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Autore: Red_Coat    03/08/2015    4 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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<< Nonno! >>
<< Hey, soldatino! Allora, com'è andata a scuola? Qualcosa di nuovo in pentola? >>
<< Mh ... non so ...>>
<< Non sai? >>
<< La scuola è andata bene ma ... >>
<< Ho capito. Ultimamente pensi troppo tu, eheh. Sarà l'età? mah! Eheh dai, su. Vieni e
racconta. >>

 
Toc, toc, toc, toc
Spuff
 
<< Allora? >>
<< ... stamattina, durante la lezione di storia ... >>
<< Si? Devo mica cavarti le parole dalla lingua? >>
<< Eheh, no. Però è stato strano. >>
<< In che senso, spiega. >>
<< Bhe, la maestra ci ha parlato di quelli che vivevano su Gaia prima di noi. Gli antichi. >>
<< ... Mh. E perché l'hai trovato strano? Anche io a scuola studiai le leggende riguardanti quel popolo. >>
<< Si, però ... sono io che mi sono sentito strano. >>
<< ... in che senso? >>
<< Non ... non lo so. Come ... come se tutti mi stessero osservando, anche se non era vero.
E poi ... dopo un pó mi sono annoiato, perché era come se conoscessi già quell'argomento ... ma l
a maestra non ce ne aveva mai parlato prima.
E non ricordo nemmeno di aver letto nulla a riguardo. >>

<< ... >>
<< Nonno. >>
<< Mh? >>
<< Anche tu hai avuto questa sensazione, quando andavi a scuola? >>
<< ... Credo proprio ... di no, Vic.>>
<< Quindi ... questa cosa è ... come quella dei miei poteri ... in ... inspi ... inspiegabile. >>
<< Ci sono un sacco di cose inspiegabili a questo mondo, piccolo. Non crucciartene. >>
<< Si, però ... >>
<< Vorresti capire, mh? >>
<< Mh. E ... >>
<< Cosa? >>
<< Vorrei ... sigh ... non ... non essere diverso. >>
<< ... tu non sei diverso, Victor. Sei speciale. >>
<< E che differenza fa? >>
<< Ne fa molta. Ognuno di noi è un diverso, per gli altri. A ognuno manca qualcosa.
Le persone speciali invece ... a loro, è affidata una missione importante, per il bene di tutti noi. >>

<< Come in SOLDIER? >>
<< Molto più di SOLDIER. Loro compiono piccoli gesti, insignificanti atti di eroismo
che non cambieranno nulla, e ben presto la gente dimenticherà.

Ma le persone speciali come te ... hanno il potere di cambiare ogni cosa
perfino il corso della storia, con la loro semplice esistenza.

Tu puoi arrivare a cambiare la storia Victor, perché sei speciale.  Non dimenticartelo. >>
<< ... ne sei sicuro? >>
<< Assolutamente. E tu? >>
<< Io ... io credo ... >>
<< Credi? Soltanto? >>
<< Eheh è così. Posso farlo, ne sono sicuro. >>
<< Eheh, bravo soldatino! Per ora, limitiamoci ad andare a tavola eheheh.
Credi di poter fare questo sforzo? >>

<< Ahah gnaaam, si! >>
<< Eheheheh, in marcia allora! >>
 
...

In marcia ... già.
Ma io ... non riesco ancora a capire. E quella sensazione, non è mai sparita.
Sephiroth, gli Antichi ... cosa centra tutto questo con me?
Chi sono? E cosa vuol dire ... essere speciali?
Cambiare il mondo, per tutti.
Come ... gli eroi.
O molto di più?
Ma io ... io non sono un eroe. Non lo sarò mai. Non voglio esserlo.
Sigh ...
Nonno ... non ti ho più rivisto.
Se solo potessi ... ora sono abbastanza grande ... potresti spiegarmi. Capirei. Forse.
Ma non sono un Antico, e non si può. Non più.
O forse ... si?
...
...
Sigh
...
Sephiroth ... dove sei?
 
