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Autore: Xion92    30/07/2015    6 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eeeeee, buongiorno! Prima di iniziare, una piccola segnalazione tecnica: visto che martedì prossimo partirò per il campo scout, il prossimo capitolo lo posterò lunedì invece che giovedì, e quindi ricomincerò a contare una settimana a partire da quel giorno (tradotto: dalla settimana prossima in poi il giorno di aggiornamento sarà lunedì). Se mai nel prossimo capitolo riusciste a lasciarmi una recensione prima di martedì, in modo da farmi partire per il campo col sorriso (per compensare le Coccinelle maledette!) ve ne sarei gratissima!
E ora, buona lettura!

 

Capitolo 11- Stranezze

 

Non pioveva più. Si sentiva ancora, a volte, il suono delle gocce che cadevano a terra, ma erano solo quelle che si staccavano dalle foglie degli alberi. Dalle chiome ancora verdi filtravano dei raggi di sole che creavano degli strani giochi di luce nel sottobosco, e gli uccelli avevano ripreso a cantare così forte che pareva ci fosse una gara canora.
Masaya aprì lentamente gli occhi. Ci mise un po’ prima di rendersi conto di dove si trovasse. Era sdraiato a terra, sull’erba morbida e asciutta, con la sua Ichigo che riposava tranquilla con la testa appoggiata contro il suo petto. Non l’aveva mai osservata così da vicino mentre dormiva, visto che, anche se condividevano la stessa tenda, erano sempre stati divisi dai genitori della ragazza che dormivano sempre fra loro. Adesso finalmente poteva prendersi tutto il tempo per guardarla bene. Aveva un’aria serena nel sonno, il suo torace si alzava e si abbassava lentamente e in modo regolare. Chissà se stava facendo un bel sogno? Masaya se lo augurava. Ma per lui, già le ore che avevano condiviso precedentemente erano state come un sogno. Tanto che a malapena riusciva a rievocarle alla mente, come una visione onirica.
Quante cose erano successe! Confrontando il se stesso di ora, con il ragazzo che era un anno e mezzo prima, si rese conto che si trattava di due persone quasi diverse. Un anno e mezzo prima, lui era un ragazzo vuoto dentro, con la maschera della perfezione sempre a coprire le sue ipocrisie, cinico, pieno di disprezzo verso le altre persone, senza gioia di vivere e senza scopi nella vita, a parte la sua passione per l’ecologia. Era fatto così perché così Profondo Blu l’aveva creato. Perché il dio alieno gli aveva trasmesso la sua personalità misantropa e il solo amore per la Terra. E adesso invece era così cambiato: sei mesi prima aveva fatto una cosa che mai, mai avrebbe fatto se quella ragazza che ora stringeva fra le braccia non l’avesse cambiato: si era sacrificato per salvare l’intera umanità. Prima, ne era sicuro, non l’avrebbe mai fatto. Forse invece sarebbe stato d’accordo con Profondo Blu, se avesse ripreso il controllo del suo corpo l’anno precedente all’incontro con Ichigo. Era diventato, da ragazzo a cui non importava di niente e di nessuno, a un giovane uomo che si era innamorato, e pian piano l’amore che provava per Ichigo era riuscito estendersi anche alle altre persone. Il suo sacrificio volontario per sconfiggere Profondo Blu ne era la conferma: quanto era cambiato! E il merito era tutto di quella ragazza dai capelli rossi che ora era lì abbracciata a lui. Una guerriera forte e determinata, ma che, anche soltanto con la semplicità del suo carattere, era riuscita a compiere su di lui un miracolo di proporzioni enormi.
