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Autore: Zury Watson    01/08/2015    3 recensioni
Se il finale di stagione non vi ha soddisfatto, siete nel posto giusto.
Le morti che abbiamo visto nella 3x12 e nella 3x13 non si sono mai verificate, Re Riccardo è rimpatriato e ha rimesso in sesto ogni cosa. Nottingham è stata distrutta ma il suo destino è di essere ricostruita. Robin, Archer e Guy amministrano Locksley non smettendo per questo di aiutare chi ha bisogno e in tale contesto si inserisce Kaelee, una giovane donna arrivata da un villaggio vicino.
Capitoli in revisione (Revisionati 1-16)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Venti


Lord Much il Difensore

Bonchurch.

Come si era ripromesso di fare, risolta la questione con Rudyard Much aveva deciso di recarsi nella tenuta a lui destinata insieme al titolo di Lord.
Nella mente i ricordi del giorno in cui il suo amico e padrone Robin lo aveva messo a conoscenza della sua situazione con Lady Marian. Mentre l'intera banda collaborava con Gisborne al fine di ritrovare lo Sceriffo di Nottingham prima che il funzionario del Principe Giovanni mettesse a ferro e fuoco l'intera Contea, Robin aveva raccontato a Much della proposta di matrimonio fatta a Marian e di come lei avesse accettato a patto che prima il Re tornasse in patria e sistemasse ogni cosa.
Much ricordava di essersi sentito come spaesato, perso per via di quella novità che se da una parte lo rendeva felice assicurando a Robin una vita serena al Maniero, dall'altra lo destabilizzava tanto da indurlo a preoccuparsi per se stesso: che fine avrebbe fatto lui, servo fedele, nel momento in cui Robin avesse messo su famiglia e si fosse riappropriato del Maniero? Dove sarebbe andato? E con chi?
A distanza di tempo quelle paure si erano rivelate del tutto infondate e Much aveva capito il reale valore dell'affetto che lo legava a Robin. Poteva sorriderne adesso.

Aveva preferito visitare la tenuta da solo la prima volta da quell'unica in cui ci aveva abitato e per convincere Kate che sarebbe stato meglio se lei fosse rimasta a Locklsey si era giustificato nascondendosi dietro l'incertezza riguardo le condizioni dell'abitazione. In parte era vero che Much nulla sapeva dell'eventuale manutenzione da fare alla struttura, ma di certo non se ne sarebbe preoccupato se a metterlo in agitazione non ci fosse stata la reale possibilità di incontrare Eve. Pur essendo più che mai sicuro dei sentimenti che provava nei confronti di Kate e non volendo per nessuna ragione al mondo rischiare di perderla, Much non aveva dimenticato la promessa fatta tempo prima alla donna che si era spacciata per una semplice domestica e che invece aveva inizialmente fatto la spia per conto di Vaisey salvo poi capire di non essere disposta a lavorare per un uomo spregevole come lui; la donna per la quale Much aveva provato un sentimento che andava oltre l'affetto e che forse, se coltivato, si sarebbe tramutato in vero amore.
Probabilmente Much non l'avrebbe mai ammesso a se stesso, ma tutti i suoi traguardi in quella vita avevano a che fare con l'amore. Suo desiderio di sempre era avere qualcuno al proprio fianco che lo apprezzasse per ciò che era e che volesse costruire con lui una famiglia, che gli desse dei figli. Sin da ragazzino si immaginava nei panni di rispettato capofamiglia proprietario di una modesta ma bella abitazione con annesso un piccolo fazzoletto di terra, lavoratore onesto, marito fedele e modello di dignità per i suoi bambini. Poco importava che non sapesse leggere: con il sudore della propria fronte avrebbe garantito un futuro diverso alla prole. La vita aveva preso una piega diversa nel corso del tempo allontanandolo bruscamente da quei sogni di fanciullo, ma non tutto era perduto. Era un po' come se anziché seguire la strada maestra o imboccare un'astuta scorciatoia Much fosse incappato in un percorso colmo di pericoli, tortuoso, che lo avrebbe ricondotto sulla via principale solo in seguito ad un lungo periodo di incerto vagare.
Il Much che la vita aveva restituito dopo l'esperienza maturata al fianco di Robin Hood era di certo diverso dal giovane uomo che aveva sognato un'esistenza dorata nella sua semplicità; diverso, sì, ma non più superficiale né meno buono.
Much aveva promesso ad Eve che sarebbe tornato a Bonchurch quando anche la giustizia fosse tornata a regnare nella Contea di Nottingham.
Quel sogno di libertà che aveva animato lo spirito di Robin Hood e dei suoi affiliati si era infine realizzato con la morte dello Sceriffo e dei suoi scagnozzi, con il ritorno di Re Riccardo e con il freno imposto al Principe Giovanni restituendo a Nottingham e dintorni una luce che si credeva ormai perduta per sempre. Conseguenza più o meno diretta di questi eventi era la tanto agognata svolta nella vita di Much il quale infine, come promesso, stava per tornare proprio a Bonchurch per insediarsi esattamente lì dove aveva conosciuto Eve.