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  - Giorno 12 
 
Riapro gli occhi, lentamente, quasi mi aspettassi qualcos'altro da quelle voci. Invece, nulla.
La mia mente abbandona lentamente i ricordi, e pian piano torno in me, cercando confusamente di riuscire a darmi un posto.
È ancora notte.
L'orologio che ho al polso segna le 04.15 della mattina, e mentre un'impercettibile brezza gelida scuote leggera i freschi fili d'erba del prato sul quale sono disteso, la luna da lassù getta la sua luce su tutto, e la natura riposa. Nell’aria, solo il quieto frinire di qualche grillo solitario.
La pace dei sensi.
Osservo muto la mia immagine riflessa nelle gocce di rugiada, scintillanti come piccoli diamanti sulle foglie verdi.
Sembrano imitare, con il loro vivido bagliore, il mare di stelle che in cielo brillano silenti e vivaci vicino al perfetto globo lunare.
Alzo lo sguardo. È su di me.
Maestoso, si muove in cielo come se ne fosse il padrone, infischiandosene di tutto il resto che gli gira intorno, e posando la sua meravigliosa aurea d'argento su ogni cosa sotto di sé.
Proprio come quella sera
In silenzio, socchiudo nuovamente gli occhi, e mi lascio illuminare, allargando le braccia e alleggerendo il respiro.
Intanto, penso.
Che vorrei tanto poter già esser giunto alla fine del viaggio. Vorrei che Sephiroth ... che fosse qui con me, e che nulla fosse cambiato.
Vorrei che il tempo si fosse fermato a qualche mese fa, con Angeal ancora vivo, Zack al suo fianco e ... Sephiroth al mio.
Tornare indietro, riprendermi la mia carica da 1st, le mie reclute, e provare a cambiarlo da lì, il mondo.
Però ... senza di Lui, nulla avrebbe senso. Mi sentirei esattamente come mi sento ora ... incompleto.
E prima o poi prenderei comunque la medesima decisione, l'unica verso cui il mio cuore mi porta, sempre e comunque.
Voglio stare accanto a ... Sephiroth.
Voglio che continui a gettare su di me la sua luce meravigliosa e potente, voglio che mi guardi col suo sguardo di ghiaccio e che mi dica cosa devo fare, con la sua voce atona, calda.
E voglio guardarlo ancora combattere, per chi o cosa poco importa.
Lo so che è folle, che dopo tutto quello che ho visto, dopo quell'orribile sogno e quei cadaveri, dopo tutta quella distruzione e quel ... sorriso così ... malefico e inquietante, dovrei sapere che forse nulla potrà tornare come prima.
Dovrei ricordare e avere paura, o quanto meno tremare al solo pensiero di rivederlo, al pensiero di scoprire la verità.
Lo so, dovrei, ma ... non può essere tutta qui, la verità.
Io ... conosco Sephiroth. Lo conosco.
Forse anche più di chiunque altro.
E non mi fermerò, fino a quando non avrò scoperto ogni cosa, sugli eventi che lo spinsero ad agire così quella notte, fino a che non avrò saputo comprendere appieno il perché di tutto quello che ho visto.
E dopo? Dopo ... qualsiasi sia la risposta, voglio nutrirmi della sua presenza, come fa un albero con la sua linfa.
Voglio osservarlo infischiarsene di tutto, delle bugie della Shinra, dei suoi burattinai in giacca e cravatta, della gente che lo chiama eroe, di quelli che invece ne hanno paura e di chi lo considera solo un povero mostro.
Sephiroth non è un mostro.
I mostri sono diversi, sono ... inferiori, e orrendi.
Lui invece, è tutto ciò che c'è di splendido in questo mondo. 
È bellezza allo stato puro, perfezione divina, creazione superlativa di un'artista la cui arte è andata perduta, dopo aver dato alla luce il suo essere.
Nessun essere umano sarà mai come lui, semplicemente perché è impossibile che ne esistano altri, così.
In grado di vivere senza aver bisogno neppure di respirare, nati con la bellezza eterna degli dei scritta nel proprio DNA, capaci di far rabbrividire o ridare la vita solo tramite un semplice gesto, un cenno del capo, un sorriso, di far tremare il mondo con una sola insignificante parola.
Nessun altro mai sarà in grado di dimostrare così chiaramente a questa umanità corrotta quanto in basso sia nella scala della perfezione, e quanta strada ancora dovrà percorrere, nei meandri dell'inferno, prima di poter anche solo iniziare a sperare di poter raggiungere qualche gradino appena sotto di lui.
Basterebbe soltanto la sua presenza a questo misero pianeta per riavere indietro la gloria perduta, e forse anche più di quella.
Gaia risplenderebbe come un sole più piccolo, sarebbe la stella più luminosa dell'intero universo, o forse si estinguerebbe, incapace di sopportarne la magnificenza, se solo Sephiroth ... fosse qui.
Chissà.
Ed ecco, ecco perché devo trovarlo.
Per riportare la luce ad un mondo che sta sprofondando sempre più nell'oscurità.
Ed io con esso.
Come la luna, risplenderò abbagliato, e sarò nuovamente me stesso, fino in fondo. Mi sentirò ... di nuovo completo, e non avrò più nulla da temere, perché è da lui, dalla sua immagine, dai ricordi che mi ha lasciato e dalla sua voce ancora limpida nella mia mente, che traggo la mia forza.
Sospiro, rialzando gli occhi verso il superbo volto lunare. Ora la mia mente è lucida, completamente sveglia.
"Io devo trovarlo" penso "Io … devo. DEVO! Ad ogni costo.”
Ancora ancorato a questa determinazione, all'improvviso anche i miei sensi si svegliano, e mi accorgo di un suono, alla mia sinistra.
Una specie di scroscio cristallino, che sta affievolendosi sempre più rapidamente.
Sento ... come dell'energia magica uscire dal palmo della mia mano, e quando gli rivolgo un'occhiata, mi accorgo che si tratta di ... un bagliore verdino, simile a quello prodotto dal Lifestream.
È come un residuo, come se qualcosa lo avesse repentinamente smorzato, ma lo vedo chiaramente scintillare sotto il guanto nero, e quando alzo il palmo, è sparito completamente ma al suo posto è nato ... un fiore.
Un piccolo fiore giallo, che sta già appassendo.
Balzo in piedi, sorpreso, e guardo la mia mano.
Ma che diavolo ...
A bocca aperta mi chino verso quel piccolo miracolo, e lo osservo, strappandolo dal terreno sul quale è nato, che sembra un po’ più verde di quello che gli sta intorno.
Avevo ragione: È piccolo, e sembra quasi ... privo di vita.
Eppure sono sicuro di non aver visto fiori come questo, quando mi sono seduto. Solo piccole margheritine bianche, finite sotto la suola dei miei stivali.
Scruto nuovamente l'erba verde nata attorno ad esso. Possibile che ...
Scuoto la testa, con convincimento. No, impossibile.
Devo essermi fatto suggestionare dal sogno, non c'è altra spiegazione. Semplicemente, questo esserino c'era anche prima ma io, stanco com'ero da tredici giorni di cammino e non ancora del tutto ripreso dal rodeo sul chocobo e la fuga da Zoloom, devo essere crollato subito senza averlo notato.
Tuttavia, quel bagliore ...
 
