripresento con un capitolo in cui si dà spazio praticamente solo all’analisi psicologica. Ben fatto. Non posso dire altro se non un sentito grazie a chi c’è ancora e a chi si è aggiunto. Spero che ora che l’autrice è matura aggiornerà con più frequenza.
  
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