Cassidy si
svegliò di malavoglia quella mattina. Non era decisamente
giornata. Da quando
aveva incontrato Ligt Yagami non era mai giornata. Uscì,
dopo essersi
preparata, e vide subito che davanti al cancelletto di casa Yagami
c’era Light
che leggeva il giornale.
-Non dirmi
che mi hai aspettata- disse Cassidy, senza dare nemmeno il buongiorno.
-Non
è
stata una mia idea- rispose Light continuando a sfogliare il giornale
–E’ che
mia madre vuole che ti accolga come si deve-
-Quindi,
fosse per te, non avresti proprio a che fare con me…-
-Non
proprio. Mi sa che sei tu quella che vuole evitarmi ad ogni costo-
Aveva
fatto centro, porca miseria. Lo sopportava sempre meno.
Si
incamminarono insieme er la scuola, Light sempre a leggere il giornale.
Finchè
non decise di rompere il silenzio.
-Hai mai
pensato a una tinta?-
-Come,
prego?- chiese lei.
-Se vedi
che ti prendono tutti in giro tingiti i capelli-
-Credi che
non l’abbia già fatto?-
-E allora
perché ti sei tinta così?- chiese Light, sempre
più pungente. Non era
cattiveria, ma era come se quella ragazza se le andasse a cercare.
Cassidy
non sapeva bene se dirgli o meno qualcosa. Ma tanto ormai era una cosa
risaputa, quindi…
-Questo
è
il mio colore naturale dei capelli. Io sono albina-
Light era
un po’ sorpreso, ma restò comunque ad ascoltarla.
-Ho avuto
una malattia, da quando sono nata. Avevo già problemi di
circolazione. Fino a
qualche mese fa stavo all’ospedale, a lottare con diversi
tumori in organi più
o meno vitali. Per questo mi chiamano “vecchia”.
È come se fossi precocemente
invecchiata-
Light
stava per parlare, ma Cassidy lo interruppe –Inoltre il mio
sangue è inferiore
alla media-
-Nel senso
che non ne hai abbastanza?-
-Esatto-
-E allora
come…?-
-Tranquillo,
mica sono un vampiro. Semplicemente non devo stancarmi troppo e devo
fare
periodicamente delle trasfusioni-
Light
guardò dritto davanti a se e disse –Se sanno che
hai una specie di malattia,
allora sono ancora più idioti-
Cassidy
non sapeva dire se quelle parole erano sincere o di circostanza.
D’altra parte,
lui non sembrava affatto voler instaurare anche solo una semplice
conoscenza
con lei. Era un ragazzo decisamente strano che si integrava
perfettamente nella
società.
Si
separarono ai cancelli della scuola. Almeno le classi erano diverse.
Cassidy
era sollevata. Si sentiva troppo in soggezione con lui accanto.
-Ci
vediamo, Marris-
-Ah ah-
rispose di rimando Cassidy a Light, senza salutarlo con la mano e senza
neanche
degnarlo di uno sguardo.
Era una
bella mattina e Cassidy si godeva il sole, quel calore leggero. Il suo
banco
dava proprio alla finestra, in fondo alla classe. Tanto nessuno la
considerava.
Le veniva
da pensare a tante cose. Al suo trasloco, alla sua camera, per qualche
strana
ragione. A Light Yagami, dannazione! Ma che faceva quello alle persone?
Era
assurdo!
Chissà
lui
in che classe stava e se veniva accettato dai compagni. Dal modo in cui
si
comportava sembrava totalmente indifferente da tutto il resto del
mondo.
Perché? Cos’era che non gli andava?
All’uscita
Light non c’era. Bè, tanto meglio, una rottura di
scatole in meno.
All’inizio
non ci trovava ulla di strano, ma… Col passare dei giorni
Cassidy notò che
Light si faceva vedere giusto quando usciva di casa e quando usciva da
scuola.
Sembrava sempre frettoloso e impegnato. Era strano, soprattutto
perché sembrava
che sua madre nno sapesse nulla di questi suoi ritmi veloci. Aveva
sentito
Sachiko parlarne con sua madre.
-Mia
figlia non sa come ringraziare Light per averla aiutata ad ambientarsi
così
bene!-
-Ah, anche
mio figlio me ne stava parlando! Ha detto che Cassidy è
davvero gentile!-
Povera
Sachiko. Suo figlio gli raccontava un sacco di balle.