        << Suggestione. >> ripeto, a voce alta per essere sicuro di convincermene << Semplice suggestione. >>
 
Sospiro, spazientito, e lascio che il fiore ricada a terra prima di rialzarmi, riprendere la piccola borraccia in cuoio semi vuota e decidermi a ripartire.
Mi sento ancora abbastanza stanco ... stranamente. Quanto energia ho sprecato per ...
No, nessuna. Quel fiore era lì anche prima, punto e basta.
 
        << In marcia. >> bofonchio, riprendendo a camminare
 
Ormai dovrei essere quasi arrivato.
Un giorno o due di cammino, e sarò a Junon, avrò tutto il tempo di riposarmi, su un letto vero stavolta, e senza correre il rischio di allucinazioni.
Dannazione, non credevo che viaggiare potesse avere simili controindicazioni!
 
-Giorno 14
 
-Aveva piovuto parecchio, in special modo durante la seconda parte di quella giornata dal sapore tipicamente primaverile.
Dalla mattina, il cielo si era scoperto limpido e azzurro più che mai, permettendo al meraviglioso spettacolo dell'alba di andare in scena senza alcun intralcio, facendo scintillare d'oro e fiamma il profilo lontano delle montagne e il manto celeste che le sfiorava.
Anche il sole di mezzogiorno si era dimostrato molto più in forze del giorno prima, ma già dalle dieci del mattino l'atmosfera aveva cominciato a farsi più cupa, qualche nuvola era comparsa all'orizzonte e, prima delle due del pomeriggio, il sole era stato spento da pesanti nuvoloni neri, che avevano iniziato a gettare il loro grave carico sul paesaggio sotto di loro, senza risparmiare proprio nulla.
Dapprima era stata una pioggerella lenta e silenziosa, poi il rombo di un potente tuono aveva dato inizio alla danza vera e propria, e le gocce erano diventate più grosse, pesanti e veloci, fino a che i profili non erano diventati opachi e l'orizzonte era scomparso sotto il grigiore delle nubi.
Gli animali si erano immediatamente rifugiati nelle loro tane, gli insetti avevano smesso di volare, e ogni altra forma di vita si era arresa alla tempesta che infuriava.
Tutti.
Tranne uno.
Un'ombra nera e longilinea, che macchiava il paesaggio incontaminato di quella natura selvaggia avanzando imperterrita sotto il temporale, sempre con la stessa composta andatura e infischiandosene del ruggito spaventoso dei tuoni, delle inquietanti e pericolose venature violette create in cielo dai fulmini, delle improvvise folate di vento e della pioggia che a volte, cadendo in orizzontale, pareva volere in ogni modo impedirgli di proseguire..
Tuttavia non ci riuscì, perché la sagoma scura continuò ad avanzare, mentre le gocce d'acqua macchiavano il suo nero mantello, inumidivano i suoi lunghi capelli corvini e offuscavano seppure di poco la sua capacità visiva.
Durò a lungo, questo duello violento e silenzioso.
E quando le nubi finalmente si diradarono, la luna era già sorta in cielo, e gli occhi felini luccicanti di mako del giovane la osservarono specchiarsi maestosa sul mare, e rifrangere la sua luce candida sul profilo lontano e imponente del Cannone, simbolo emblematico di una delle roccaforti della Shinra Inc più conosciute sul pianeta.
C'è l'aveva fatta, pensò, gli abiti ancora fradici e i lunghi capelli che ricadevano umettati e dritti lungo la schiena.
E, mentre con maggiore determinazione riprendeva il suo cammino, un ghignò soddisfatto e felice scintillò sulle sue labbra e nei suoi occhi, ebbri di gioia e lucenti come gemme di Lifestream.
"Benvenuto a Junon!" pensò, con soddisfazione " Questo è soltanto l'inizio."-
 
