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Autore: Red_Coat    30/07/2015    4 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Dunque, questa è una palude.
Non so, mi aspettavo di peggio, ma devo ammettere che forse a volte sono un pò troppo estremista.
In sostanza è solo una vastissima zona bassa, circondata dalla catena montuosa che divide in due il continente, e che proprio a causa di questa conformazione del territorio ha funto da bacile per la pioggia caduta durante tutta la stagione invernale, trasformandosi in un punto talmente tanto zeppo di umidità da risultare buono solo come nascondiglio per fastidiosi rettili giganti e insetti di ogni genere. In particolar modo, le piogge cadute in questi ultimi giorni nelle praterie devono averla ingrossata ancora di più.
Ho percorso non so quante miglia dalla fattoria, e prima che il sole tramonti mi sono impegnato a raggiungere la "zona sicura", ovvero l'ingresso alla miniera.
Non è facile però.
L'acqua stagnante è fetida, ricoperta da erbacce e alghe di ogni genere, e anche se il suo livello non è molto alto lo è abbastanza da nascondere le radici di qualche albero che sono cresciute fuori dal terreno e altre insidie che rallentano la corsa del pennuto che sto cavalcando.
Devo ammettere che sto rivalutando il mio affare. Se non avessi speso quei Gil ora di sicuro mi ritroverei con l'acqua fin sotto le ascelle. Il chocobo invece è alto, oltre che essere molto agile, e il liquido verdastro e limaccioso arriva a malapena a sfiorargli le ginocchia. Ciò significa che se tutto fila liscio non dovrò nemmeno preoccuparmi di mettere ad asciugare i vestiti.
Ad ogni modo ... non è questo a preoccuparmi.
Ora che già da una buona mezz'ora la sto percorrendo, credo di avere Zoloom alle calcagna, seppure immagino sia lontano da noi. È da un pezzo che me ne sono accorto, più o meno da quando ho udito il rumore di un tronco rompersi, in lontananza alle mie spalle.
È stato circa una decina di minuti fa.
Voltandomi ho visto una pesante coda muscolosa e coperta di squame che ricadeva con un tonfo in acqua, dopo aver colpito un povero albero marcio.
Penso che anche il mio "destriero" se ne sia accorto, visto che non ho neanche dovuto spronarlo perché iniziasse a correre con sempre maggior velocità.
Non c'è che dire, questi animali hanno un sesto senso niente male, oltre a cavarsela bene con la corsa. Dannazione, se non fosse per questa fogna che gli impedisce di usare appieno il suo potenziale sarei già arrivato.
Non siamo lontani, non più almeno. Ora riesco a scorgere lo spianale rialzato di terra asciutta, circondato dalle montagne. Oltre quelle rocce, penso con sollievo, c'è la mia prossima meta.
Ma sento di nuovo un sommesso fruscio, oltre a quello delle, zampe del gallinaceo che mi porto appresso, e un sibilò inquietante. Mi volto nuovamente, senza fermare il chocobo ne preoccuparmi di indicargli la strada. E, a sempre minor distanza da noi, distinguo qualcosa, come un'ombra, muoversi silenziosa tra le acque.
Maledetta biscia, è estremamente veloce! E ormai anche lei deve aver capito che stiamo cercando di sfuggirgli, perché di questo passo il vantaggio che mi ha donato il chocobo sarà totalmente annullato
 
        << Forza, sbrigati bestiaccia.>> sussurro, chinandomi nuovamente verso l'orecchio del
             pennuto, e posandogli la destra sul collo
 
Come se non bastasse l'essere inseguito da un vorace rettile anfibio, devo anche cercare di non cadere dalla sella reggendomi solo con una mano mentre la velocità aumenta. Però non me la cavo male, per essere la mia prima volta.
E sono stato anche fortunato. Quando ero piccolo mio nonno mi parlò di questi animali, e mi disse che non tutti i chocobo sono uguali. In base alla provenienza e all'addestramento ricevuto, c'è ne sono alcuni in grado di camminare in terreni paludosi, altri possono scalare dirupi scoscesi e altri ancora resistere al gelo. I più costosi sanno muoversi su qualunque tipo di terreno, e possono perfino volare.
Bhe, credo proprio di aver azzeccato nella scelta, perché questo esemplare sembra sapere il fatto suo per quanto riguarda il fango e l'acqua. L'unico problema sono le alghe che gli si attorcigliano attorno alle zampe a mo’ di lacci, tanto che durante la corsa a volte ho temuto di finire dritto nella melma.
Fortunatamente non è accaduto, anche perché devo ammettere di esser stato bravo a pilotarlo verso zone in cui l'acqua era più bassa e il terreno più solido.
Ora però è stanco, ed io non posso permettermi di morire proprio all'inizio del viaggio. Forse più in la, quando avrò trovato Sephiroth e le mie risposte.
Ma per il momento il serpentone dovrà cenare con qualcos'altro.
 
