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Autore: Abigail_Cherry    01/08/2015    1 recensioni
"Il tuo nome non ti definisce come persona. Ognuno è quello che è, indipendentemente dal proprio nome. Ed io dico che tu sei intelligente, sgargiante ed adorabile. Questo è ciò che sei."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 6:
Il Nerd
 
«Ora puoi anche aprire gli occhi» mi dice Colin.
Mi rendo conto soltanto in quel momento di stare tremando, con gli occhi serrati.
Li apro lentamente e realizzo di essere passata sana e salva dal passaggio a livello e di star stringendo Colin in un abbraccio forse fin troppo stretto.
Lui tossisce. «Così mi soffochi» dice.
«S-scusa!» imbarazzata, lascio subito Colin e quasi sto per cadere dal motorino.
Che idiota!
Colin mi afferra prontamente un braccio e mi riporta all'equilibrio, continuando a guardare la strada che scorre veloce ai nostri occhi.
«Non ho detto che ti devi ammazzare!» mi rimprovera, e mi rimette le mani sui suoi fianchi. «Solo... non stringere troppo.»
Il mio viso sta andando in fiamme, ma sono contenta di poter stringere Colin, di sentirmi in qualche modo protetta.
 
****************
 
«Ti ringrazio molto per il passaggio» dico, togliendomi dalla testa il casco.
«Era il minimo.» Colin mette a posto il mio casco. «Buonanotte.» Sorride.
Il mio cuore batte fortissimo. «Buonanotte.»
Mi avvio verso casa mentre Colin se ne va, e sento un vuoto dentro di me appena entro in casa.
È stato tutto così bello, così eccitante... ed adesso è finito. Chissà se mi capiterà di nuovo...
«Ben tornata tesoro» mi saluta mia madre. «Hai passato una bella serata?»
Non ho neanche il tempo di rispondere che mio padre dice qualcos'altro in tono duro «Sei arrivata tardi. Che hai fatto con quel tuo amico... Colin, giusto?»
Arrossisco leggermente. «N-niente! Abbiamo solo mangiato un panino.»
«E poi?» incalza mio padre.
«E poi mi ha riaccompagnata a casa. Niente di più. Finito l'interrogatorio?»
«Mmm... okay, puoi andare» e mi congeda con un gesto della mano. Non c'è di che stupirsi, mio padre è sempre stato diffidente riguardo ai ragazzi della mia età, mentre mia madre la pensa in modo completamente diverso.
Salgo in camera mia e trovo James, mio fratello maggiore, sul mio letto che legge un fumetto.
«Che ci fai qui?» faccio. «Sai che non voglio che entri in camera mia.»
«Stavo solo aspettando che...» comincia lui, ma non lo lascio finire.
«Esci di qui!» gli dico a voce alta.
«Ma non capisci...»
«Non mi interessa! Fuori!» gli indico la porta.
James apre e chiude la bocca un paio di volte ma non trova le parole. Poi sorride. «Come vuoi tu» dice, ed esce veloce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Ho come l'impressione che qualcosa non vada, ma mi costringo a non pensarci troppo.
Appoggio la borsa di scuola sul pavimento vicino al letto e mi tolgo i vestiti per mettermi il pigiama, rimanendo solo in mutande.
Ma quando cerco il comodo abito sotto il cuscino, quello non c'è.
'L'avranno messo da lavare' penso.
Così, apro l'armadio per prendere un pigiama pulito, ma quando lo apro, il mio cuore ha un sobbalzo.
Un ragazzo è seduto a gambe incrociate nell'armadio, con delle cuffie alle orecchie ed un computer in grembo.
Appena si accorge di me alza lo sguardo. Mi guarda in viso per qualche attimo, poi sposta l'attenzione sul mio seno nudo ed arrossisce subito. Dopo essersi reso conto della situazione, distoglie lo sguardo. «Ehm...» dice, con un evidente panico in viso. Si toglie le cuffie.
Dopo quegli istanti in cui sono rimasta pietrificata, le mie mani scattano subito al petto per coprirlo, poi lancio un'urlo.
«Calma! Calma!» tenta di dire lui.
«Calmarmi?! Neanche per sogno! Chi diavolo sei tu?!» urlo.
«Che succede là sopra?» sento dire a mio padre dal piano di sotto. Perfetto. Forse lui mi potrà aiutare.
«Aiu...» cerco di dire, ma sono troppo lenta: il ragazzo si è già alzato e mi ha tappato la bocca.
«Zitta! Non crearmi casini con tuo padre, ti prego!» mi dice poi.
Mi dimeno, cercando disperatamente di liberarmi dalla presa del maniaco, ma non ci riesco.
«Ascoltami un attimo» comincia lui. «Non sono una persona cattiva, lo giuro! Non ero nel tuo armadio per spiarti. Dammi la possibilità di spiegare!»
D'improvviso, smetto di agitarmi. Decido di dargli una possibilità. Ma appena noterò qualcosa di insolito, chiamerò mio padre.
Il ragazzo si accorge che ho smesso di lottare e, lentamente, mi toglie la mano dalla bocca.
«Tutto a posto, papà! Tranquillo!» urlo, poi abbasso la voce rivolgendomi al ragazzo «D'accordo, ti do una possibilità per spiegarti.»
Lui mi guarda negli occhi ancora per qualche secondo, poi sembra ricordarsi qualcosa e comincia a fissare il pavimento.
«Magari... copriti con qualcosa» dice, visibilmente in imbarazzo.
Rossa fino alle orecchie, entro di nuovo nella cabina armadio e mi infilo il primo pigiama che trovo, poi incrocio le braccia al petto, aspettando che lui cominci a parlare.
Il ragazzo si schiarisce la voce, nervoso. «Mi chiamo Andrew, sono un amico di tuo fratello. Mi ha invitato a casa a dormire, ma... non mi sarei mai immaginato... che sarebbe successo questo...» Si sfrega la nuca con una mano. «Mi dispiace così tanto.»
«E come mai eri nel mio armadio?» chiedo.
«È stata tutta colpa di James! Mi ha lanciato una scommessa stupida! Vedi, io soffro di claustrofobia ma gli ho detto che se ho un computer con cui distrarmi, riesco a non avere una crisi di panico. Lui non mi ha creduto ed ha voluto sfidarmi.»
Sento ribollire la rabbia in gola. «James! Vieni qui!» urlo, e dopo qualche secondo lo vedo apparire davanti alla porta.
«Che c'è? Oh. Hai conosciuto Andrew» dice con un sorriso maligno.
«Potevi anche avvertirmi!» sbotto.
«Ci ho provato, Miss."Vai fuori da camera mia".»
«Sei sempre il solito! Non ne combini mai una giusta!»
«Non mi urlare contro!» poi, guardando Andrew «Andiamo, dai.»
Andrew riprende goffamente il computer e le cuffie ed esce dalla camera, chiudendo la porta.
Mi butto sul letto con un gran sospiro. Che giornata! Probabilmente non riuscirò mai più a parlare in faccia a Andrew per l'imbarazzo.
Però, tutto sommato, è stato molto gentile. Non ha approfittato della situazione, non è rimasto a fissarmi mezza nuda come avrebbero fatto quasi tutti. Anche quando mi ha zittito l'ha fatto con delicatezza. Ripenso a come sarebbe finita se avessi chiamato mio padre e mi ritrovo a sorridere.
Tutto sommato è stato gentile.
   
 
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