***
 
Mezz'ora da aggiungere alla mezzanotte.
Sono bagnato fradicio, ho freddo, e sono esausto, ma la gioia dentro di me m'impedisce di vedere e sentire tutto il resto.
Ancora non riesco a credere di essere di nuovo qui, di star calpestando il suolo di Junon, il mio porto verso il continente ovest, verso Nibelheim.
Non è cambiata di una virgola, dalla fine della guerra, anche se la ricordavo più ... vivace.
Sarà forse che sto percorrendo le strade del villaggio, e non del Forte vero e proprio, o magari semplicemente l'orario scabroso in cui sono giunto?
Magari entrambi i motivi possono essere quelli esatti, ma ho altro a cui pensare adesso.
Devo raggiungere la piattaforma, e da lì riuscire a ritrovare l'Hotel.
Non ci sono mai stato in realtà, l'ho solo intravisto durante la mia ultima missione e poi successivamente su qualche mappa.
Tuttavia, rivedere quei luoghi ... non mi fa molto piacere, dato che sono stati la tomba per molti SOLDIER, incluso ... uno dei miei.
Ma credo di non avere alternativa.
Seguo la luce lunare, ch'è tornata a splendere su di me almeno quattro ore fa, appena il tempo di farmi smettere di gocciolare, e raggiungo l'elevatore.
La zona alta è accessibile solo ai membri della Shinra o a personale autorizzato, perciò la piattaforma è protetta da un paio di fanti. Non sono un problema per me, ma visto che non voglio attirare l'attenzione di nessuno mi basta giocare d'astuzia.
Rallento, ad appena un paio di metri da loro, e senza che se ne accorgano neanche gli lancio contro un po' di magia soporifera con un movimento rapido della sinistra, facendoli immediatamente crollare al suolo in un sonno profondo.
Durerà appena una decina di minuti, e prima che l'elevatore torni al suo posto, loro staranno ancora godendosi quel sonno ristoratore.
Se lo meritano, no? Dopo tutto quel dovere, poverini.
E quando si saranno svegliati, sarà come se non fosse successo nulla.
Sorrido guardandoli e, mentre premo il bottone d'accensione, mi ritrovò ad ammettere che tornare ad usare la magia dopo il lungo addestramento alle armi col divieto assoluto di farlo è davvero ... stimolante.
Meglio non esagerare, però.
Sephiroth aveva ragione, questo tipo di attacchi stanca, e quella specie di ... allucinazione che ho avuto un paio di giorni fa ... deve avermi prosciugato parecchio.
Non sono sicuro di ciò che ho visto. Una parte di me è convinta più che mai che sia stato solo un semplice scherzo della mente, ma un'altra ... non fa altro che continuare a pensarci.
L'ho fatto per tutto l'arco di questa giornata squallida, mentre camminavo sotto la pioggia e cercavo di non darmi per vinto.
Continuavo a guardare la mia mano, a pensare a quel fiore e a cercare di capire.
Che fosse stato il mio stato emotivo a richiamare quell'energia? O forse qualcosa di più profondo e inconscio, magari legato ai miei ricordi, risvegliati da quel sogno? Alla fine ho risolto concentrandomi sul presente.
Del resto ci sono un sacco di cose inspiegabili a questo mondo, no? Cercare di capirle equivarrebbe al voler ammattire.
Con un lieve sussulto l'elevatore si blocca, riportando al presente i miei pensieri.
Rimango ammutolito, mentre la mia mente si riempie di ricordi.
È così ... diversa, da come la ricordavo.
Silenziosa, sotto la luce argentea che permea ogni cosa, dalle luci spente ai marciapiedi deserti, al mare che sotto di essa si muove un poco agitato, sospinto dal vento che ha spazzato via la tempesta, e che pian piano va trasformandosi in leggera brezza gelida.
Eppure, mentre osservo l'asfalto bagnato della strada, sento ancora il clangore delle nostre spade contro quelle delle malefiche copie, gli spari e i cigolii metallici dei robot, le urla delle mie reclute e dei civili, il pianto spaventato dei bambini, e ... il ruggito di Ifrit.
È come se luci, suoni, odori e colori che sul momento non avevo notato, ora riemergessero più vividi che mai.
Improvvisamente, sotto il peso dei ricordi gli aloni di umidità si trasformano in macchie di sangue, e la strada si riempie di nuovo di cadaveri.
Una folata di vento scuote i lembi del mio soprabito umido, ed io tremo, forse per colpa dei miei vestiti e dei capelli bagnati, o della paura, che sembra essere tornata ad abbracciarmi.
Quello che so, è che all'improvviso non riesco a credere di essere ... sopravvissuto.
Continuo a guardare quei cadaveri, a rivedere il pianto addolorato del soldato che perse suo fratello, e mi guardo allo specchio. Guardo il me stesso di allora muoversi con decisione, atroce indifferenza, mentre intorno tutto è morte, distruzione, paura.
Come ... come ho fatto a resistere a tutto questo? Com'è possibile che io possa ... resistere a un simile spettacolo?
Non cerco neppure la risposta, perché dentro di me so che se solo ora i ricordi ritornassero realtà, io riuscirei nuovamente a dimostrarmi freddo, calmo, sicuro di me.
Anche se dentro la paura mi divorerebbe.
Neppure la visione disgustosa di Ifrit è riuscita a fermarmi. Così come non lo hanno fatto la copia corazzata di Genesis, l'enorme felino della simulazione o il frastuono assordante e spaventevole del temporale.
È uno dei vantaggi di un SOLDIER.
Nulla è in grado di contrastarmi e, che ci crediate o no, questo mi dà la carica e mi fa paura, al contempo.
Perché ... forse Mila aveva ragione.
Stringo il pugno attorno all'elsa della mia spada, mentre un moto di rabbia divampa improvvisamente dentro di me. Si, aveva ragione.
I Diversi non sono fatti per le persone Speciali, devono sbrogliarsela tra di loro.
Riacquisto coscienza di me, e mi accorgo di aver trascorso anche troppo tempo a metà strada.
Così, forse con un po’ troppa veemenza, premo nuovamente il pulsante della piattaforma e mentre questa inizia la sua discesa io spicco un balzo, atterrando sul marciapiede del piano che ho raggiunto.
Mi guardo intorno, e decido che per oggi i minuti trascorsi a pensare sono stati anche troppi.
Ora devo darmi da fare, e trovare il dannato albergo prima che i vestiti mi si asciughino addosso.
Non posso permettermi di ammalarmi, il tempo che ho perso è già stato abbastanza.
 