Da quando aveva ricevuto la notizia l'uomo non riusciva a smettere di pensarci non sapendo bene come affrontare al meglio la situazione, in che modo porsi con Kate e con Eve.
Ricordava di aver baciato quest'ultima nell'assicurarle che si sarebbero rivisti in circostanze molto migliori.
E anche questa non era una bugia se non per il fatto che non avrebbe più potuto riservarle quel gesto perché il suo cuore, adesso, batteva esclusivamente per Kate.
Ormai fin troppo vicino al villaggio che avrebbe ospitato lui e Kate fino alla fine dei loro giorni, Much scese da cavallo e si avviò verso la tenuta a passo veloce e nervoso ma con un incontenibile sorriso che gli illuminava il volto.


Foresta di Sherwood.

L'assenza di Rudyard nella vita di Guy e Kaelee non aveva indotto i due a cullarsi nel rinnovato clima di serenità che aleggiava non solo sulla coppia, ma anche su Locksley e Nottingham.
Tutti i componenti della vecchia banda, pur tornando alle rispettive attività che contribuivano al sostentamento del piccolo villaggio e ad un personale senso di soddisfazione ed equilibrio, non avevano smesso di pianificare, organizzarsi e allenarsi, in linea con la necessità - espressa diverse volte e in svariate occasioni da Robin - di non farsi cogliere impreparati nel caso in cui malauguratamente qualcosa fosse nuovamente andato storto. Little John, ad esempio, si era infine convinto a prendere sotto la propria ala tutti i giovani - molti dei quali provenienti dall'orfanotrofio di cui l'uomo si occupava ora insieme anche ad una felicissima Alice - che fallivano con l'arco e con la spada; John non era certo della reale incapacità dei ragazzi e sospettava che sbagliassero di proposito per passare più tempo in sua compagnia e a lui, tutto sommato, andava più che bene. Inoltre, da qualche tempo, anche alcune vecchie conoscenze della banda avevano chiesto ed ottenuto il permesso di prendere parte alle lezioni. Si trattava dei ragazzini che, giocando a "Robin Hood", erano stati rapiti da Gisborne, salvati dai veri fuorilegge ed elevati alla carica di membri onorari della banda. Tuck - che come principale impiego aveva la vocazione di curare anime - era tornato a condividere e ottimizzare le tecniche agricole ideali per il tipo di terreno con cui lui e gli abitanti di Locksley avevano a che fare. Archer, oltre ad insegnare i segreti che aveva appreso durante i suoi spostamenti, era maestro di seduzione per i più giovani; continuava ad essere il braccio destro di suo fratello Robin e non mancava mai di ritagliarsi del tempo da trascorrere in compagnia di Nettie. I due sembravano fare davvero sul serio. Allan, invece, dopo le ultime vicende aveva deciso di portare in circolazione i manufatti di Locksley nei Mercati della Contea - cosa che lo distraeva da Kaelee, dai suoi sentimenti per lei e da Gisborne con il quale avrebbe fatto volentieri a pugni vista l'instabilità emotiva in cui viveva; diverse volte aveva immaginato un ipotetico duello decisivo in cui il meritevole vincitore avrebbe definitivamente ottenuto l'ambito premio: Kaelee; quando tornava lucido, però, si rendeva conto che a Kaelee non avrebbe fatto per nulla piacere essere considerata un "premio" e che probabilmente sarebbe stata lei stessa a dargli una lezione prima ancora di dare inizio al duello. In tutto ciò, per nulla solo ma molto spesso travolto da ondate di malinconia, Robin faceva il possibile per apprezzare il dono che la Natura e Dio gli avevano fatto e che aveva perso gran parte del suo senso con la scomparsa di Lady Marian. L'unica ragione che gli permetteva davvero di andare avanti era la causa per cui aveva combattuto e combatteva ancora: la presenza di Riccardo Cuor di Leone sul trono d'Inghilterra non bastava, da sola, a garantire la pace in ogni Contea. A sostenerlo c'erano, come sempre, gli amici e tutte le persone a cui lui negli anni aveva fatto del bene e che gli portavano gran rispetto. Tra questi uno in particolare aveva deciso di tornare a Locksley dopo aver smaltito il dolore per la perdita di suo padre, fatto uccidere dallo Sceriffo. Si trattava di Luke Scarlett, fratello di Will, il quale rimasto ormai solo si era recato presso le uniche persone di cui sapeva di potersi fidare ricevendo infatti il più caloroso dei benvenuti.