         << Andiamo! Andiamo ci siamo quasi! >> lo incoraggio, mentre sento il mostro avvicinarsi
               sempre più
 
A quanto ho capito non ha intenzione di affaticarsi, né di uscire dall'acqua. Vuole solo difendere quello che crede essere il suo territorio, perciò dovrebbe bastare uscirne fuori per lasciarmelo alle spalle. Ma cavolo, siamo più lenti di una lumaca adesso!
Rallentiamo spaventosamente, a solo un paio di metri dall'arrivo, e voltandosi a controllare vedo un paio di occhi vitrei spuntare dalla torba assieme a due enormi zanne aguzze ed una gigantesca lingua biforcuta.
Si sta alzando! Per la dea, si sta alzando! Come diavolo ha fatto un bestione del genere a nascondersi in una così piccola pozza?
 
         << Muovi quelle zampe bestiaccia! >> sbotto, tirando un altro calcio negli stinchi all'animale         
              sotto di me, che pigola dolorante.
 
Sento il suo cuore battere all'impazzata, mentre ora vedo tutto il viscido e potente corpo del gigantesco serpente ergersi verso il cielo, sibilando vorace verso di noi.
Non posso attaccare, peggiorerei solo la situazione. Devo fuggire, ma questo coso ha paura, così tanta da essersi fermato del tutto.
 
        << Andiamo, idiota! Vuoi morire a un passo dalla salvezza!>> gli urlo, ma lui non ne vuole
             sapere, e continua a guardare tremante quelle gigantesche pupille sottili che ora stanno
             calando su di noi, perciò non mi lascia altra scelta.
 
Gli sferro un sonoro ceffone sul di dietro, e strattonando violentemente le redini lo induco finalmente a ripartire
 
        << Così, idiota! Così! >> urlo soddisfatto, mentre ci allontaniamo dall'imponente bestia <<
             Galoppa! Non sei così inutile come credevo, eh? >> grido, esplodendo in una risata
             mentre sento il serpente dietro di noi ruggire minacciosamente, prima di scomparire così
             com'è apparso, tra i bassi flutti dietro di noi.
 
Ora che lo osservo meglio, le sue squame riluccicano oltre la metà fuori dall'acqua mentre con rapidi colpi di coda si dilegua lontano da noi. Riesce a mimetizzarsi molto bene, anche se non del tutto ricoperto dall'acqua. È evidente che possa essere, all'occorrenza, sia anfibio che rettile da terra. Il vantaggio di vivere in una palude, penso con un sorriso sollevato, cacciando fuori dal petto tutta l'aria che fino a questo momento ho trattenuto nei polmoni.
Non ne sono sicuro, ma credo che anche la bestiaccia che cavalco si sia divertita, visto che non appena siamo certo di essere lontani dal pericolo, nascosti dietro una delle rocce che conducono alla caverna, questi s'impenna fiero, emettendo il suo verso con una tonalità che sembra quasi una risata divertita.
Rido assieme a lui, carezzandogli con la destra il piumaggio morbido sul collo
 
        << Ce l'abbiamo fatta, idiota! Visto? E tu che volevi fermarti. >> gli dico << Stupido
             pennuto. >>
 
Il suo cuore cavalcante rallenta, a poco a poco, e nei suoi occhi si accende un'altra luce, quasi soddisfatta, nonostante abbia le zampe robuste sporche di melma e la pelle dura delle gambe rigata da piccole ferite.
Trema, e respira a fatica, ma nonostante tutto scalpita per continuare a correre ed io, fissando il cielo oltre le ripide montagne di roccia colorato già dalle ultime luci del tramonto, decido di accontentarlo.
Riprendo in mano le redini, e mi guardo intorno. L'entrata per la miniera dovrebbe essere qui vicino.
Infatti, non mi ci vuole molto per vederla, a qualche metro da noi.
Smonto con un rapido salto, e decido che da qui le nostre strade si dividono. Gli volto le spalle e comincio a camminare, tuttavia ... mi costringo a voltarmi quasi subito nuovamente nella sua direzione, perché mi sta osservando.
 
