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Autore: Novelist Nemesi    22/01/2009    2 recensioni
Non è il sequel del sequel del sequel eccetera. Volevo che non sentiste troppo la mancanza di hayley! Questa è una storia abbastanza triste, all'inizio, e voglio tenervi ancora più sulle spine! La protagonista ha una particolarità, ovvero i capelli bianchi. Cosa succederà a questa americana indecifranile che incontra Light Yagami? Spero di deliziarvi e incuriosirvi col primo chappy! Nemesi is back!
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Light/Raito, Matt, Mello, Misa Amane
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Non mi è mai importato molto di vivere o morire. Forse sarebbe stato meglio evitare di nascere.

Odio mia madre, odio mio padre. Perché mi hanno messo al mondo, se dovevo rimanere dentro all’ospedale, senza uscire? Non ho mai avuto amici, non ho mai avuto una storia con qualcuno. Per questa maledetta malattia. E nessuno vuole avvicinarsi a me, perché ho questi dannati capelli bianchi. Che fanno di male? Cos’hanno che non va?

Ma io sopportavo e basta. E sorridevo. Tanto sarei morta. La malattia mi avrebbe portato via.

E invece sto ancora qua. Mi dimettono tra un paio di giorni. Mi hanno trapiantato un paio di organi ed eccomi salva. Devo solo fare diversi controlli ogni tanto.

Non sono sicura di voler cominciare una nuova vita. La gente mi fa paura. O forse è meglio dire che ha paura dei miei capelli? Ho pensato più volte a una tinta, ma sembra non servire. Il risultato è disastroso, sembro invecchiata di una cinquantina d’anni.

Non mi resta che andare a vedere com’è il mondo.

Mi chiedo solo se in questo mondo c’è qualcuno come me. Con cui possa parlare.

 

Quella ragazza aveva decisamente qualcosa di particolare, ma che a quanto sembrava non piaceva. Non facevano che tirarle fogli accartocciati con scritto “Devi Morire”. La ragazza ogni volta riaccartoccia tutto e buttava al secchio, facendo sempre centro.

I giapponesi forse non sopportavano che una avesse un colore così chiaro ai capelli? In fondo li capiva: tutti con quei capelli neri tinti e pettinati in tanti modi strani, al passo con la moda… Veniva da ridere! Il Giappone sembrava davvero un altro pianeta!

Ma il Giappone era anche così bastardo… La trattavano tutti così freddamente, così male. Per i capelli bianchi, per la sua nazionalità americana, per i suoi voti eccellenti, per tutto.

Eppure sopportava. Sopportava sempre e tutto. Tanto le superiori stavano per finire.

Come al solito, suonò la campanella, si preparò la borsa e mise il banco a posto, mentre tutti lasciavano i loro ricordini come biglietti e avanzi del pranzo. Lei non sopportava il disordine. E poi così non avrebbe avuto problemi con le pulizie scolastiche.

Si diresse verso la scarpiera, come al solito, e come al solito si cambiava scarpe. Almeno all’uscita la lasciavano stare. Più che altro facevano finta di non vederla. Anche se coi suoi capelli era una cosa assai difficile non notarla. Lei avvertiva gli sguardi, mica era ebete.

Comunque quel giorno aveva di meglio a cui pensare: aspettava con ansia i risultati delle simulazioni d’esame. Si impegnava sempre come una matta, per guadagnarsi il primo posto. E non ce la faceva mai. Il primo in classifica era sempre un nome ambiguo, scritto in modo particolare: Light Yagami. Light si scriveva con l’ideogramma di “luna” ma si leggeva “luce”, mentre Yagami era formato da “ya” di “notte” e “gami” di “Dio”. Sembrava un nome imponenete, ma questo Light Yagami lei non l’aveva mai visto. Forse meglio così: l’avrebbe senza dubbio gonfiato di botte per quei risultati.

La ragazza uscì da scuola da sola. Come sempre. E come sempre si sentiva poco bene. Ecco perché diceva sempre che avrebbe preferito morire. Una vita fatta di malori e capelli bianchi non le piaceva.

Camminava per le affollate strade di Tokyo, evitando di guardare la gente.

Era frustrata per tante cose. Il disprezzo, il non riuscire a farsi accettare… Per quanto ancora l’avrebbe sopportato?

Inoltre quel giorno avrebbe affrontato l’ennesimo trasloco. Trasferirsi dall’altra parte della città. In un quartiere tutto sommato tranquillo.

Si diresse alla sua nuova casa, mentre i suoi genitori sistemavano alcuni mobili.

-Bentornata, Cassidy!- disse sua madre, e al seguito ci fu il padre a salutarla –La tua camera è libera! Avrai una stanza tutta per te, contenta?-

-Sì… Grazie- rispose lei, Cassidy, salendo le scale –Allora vado a vederla…-

Era grande, confortevole. C’era solo un letto senza coperte e i mobili erano ancora da sistemare. Si mise subito all’opera, spostando qua e là. la cosa che gli piaceva di più, in quello che aveva fatto, era la scrivania. Era bella, antica, sapeva di vissuto. Le piaceva perdersi in ricordi nostalgici.