Anche Kaelee e Gisborne avevano lentamente ripreso le vecchie abitudini tornando ad esercitarsi nell'accogliente Foresta di Sherwood. Come accadeva già da un po' di tempo, i due inscenavano duelli in piena regola alla cui base c'era fiducia reciproca: la lama spesso sfiorava la pelle dell'avversario minacciando gli organi vitali, ma mai la lacerava affondando nella carne, ferendo, mordendo come sarebbe accaduto in presenza di un vero nemico. Non per niente l'impresa risultava tutt'altro che semplice. Nessuno dei due infatti dosava più forza e abilità, così spesso Guy e Kaelee si trovavano impegnati in duelli estenuanti che si protraevano per un arco di tempo piuttosto ampio.
Lui, capace di scatti incredibilmente veloci, osservava e studiava ogni minuscolo movimento dell'avversario basando gran parte della propria tecnica sulla concentrazione e il resto sulla forza fisica che lo rendeva una macchina da guerra quasi inarrestabile. Nella banda di Robin esisteva un uomo soltanto in grado di atterrare Gisborne in uno scontro corpo a corpo ed era una rara eccezione, il che stava a significare che Gisborne era per la maggioranza dei suoi nemici una minaccia concreta tanto se armato di spada quanto se disarmato. Se non era coinvolto in una lotta improvvisa Guy difficilmente attaccava in tempi brevi - in parte per la necessità di trovare i punti deboli del nemico e in parte per indurlo a stancarsi - ma quando decideva di farlo non c'era scampo per la controparte. I suoi affondi erano micidiali e andavano sempre a segno con l'enorme forza consentita dai muscoli allenati.
Lei, che alla pratica aveva ormai aggiunto molte nozioni teoriche e aveva imparato a conoscere il proprio corpo, poneva invece al centro dello scontro leggerezza e resistenza. La seconda l'aveva acquisita nel corso degli allenamenti con Gisborne e, combinata alla prima caratteristica, si rivelava letale per ogni avversario. La fisicità di Kaelee era l'arma a doppio taglio che le offriva un generosissimo vantaggio su un nemico superficiale il quale, vedendola così minuta, tendeva a prenderla sottogamba. Il fatto, poi, che fosse una donna la rendeva ancor più vulnerabile agli occhi di quegli sciocchi uomini che non sapevano affatto chi avevano davanti.
Più Gisborne la guardava, più gli sembrava di vederla volare a pochi centimetri dal morbido pavimento della foresta.
Conoscevano alla perfezione punti deboli e di forza l'uno dell'altra, eppure ogni duello era un capitolo a sé stante. Niente era mai scontato se entrambi mettevano tutte le loro risorse in gioco lasciando da parte il sentimento che li legava.
Per Kaelee non era affatto semplice separarsi dalla parte di lei che amava quell'uomo armato di spada. L'uomo al quale era promessa, al quale aveva donato cuore e anima. Uomo che era anche un combattente, un ex affiliato ai terribili Cavalieri Neri del Principe Giovanni. Un uomo che aveva ucciso in passato e che avrebbe ancora ucciso se si fosse rivelato necessario. Quella parte di lei anziché temere il lato oscuro di Gisborne lo trovava perfino affascinante ed era questa la principale ragione per cui le risultava difficoltoso estraniarsi da se stessa e calarsi nei panni della spadaccina. Sapeva, però, che per rendere funzionali ed efficaci le esercitazioni era necessario compiere quello sforzo.
Lo sguardo di lui appariva glaciale in quei duelli simulati.
Quello di Kaelee si discostava nettamente dal caramello fuso a cui Gisborne era avvezzo, divenendo più simile ad un'ipnotica pietra dura difficile da ignorare.
Solo a quel punto la danza poteva iniziare.
Occhi negli occhi, presa ferrea attorno all'elsa.
Chiunque avesse avuto il piacere di osservarli sarebbe rimasto colpito dalla magia del duello che grazie all'atmosfera e ai colori di Sherwoord assumeva toni surreali.
Quel giorno Kaelee decise di non dare tempo al proprio avversario di anticipare le sue mosse e senza preavviso sorprese Gisborne con un velocissimo fendente. D'istinto lui contrattaccò senza andare a segno: Kaelee si era già spostata lateralmente.
La parte di Gisborne affettivamente coinvolta si compiaceva tutte le volte che Kaelee riusciva a spiazzarlo o a sfuggirgli.
Ruotando su se stesso con la spada tesa Gisborne avrebbe tagliato la testa a Kaelee se lei non si fosse prontamente piegata sulle ginocchia. Così come la ferita inferta al polpaccio di Gisborne, se non avesse cambiato posizione per tempo, gli avrebbe impedito di restare in piedi e difendersi.
Per quanto fosse oggettivamente pericoloso, più pericoloso che tirare con l'arco contro uno spaventapasseri, Guy e Kaelee facevano sul serio.


Bonchurch.