Anche il suo modo di esprimere i suoi sentimenti era cambiato, se ne rendeva conto solo ora: lui, nonostante fosse sempre stato gentile con tutti, era un ragazzo che si affezionava ed amava difficilmente. E anche quando lo faceva, faticava ad esprimere i suoi sentimenti, soprattutto con Ichigo, e soprattutto quando era lucido. Lui di carattere era tranquillo, quindi aveva un’ottima padronanza delle sue azioni, e non era un tipo molto fisico. E invece… adesso che si era lasciato andare completamente, era stato capace di abbandonarsi ad un atto di amore così intenso da aver potuto vivere, con lei, il momento più profondo ed intimo che potesse esistere fra un uomo e una donna. Lui, ne era sicuro, fino a poco tempo prima non ne sarebbe stato capace. Non sarebbe stato in grado di lasciarsi andare ai sentimenti in questo modo. E invece adesso l’aveva fatto. E il merito era soltanto di Ichigo, che era entrata nel suo mondo buio come un raggio di luce improvviso, rischiarandoglielo e facendogli vedere la gioia del vivere.
Le scostò i capelli dal viso. Su tutta la Terra, non esisteva una creatura come lei. Stupenda fuori e dentro. Poco prima, si erano amati per la prima volta. E questo, per lui, valeva come un matrimonio. Ora, nel loro mondo distrutto, non avrebbero più potuto realizzare il loro sogno di sposarsi formalmente, con l’abito bianco, gli anelli e una grande festa con tanti invitati, ma per lui questo non aveva importanza. Si sentiva talmente unito, talmente legato a lei che secondo lui due anelli non avrebbero potuto avvicinarli di più. L’amplesso che avevano appena avuto ne era il suggello. Lui era già suo marito. Anche se erano giovani, anche se non avevano nemmeno quindici anni, non contava. Il loro amore era forte e puro. Sarebbero vissuti sempre insieme. E nessuno, nemmeno Flan in persona, avrebbe mai potuto dividerli. Avrebbe potuto distruggere anche tutto il mondo, ma non sarebbe mai stato in grado di distruggere il legame che li univa.
Avrebbe voluto chiudere gli occhi per potersi di nuovo addormentare vicino a lei, sentendo il suo respiro leggero e tiepido sul collo e il suo corpo morbido stretto contro il proprio, ma il senso del dovere del giovane si risvegliò improvvisamente.
Per quanto tempo erano stati addormentati? Potevano essere cinque minuti come due ore, ma a giudicare dai raggi del sole che, attraverso i rami, scendevano su di loro quasi in verticale, il ragazzo giudicò che dovesse essere ormai mezzogiorno. Era molto tardi. Se non si fossero sbrigati, non avrebbero fatto in tempo a portare a termine il loro compito prima di sera.
Il pensiero di svegliare la sua ragazza non gli piaceva, ma non poteva fare altrimenti. Accarezzandola dolcemente sui fianchi, cominciò a chiamarla: “Ichigo… Ichigo. Svegliati, dai, è ora.”
La vide alzare lentamente le palpebre, svelando uno sguardo ancora un po’ appannato. I suoi occhi marrone scuro incrociarono quelli marrone chiaro del suo ragazzo.
“Buongiorno, mia principessa”, la salutò lui, premendo le labbra contro le sue. Ad Ichigo venne da sorridere: c’era stata un’altra volta in cui l’aveva salutata in quel modo, cioè quando l’aveva riportata in vita tramite l’ultima parte di µAqua, dopo che Profondo Blu era stato sconfitto.
“Masaya… che ora è?” chiese Ichigo a quel punto. Finalmente… finalmente lo stava chiamando per nome, senza suffissi, come lui faceva con lei. Il giovane sentì il cuore scaldarsi ad udirla pronunciare quella parola, ma visto che ora era lucido fece finta di nulla.
“Tardi. Sarà meglio che continuiamo il viaggio, abbiamo un sacco di legna da barattare.”
“Giusto… la legna…” ripeté la ragazza, sospirando.
Si rialzarono tutti e due e si rivestirono velocemente. Ichigo sentì Masaya borbottare scocciato: “maledizione… questa camicia… ormai non mi entra più…”, e ridacchiò, prima di riprendere in braccio il suo carico di legna.
“Senti, Masaya, sai che c’è una cosa che ho notato solamente ora?”
Lui la guardò, incuriosito. “Cosa?”
“Beh, la coda e le orecchie di gatto non mi sono spuntate! Né prima né l’altro giorno” esclamò con una punta di soddisfazione.
Il ragazzo al pensiero sorrise. “Hai ragione, neanche ci avevo badato. Evidentemente ti stai abituando e stai imparando a controllare il tuo doppio DNA. Brava!”