Ed eccola, la sua stanza. Sua. Non era più obbligata a condividerla coi fratelli. Si buttò sul letto, pieno di cuscini, e respirò profondamente. Ogni volta che traslocava le sembrava di ricominiare una nuova vita. Peccato che tanto la vita era sempre la stessa. Sospirò, pensando che doveva mettersi a studiare, per poter classificarsi prima a quei maledetti esami.

Il giorno dopo era, come si aspettava Cassidy, uguale agli altri. Anzi, nella scarpiera trovò uno dei tanti scherzetti che le lasciavano di tanto in tanto: un topo morto, tanto per intendere. Cassidy prese l’animale per la coda con aria schifata, e lo buttò al secchio più vicino.

La guardavano tutti, ma a lei non sembrava importare. Richiuse l’armadietto e cominciò a dirigersi in classe, ma inciampò. Qualcuno quella mattina doveva avercela a morte con lei, per farle passare tutte quelle coe.

Ridevano tutti e tutti la prendevano in giro.

-La vecchia è inciampata…-

I capelli bianchi le avevano valso la fama di “vecchia”. Non lo sopportava.

-Forse farebbe meglio a tornarsene in America, lì i capelli bianchi fanno molto “cool”- dicevano alcuni imitando l’accento americano.

Cassidy si rialzò, ma sentì un silenzio improvviso e una mano che le prendeva delicatamente un gomito. Alzò lo sguardo e vide un ragazzo, giapponese, che la guardava incuriosito. Aveva i capelli corti e ben curati, castani. Sicuramente erano tinti. Non era appariscente, ma lo guardavano tutti con ammirazione e stupore.

-Stai bene?- disse lui aiutando Cassidy a rialzarsi.

-Eh? Uhm… Sì, grazie- rispose lei allontanando subito il braccio. Ce la faceva da sola.

Gli altri studenti poco a poco se ne andarono, mormorando qualcosa di incomprensibile a Cassidy.

-Scusali- disse il ragazzo, rimettendosi in piedi e pulendosi i pantaloni dell’uniforme –Sono degli idioti, in questa scuola-

Cassidy fece un sorriso sarcastico e si sistemò la gonna –E tu?-

-Puoi ritenermi tutto tranne idiota, credo- rispose lui facendo un sorriso.

-Bè, grazie comunque- Cassidy gli porse la mano –Mi chiamo Cassidy Marris. Piacere-

Il ragazzo non le porse la mano, ma sorrise –Io mi chiamo Light Yagami-

Cassidy trasalì –Ya… Yagami?-

-“Ya” come “notte” e “gami” come “Dio”, mentre il mio nome si scrive con l’ideogramma di “luna” ma si legge “luce”. Un nome singolare, non trovi?-

Cassidy forse non si rendeva cionto che stava arrossendo. Era una cosa inaccettabile che il ragazzo che l’aveva aiutata fosse lo stesso cervellone che non riusciva a battere.

Cercò di sviare guardando l’orologio –Devo andare a lezione-

-Sì, anch’io- rispose Light ridendo –Ci vediamo, Marris-

-Certo…- “Spero proprio di no, maledetto di un Yagami”

Si concentrò tantissimo alla lezione, cercando di levarsi dalla testa quello studente. Le dava una strana sensazione. Anche se l’aveva aiutata, rimaneva lo studente da battere a ogni costo.

All’uscita purtroppo lo ribeccò. Com’è che ora che si erano incontrati lo beccava sempre?

Fortunatamente Light sembrò non accorgersi di lei, e si avviò a casa. Bene, pericolo scampato.

Cassidy andò dritta a casa, sempre con quella strana sensazione. Non sapeva perché, ma voleva evitare Yagami il più possibile.

A casa vide che i suoi genitori parlavano con una donna, capelli corti e grembiule addosso, che porgeva a loro dei dolci tipici giapponesi.

-Oh, Cassidy, arrivi al momento giusto! Questa è la nostra vicina, abita proprio qua a fianco!-

La signora fece un enorme sorriso –Che carina! Tu sei Cassidy, vero? È un piacere, spero che vi troviate bene, qui!-

Anche se si sforzava di essere gentile, si vedeva che era in soggezione per i capelli di Cassidy.

Cassidy cercò comunque di essere gentile –Piacere, signora-

-Sai, ho due figli più o meno della tua età!- poi la signora notò che un ragazzo si avvicinava a casa –Ah, eccolo uno di ritorno!- lo chiamò, e Cassidy si voltò per guardarlo.

Qualcuno doveva avercela a morte con lei, ora non aveva più dubbi.

-Light, questi sono i nostri nuovi vicini-

-Marris, vero?- disse Light –Che coincidenza. Siamo nella stessa scuola-

-Ah, bene, allora!- rispose la madre di Light –Aiuterai questa signorina ad ambientarsi, vero?-

Stavolta Light era titubante. Ma rispose comunque con un –Certo- poi si voltò per casa sua –Ora vado a studiare. Ci vediamo, Marris-

-E’ veramente un bel ragazzo suo figlio, Sachiko- disse la madre di Cassidy guardando Light con ammirazione.

-Ed è anche intelligente! Si classifica sempre primo alle simulazioni d’esame!-

Cassidy non ne poteva più. con una scusa si congedò dalla conversazione e si chiuse in camera. Era una questione di orgoglio. Doveva battere quello spaccone. Ecco, cosa gli sembrava! Uno spaccone!

  
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