Quando Lord Much si avvicinò alla tenuta che gli era stata destinata non ebbe neanche il tempo di lasciar esplodere definitivamente la gioia per il conquistato futuro che venne accolto con festosità dagli abitanti del piccolo villaggio. Sembrava proprio che la voce si fosse sparsa a gran velocità e che tutti non aspettassero altro di conoscere il nobile uomo che si sarebbe trasferito nella bella tenuta, sperando probabilmente che fosse anche un buon uomo.
Sebbene non lo avessero mai visto prima - anche se molti avevano comunque ipotizzato che potesse trattarsi di Much il fuorilegge, servo fedele di Robin di Locksley - gli abitanti del villaggio non ebbero alcun dubbio. Un gruppo di bambini, vedendolo avanzare, gli corse incontro accompagnato da gioiose urla di benvenuto.
Fu infine il fabbro del villaggio a riportare un po' d'ordine tendendo la mano al nuovo venuto.
«I miei ossequi Lord Much e quelli del villaggio tutto. Perdonate l'eccessivo entusiasmo dei nostri bambini. Era loro intenzione soltanto darvi il benvenuto», disse con tono pacato.
Much fu spiazzato da quell'inattesa situazione, ma strinse ugualmente la mano del suo interlocutore e ringraziò con la timidezza e quel pizzico di goffaggine che lo contraddistinguevano. Sorrise a tutti, compiaciuto ma mai sicuro di sé come lo sarebbe stato un vero Lord. Del resto non era semplice abituarsi all'idea dopo essere stato per anni il servo di Robin Hood, il fuorilegge che aveva combattuto al fianco degli eroi nel nome di Re Riccardo divenendo egli stesso eroe senza rendersene conto. Much era uno con la testa sulle spalle e benché sognasse una vita migliore e una bella casa, difficilmente si montava la testa nel senso dispregiativo del termine. Sognava, progettava, ma mai pretendeva, mai credeva che qualcosa gli fosse dovuto. Non era sciocco, né superficiale, come qualcuno che non lo conoscesse bene poteva pensare. Aveva invece conservato l'ingenuità dei ragazzini mantenendo integri i suoi valori morali.
Altri, forse, avrebbero dubitato di quella calorosa accoglienza; si sarebbero insospettiti temendo che quegli umili potessero in seguito pretendere qualcosa. Ma non Much. Lui ne fu felice e si comportò come se i suoi amici gli avessero organizzato una grande festa di compleanno: ringraziò, ringraziò e ancora ringraziò.
Andò avanti così finché, tra i tanti occhi che lo scrutavano curiosi, Much non scorse il volto di Eve. Gli sorrideva, come tutti gli altri, e quando si accorse che lui la guardava sollevò timidamente la mano in un cenno di saluto.
Da quando era ufficialmente tornato ad essere un uomo libero Much non portava più lo strambo copricapo chiaro, suo segno distintivo all'interno della banda; non si era invece sbarazzato dello scudo finemente decorato che gli sarebbe valso, a Boncurch, il soprannome di Lord Much il difensore.
Il momento che aveva reso inquieto quell'uomo era infine arrivato. Eve si avvicinò e si offrì di accompagnarlo fino alla tenuta. Attorno a loro i bambini ancora saltavano e ridevano.
«Siete tornato davvero», mormorò la donna quando furono all'ingresso.
Much si grattò nervosamente il capo mostrando tutto il suo imbarazzo. Doveva assolutamente informare Eve della svolta che la sua vita aveva preso da quando era partito di nuovo per la Terra Santa con l'intento di salvare il Re ed era tornato in Inghilterra con il compito di confortare un amico che aveva perduto la sua unica ragione di vita. Si accomodò lo scudo e fece per schiarirsi la gola quando una voce maschile chiamò Eve per nome. Il sorriso di lei fu inequivocabile: era lo scintillante sorriso dell'amore.
"Dunque anche per lei qualcosa è cambiato?", si chiese Much voltandosi insieme alla donna.
Con le presentazioni, Much venne a sapere che Eve si era innamorata e sposata e che non aveva nascosto a suo marito le vicende accadute proprio in quella tenuta. Gli fu rivelato che se le cose fossero andate diversamente - ovvero se Eve non avesse incontrato il suo compagno di vita - al suo ritorno a Bonchurch Much avrebbe trovato una donna pronta ad amarlo con tutta se stessa e a condividere con lui la sorte loro destinata. Fu quindi più semplice, a quel punto, raccontare a Eve di Kate e dell'amore che lo legava a lei.
Ciò che più stupì Much fu la naturalezza con cui raccontò alla donna ciò che si era persa da quando si erano salutati. L'ex fuorilegge che aveva salvato l'Inghilterra insieme ai suoi compagni d'armi seppe in quel momento di avere al proprio fianco un'amica che in un modo o nell'altro avrebbe continuato a far parte della sua vita.


Foresta di Sherwood.
È sempre questione di attimi.
