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Autore: Red Wind    30/07/2015    3 recensioni
Nell'Antico Egitto le divinità erano parte integrante della vita quotidiana: a loro si offriva tutto ciò che serve alle persone comuni. Ma gli dei non sono persone comuni, così come i protagonisti di questa storia.
Una ragazza insicura che ancora deve scoprire le sue potenzialità.
Un dio generato dall'odio e dal desiderio di vendetta apposta per uccidere.
Una rivoltosa dal passato travagliato.
Un ragazzo in grado di leggere nel cuore delle persone.
Amicizia, dolore, amore, paura, guerra e magia.
“Secondo la leggenda, l'Egitto era governato in origine da Osiride e da Iside, sua sorella e sposa. Il fratello Seth, geloso dei due, uccise Osiride, fece a pezzi il cadavere e ne occultò le membra in luoghi diversi. Iside, trasformatasi in nibbio, raccolse e ricompose le membra del marito e gli reinfuse la vita. Osiride divenne Signore dell'oltretomba ed ebbe un figlio: Horo, il dio dalla testa di falco. Quest'ultimo, dopo aver combattuto a lungo contro Seth, riuscì a sconfiggerlo e a diventare re dell'Egitto.”
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Aegyptus'
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Di lotte e ricongiungimenti

Jamila ribolliva di rabbia mentre il dromedario, ferito dalla spada di Sinuhe, correva all'impazzata senza che lei potesse guidarlo. Trovava ingiusto essere sempre considerata incapace, ma, d'altra parte, sapeva che non era un caso se Sinuhe la pensava così, e questo forse le faceva ancora più male.
Il dromedario stava continuando la sua corsa verso una piccola oasi poco lontano, quando Jamila notò uno strano animale correre al suo fianco. Un grosso felino maculato che sfrecciava sulla sabbia: un ghepardo. Jamila sapeva che a Menfi i nobili li utilizzavano per la caccia, ma trovarne liberi in quelle zone era praticamente impossibile. Sembrava quasi che sorridesse, ma forse, trattandosi di un animale, era solo un ringhio. Il felino si avvicinò e morse una zampa al dromedario, il quale si fermò all'istante. Jamila cadde a terra e quando si rialzò non c’era più nessun ghepardo, ma vi era una donna, la stessa che aveva visto prima insieme al Sethish.
Subito non capì, ma quando vide il nemico trasformarsi in un grande orso nero, comprese che si trattava del suo potere. L'orso le si avvicinò con fare minaccioso. Jamila si guardò intorno alla ricerca di qualcosa da usare come arma e vide soltanto le solite noci di cocco, sulle palme dell'oasi a pochi metri da loro. Le scagliò contro l'orso senza però nuocergli troppo. Il nemico allora si trasformò in un uccello e schivò tutti i suoi attacchi. Jamila era spaventatissima da quel nuovo potere, ma anche decisa a non farsi uccidere, la necessità di reagire mise in secondo piano la paura e la mancanza di fiducia in se stessa. Prese il controllo di tutte le noci di cocco e le lanciò contro l'uccello da ogni direzione, in modo che non avesse via di scampo. Il volatile venne colpito e cadde a terra, poi si trasformò di nuovo nella donna, che parve un po' ammaccata e ansimante. Appena si fu ripresa, la Sethish divenne una leonessa e si avventò sulla ragazza mordendole una gamba. Jamila urlò, mentre il nemico si godeva la scena da poco distante. La cuoca si vide persa, ma, contrariamente a quanto accadeva solitamente, quella consapevolezza fece scattare in lei l'istinto di sopravvivenza, che in breve si tramutò in nuova forza. Raccolse tutte le energie rimaste e controllò alcune grandi palme. Le scagliò con forza contro la leonessa, che, presa alla sprovvista, venne colpita e ferita gravemente. Il nemico ritornò a essere donna.
"Non credere di avere vinto, questa era solo la prima battaglia. Io ti perseguiterò finché non ti avrò eliminata e alla fine mi chiederai in ginocchio di ucciderti pur di non dover continuare a fuggire da me!" disse con rabbia prima di svanire nel nulla.
Jamila raggiunse il dromedario, mentre la gamba ferita le procurava stilettate di dolore ad ogni passo. Salì a fatica in groppa all'animale e decise di andare verso Menfi, poteva rifugiarsi nella casa dove aveva abitato fino a qualche mese prima. Ci avrebbe messo parecchio tempo poiché il dromedario era azzoppato. Anche lei, però, non stava molto meglio: la ferita alla gamba era dolorosa e la paura che aveva provato le offuscava ancora la mente, ma era orgogliosa di essere riuscita, per una volta, a sconfiggere da sola un nemico, riuscendo a controllare con il suo potere qualcosa di massiccio come le palme.
Dopo alcune ore giunse a Menfi. Sfinita, si recò subito da un medico, una vecchia amica di famiglia. Bussò alla sua porta stravolta e zoppicante, con una gamba insanguinata, ma la donna, bassa, in carne e dai seni prosperosi, appena la riconobbe le sorrise e la aiutò senza chiederle nulla. Jamila, tra la tensione e la ferita, perse i sensi. L'ultimo pensiero prima di cadere nell'oscurità totale fu per Sinuhe.