“Ma dove sono finiti? Che fine hanno fatto?” Sakura si stava rodendo le mani dall’apprensione. Era ormai il tramonto, ma dei due ragazzi ancora non c’era traccia.
Shintaro, come sua abitudine quando era nervoso, camminava avanti e indietro davanti alla tenda in preda alla tensione.
“Non possono essere stati attaccati dai mostri… li ho mandati per una strada sicura, dove quelle bestiacce ancora non sono arrivate… ho calcolato bene i tempi, avrebbero dovuto essere già qui da un’ora. Ichigo, dove sei finita?...”
A un tratto Rau, che era lì accucciato vicino a Sakura, si alzò e, scodinzolando dalla gioia, corse verso due figure che si stavano avvicinando.
“Caro, arrivano! Sono loro!” gridò la mamma con le lacrime agli occhi.
Shintaro si sentì come se gli avessero tolto di dosso una montagna. Era enormemente sollevato ma, appena l’ondata di sollievo fu passata, si diresse a pugni stretti verso Ichigo e Masaya che si stavano avvicinando.
“E allora? Che fine avevate fatto? Eh? Che scusa mi racconterete? Lo sapete che ore sono? Il sole è quasi calato. Avreste dovuto tornare molto tempo prima. Lo sapete che eravamo preoccupati da morire?  E che Tokyo è pericolosa e non è sicuro starsene troppo in giro? Eh? Lo sapete?” aveva parlato talmente velocemente da non fare quasi nessuna pausa durante il suo discorso, e il suo viso era quasi rosso di rabbia.
Ichigo cercò di correre ai ripari. “Papà, aspetta, non ti arrabbiare. Il fatto è che durante il tragitto è scoppiato un temporale, e quindi ci siamo dovuti fermare a ripararci.” Beh… dopotutto non era mica una bugia, la sua.
“E… guardi, signore! Abbiamo preso i fagioli in cambio della legna!” calcò Masaya.
I due giovani videro il viso dell’uomo riprendere lentamente il suo colore naturale. “Bene, vedo che avete un bel sacco pieno. E ditemi… avete preso cinque chili, come vi avevo detto?”
“Cinque e mezzo!” annunciò Ichigo con un gran sorriso.
“Addirittura siete riusciti ad averne mezzo chilo in più! Bravi i miei ragazzi! Siete affidabili! Quando ci sarà bisogno, manderò di nuovo voi. Però non fate mai più così tardi, ci siamo capiti?”

La vita della famiglia così continuò. Le settimane diventarono mesi, e i mesi si susseguirono uno dopo l’altro. Venne l’autunno e poi l’inverno. La vita stava diventando sempre più difficile, il freddo non dava tregua e le giornate erano sempre più corte. Sakura, con le stoffe che riuscivano a barattare, riuscì a cucire dei vestiti semplici ma pesanti per tutti e quattro, per far fronte al freddo dell’inverno che stava arrivando. Con la stagione fredda, nei vari boschetti che stavano crescendo per tutta Tokyo incominciarono a spuntare anche dei funghi, così Shintaro aggiunse alla lista dei prodotti scambiabili pure quelli. In cambio di questi, della legna, delle bacche, dei pezzi di metallo utili che si riuscivano a trovare in giro, Ichigo e Masaya riuscirono a comprare delle coperte pesanti e anche una lampada a olio per illuminare le giornate ormai buie.
Accadeva ancora che, una volta ogni due mesi circa, dovessero abbandonare la loro postazione per spostarsi in un’altra parte di Tokyo, visto che Flan ultimamente sembrava parecchio indeciso sui suoi modi di fare. Spariva per settimane, e di conseguenza i Chimeri, abbattuti da Mew Ichigo e dal Cavaliere Blu, diminuivano, per poi ricomparire improvvisamente e rimpinguare il gran numero di mostri uccisi. Quando Flan era nei paraggi i due guerrieri non erano liberi di agire, visto che se li avesse notati, Flan avrebbe potuto ucciderli con grande facilità. L’unica soluzione era la fuga con tutta la famiglia in luoghi dove i mostri in quel periodo non c’erano. Erano viaggi sempre più complicati, perché le giornate erano fredde, scure, e la roba da trasportare era tanta.