Prima di un bacio. Prima di una grande decisione. Prima di una svolta.
Sono piccoli attimi carichi di elettricità ad annunciare una tempesta. Brevi attimi a scombussolare un cuore.
Basta un attimo a decretare la tua sorte in battaglia. Un attimo sentenzierà la tua vittoria o la tua sconfitta, ti regalerà la vita o ti darà la morte.
E in un attimo la spada di Gisborne fu ad un millimetro dalla gola di Kaelee.
Immobilità assoluta.
In un attimo la spada di Kaelee fu ad un soffio dal fianco di Gisborne.
Silenzio assordante.
Occhi negli occhi a scambiarsi l'irrefrenabile voglia di vivere. Occhi negli occhi come se il Sole potesse per magia farsi liquido e gettarsi nel mare.
Uno spettacolo mai visto prima tradotto nell'universale lingua dell'amore.
Quel misterioso giudice senza volto né nome che decide deliberatamente e sfacciatamente l'esatta durata di un attimo sembra non avere criterio mentre, quasi come in una scena al rallentatore, Gisborne si protende impercettibilmente verso Kaelee inclinando soltanto il collo. Odioso giudice tutt'altro che imparziale desideroso di assistere allo scoppio di quei cuori ancora troppo giovani per fermarsi. Giudice che torturi nel prolungare l'attimo prima di un bacio soltanto per lanciare poi il tempo in una folle corsa di respiri mozzati e cuori instabili.
Fu un semplice ma intenso attimo quello che intercorse tra l'incastro di sguardi e l'incontro di labbra.
Nessuno dei due spostò la lama.
Entrambi chiusero gli occhi.
E quando le labbra si sfiorarono fu come se la Terra riprendesse a girare, come se tutte le stelle esplodessero contemporaneamente nel cielo, come se tutte le onde del mondo si infrangessero in sincrono contro i fianchi della Natura.
Spuntò un sorriso sulla bocca di Kaelee al piacevolissimo contatto.
«Finalmente», commentò in un sussurro.
Anche Gisborne sorrise.
«Mi hai dato filo da torcere. Te lo sei guadagnata questo bacio», le rispose scostandosi da lei quel tanto che bastava ad ostacolare ulteriori effusioni di quel tipo.
A Kaelee non sfuggì la provocazione nel tono di Guy, così con un movimento fluido fece scivolare il braccio attorno alla vita dell'uomo - la spada a premere contro la schiena - prima di rispondergli.
«Baciatemi, Sir Guy, o sarete un uomo morto», soffiò con malizia. Neanche a lei fu chiaro il motivo per cui avesse usato il voi e l'avesse chiamato attribuendogli il titolo. Molto più evidente fu invece l'effetto che quella scelta ebbe su entrambi.
Il sorriso sghembo alla Sir Guy di Gisborne si dipinse sul volto dell'uomo mentre annuiva inclinando la testa compiaciuto. Ripose la spada nel fodero con snervante lentezza. Si sfilò un guanto e portò la mano nuda sul volto di Kaelee. Con il pollice le accarezzò la guancia, tracciando una linea immediatamente sotto l'occhio prima di scivolare sulla nuca.
«Potrebbe essere pericoloso», soffiò all'orecchio della ragazza.
«Non temo il pericolo», rispose prontamente lei inspirando a lungo il profumo della pelle di lui. Si sentiva come se dovesse perdere i sensi da un momento all'altro. Strinse la presa attorno all'elsa della spada che infine scagliò lontano da loro, lasciando che si piantasse nel terreno morbido di Sherwood.
Lui rise sommessamente, divertito e compiaciuto, con un pizzico di eccitazione mentre l'eco della voce di Kaelee che lo chiamava "Sir Guy" gli scombinava le idee.
"Baciatemi, Sir Guy, o sarete un uomo morto".
"Baciatemi, Sir Guy".
"Sir Guy".
Il passato che tanto aveva cercato di allontanare prima e metabolizzare poi, tornava in una forma nuova e incredibilmente ricca di fascino. Mai Gisborne avrebbe pensato che essere Sir Guy potesse risultargli addirittura piacevole. Non c'era più violenza in quel titolo, né la cattiveria alimentata dallo Sceriffo. Sebbene fosse pienamente consapevole del proprio cambiamento e del percorso che lo aveva condotto verso un nuovo io più incline alla giustizia e ad una vita fatta di valori semplici anziché di potere e denaro, la nuova sfumatura appena scoperta riuscì a sconvolgerlo. Convinto che l'intera sua storia personale al fianco dello Sceriffo fosse legata al titolo di Sir aveva iniziato a farsi chiamare semplicemente Guy e, superato l'iniziale imbarazzo da parte degli abitanti di Locksley, quella decisione era valsa all'uomo l'accenno di un equilibrio interiore destinato a trovare sempre più stabilità. Essere semplicemente Guy di Gisborne non lo esonerava dal tormento di tutto il male esercitato negli anni, ma lo aveva aiutato a inserirsi meglio nella nuova comunità e nell'ottica di una vita senza troppi agi. Restava pur sempre Sir Guy di Gisborne ma, come Robin Hood, - che pur essendo Signore di Locksley era per tutti semplicemente Robin - privandosi dell'appellativo si era lentamente guadagnato la fiducia delle persone. Difficilmente capitava ora che qualcuno lo guardasse male o che gli rinfacciasse qualcosa, che lo incolpasse per il modo in cui aveva vissuto una buona parte della propria esistenza. Persino la figura imponente e gli abiti categoricamente neri avevano smesso di intimidire la gente.