***
 
-La porta della hall si spalancò all'improvviso, e sulla soglia apparve un'inquietante figura.
L'anziana donna, in attesa alla reception di poter cedere volentieri il suo turno a suo marito, alzò lo sguardo e si rabbuiò, mentre osservava lo sconosciuto avvicinarsi al banco.
Era giovane, ma armato fino ai denti. "Un altro soldato" pensò seccata "ovviamente".
Lavorava in un locale di proprietà della Shinra, perciò non poteva essere altrimenti. Eppure fosse stato per lei li avrebbe mandati tutti al diavolo!
 
         << Desidera una camera? >> chiese, senza neanche dargli il tempo di presentarsi
 
L'uomo annuì, e nell'atto di consegnargli la chiave, grazie alla luce turchina dei neon che illuminavano l'arredamento elegante lei riuscì a scorgere un altro particolare interessante.
Era bagnato fradicio; I fili sottilissimi della sua lunga chioma nera ricadevano scomposti e leggermente arruffati dietro la sua schiena, anche se un paio di ciocche ribelli ai lati della fronte erano scese a sfiorargli gli occhi scuri, brillanti di Mako.
Anche il suo soprabito di pelle, un capo pregiato vista la fattura, e il resto degli abiti erano umidicci. Gli stivali, la cui spessa suola produceva un rumore leggermente metallico ad ogni passo, erano sporchi di fango.
Immaginò che avesse dovuto affrontare la tempesta per riuscire a giungere fin lì, e un ghigno divertito le si dipinse sulle labbra
 