       << Bhe? >> chiedo << che aspetti, vattene. Sei libero, adesso! >> concludo scuotendo le
            spalle e agitando in avanti le mani come per scacciarlo
 
Ma lui rimane lì, mi guarda e sembra essere intenzionato a fissarmi fino a che non sarò io a scomparire. Non capisco.
Le briglie gliele ho tolte, ora sa come superare la palude e se vorrà potrà seguirmi nella miniera per andare a brucare nei pascoli al di là.
Eppure ... lui resta lì e continua a fissarmi. Per la miseria, ma che gli prende? Sorrido, e decido che mostrarmi buono con lui almeno per una volta forse mi aiuterà a levarmelo di torno.
Così mi avvicino di nuovo, e quando faccio per accarezzargli nuovamente il collo, lui piega la testa verso di me e con le piume morbide del suo viso sfiora il mio, con un calore e un affetto che ... mi sorprende ...
Sgrano gli occhi e rimango lì impettito, a fissarlo, con le dita della mano destra posate su di lui e un sentimento molto simile all'inquietudine in petto.
Non riesco a capire ... l'ho quasi ammazzato, e non sono stato per niente gentile con lui. L'ho perfino preso a calci negli stinchi e chiamato idiota, perché dovrebbe essersi affezionato a me?
E dopo così poco tempo poi?
Riemergo dai miei pensieri, velocemente, solo per accorgermi che ora due grandi occhi marroncini mi stanno fissando. Per la miseria, sono così ... umani.
 
         << Posso cavarmela da solo, adesso. >> dico, tornando a sorridere, poi lascio che la mano
              morta al mio fianco scompigli la cresta di piume che ora è bassa, quasi ad accentuare
              quel bagliore triste nei suoi occhi << Grazie. >> mormoro infine, posando la fronte sulla
              sua e avvolgendoli la nuca col palmo della mia mano sinistra, mentre lui chiude gli occhi.
 
Poi mi volto e riprendo a camminare, stavolta senza tornare più indietro. Sento il suo sguardo seguirmi, e sono sicuro che resterà li fino a che non sarò scomparso dalla sua vista, e anche oltre. Scuoto ancora la testa, abbassando il volto che si colora di un sorriso imbarazzato.
"Ecco, l'ho fatto di nuovo!" penso, divertito "mi sono comportato da perfetto idiota."
Stupido pennuto.
 
ELABORAZIONE DATI IN CORSO ...
CONNESSIONE ...
 