Bè,
a dire
il vero, anche Cassidy raccontava un sacco di balle a sua madre, ma a
fin di
bene. Non voleva farla preoccupare.
Ma lui?
Che motivo aveva di dire quelle cose?
Cassidy
non riusciva a capire bene perché ma voleva sapere cosa
passasse per la testa
al primo del Giappone.
Da quel
momento iniziò una strettissima sorveglianza. A scuola, per
strada, al bar, con
gli amici, ovunque potesse tenerlo d’occhio. Fosse stata un
uomo, anche il
bagno.
Eppure
Light non presentava niente di anormale. Era fin troppo perfetto quel
ragazzo.
Impossibile.
Non poteva
fare domande troppo dirette, eppure voleva sapere. Che doveva fare,
accidenti?
Cassidy
ebbe solo un giorno di tregua: a casa venne a fare visita un amico di
famiglia.
Un imprenditore americano di cui non ricordava nemmeno il nome. Aveva
portato
anche suo figlio, della stessa età di Cassidy. Un ragazzo
dai pantaloni neri,
sembravano rovinati, con degli enormi anfibi. Sembrava appena tornato
dal
fronte. E i capelli erano tutti spettinati, fatti apposta col gel, ed
erano
coperti da un capello.
Ricordava
fin troppo bene quel ragazzo.
-Ti
ricordi di Frank, Cassidy? Andavate all’asilo insieme-
Lo
ricordava fin troppo bene.
Sua madre
li spedì in camera di Cassidy, perché loro
dovevano fare discorsi “non adatti a
loro”.
-Allora,
Frank… Come va?-
-Bene-
rispose soltanto lui, guardandosi intorno trasognato –Tu come
te la passi qui?-
-Non
c’è male,
come al solito. E a New York?-
-Non
c’è
male, come al solito-
Lui
sì che
era portato per portare avanti un discorso…
-Davvero
ti prendono tutti in giro per i capelli?-
-Chi te
l’ha detto?- chiese Cassidy leggermente infastidita.
-I tuoi
genitori ne parlavano con mio padre-
-Bè,
ogni
tanto…-
-E proprio
tutti?-
-A te cosa
cambia? Tu te ne stai a fare la bella vita nella tua bella New
York…-
-Nella
NOSTRA New York. È ancora casa tua-
-Non cambi
proprio mai, Frank!- disse lei dandogli una cuscinata.
-Ormai ti
conosco come le mie tasche, Cassidy! A proposito, vuoi vedere cosa ho
racimolato mentre eri via?-
-Altri
tappi?-
-Guarda,
questo è del 1835! Una rarità!-
A Cassidy
sembrava solo un tappo di bottiglia, ma sapeva che per Frank era molto
importante.
-E tu?-
chiese Frank, che cominciava ad ambientarsi –Che hai
racimolato?-
Cassidy ci
pensò su e poi cinvinta disse –Un mistero-
-Poteeeeeeeenteeeee…
E cos’è?-
-Si chiama
Light Yagami e non me la racconta affatto giusta-
-Light
Yagami? Che nome strano…-
-E’
strano
davvero, Frank. Dovrebbe aiutarmi ad ambientarmi, ma sta facendo
l’esatto
opposto. E poi è il primo del Giappone…-
-Aaaaaah,
ora ho capito- disse Frank con aria risoluta –Ti rode e stai
cercando un suo
punto debole-
-Non
è
vero-
-Sì
che è
vero-
-Non
è
vero!- Cassidy incrociò le braccia e cominciò a
tenere il muso.
-Dai, non
fare così. Ti aiuto io a trovare il suo punto debole!-
-In che
senso?-
-Papà
deve
concludere un affare, quindi resteremo qui per un po’.
Avrò tutto il tempo per
organizzarmi- sembrava un ladrò che doveva prepararsi per un
colpo.
-Frank,
non dobbiamo fare un colpo di stato…- disse infatti Cassidy
-Mai
sottovalutare il pericolo, Cassidy. E ricordati: lui potrebbe
osservarci…-
L’unico
amico che Cassidy aveva mai avuto in tutta la sua vita era quello
strano
ragazzo ossessionato dai tappi di bottiglia. Ma dopotutto gli dava
tanti
sorrisi. Poteva perdonarlo per questo.
E poi
forse il suo aiuto serviva davvero.