           << Giornata cupa ieri, eh? >> chiese, con un leggero tono di scherno nella voce
 
Quello che successe subito dopo le fece immediatamente cambiare atteggiamento.
Gli occhi dello straniero cambiarono repentinamente forma, assottigliandosi come quelle di un viscido serpente, e colore, tingendosi delle varie sfumature del Mako, che prese a scorrere fluidamente nelle sue iridi.
E, quasi nello stesso istante, quello sguardo le fu rivolto con una tale intensità e serietà da mozzarle le parole in gola.
Le sembrò di trovarsi proprio di fronte a una serpe velenosa, pronta a tramortirla col suo veleno.
Forse fu anche per questo che lanciò rapidi sguardi alla katana che gli riposava appesa al fianco, aspettandosi di vederla entrare in azione.
Eppure non successe. Nulla.
Il giovane continuò a lanciargli avvertimenti senza aver bisogno di parlare, e per sottrarvisi lei si costrinse a staccare gli occhi da quei magneti e a riportarli frettolosamente sul registro delle presenze, apprestandosi a compilarlo
 
           << La camera è fornita di guardaroba e bagno. >> disse, senza più rialzare lo sguardo sul
                nuovo ospite << Suoni il campanello, se ha bisogno di qualcosa.>>
          << Sigarette, le migliori che avete. >> rispose allora quello, che si era già voltato verso la
                rampa di scale che portava al piano di sopra, facendole udire per la prima volta la sua
                voce, autoritaria e tonante << Poi birra e cibo in scatola, per cominciare.
                Tra mezz’ora in camera. Grazie >> concluse, restituendole attraverso quell'ultima parola
                un po’ della stessa strafottenza con cui lei l'aveva accolto.
 
Per qualche istante, le sembrò perfino di intravedere un ghigno su quelle labbra sottili e perfette.
Tuttavia, non era il caso di ribattere. Intimidita si limitò ad annuire, sentendosi totalmente ridicola per la paura che all'improvviso si ritrovò a provare, sotto il peso di quella presenza, e prendendosela con sé stessa si ricordò solo all'ultimo minuto di richiedere un'informazione molto importante, anche se per fini puramente burocratici
 
           << Ah! Il vostro nome? >>
 
I passi dell'ospite si bloccarono di nuovo, l'ombra si fermò a metà strada sulla rampa di scale, mezzo busto coperto dalle tenebre.
Attese ancora qualche istante, come se non avesse previsto una simile domanda
 
           << Vittorio. >> rispose poi, scandendo bene le parole << Vittorio Inoue. >>
           << Buona permanenza, signor Inoue. >> concluse quindi, cercando di apparire cordiale, ma
                non ricevette risposta da lui, che aveva già lasciato la sala diretto alla sua camera
 
Chi invece le rispose, fu la voce curiosa di suo marito, riemerso proprio in quel momento dal piano inferiore
 
           << Inoue? >> chiese, avvicinandosi
           << Si, il nostro nuovo ospite. >> confermò
 
L'uomo si accigliò, e fattasi da parte lei lasciò che controllasse i dati appena presi, preoccupata.
Da quando l'Hotel era finito sotto l'egida della Shinra e loro si erano ritrovati a lavorare per... quei parassiti -questo era successo molto tempo prima, e aveva riguardato il padre di suo marito-, il loro compito era diventato semplicemente quello di gestire la baracca e assicurarsi che nessun nemico del quadrangolo rosso passasse da lì.
In pratica, erano passati da proprietari fondatori a semplici custodi, e ogni volta che qualche individuo sospetto chiedeva una camera, loro avevano l'obbligo di riferire.
In realtà, non era mai accaduta una cosa del genere, da quando la gestione era stata tramandata dal padre al figlio -più o meno trent'anni addietro-, perché la Shinra sorvegliava molto bene il suo avamposto. Ma poteva sempre esserci una prima volta.
 
          << Cosa c'è, Eric? >> domandò, tormentandosi le mani sulla stoffa blu della gonna << È un
               terrorista? >>
 
L'uomo scosse la testa, e voltatosi esordì con una risata allegra.
 