" Il cellulare ancora poggiato sul comodino squillò all'improvviso, costringendo il giovane Kenta Nishisaki a riaversi dal profondo sonno in cui era caduto, nemmeno lui sapeva da quanto tempo.
Tentò di aprire gli occhi, ma la luce gli ferì dolorosamente la vista, costringendolo con una smorfia a desistere.
Si agitò sulle lenzuola, comprimendosi il cuscino sul viso mentre la fanfara del telefono continuava.
Rimase così ancora per qualche istante, poi innervosito balzò seduto, pentendosene perché la testa gli vorticò velocemente, il naso e i muscoli del collo furono avvolti da un ancora più terribile dolore, e un amaro groppo di vomito gli salì su per la gola.
Rapido si alzò in piedi, e barcollando aprì la porta della sua stanza e corse a vomitare nella tazza del water, nel bagno a qualche metro di distanza dalla sua camera.
Appena in tempo.
Il dolore era allucinante, e quella posizione di certo non aiutava. Ci mise un pò tuttavia a rialzarsi, gemendo dal dolore e cercando di ricordarsi cosa avesse fatto la sera prima. Nel tentativo di ricostruire, guardò davanti a sé lo specchio, e quasi ebbe timore dell'immagine riflessa.
Oltre agli occhi lucidi cerchiati di nero ed ai segni visibili della sbronza, aveva il naso coperto da una fasciatura e, soprattutto, un bruttissimo livido nero sul collo, molto simile all'impronta di una mano.
La mano di ... Victor.
Improvvisamente, come un flash tutto gli ritornò in mente. L'atmosfera della discoteca, l'odore del fumo e gli occhi lucidi dell'amico che ghignava guardandolo. Poi le parole sprezzanti contro SOLDIER, e la violenta reazione di Osaka.
L'ultima cosa che riusciva a ricordare era qualcuno che lo sollevava da terra, sussurrandogli di non preoccuparsi, poi più nulla.
Probabilmente era stato portato all'ospedale per essere medicato, per poi essere riconsegnato a sua madre che di sicuro ora si trovava a lavoro.
Guardò di nuovo il livido. Non aveva mai visto qualcosa di simile!
C***o, ma cosa aveva nei muscoli quel dannato pazzo?? Sembrava fossero di acciaio inossidabile! E dire ch'era anche mezzo ubriaco, fosse stato sobrio con un solo pugno a quest'ora sarebbe morto, di sicuro.
Tirò lo scarico, e barcollando raggiunse di nuovo la sua camera, abbandonandosi sul letto.
Sospirò, chiudendo nuovamente gli occhi. " Stavolta me la sono vista davvero brutta. " pensò, e tremò.
Nel frattempo, il telefono aveva smesso di squillare.
Victor ... era sempre stato un po’ più ... forte degli altri bambini. Una volta, quando entrambi avevano poco meno di nove anni, per gioco era riuscito perfino a spezzare un robusto bastone di legno duro con la sola forza delle mani.
Ma ora ... beh, era qualcosa di molto diverso. "Avrebbe potuto uccidermi, se non fossero intervenute le guardie. Dannazione, questi lividi non se ne andranno mai!".
Un altro sospiro.
Continuò a tenere gli occhi chiusi, cercando di non pensare al dolore e alla paura che improvvisamente si era impossessata di lui. Non aveva mai temuto più di tanto la diversità del suo migliore amico, ma se le cose fossero continuate cosi, forse avrebbe dovuto farlo. Con la morte di Mikio e l'arrivo dell'adolescenza ... quell'amicizia stava diventando pericolosa, e ormai restava solo da prendere una decisione.
Il telefono trillò di nuovo, ma stavolta fece meno male, anche se comunque lo risvegliò da quello stato di piacevole torpore.
Sbruffò scocciato, e senza nemmeno guardare lo schermo agguantò l'apparecchio e rispose, cercando di controllare il fastidio nella voce
 
       << Pronto? >>
 
Qualche istante di silenzio, poi
 
       << Kenta, come stai? >> dall'altro capo risuonò titubante la voce calda di Osaka
 
Ci mise un po’ a decidere il tono da usare, ma alla fine convenne che non era giusto dargli tutta la colpa. Del resto, erano entrambi ubriachi, e lui lo aveva provocato. Ma non poteva neanche fargliela passare liscia
 
      << Me la caverò. >> disse, con tono serio
 
Un'altra pausa, stavolta molto più lunga della precedente. Il ragazzo sorrise. Victor sapeva fare a pugni, ma non era bravo con le parole
 
      << E tu? >> chiese quindi sorridendo, toccandosi la fasciatura sul volto
 
Dall'altro capo risuonò un sospiro
 
       << Anche io. >> convenne, sorridendo nervosamente.
 
Per un po’, entrambi tacquero, mantenendo quel sorrisetto nervoso sulle labbra. Poi, a seguito dell'ennesimo sospiro, finalmente Osaka si espresse
 
        << Scusami, Kenta. >> disse
        << No, scusami tu. >> replicò lui << So quanto tieni a SOLDIER, non avrei dovuto
             offenderti. >>
        << Eri ubriaco. >> convenne l'altro
        << Lo eravamo entrambi, fine della storia. >> concluse, portandosi una mano sulla fronte
 
Altra pausa, altro sospiro. Ormai, sembrava che avesse ultimato perfino il fiato per respirare
 
        << Allora ... posso venire a trovarti, domani. >>
 
Kenta tremò di paura per qualche istante, quasi senza accorgersene. La sola idea di rivederlo lo gettava nel più totale panico, quasi irrazionale. Se ne rammaricava. Del resto ... erano ubriachi, no? Tuttavia ...
 
        << Meglio di no. >> rispose, con un magone in gola << Ti chiamo io quando sto meglio. >>
 
Come previsto, Victor tacque ancora, prima di concludere la chiamata con un fugace
 
        << Okkey. Ciao, allora. >>
        << Ciao. >> rispose lui, e volle aggiungere altro, magari scusarsi anche, ma la chiamata  
             s'interruppe con una serie di ritmici bip.
 