Come Shintaro aveva detto, ormai erano sempre i due ragazzi ad occuparsi delle commissioni. I due giovani avevano preso questo compito con positività: erano queste le uniche occasioni in cui potevano starsene da soli e dare uno sfogo al loro amore, visto che nel resto del tempo erano sempre talmente indaffarati che un po’ di intimità era impossibile.
Però, visto che non avevano dimenticato l’avvertimento del padre di non fare tardi all’ora di rientro, si erano organizzati: la mattina partivano un’ora prima dell’alba in modo da poter tornare in tempo la sera e, anche se il cammino era lungo e a volte comprendeva una giornata intera, il tempo per loro due riuscivano sempre a trovarlo.
Qualunque strada dovessero prendere per arrivare a destinazione, prima o poi facevano una deviazione, cercando un buon posto per starsene tranquilli. A volte in un bosco, a volte in degli edifici abbandonati, dipendeva da quello che trovavano. Per comodità, si portavano sempre di nascosto una coperta dietro per evitare il contatto col terreno o col pavimento duro, e quando trovavano un posto anche solo vagamente adatto, ci si fermavano per un’oretta.
Questi loro incontri romantici e passionali riuscivano ad avere luogo più o meno una volta alla settimana, visto che in genere Shintaro non esagerava mai a chiedere loro di fare quelle commissioni troppe volte: erano ragazzi giovani, ma comunque era un viaggio faticoso e pesante, soprattutto quando la roba da portare era tanta. In tutto questo tempo, il padre di Ichigo non si accorse mai del grado di intimità che i due ragazzi avevano raggiunto. Entrambi sapevano che, se l’avesse scoperto, una forte reazione di gelosia sarebbe stata inevitabile, e quindi quando erano in sua presenza si comportavano in modo innocente, come se non fossero mai andati oltre i baci. Tutto ciò costava ai due una grandissima fatica, perché più il tempo andava avanti e più il loro desiderio cresceva: stavano diventando adulti, erano nel fuoco della loro giovinezza, e capitava spesso, anche più volte al giorno, in cui gli bastava semplicemente guardarsi negli occhi per sentire il forte impulso di gettarsi nelle braccia dell’altro, senza badare a chi gli stesse intorno. Il sentire questo irrefrenabile desiderio, senza poterlo soddisfare e calmare, era una vera e propria tortura; soprattutto per Masaya, che sentiva molto forte l’impulso di farla sua, nei casi più lievi quando gli capitava per caso di vederla cambiarsi dentro la tenda, in quelli più gravi, quando ormai erano parecchi i giorni di astinenza, bastava anche solo che gli stesse di fianco e gli lanciasse uno sguardo. Momenti in cui lui si sentiva come un liquido caldo scorrergli nelle ossa e quasi perdeva la facoltà di ragionare. Se avesse avuto un carattere meno pacato, di sicuro prima o poi avrebbe ceduto; ma non avvenne mai. Per quanto forte sentisse il desiderio verso Ichigo, nemmeno una volta si fece sorprendere dai suoi genitori avvinghiato a lei. Conservava gelosamente la sua passione per i momenti in cui era sicuro di poter stare da solo con la sua ragazza, e quei momenti per i due giovani erano imperdibili, tanto più desiderabili quanto più raramente avvenivano. Per loro nessun luogo, per quanto brutto e squallido fosse, poteva rappresentare un impedimento. Quando finalmente potevano stare da soli, lontani dai genitori, si isolavano mentalmente dal resto del mondo, e capitava raramente che si scambiassero qualche parola in quei momenti: erano le loro carezze, i loro sguardi e i loro baci a parlare. Masaya riusciva ad amare Ichigo con la stessa passione e lo stesso amore in qualunque luogo si trovassero. Nascosti dietro degli arbusti in un bosco, distesi a terra sull’erba asciutta e morbida, oppure sul pavimento dentro un edificio abbandonato, o da qualunque altra parte. Se non riuscivano a trovare un luogo adatto dove sdraiarsi, rimanevano in piedi e Masaya sollevava in braccio la sua compagna addossandola contro un albero o un muro, tenendola abbracciata stretta per mantenerla ferma, senza sentire nessuna fatica dal doverla mantenere sollevata per tutto quel tempo.