          << Tutt'altro, April.>> rispose, mostrandosi improvvisamente gioviale << Preparami il vassoio con l'ordine,
                poi vai a riposare. Salgo io. >> le disse, stringendole le mani e poi stampandole un dolce
                bacio sulla fronte
 
Lei sorrise, stordita e sorpresa da tutta quella felicità
 
           << Si può sapere che hai? Un’idea per liberarti dai parassiti e riprenderti il regno? >> ribatté
 
Il consorte rise di nuovo, scuotendo la testa
 
           << No, no. >> disse << Ma ... Inoue. Non ti ricorda nulla questo nome? >>
 
April ci pensò. Fu difficile, dovette fare mente locale e tornare indietro di molti anni, forse una ventina e anche di più. Ma alla fine un barlume si accese, e il cassetto dei vecchi ricordi si aprì rivelando la risposta.
 
           << Aspetta ...>> mormorò << Tu credi che sia ... >> i suoi occhi si riempirono di stupore
           << Penso proprio di sì. >> concluse quindi Eric, con un sorriso entusiasta
           << È un SOLDIER anche lui, quindi? >> osservò, pensierosa
           << Come suo nonno, ovviamente. >> ribatté lui, felice
 
Fu allora che la donna si staccò da lui, ed iniziò brontolando a preparare ciò che le era stato chiesto
           << Comunque fa attenzione. >> lo avvertì, aggirandosi frenetica tra gli scaffali dietro di sé
           << Non mi piace, e non è detto che sia come suo nonno.>>
           << Lo dicesti anche con Mikio. E ricordati che anche tuo nipote adesso è un SOLDIER. >>        
           << Non lo sarebbe diventato se ci avessero lasciato in pace. >> convenne invece lei, ora
                amara << E l'albergo sarebbe ancora nostro, se ... >> s'interruppe, perché l'uomo si era
                dileguato in silenzio, lasciandola da sola ad ultimare l'ordine.
 
Sbruffò, scuotendo la testa.
Era sempre così, ogni volta che si lamentava della Shinra. La lasciava sola col suo rancore e tornava ai suoi affari.
In realtà, era vero che la Shinra si era portata via l'albergo e suo nipote, ma solo in parte perché il ragazzo era ancora vivo -e contento di fare quel mestiere- e di fatto loro avevano potuto continuare a gestire il locale di famiglia senza preoccuparsi delle spese.
Eppure, lei la odiava lo stesso, anche se poi continuava a nutrire i suoi mastini.
 
***
Mezz’ora dopo
 
Grazie per aver scelto la nostra speciale gamma di sigarette Golden S.
Dal 1985, le sigarette Shinra inc. si prendono cura del palato di ogni fumatore, regalando attimi infiniti di piacere
e benessere, e rinnovandosi a seconda del gusto di ogni consumatore.

Le Golden S. nascono per i palati sopraffini, abituati a vivere intensamente ogni attimo e a gustare ogni sfumatura della vita.
Confezionate con il miglior mako condensato e il tabacco più fresco, sono l'ideale per chi ama viziare i propri sensi.
Provi anche le Red S. e le Platinum, per chi non si accontenta del meglio.
 