Kenta Nishisaki abbandonò di nuovo il telefono sul comodino, e tornò a fissare il buio a palpebre chiuse. Non riusciva a credere di sentirsi un perfetto verme, dopo quella chiamata. Insomma ...
Dannazione Victor! Sei tu che mi hai ridotto così, non io!
Va al diavolo, idiota.
 
INTERRUZIONE DATI ...
 
Non c'ho messo molto a trovare l'uscita. La grotta è piccola, forse molto più di quello che mi aspettavo, e deserta, almeno per il momento.
Mi è bastato solo un rapido giro di perlustrazione per farmi un'idea della strada da intraprendere, anche se come al solito mi sarei aspettato un labirinto e invece mi ritrovo una modesta galleria nella roccia.
Beh, ci sarà un motivo se la chiamano miniera, no?
Mentre cammino osservo le pareti, la mano sinistra poggiata sull'elsa della katana.
Sembrano fatte davvero di pietra, ma guardando meglio mi rendo presto conto che invece luccicano di una luce quasi metallica, oltre ad avere un aspetto molto più resistente e lucido. Mithril.
Non c'è altra spiegazione, sono circondato dal metallo col quale sono fabbricate la maggior parte delle armi usate in SOLDIER, e non solo.
Anche il metallo col quale è rinforzata la suola dei miei stivali credo sia mithril. È affascinante, devo ammetterlo.
C'è n'è ancora così tanto, eppure questo posto sembra abbandonato da anni! Forse, penso, con l'arrivo della rivoluzione Mako lavori come il minatore sono andati in disuso.
Ora tutti lavorano per la Shinra. Quasi istintivamente, un sorriso amaro si dipinge sulle mie labbra.
Non credevo di arrivare mai a questo punto, ma ... meglio che la smetta di pensare a tutto questo, altrimenti finirò per diventare peggio di mio padre.
Varco la soglia di un'immensa e irregolare arcata, e mi ritrovo in un'altra grande caverna, invasa dalla flebile luce esterna che penetra dall'alto.
Le pareti riluccicano colpite dagli ultimi raggi di sole della giornata, e guardando dritto davanti a me finalmente vedo l'uscita, un piccolo e rozzo arco scavato alla base della montagna, dal quale fluisce limpida la luce del tramonto.
La osservo attonito per qualche istante. Mi ricorda la fine del tunnel, quello che ho visto quando giacevo svenuto sul tavolo operatorio, la mano destra maciullata.
E, se stavo pensando di fermarmi qui per la notte, questo mi riporta l'orribile sensazione di asfissia e oppressione che ho provato rinchiuso nei cunicoli di Forte Condor, quando ho creduto di poter morire schiacciato da quelle pareti d'argilla.
No, meglio accamparsi all'aperto e dover fronteggiare dei mostri in piena notte, che rimanere rinchiusi qui con gli occhi spalancati sul soffitto.
Scuoto vigorosamente la testa, cercando di scacciare l'angosciosa sensazione derivata da quei ricordi, e inizio ad avanzare verso l'uscita. Pare che l'unico modo per raggiungerla sia arrampicarsi su per quello che dev'essere il residuo di un vecchio tronco d'albero, o forse le sue radici. E sia, non sarà di certo questo a fermarmi.
Mi piazzo di fronte al legno, lo afferro saldamente in un abbraccio avvolgendo il polso destro col palmo della mano sinistra, e spiccando un piccolo balzo inizio a scalare, stando attento ad incastrare bene il carré dei miei stivali con la superficie deforme del legno e tirandomi su strisciando con le braccia.
Dannazione, adesso sì che mi sarebbe servita una mano in più. Bah! Meglio non lamentarsi, poteva andarmi peggio.
Con un po’ più di fatica e qualche passo falso, eccomi di fronte all'uscita. Tiro un sospiro, mentre controllo di non essermi rotto qualcosa e spolvero velocemente i miei vestiti. Sembra tutto a posto.
Appunto ... sembra.
Improvvisamente, sento un coro sibilare alle mie spalle. Mi volto, e vengo inondato da una disarmante folata di vento gelido che, sparata così all'improvviso, mi paralizza per qualche istante. Ma che accidenti ...? Ovviamente i problemi non potevano essere finiti qui per oggi, certo che no.
Tre serpenti a sonagli, dalla pelle viola e gli occhi rossi, stanno eretti di fronte a me. Saranno alti poco meno di un metro, ma sono inquietanti. Sarà forse colpa del loro sibilo, che continua a risuonarmi nelle orecchie? Non lo so, so soltanto che mi sono rotto.
Sono due giorni che cammino senza fermarmi, se non per rifocillarmi ogni tanto, e comincio ad essere nervoso e stanco.
In più, ben presto le provviste cominceranno a scarseggiare, e per questo ho bisogno urgente di arrivare a Junon il più presto possibile. Perciò ...
 