Guy di Gisborne, che pochi avevano visto sorridere di gioia ai tempi in cui era il braccio destro dello Sceriffo di Nottingham, - e tra queste certamente Marian e Meg - rivolgeva quotidianamente un sorriso gentile a chiunque incontrasse, salutava con cortesia e si fermava a chiacchierare con il fabbro e gli artigiani del villaggio.
Ma ora Kaelee lo aveva chiamato "Sir Guy" - la malizia nel tono, quasi che lei fosse inspiegabilmente attratta dalla parte oscura di lui - e tutto era mutato in un baleno, come una bandierina voltata di netto da una folata di vento. La prospettiva di poter essere Sir Guy di Gisborne senza essere servo di Vaisey gli si schiuse dinanzi agli occhi come un fiore a primavera e per un attimo Guy vide il proprio futuro prendere una piega lievemente diversa da come aveva immaginato fino a quel momento. Avrebbe ugualmente sposato Kaelee la quale, si rese conto, avrebbe preso il titolo di Lady. Lady Gisborne. Suonò così dolce quel pensiero nella mente di Guy da fargli desiderare che il matrimonio avvenisse in quello stesso istante. E seguendo l'impeto di quell'ondata l'uomo baciò Kaelee con trasporto.
Nessuno dei due osò portare a termine il contatto prima di essere davvero a corto di ossigeno.
«Non so perché ti ho chiamato... in quel modo», ammise Kaelee dopo un po', lo sguardo timidamente rivolto verso il basso.
Lui la avvolse tra le braccia avvertendo il senso di colpa nella voce incerta della giovane donna.
Kaelee più di ogni altro conosceva gli angoli più bui dell'anima di Gisborne e credeva che, in fin dei conti, riportare a galla quella parte del suo passato non fosse stata poi una così gran bella idea.
«Non mi è affatto dispiaciuto», sussurrò.
Il viso di Kaelee, ben volentieri nascosto sul petto di Guy, prese letteralmente fuoco mentre una valanga di pensieri e domande la travolgeva. Che non si sarebbe mai abituata a Guy Kaelee l'aveva messo in conto tempo addietro, ma non credeva che dopo ciò che avevano vissuto insieme si sarebbe trovata ancora a tenere a bada il caos mentale che lui - volontariamente o meno - le provocava anche con uno sguardo fugace. Non era il gesto, ma il modo in cui lui la guardava: con una tale intensità da metterla in soggezione.
E mentre lei si interrogava sui misteri dell'impulsività e dell'amore, su quanto dipendesse dalla sua mente e quanto dall'istinto, Gisborne la prese in braccio e si incamminò in silenzio verso uno dei tanti tronchi della foresta. Trovata una comoda sistemazione tra due grandi radici che affioravano in superficie, baciò la fronte di Kaelee.
«A che punto della discussione siete tu e i tuoi pensieri?», le domandò prendendola dolcemente in giro.
Lei, che aveva temporaneamente accantonato il suddetto trambusto in favore del vortice emozionale causato dalla nuova situazione, ridacchiò con aria serena.
«Non ne ho idea, ma non ha importanza», rispose. «Sono con te e questo è tutto ciò che conta», aggiunse allungando le dita verso la ciocca nera che da sempre - o meglio da quando lei lo conosceva - gli incorniciava il viso.
A volte Kaelee aggiungeva alla storia della propria vita tutti quei se e quei ma che se inizi a considerarli rischi di diventar matto nel giro di pochi minuti. Un se in particolare riaffiorava spesso tra i suoi pensieri. "E se Gisborne anziché sopravvivere alla grave ferita che lo aveva costretto a letto avesse ceduto e si fosse addormentato per sempre?".
Come sarebbe stata la permanenza di Kaelee a Locksley senza Guy? Avrebbe assecondato i sentimenti di Allan? Si sarebbe invaghita del fratello minore di Robin e Guy?
A ognuna delle domande Kaelee si rispondeva tutte le volte allo stesso modo pur cercando di intraprendere percorsi ragionativi differenti.
"Meno intensa, ma ugualmente definitiva". "No". "No".
Gisborne sospirò e Kaelee approfittò per parlare ancora andando contro all'istinto di tacere per paura di sbagliare.