I due giovani innamorati in quei mesi impararono a conoscersi e a legarsi ancora di più di quanto già non fossero: Ichigo imparò a memoria l’odore della pelle bollente bagnata di sudore fresco del suo compagno, le sensazioni al tatto di ogni parte del suo corpo, da quelle più solide a quelle più morbide; imparò a distinguere i baci che si davano normalmente da quelli che si davano durante i loro incontri, baci che, nell’ultimo caso, non riuscivano mai a durare per più di pochi secondi, visto che venivano spezzati quasi subito da un gemito di passione; imparò a conoscere i sospiri spontanei, eccitati e disinibiti che emetteva durante il rapporto, che via via che andava avanti si facevano sempre più profondi, passionali e che alla fine, alterati dai brividi di piacere, diventavano appena più forti prima di fermarsi; i suoi capelli neri e morbidi, asciutti prima di cominciare e umidi dopo aver finito; il senso di vuoto quando i loro due corpi non erano uniti e la meravigliosa sensazione di completezza quando lo erano; il ritmo che prendeva il giovane quando spingeva, calmo e lento all’inizio, deciso e sempre più passionale man mano che si andava avanti; il suo cuore che gli pulsava nel petto come un tamburo, rivelando una passione sfrenata che il giovane nella vita quotidiana teneva ben celata e custodita grazie al suo carattere pacato, e che esprimeva solo alla sua compagna, e solo durante quei momenti più intimi; i suoi occhi chiari pieni di amore, che avevano come uno scintillìo quando loro due erano distesi uno sopra l’altra, e che si chiudevano durante le ultime spinte più forti che dava prima di fermarsi; le sue braccia forti e muscolose che la avvolgevano in modo così tenero e delicato e la stringevano contro il suo petto caldo; le sue mani, che scorrevano leggere sul suo corpo per farla rilassare e per coccolarla quando i loro spiriti si erano calmati; la leggerezza del suo respiro, quando si addormentavano abbracciati per riposarsi e riprendersi.
Masaya imparò a conoscerla con calma; imparò ad emozionarsi quando percepiva da lei, per strada, una certa inquietudine eccitata quando lui le faceva capire che era ora di fermarsi e lasciare da parte la commissione per dedicarsi solo a loro due; quando percepiva la tensione fra loro due salire mentre cercavano un luogo adatto; quando sentiva il suo lieve e superficiale imbarazzo quando finalmente, trovato il posto giusto, la stringeva a sé iniziando a baciarla sul viso e sulle labbra; il suo lieve sussulto quando, dopo pochi minuti, faceva scivolare la mano sotto i suoi vestiti e iniziava a toccarla ed accarezzarle la pelle che da fresca incominciava a scaldarsi per iniziare a scottare dopo poco tempo; i suoi brividi quando lui finalmente la liberava e si liberava dall’impiccio dei vestiti e si lasciava cadere abbracciato a lei su quello che sarebbe stato il loro letto; il suo corpo morbido e delicato quando, sdraiati uno sopra l’altra, la stringeva con delicatezza ma sicurezza a sé; il suo grembo caldo ed accogliente che gli permetteva di unirsi a lei in modo fisico oltre che spirituale; i suoi respiri emozionati che si spezzavano appena dopo ogni spinta che dava; le carezze delicate che lei gli faceva sulle spalle, sulla schiena, sul petto, sulle guance; le sue labbra calde sulle quali, durante il rapporto, spesso lui si avventava come se da esse dipendesse la propria vita; i suoi capelli rossi, che slegati e sparsi a terra le davano un’aria ancora più matura e desiderabile; e soprattutto i suoi occhi scuri, che spesso si arrossavano e piangevano nei momenti più intensi, quando l’emozione e la felicità che la ragazza provava era talmente grande che non si riuscivano più a trattenere, e che lui asciugava baciandoglieli, anche se in quel momento era lui stesso a piangere, per il medesimo motivo.
In quei mesi i due giovani innamorati arrivarono ad amarsi, a volersi, a desiderarsi, ad appartenersi e considerarsi come marito e moglie, ed anche se non ci fu nessuno ad assistere, durante uno dei loro momenti intimi, stretti uno all’altra, sdraiati a terra, con le mani intrecciate e guardandosi negli occhi, a bassa voce, quasi come un segreto, si giurarono di amarsi, di rispettarsi, di onorarsi, da quel momento per sempre, rendendo finalmente ufficiale e reciproca quella sensazione di legame coniugale che Masaya aveva sentito verso Ichigo la prima volta che si erano amati.