         << Basta rettili per oggi. >> dico, e sento i miei occhi trasformarsi di nuovo mentre carico
               tutto il potere magico sulla mia mano sinistra, visto che la destra giace ancora sotto il peso
               del bracciale di contenimento << Levatevi di mezzo! >>
 
Lancio il mio attacco. Una violenta serie di fulmini piroetta su tutti loro. Uno, due, alla terza scarica sento il loro sibilo svanire, e non ho neanche bisogno di voltarmi per sapere che sono scomparsi.
Ora posso varcare la soglia in pace, e godermi il meraviglioso arrivo della notte mentre scelgo dove accamparmi.
 
////
 
-Erano le dieci di sera quando il medico arrivò al piccolo villaggio sulle rive del lago.
In verità, Manimi si ritenne fortunata, perché se non fosse stato un amico di famiglia non sarebbe giunto fin lì in tarda sera, col rischio di essere aggredito da qualche bestiaccia velenosa o letale.
Tuttavia, quando con la scusa di fare un caffè si era concessa anche il lusso di una telefonata, aveva appunto confidato in tutti quegli anni di onorata fiducia che si era instaurata tra loro.
Insomma, il dottor Yukio Fujita aveva visto nascere e crescere sua figlia, così come aveva assistito alla nascita di Hikari.
Era sempre stato lui, con l'aiuto di qualche radiografia e la consulenza di uno specialista, a diagnosticare alla piccola la malformazione alla gola che l'aveva resa muta.
E adesso, Yukio avrebbe seguito anche la gravidanza del suo nuovo nipotino.
Conosceva bene la storia della famiglia, perciò chi meglio di lui avrebbe saputo spiegare un simile strano fenomeno come quello che le era appena capitato?

 
***
 
Le undici e mezza della sera.
Da quando era arrivato, il dottore si era chiuso nella piccola stanza con una Hikari che aveva da un po’ smesso di lamentarsi, ma non di mostrarsi stanca e preoccupata.
Dal canto suo, Manimi aveva cercato in tutti i modi di allentare la tensione e ammazzare il tempo nell'attesa.
Preparata la cena, aveva cercato conforto nella TV ma l'aveva spenta quasi subito, annoiata.
Aveva quindi iniziato a compiere le ultime faccende domestiche, anche quelle di cui di solito si occupava Hikari come rassettare il tavolo, dare una controllata alla sala da pranzo e innaffiare le piante in vaso, ma alla fine si ritrovò seduta al comodo divanetto in vimini sulla veranda, rinfrescata dalla frizzantina brezza primaverile proveniente dal lago, e immersa nel silenzio ad osservare impensierita lo spettacolo del cielo stellato in cui la luna ancora non era sorta, attendendo che il medico si facesse vivo da un momento all'altro fino a che la stanchezza non aveva avuto il sopravvento.
Non seppe dire quanto tempo aveva passato addormentata, con la testa leggermente inclinata verso destra e un sorriso esausto sulle labbra.
Forse una buona mezz'ora, o forse meno di una decina di minuti. Fatto sta che, quando qualcuno la scosse dolcemente per una spalla, non ebbe alcuna difficoltà a riaversi, trovando ad accoglierla il sorriso amichevole del dottor Fujita.
L'uomo - alto, spalle larghe, capelli brizzolati e ricci appena accennati sulla nuca e gli angoli della testa, i tratti tipicamente orientali e due sottili occhiali scuri calati sulle pupille azzurrine - si sedette accanto a lei, e la rassicurò subito
 
       << Sta bene. È solo un po’ ... stanca, tutto qui. >> le disse, poi però aggiunse, facendosi serio
       << Tuttavia ... c'è una sola possibile spiegazione al fenomeno che anche lei mi ha
             descritto. >>
       << E sarebbe? >> chiese ansiosamente la donna
 
Il medico sospirò
 
        << Il padre ... è un SOLDIER, giusto? >> chiese, quasi rammaricato di dover essere così
             impudente
 
L'anziana Manimi sembrò non capire
 
        << Un First Class. >> rispose, annuendo
        << E nulla più? >> ribatté nuovamente l'altro
 
La donna scosse le spalle, confusa. Che significava adesso questa domanda? Tutto quello che sapeva su Victor era che si era arruolato in SOLDIER, e dopo aver conosciuto Hikari era stato promosso a First, nulla di più. Certo, aveva conosciuto suo nonno e una volta anche suo padre era venuto a riprenderselo, ma erano uomini comuni, del tutto normali.
 