«Credo che sarebbe stato complicato interagire con Sir Guy di Gisborne, il braccio destro dello Sceriffo di Nottingham intendo, ma sono quasi certa che ci avrei provato lo stesso», mormorò.
Incredulità e turbamento furono due lampi evidenti nel cielo dei suoi occhi.
«Avresti pagato a caro prezzo la tua scelta», disse velocemente, a bassa voce, distogliendo lo sguardo; le labbra ridotte ad una sottile linea dritta.
«Scelta? Di quale scelta parli? Hai forse deciso consapevolmente di amare Lady Marian tu?», domandò lei in risposta.
«Kaelee...».
«No Guy. Kaelee un bel niente», fece la donna lasciando trasparire l'irritazione che provava. Non le importava quante donne Guy avesse amato prima di lei, quante ne avesse possedute, a quante avesse promesso gli agi di una vita da nobile. Non le importava neanche che lui avesse un figlio ed era disposta perfino a prendere quest'ultimo in considerazione come parte integrante della propria vita se solo Guy le avesse manifestato il desiderio di cercarlo e incontrarlo. Kaelee era giovane, sì, ma non sciocca e sapeva bene che i sentimenti di Gisborne per lei erano sinceri. A infastidirla era stata l'affermazione di lui.
L'amore, infatti, è tutt'altro che una scelta. È qualcosa di incontrollabile, qualcosa che ha poco a che fare con logica e razionalità. È istinto. Quando si ama difficilmente si pensa e anche a volerci provare il più delle volte non ci si riesce.
Definire quindi l'amore di Kaelee come una scelta - ovvero qualcosa di calcolato in base ai propri bisogni, alle necessità e a obiettivi ben precisi - le aveva fatto saltare i nervi.
Senza pensarci su due volte Gisborne tornò a guardare Kaelee negli occhi. Vi trovò una vena di dispiacere tra le colorite striature del disappunto e si dispiacque a sua volta.
«Hai ragione e per questo ti chiedo scusa. Non ho deciso di innamorarmi di te», mormorò accompagnando le parole con un sorriso appena accennato. «I miei occhi ti hanno incrociata e il cuore ha fatto il resto battendo come un folle nel mio petto», aggiunse.
«Così va molto meglio», rispose Kaelee sorridendogli con dolcezza, incapace di arrabbiarsi con lui. «Comunque sia sono felice di come sono andate le cose. Non so se sarei stata in grado di intrufolarmi nel Castello senza essere scoperta e messa alla forca al primo tentativo».
La risata di Gisborne riempì e traboccò dal cuore di Kaelee diffondendosi nello spazio attorno a entrambi.
«Non hai tenuto conto della mia complicità», mormorò lasciando Kaelee a bocca aperta.
«Sir Guy di Gisborne mi avrebbe protetta dalle grinfie dello Sceriffo?», chiese incredula. Dopo tutti i racconti che aveva sentito sullo spietato Sir Guy, Kaelee non avrebbe mai immaginato che proprio lui potesse mettersi a difendere una donna soltanto perché di lui invaghita.
Qualcosa nel profondo della sua anima aveva convinto Gisborne che se avesse conosciuto Kaelee prima di unirsi a Robin Hood e alla sua banda di fuorilegge, non sarebbe riuscito ad ignorarla pur amando Lady Marian. Non sapeva come sarebbero andate le cose, non sapeva se Kaelee sarebbe riuscita a conquistare il suo cuore sciogliendolo dalla morsa dell'amore che lui provava per Marian, non aveva idea di come avrebbe gestito la situazione e non era in grado di determinare se la giovane donna sarebbe stata capace di allontanarlo dallo Sceriffo evitando così la morte di Lady Marian, di Meg e forse perfino di Isabella.
Entrambi si domandarono intimamente che piega avrebbero assunto le vicende se una donna avesse amato Sir Guy di Gisborne quando la sua parte migliore era sepolta sotto strati di cattiveria e cinismo.
Kaelee si rendeva conto di essere stata molto fortunata a conoscere Gisborne in quel particolare frangente della vita di lui ed era consapevole anche che amarlo, dopo il cambiamento, era stato incredibilmente semplice. Ma se lui l'avesse respinta e derisa? La fermezza che la caratterizzava avrebbe retto l'offesa?
I due si guardarono a lungo negli occhi prima che un
«Sì» appena sussurrato rompesse il silenzio. «Sai cosa mi ha detto una volta Vaisey?», le domandò retorico, consapevole che Kaelee non poteva affatto saperlo.
Infatti lei scosse il capo.
«Che la pietà è sempre stata il mio punto debole», soffiò. «Per molti non ne ho avuta, questo è vero, ma non sono mai stato immune all'affetto e all'amore. Credo di aver cercato l'affetto delle persone per una vita intera senza nemmeno rendermene conto, covinto di desiderare esclusivamente potere, denaro e gloria. Perciò sì, avrei cercato una scappatoia per te. Forse poi ti avrei cacciata in malo modo intimandoti di non farti mai più vedere al mio cospetto, ma non ti avrei consegnata a lui», concluse distogliendo lo sguardo, puntandolo nel folto di Sherwood.