Sinuhe si svegliò con la mano ancora in quella di Nakht. D'istinto la mollò bruscamente, chiedendosi per quale motivo avesse fatto una cosa simile, ma poi lo vide giacere nel letto, ancora debole e provato e si ricordò di tutto. Lo scosse lievemente. Sapeva che era meglio lasciarlo riposare, ma dopo l'operazione forzata che aveva dovuto fare i suoi nervi erano a pezzi e aveva bisogno di conforto, almeno di sapere se stava meglio. Nakht aprì gli occhi piano.
"Sei qui..." disse appena riconobbe Sinuhe.
"Sì, come ti senti?"
"Molto meglio di ieri"
"La mano ti fa male?"
Nakht provò a muoverla, quando una smorfia di dolore si dipinse sul suo viso.
"Direi di sì, ma c'è una cosa positiva"
"E cosa sarebbe?"
"Che non mi fanno male le dita!"
"Idiota, certo che non ti fanno male, non le hai più!" disse Sinuhe scioccata.
"Lo so! Era solo una battuta, ma tu non ce l'hai il senso dell'umorismo?"
"Io? Tu piuttosto, come fai a scherzare in un momento come questo?"
"Cerco solo di sdrammatizzare..."
Sinuhe lo guardò come se avesse mille cose da urlargli contro, ma poi si buttò a sedere per terra.
"Scusa, hai ragione, ho i nervi a pezzi"
"Anch'io, letteralmente" disse Nakht sorridendo.
Questa volta anche Sinuhe si fece contagiare da quel macabro umorismo e si concesse una risata.
"Ora vado a chiamare il medico, così controllerà le tue ferite" disse Sinuhe avviandosi verso la porta.
Poco dopo il medico entrò, cambiò le bende a Nakht e disse che il ragazzo sarebbe guarito in fretta. Nakht si addormentò subito dopo e Sinuhe ne approfittò per cambiarsi e medicare la ferita che aveva al petto, anche perché il vestito era strappato e tutto sporco. Quando fu pronta uscì dalla stanza per discutere con i compagni i dettagli della missione. Nel frattempo era molto preoccupata per Jamila e, inoltre, aveva un problema: doveva trovarla prima di uccidere il faraone, perché dopo si sarebbe scatenata la rivolta. Nel caos generale sarebbe stato impossibile trovarla e avrebbe rischiato la vita se si fosse trovata nel luogo sbagliato.
Dedet, il capo della base di Menfi, ovvero la massima autorità presente, spiegò la situazione a Sinuhe.
"Tutte le unità sono pronte all'attacco, anche il Capo è già a Menfi, quindi prima inizierai la missione meglio è. Possiamo aspettare al massimo una settimana. Hai già iniziato i preparativi per infiltrarti a corte?"
"No, ho bisogno di più tempo!" disse Sinuhe nervosa.
"Vedi di sbrigati, ci sono molte persone che farebbero volentieri la tua missione, anche se tu sei la più indicata al momento. Se ti serve aiuto ti posso fornire tutti gli uomini che ti servono"
"No, preferisco fare da sola, ma prima di iniziare la missione ho un lavoro da sbrigare"
"Cosa ci può essere di più importante della missione che prepari da anni?"
Sinuhe digrignò i denti. In effetti non c'era nulla di più importante, ma se per salvare la vita di Jamila avrebbe dovuto rimandare tutto di qualche giorno l'avrebbe fatto, in fondo non si trattava di rinunciare al suo obbiettivo.
"Allora?" chiese ancora il rivoltoso, Sinuhe non gli aveva risposto, persa nei sui pensieri.
"Non sono affari che ti riguardano! Non provate a sostituirmi o faccio saltare la missione!"
"E come pensi di fare? Ormai tutti gli uomini sono pronti, solo in attesa di un segnale"
"Io..." Sinuhe prese un profondo respiro "...avvertirò il faraone del nostro piano!"
Il capo della base rimase di stucco.
"Non lo farai sul serio? Dopo tutto il tempo che tu stessa hai dedicato a questa missione..."
"Non mi interessa!" urlò Sinuhe ''Voi provate a mandare qualcun altro a uccidere il faraone o a fare partire la rivolta prima del mio segnale e ti assicuro che faccio saltare tutto!"
Il rivoltoso strinse i pugni.
"Tu non hai il diritto di dare simili ordini!"
"Oh, ma i miei non sono ordini, questo è un ricatto. Ora vado, visto che ci sono alcune persone che mi stanno mettendo fretta".
Detto questo Sinuhe uscì dalla stanza, stupita che il suo bluff avesse funzionato. Fortunatamente Dedet non la conosceva molto bene, altrimenti avrebbe saputo che Sinuhe non avrebbe mai lasciato che il faraone vivesse. Con un sospiro di sollievo tornò da Nakht. Lo svegliò bruscamente.
"Io vado a cercare Jamila, tu resta qui e non ti muovere"
"Voglio venire anch'io!"
Sinuhe lo guardò duramente.
"Mi saresti solo d'intralcio, inoltre è pericoloso"
"E da quando ti preoccupi per la mia incolumità?"