Questo era più o meno ciò che recitavano le poche righe di presentazione del prodotto, appena dietro il piccolo pacchetto bianco e oro.
Tuttavia, April sembrò infischiarsene completamente. Li schiaffò nel vassoio di plastica marroncina e diede un’ultima occhiata al contenuto sul vassoio, accertandosi che nulla mancasse all’appello di quello che il loro primo, sgraditissimo ospite da un mese e mezzo a quella parte aveva richiesto.
Sigarette, birra, cibo in scatola.
L'ultima volta che quelli di SOLDIER erano stati lì avevano lasciato una marea di ferraglia inutile e cadaveri di mostri in via di putrefazione, che avevano attirato solo altri mostri e qualche Turk, incaricato di ripulire l'area.
Okkey, avevano protetto il villaggio dall'invasione di quei ... cosi mascherati, e si diceva anche che il loro giovane Capitano si era dimostrato valoroso e carico di umanità, talmente tanto da far cambiare idea a qualcuno che di SOLDIER non aveva mai avuto una buona opinione.
Ma questo non riguardava lei, che quel giorno si era rintanata nello scantinato assieme a suo nipote di sette anni e aveva aspettato che la tempesta finisse.
Da quando quei maledetti avevano piazzato il loro cannone ad oscurare il sole, il villaggio subiva i continui attacchi dei gruppi anti-Shinra, e le visite dei Turk che puntualmente venivano a reclutare nuovi membri per l'esercito.
Com'era successo col suo nipote più grande, reclutato ben volentieri da un paio di scagnozzi in giacca e cravatta.
Ricordava ancora le loro facce, mentre lo scortavano all'elicottero assieme ad un altro paio di giovani scapestrati.
Uno aveva una ridicola zazzera rossa e un paio di occhiali da elicotterista sulla fronte, e l'altro era scuro e alto, e non parlava mai.
La loro unica colpa, in fondo, era stata solo quella di aver dato la possibilità al giovane Katashi Murazaki di realizzare il suo sogno di diventare un first, ma per lei era come se lo avessero condotto con la forza nella bocca del leone, anche s'era stata sua la volontà di entrarci.
Schifosi vermi mangia uomini! Non gli bastava essersi presa la costa e il villaggio intero, ora azzannavano anche le nuove generazioni, mirando ai loro figli e nipoti come se fossero semplicemente carne da macello.
Erano passati mesi da quell'attacco, e Junon aveva ripreso a splendere, forse anche più di prima.
La Shinra sapeva il fatto suo, quando si trattava di nascondere le prove di un "incidente" del genere, visto anche che i gruppi anti-Shinra come quello crescevano giorno dopo giorno, e non era difficile intuirne il motivo. Così come non era stato difficile per lei capire, anche senza aver visto il notiziario delle 13.00, che quel nuovo tenebroso ospite era o era stato uno dei membri di SOLDIER, e più precisamente un soldato d'elite..
Diceva di chiamarsi Vittorio, ed era presumibilmente l’unico nipote del vecchio first class Mikio Inoue, col quale Eric era stato un amico molto più che fraterno.
Era stato così entusiasta di conoscerlo …
Lei invece era di tutt’altro avviso.
Poteva anche essere un coraggioso eroe di guerra, ma non le piaceva affatto, anzi a dire la verità le faceva paura, oltre a metterle una soggezione inaudita.
Quegli occhi avidi, che scrutavano l'anima quasi a volerla divorare con cupidigia, quell'espressione atona in volto, come se lasciasse a quelle pupille cangianti tutto il lavoro. E poi, quella voce profonda, a tratti rabbiosa e grave.
Ci avrebbe scommesso tutto quello che aveva: Neanche lui stesso era in grado di domarlo, quel tormento che si portava dentro.
L'ennesimo mostro creato da quelle sangusughe avide. Per questo al rientro dalla dispensa, quando rivide suo marito si affrettò a schiaffargli il vassoio sui palmi aperti delle mani, nervosa
 
         << Eccoti. >> sbottò scorbuticamente
 
L'uomo - sull'ottantina, fisico piazzato, schiena un po’ ricurva e capelli brizzolati assenti al centro del cranio per via di una naturale alopecia - sorrise e, dopo averle raccomandato con un sorriso di star calma, si diresse velocemente verso le scale che portavano al piano di sopra, quello delle suite.
Era stato immensamente felice di rivedere quel bimbo che il suo vecchio amico gli aveva potuto mostrare solo in foto, e ancor di più lo era stato vedendo che aveva deciso di seguire le orme del suo vecchio parente, nonostante ... beh, le rimostranze di suo padre e i pregiudizi della gente.
Un first class ... meraviglioso! Mikio sarebbe stato fiero del suo piccolo apprendista soldatino, come lo era quando ne parlava.
Un sorriso malinconico colorò il suo volto segnato dal tempo, e i suoi anziani occhi grigi si accesero di felicità, mentre la mano si accinse a spingere in avanti la maniglia della porta.
Due istanti dopo, la sagoma del giovane gli apparve nel buio pacifico della stanza.
Avvolto dall’ombra, i particolari del suo profilo non erano visibili, ma Eric riuscì ad intuire che aveva chiuso gli occhi, dopo essersi sdraiato sul letto e aver rivolto il viso alla luna, che risplendeva pacifica fuori dalla finestra.
Il viaggio doveva averlo stremato, pensò, continuando a sorridere.
Anche quando, non appena mosse i primi passi verso il tavolo, quegli occhi colmi di Mako si accesero nuovamente di un bagliore felino ed inquietante. -
 
(CONTINUA …)
 





Note dell’autrice: Hotel a conduzione famigliare! Mi sono sbizzarrita in questo capitolo, visto che gli scenari me lo permettevano. Lo so che forse la storia dell’Inn può sembrarvi un po’ troppo campata in aria, ma per motivi di trama ho dovuto un po’ adattarla. Non vi preoccupate se per ora è nebulosa, aggiungerò qualche dettaglio nel prossimo capitolo.
E poi, mi sembrava verosimile visto che, si sa, prima dell’arrivo della Shinra Junon non era che un piccolo villaggio, e in ogni villaggio (anche quello più isolato tipo Forte Condor) c’è SEMPRE un piccolo alberghetto (o una sottospecie di albergo) ad accoglierci.
Bene, spero vi piaccia, così come spero siate contenti del resto.
Bye ;)
   
 
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