Kaelee rimase in silenzio e si perse a guardare il profilo del viso di lui. Il naso spiccava inevitabilmente, ma anziché rovinare la bellezza di Gisborne gli attribuiva un fascino particolare ed unico. Le sopracciglia lievemente contratte gli donavano un'aria tormentata e misteriosa richiamando al presente quello che doveva essere stato il tenebroso Sir Guy. Per quanto tentasse di restare lucida, Kaelee non poteva ignorare le pulsioni del proprio corpo che immediatamente e costantemente reagiva alla presenza di Gisborne.
«Grazie», mormorò infine.
Gisborne sospirò e chiuse gli occhi. Kaelee lo stava ringraziando per qualcosa che non aveva neanche fatto. Lo ringraziava con una sincerità tale da chiudergli lo stomaco. L'uomo si chiedeva come fosse possibile che lei, pur sapendo di aver a che fare con uno che non ne aveva combinata una giusta, con un assassino, con un opportunista, un arrivista, lo amasse così tanto ed incondizionatamente.
«Guy», lo chiamò lei senza ottenere alcuna reazione.
Lui che aveva smesso di esaminare la propria coscienza quando i suoi genitori erano morti; lui che aveva successivamente spalancato con violenza le porte del proprio io; lui che credeva di aver fatto i conti definitivamente con i suoi demoni; l'uomo che aveva servito Vaisey di Notthingam schierandosi con il male del mondo ora si interrogava sul perché Kaelee fosse arrivata in dono proprio a lui. Una donna come lei, buona e altruista, cosa poteva mai avere in comune con lui?
«Sir Guy di Gisborne», riprovò Kaelee con maggior decisione.
Gisborne contrasse le sopracciglia, ancora una volta colpito da come quel nome suonava sulle labbra della dolce donna che amava.
«Ascoltatemi», sussurrò la donna immaginando di parlare proprio a quel nobile che tanti avevano odiato desiderandone anche la morte. Immaginò di trovarsi a Notthingam, a due passi dallo Sceriffo, con il pericolo di essere vista e accusata di un qualsivoglia crimine. «L'uomo cattivo che il popolo descrive è lo stesso che, anziché uccidere un gruppo di bambini che lo aveva visto sperimentare nella foresta un'armatura invincibile, li ha soltanto imprigionati. E magari nella speranza che Robin Hood li liberasse evitando così di dover togliere loro la vita su richiesta dello Sceriffo», gli disse con ferma dolcezza.
Non era stato Gisborne a parlarle di quell'episodio, ma Little John.
L'uomo ebbe un sussulto per la sopresa, ma non si mosse ulteriormente. Né parlò.
«In voi risiede una parte buona che le sofferenze della vostra vita hanno tentato invano di seppellire. Io giudico solo ciò che vedo, Sir Guy, e davanti a me ho un uomo che senz'altro merita il mio amore più di ogni altro al mondo, un uomo perfettamente in grado di ricambiare degnamente il mio sentimento», terminò avvicinandosi in cerca delle labbra di lui.
Gisborne non si sottrasse al bacio che anzi ricambiò mentre alcune lacrime scendevano calde sul suo viso.
«Ti amo Guy», soffiò Kaelee. Il suo cuore correva come se si stesse dichiarando a lui per la prima volta.
Gisborne la strinse di più a sé e la ringraziò per le belle parole che gli aveva rivolto.
«Se solo fossi arrivata prima nella mia vita...», mormorò infine.
«Ssssssh. Non pensarci amore mio», rispose lei in tono rassicurante. «Sai, tante volte quando abitavo a Edwinstowe ho immaginato che un cavaliere arrivasse a portarmi via dall'inferno della mia casa. Era bello e forte e valoroso. Pareva un principe in sella al suo destriero», gli confidò con un sorriso.
Lui sorrise a sua volta ritrovando il buon umore grazie a lei. «E invece sei stata tu a tirar fuori me dal mio inferno personale», commentò.
Entrambi risero e ripresero a baciarsi
.




N.d.A.
Complice il caldo e le giornate intere trascorse in spiaggia con gli amici, aggiorno la storia con la lentezza degna di un bradipo. Ma, come si suol dire, la speranza è l'ultima a morire ed infatti ecco infine anche questo ventesimo capitolo!
Ringrazio in anticipo chi segue la storia da tempo e anche chi i nuovi lettori, augurandomi di essere stata credibile nella narrazione e di aver regalato una lettura piacevole.
Non mi resta che darvi appuntamento alla prossima (sperando di poter limitare i tempi d'attesa)!

   
 
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