         << È ... qualcosa di cui preoccuparsi? >> chiese quindi, stavolta con una sfumatura inquieta
              sia nello sguardo che nella voce
 
Fujita scosse la testa, ma sembrò lo stesso in pensiero
 
         << No, solo che ... >> iniziò, titubante
         << Dottore, la prego!>> sbottò allora lei, esasperata << È di mia nipote che stiamo parlando.
              Mi è rimasta solo lei. >>
         << Hai ragione Manimi, ma non so come spiegarlo. >> ammise allora il medico, guardandola
              dritta negli occhi << È come se ... in qualche modo, il bambino la stesse proteggendo. >>
              esordì quindi, gesticolando come se questo gli permettesse di trovare le parole
 
Manimi tacque per qualche secondo, incredula
 
          << Come? >> chiese poi, credendo di non aver sentito bene
 
Il medico sospirò di nuovo, scuotendo la testa per poi tornare a fissarla
 
          << Non ne ho idea. Da quello che lei mi ha detto, credo che l'abbia informata dell'arrivo dei
               due, e dopo l'abbia in qualche modo … avvertita sul loro conto. >>
          << Facendole così male? >> chiese quindi, sbigottita
          << Hikari ha un fisico minuto e delicato. Io ... non so bene come funziona il passaggio
               genetico tra un Soldier e una persona normale, e non posso garantirti la veridicità di
               quello che ti sto dicendo, ma ... è possibile che il bambino abbia ereditato dal padre
               parte o anche tutta la forza di cui un First è capace, e chissà cos'altro. >> l'uomo
               s'interruppe, osservando lo sguardo sconvolto della sua interlocutrice, e sospirò <<
               Portare in grembo il figlio di un SOLDIER non è facile. >> ammise << Comunque, questo
               non spiega come abbia fatto il feto a sapere che la madre correva un pericolo, se di
               questo si è trattato. >>
          << Quindi ... il piccolo può proteggerci, anche se non è ancora nato? >> chiese allora
                 Manimi
 
Yukio Fujita la scrutò. Sembrava non stesse neanche più ascoltando ciò che aveva da dirle, improvvisamente felice e ... grata, si, grata di non sapeva neppure cosa.
 
            << Si. >> rispose, buttando fuori un'altra manciata di fiato << Ma fa’ in modo che si riposi,
                 che stia bene in salute e abbia sufficiente nutrimento. >> la avvertì, lieto di vederla
                 finalmente tornare ad ascoltarlo << Ascoltami bene, da adesso in poi non
                 deve trascorrere più di una manciata di ore fuori dal letto. Anzi, anche tre e mezza
                 vanno bene, ma bada che non si affatichi. Manca poco al parto. >>
            << Quanto? >> chiese allora la donna, nuovamente preoccupata
            << Due mesi circa. Io verrò a visitarla ogni fine settimana, se potrò. Tu però non esitare a
                 chiamarmi come hai fatto oggi, se dovesse succedere qualcos'altro. >> concluse
 
Poi si alzò, afferrò la sua piccola valigetta in cuoio nero e fece per andarsene. Doveva riuscire a salire sul treno per Midgar prima che scoccasse la mezzanotte, o avrebbe dovuto cavarsela fino all'indomani.
 
            << Yukio! >>
 
Aveva già sceso la piccola rampa di scale che lo separava dal terreno gelido, quando la voce saggia e calma della donna lo richiamò. Sorrise di nuovo, e voltandosi la guardò salutarlo con un mano
 
            << Grazie. >> mormorò, timidamente, lasciando ricadere la mano sulla stoffa morbida della
                 lunga gonna
 
Il dottore non smise di sorriderle. Anche così, con tanti e tanti anni a solcarle il viso e le mani operose ... era bella lo stesso.
Anzi, forse lo era anche di più.
Avrebbe voluto restare, ma ... purtroppo anche la gente di Midgar aveva bisogno di lui
 
            << Abbi cura di te. >> le disse, prima di ricominciare a camminare verso la sua città.
 