Sinuhe lo guardò ancora peggio di prima, ma il ragazzo resse il suo sguardo e lei uscì senza aggiungere altro, dichiarando chiuso l'argomento. Trovare l'amica, in ogni caso, non sarebbe stato facile. Era convinta che fosse anche lei a Menfi e probabilmente si era rifugiata nella casa dove abitava prima, ma Sinuhe non sapeva dove fosse. Decise, quindi, di andare nella reggia: voleva provare a farsi assumere come cuoca, in modo da avvicinarsi al faraone e allo stesso tempo chiedere informazioni su Jamila e su dove abitava.
Entrò nel palazzo dalla porta secondaria e si presentò alla capo cuoca. La donna disse che in effetti una cuoca serviva e che avrebbe fatto provare Sinuhe per vedere se fosse stata idonea al lavoro. In realtà la ragazza non era per niente brava ai fornelli, ma agli ultimi arrivati toccavano sempre i lavori più umili e quindi più facili. Appena fu assunta Sinuhe cominciò a fare domande alle colleghe. Si presentò come una ragazza estremamente estroversa e socievole, parte che le costò una certa fatica. Disse che una sua vecchia amica le aveva consigliato di andare a lavorare lì. La prima a cui parlò si ricordava a malapena di Jamila, ma le disse che passava molto tempo con una ragazza e gliela indicò. Appena fu possibile Sinuhe andò a parlarle, inventando sul momento una storia credibile su come avesse conosciuto Jamila e di come l’avesse poi persa di vista (aveva sempre avuto molta fantasia e la storia risultò ricca di particolari). Infine le chiese se sapesse dove abitava la giovane. La ragazza rispose che era stata varie volte a casa sua e indicò a Sinuhe il luogo preciso. La rivoltosa la ringraziò con tutto il cuore, ma la ragazza sembrava triste.
"Che succede?" chiese Sinuhe.
"Jamila è scomparsa improvvisamente, senza neanche salutarmi, non l'ho più vista da quando è andata a portare il pranzo al faraone" disse la cuoca corrugando la fronte.
A Sinuhe pesò molto non poter dire a quella donna la verità.
"Non so cosa sia accaduto, ma sono certa che stia bene. Questa sera dopo il lavoro vado a vedere se è a casa e se scopro qualcosa domani ti informo" disse Sinuhe posando una mano sulla spalla della ragazza.
"Ho provato già molte volte a cercarla, ma senza risultato" disse sconsolata la ragazza, poi Sinuhe fu chiamata dalla capo cuoca e si allontanò.
Sinuhe finì di lavorare molto tardi. Era stanca morta, non avrebbe pensato che cucinare potesse essere più stancante di un allenamento da soldato, almeno per una che, come lei, non era abituata. Uscì dal palazzo del faraone e si avventurò per le vie deserte di Menfi. L'oscurità dei vicoli non aiutava a trovare la casa di Jamila e Sinuhe ci mise un po'. Finalmente trovò la porta che le era stata indicata, bussò, tesissima, sperando con tutto il cuore che Jamila aprisse la porta, sperò che davvero, come lei aveva supposto, fosse tornata nella sua casa. I secondi passarono e Sinuhe non udì alcun rumore, attese ancora, poi imprecò e si voltò per allontanarsi. Non udì neanche lo scatto della porta. Sentì soltanto qualcuno pronunciare il suo nome, timoroso. Si voltò di scattò, trovando Jamila sulla porta. Quando la cuoca la vide le corse incontro, seppur zoppicando, e l'abbracciò.
"Che cosa hai fatto alla gamba?" chiese subito Sinuhe.
"È una lunga storia, la Sethish..." rispose la ragazza.
"Poi mi racconti, ora dimmi perché non hai aperto subito la porta, ho temuto il peggio..."
Jamila sorrise vedendo la sua amica così preoccupata per lei.
"Be', stavo dormendo e poi questa gamba mi dà sempre fastidio"
"Va bene, va bene, io e Nakht siamo stati nella base dei rivoltosi, vuoi venire? Lui è ferito ed ora è là"
"Sì, però mi devi raccontare un po' di cose!"
"Anche tu!" rispose Sinuhe sorridendo.


 

Il cantuccio dell'Autrice
Salve a tutti!
Vi annuncio con giuia (?) che la revisione degli scorsi capitoli sta procedendo (motivo per cui non sono riuscita ad aggiornare prima) e presto spero di poterli mettere on-line.
In questo periodo ho anche iniziato una nuova storia, sempre fantasy seppur molto più dark e misteriosa (?), Death Among Us, se vi va di passare ^^
Nel frattempo ditemi un po' cosa ne pensate di questo capitolo. Ci stiamo avvicinando sempre di più al fatidico momento tanto aspettato da Sinuhe, andrà tutto come previsto?
Lo scopriremo nella prossima puntata xD
A presto!
Red Wind

   
 
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