L’inverno di quella Tokyo devastata del 2003 fu duro e rigido, ma, come tutte le cose, anche questo finì. Con l’arrivo del 2004, le giornate incominciarono ad allungarsi, l’aria a scaldarsi, e la primavera ritornò. Però, nonostante dovesse essere teoricamente il periodo migliore dell’anno, la situazione a Tokyo era desolante: la popolazione calava sempre di più, ormai non raggiungeva il milione e mezzo, e anche nelle altre parti della Terra le cose non andavano meglio, visto che, per opera di Flan, il numero degli uomini ancora vivi non superava i cinque miliardi. E tutto questo era successo in meno di un anno. Nessuno aveva idea di cosa sarebbe accaduto nel lungo periodo. Forse la specie umana sarebbe stata definitivamente sterminata. I governi del mondo ancora si intestardivano a combattere i mostri che infestavano il pianeta mandandogli contro gli eserciti. Certe volte le loro operazioni avevano successo, perché, con le loro potenti armi, i soldati riuscivano ad abbattere i Chimeri, ma ci pensava Flan a crearne altri per rimpiazzare quelli morti.
Il problema era solo lui, non i suoi mostri: se Flan non ci fosse stato, prima o poi anche questi sarebbero scomparsi per opera degli uomini. Ma lui era la fonte primaria di tutto il dolore sul pianeta, e non poteva essere fermato in alcun modo.