Manimi lo osservò allontanarsi e sparire nell'oscurità.
Poi, dopo aver pregato per lui, raggiunse sua nipote al piano di sopra per portarle la cena, ma la trovò addormentata, con addosso solo il suo leggero kimono, sul letto che portava ancora l'odore sbiadito del suo amato,
Sorrise e, dopo averle rimboccato le coperte, le lasciò un tenero bacio sulla fronte prima di dirigersi all’uscita.
"Avevi ragione, piccola mia." pensò, attardandosi ad osservarla ancora per qualche istante sulla soglia della porta.
"Victor ... non ti ha mai lasciata sola". -





 
Note dell'autrice: Aggiornamento veloce, stavolta :D Yeaah
Capitolo corto e meno complicato, che ci permetterà di tirare un sospiro (se di noia o di sollievo decidetelo voi) prima dei prossimi che non penso saranno lunghi, ma si emozionanti.
Dunque, miei cari, vi lascio il mio regalino per il weekend, sperando che vi piaccia.
Parlando della scena della palude, sono stata un pò in dubbio sul come descriverla, perciò ho dovuto studiare un pò meglio la conformazione geologica di quella zona e la definizione di "palude", e ho capito (corregetemi pure se sbaglio) che a seconda della stagione quella di FF7 può essere un vero e proprio ristagno d'acqua o semplicemente una distesa umida.
Inoltre, avendo visto nella mia vita posti del genere, ho capito che se le piogge sono abbastanza forti questi luoghi possono diventare veri e propri acquitrini, perciò ho interpretato Zoloom come una specie di mostro anfibio che a seconda dei casi può vivere benissimo anche all'asciutto, e siccome nella storia ci troviamo nel bel mezzo della stagione piovosa ... fate un pò voi ;)
Inoltre, ho DOVUTO aggiungere la scena della lotta contro le serpi nella caverna.
Dio mio, mi hanno inquietato quei cosi, la prima volta che li ho visti. Però quando ho memorizzato il loro attacco mi è subito piaciuto e VOLEVO ASSOLUTAMENTE inserirli nella fic, contro Victor che è anche più viscido e letale di loro.
E, ultima cosa, considerate il flashback come un filmato dell'UMD di Vic. Dopo la scena col chocobo volevo scrivere qualcosa tipo "le emozioni hanno influenzato il tuo UMD", ma non so ... alla fine ho preferito di no >_<
Bene, mi sembra di aver detto tutto. Questo viaggio si preannuncia divertente, ahah :P
Alla prossima dunque, torno a lavoro ;)

PS per Lady: Sono ritornata al pc, stavolta non dovrebbero esserci problemi, spero :P

PPS per tutti: CENTOOOOOO! :D >D< credevate che me ne fossi dimenticata, eh??? Come avrei potuto?? Io vi ringrazio infinitamente! Avevo in mente di fare una cosa speciale, tipo un disegno,un video su youtube, uno striscione in piazza duomo, cose così insomma X)
Però purtroppo ho potuto solo stappare una bella bottiglia di spumante, fare una bella torta (Con le mie mele, pagami! U_U NDGenesis) e pensare che se non fosse stato per voi io non sarei arrivata nemmeno al tredicesimo capitolo.
Voglio rivelarvi un segreto: Quando ho postato i primi capitoli di questa storia, volevo cancellarla subito perchè credevo che facesse terribilmente schifo, come tutto quello che scrivevo da qualche anno a questa parte!
E invece, poi sono arrivate le prime recensioni, le prime soddisfazioni.
Lady che mi faceva letteralmente piegare in due dalle risate con i suoi commenti su Vic, e Jenny, e poi DevilAngel che mi ha riempito di complimenti -anche se continuo a dirti che sei troppo buona :P ;)-.
Poi si è aggiunta FortiX, e alla fine anche Aoboshi, e intanto ad ogni recensione il mio cuore batteva e la soddisfazione continuava ad aumentare.
Ragazze, voi mi avete fatto ritrovare la voglia di scrivere. Io non credevo, dopo la crisi fortissima che ho avuto, di poter tornare a prendere una penna in mano. E invece ... siete state una manna dal cielo per la mia autostima, sul serio. E anche per questa storia, che ripeto senza di voi non avrebbe avuto un futuro.
Grazie, grazie, grazie, grazie! E ora torno ai miei fogli va, che devo ancora farvi assaggiare il resto ;)
VI AMO <3 <3
Kiss

Sarah B. Cornwell
   
 
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