In una giornata di fine marzo abbastanza calda, Masaya e Ichigo, ora quindicenni, si stavano dirigendo verso la loro tenda, passando per dei boschetti e per dei vicoli secondari in mezzo alla città distrutta. Sceglievano sempre quelle tipologie di strade, perché erano protette, riparate  e poco visibili, e passando per di lì invece che per vie aperte, potevano minimizzare il rischio di essere visti dai mostri.
Era stata una bella giornata: portando al mercante due sacchi di cemento che erano riusciti a scovare in un magazzino seminascosto di periferia, erano riusciti ad avere in cambio riso, legumi secchi, patate e qualcos’altro che gli avrebbero garantito il mangiare per tutto il prossimo mese. I ragazzi avevano le braccia piene di sacchi e sacchetti che, nonostante fossero molto ingombranti, non erano particolarmente pesanti.
Però Masaya non si sentiva tranquillo per nulla: Ichigo gli sembrava molto affaticata, forse troppo, in rapporto al peso che doveva portare, ma ogni volta che le chiedeva se avesse qualcosa, lei tutte le volte rispondeva che stava bene. Il giovane non sapeva se stesse mentendo per non farlo preoccupare o se era lui a farsi troppe paranoie.
Quando ormai mancavano solo un paio di chilometri da casa, Ichigo si fermò improvvisamente.
“Masaya, aspetta, devo fermarmi, sono un po’ stanca.”
Lui subito si arrestò, voltandosi verso di lei. “Avevo ragione, allora. È tutto il giorno che ti vedo sfinita. È strano, perché non ti era mai successo. Metti giù la roba e siediti un po’, dai.”
La ragazza appoggiò a terra i pacchi e si sedette contro un muretto lì vicino. Aveva il viso congestionato, e il suo respiro andava a ritmo troppo frequente.
“Ichigo, senti, sei troppo stanca per continuare a portare quella roba. Ormai la tenda è vicina. Lascia che la porti io.”
Lei lo guardò e poi scosse la testa. “No, Masaya, non ti preoccupare. Basta che mi riposi dieci minuti e poi potrò continuare.”
Il giovane sospirò. Quella ragazza era più testarda di un mulo quando ci si metteva. “Ichigo, ti assicuro che per me non è un disturbo. Sei troppo stanca, è da stamattina che camminiamo e ho visto come hai ansimato per tutto il tragitto. La tua roba la porto io, tu è meglio che ti riposi.”
A quel punto Ichigo si comportò in un modo stranissimo. Fulminò il suo ragazzo con uno sguardo rabbioso e sbottò, brusca: “Insomma! Ti ho detto che mi basta riposare qualche minuto. Non serve che mi porti niente. È così difficile da capire?!”
Masaya sbarrò gli occhi e fece un passo indietro. Ma cosa le prendeva? Da quando la conosceva, mai, mai gli aveva parlato con quel tono scocciato. E oltretutto, non aveva avuto nessun motivo per arrabbiarsi. Lui voleva solo aiutarla. Aveva avuto un cambio di umore improvviso, senza alcuna spiegazione logica.
Mentre rifletteva su queste cose, ad Ichigo si ammorbidì lo sguardo e disse, con voce più dolce: “Scusami, non volevo reagire così. Ma sto bene, davvero. Anzi, mi sono già riposata abbastanza, possiamo ripartire.”
Queste frasi non rassicurarono Masaya, ma lo confusero ancora di più. Che le stava succedendo? Prima era calma, poi improvvisamente si era arrabbiata rispondendogli male e ora, addolcita, si scusava? Due cambiamenti del genere in meno di un minuto? Insomma, quello non era neanche il tempo suo.
Però fece finta di niente e, assecondandola, la aiutò a riprendere tra le braccia il suo carico di vettovaglie.
Quando arrivarono alla tenda, durante la cena, fino al momento di andare a letto, il ragazzo la osservò con attenzione, per riuscire a cogliere un qualche sintomo, una qualche parvenza di malattia. La stanchezza che aveva avvertito per tutto il giorno era strana: in tutti quei mesi che avevano passato facendo compiti di quel tipo, lei mai era stata così male, oltretutto per un lavoro così leggero. Se si fosse ammalata sarebbe stato un guaio, visto che trovare dottori e medicine era ormai diventato praticamente impossibile.
Ma, in tutta la sua osservazione, per fortuna, non notò nulla di strano: chiacchierava con i suoi genitori come al solito, mangiava di gusto come al solito ed aveva ritrovato la sua solita energia.
Masaya sospirò di sollievo, al vedere che nessuna delle sue paure e dei suoi timori avesse trovato conferma: Ichigo stava bene, e lui fu ben lieto di essersi sbagliato.

 

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Ora, so già cosa direte tutti: "ma hanno solo 15 anni!!" Calma, calma. Ragioniamo un attimo: se a 13 anni questi ne dimostrano 16, vuol dire che a 15 ne dimostrano 18 come minimo. Quindi... direi che va più che bene u.u Lasciatemela passare, orsù!
Questa settimana niente teorie o ragionamenti, ma solo una vignetta che ho scoperto ieri: io quando l'ho vista mi sono rotolata dal ridere per mezz'ora, e quindi ci tengo a condividerla con voi. Enjoy! xD (notare che nel doppiaggio italiano, gli hanno salvato leggermente la faccia facendo dire a Quiche "sei un amico delle Mew Mew?")
A lunedì! 

   
 
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