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Autore: alberodellefarfalle    04/08/2015    1 recensioni
Salve a tutti. Questa è una prova. Chi mi conosce sa che pubblico solo storie originali, quindi questa è la mia prima ff. Siate clementi. Ho voluto provare e dato che Robert Pattinson mi piace molto (ho avuto la mia fase da Twilight anche io), ho deciso di cimentarmi con lui. Ovviamente è tutto di fantasia. Vi avviso che non essendo un'amante del gossip non mi sono basata su un evento particolare, ho solo immaginato come potrebbe essere Robert Pattinson (e come spero che sia) se si ritrovasse a Roma per lavoro e lì conoscesse una comunissima ragazza italiana. Titolo omaggio al film "Vacanze Romane" con Audey Hepburn e alla canzone omonima dei Mattia Bazar. Non mi resta che augurarvi buona lettura.
NB In data 7/1 ho aggiunto una piccola frase finale che chiarisce l'epilogo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vacanze Romane

Turisti per caso
 
Nove e venti della mattina dopo e io ero a fare la fila per l’ingresso. Nonostante tutte le raccomandazioni di mio cugino, non avrei aspettato Mr Pattinson per nessun motivo al mondo. Mi sarei goduta la mia vacanza come previsto. Mi stupii quindi nel ritrovarmelo di fronte all’ingresso. “Sei in anticipo.” Osservai lo stesso cappellino e gli stessi occhiali del giorno prima “Anche tu.” Sollevò le spalle “Non volevo perdermi l’occasione. Andiamo?” annuii e mi affiancai a lui per entrare. Una volta dentro levò i suoi occhiali per osservare tutto, mentre io inforcai i miei da vista per lo stesso motivo suo. Restammo in silenzio per un po’, ammirando quello che ci circondava “Scusa per ieri, non volevo offenderti. Stavo solo cercando di sbloccarti e di capirci qualche cosa. Non riesco a capirti, Héloïse. Mi scombussoli perché non riesco a inquadrarti e, insomma cercavo di …” sbuffò. Più o meno avevo capito il senso di quello che voleva dire “Ok, scuse accettate e forse dovrei scusarmi anch’io. Ho esagerato, me la sono presa troppo.” Mi sfiniva tutta quella storia, perché passavo più tempo a decifrare me e lui che a godermi quello che facevamo. “Non devi scusarti, sono stato presuntuoso e antipatico. Non mi stupirei che non volessi più vedermi.” Un “Silenzio” ci fece bloccare e obbedimmo, per poco “Ma siamo qui.” gli sussurrai “Grazie, Héloïse e scusami ancora.” Sbuffai “Ti ho detto che accetto le tue scuse, quindi smettila. Ah e non citarmi più il tuo caro Edward, grazie. Se non hai capito, queste cose con me non attaccano.” E invece aveva fatto breccia nel mio stupido cuoricino, citando una delle scene di Twilight, quella in cui Edward dice alla sua Bella che non riesce a leggerla, non riesce a capirla. Uomini e il fascino per il mistero. Che fosse così anche per Robert, che non riusciva a capire il mio comportamento? Eppure era evidente: non volevo assillarlo e, come detto anche a lui, ero una fan non convenzionale. Mi interessavo più alle persone che ai personaggi, anche se il mio amore per i libri e i film avrebbe potuto smentirmi. Mi sorrise “Scusa, ma non stavo tentando di citare Edward, nemmeno me n’ero accorto. Ero … sincero.” “Si, si, come dici tu.” Feci la finta offesa, quando in realtà era qualcos’altro a scombussolarmi tutta. E lui si mise a ridere.
Ci godemmo le meraviglie dei Musei Vaticani per tutta la mattinata. Scoprii in Robert un amante della storia dell’arte. Quando giungemmo al cortile interno era passata l’ora di pranzo da un po’. “Un panino per lei, Mr …” mi bloccai. Caspita, avrebbero potuto sentirci! Robert mi sorrise e prese il panino dalle mie mani, poi si calò gli occhiali. Come avrei voluto che non lo facesse, perché mi sarebbe mancato non vedere quei suoi splendidi occhi verdi. Occhi verdi! Mi lasciai sfuggire un sospiro che però non sfuggi a Robert “Tutto bene?” mi chiese infatti. Annuii e diedi un morso al mio panino. Non andava per niente bene se lui mi faceva pensare al mio libro e al fatto che avessi scelto un protagonista dagli occhi verdi. Che scherzo mi aveva giocato il mio subconscio quando avevo buttato giù quelle parole? Certamente non avevo i super poteri e non avrei certo potuto prevedere che avrei incontrato un ragazzo dagli occhi verdi. E che ragazzo! Stupido subconscio! “Che ti succede, Héloïse?” sbuffai. E per fortuna che non mi capiva, però riusciva a inquadrare subito il mio disagio, o ero io ad essere troppo trasparente? Ma ugualmente cadevamo in contraddizione. Fantastico! “Niente, tranquillo. Stavo solo pensando.” Il che era vero “A cosa?” lo fulminai “Lo so, niente Edward. Lo odio per quanto interferisca con la mia vita, ma ero sul serio interessato.” Quanti danni potevo combinare con il mio solo pensiero? Molti, evidentemente. “Scusa. Deve essere difficile se tutti ti associano a un personaggio e non a te stesso.” E questo era il motivo per cui mi ero comportata così con lui, essendo semplicemente me stessa. “Già.” Disse. Forse lo avevo offeso “Pensavo che sto provando a scrivere un romanzo, ma non faccio molti progressi.” Che era la verità, dopo tutto. Lui si voltò a guardarmi e sollevò gli occhiali. Occhi verdi! Trattenni a stento un sospiro. “Scrivi?” annuii e tirai fuori il mio blocco “Ecco perché me lo porto sempre dietro, perché potrebbe venirmi un’idea da un momento all’altro e non vorrei farmela sfuggire. È un mio sogno e spero un giorno di realizzarlo.” Mi sorrise “Posso?” mi tirai il blocco al petto e negai energicamente “E dai?” mi chiese supplicante. Era difficile dire di no, ma non potevo fargli leggere qualcosa di incompleto e imperfetto e di dannatamente personale. “No, Robert, non offenderti, ma sono solo idee e non voglio e …” continuare di fronte ai suoi occhi tristi era troppo difficile. Manipolatore, dannato manipolatore. “Forse ti farò leggere qualcosa, un giorno, ma non forzarmi adesso.” Mi schioccò un bacio sulla guancia, che andò in fiamme. Rimasi paralizzata come una stupida. Lui invece, bello tranquillo, tornò a mangiare il suo panino.
Il telefono squillò, sia lodato Gianni. Mi disse che avrebbe fatto tardissimo a lavoro e che saltava la nostra serata, non poteva farne a meno. Sbuffai. Avevo dannatamente bisogno di parlare con mio cugino, forse lui ci avrebbe capito qualcosa. “Tutto bene?” “Si, solo che Gianni …” ricordai il soprannome “Bob rientra tardi.” Niente di grave. “Se ti va potremmo cenare insieme così non resteresti sola. Ti va?” Mi andava? Anche troppo.
Visitata la cappella Sistina, a cui non risparmiammo meraviglia e commenti sugli affreschi, ci concedemmo l’ingresso in Basilica e poi un giro a Piazza San Pietro. Erano quasi le sette quando sfiniti decidemmo di dirigerci al suo albergo, dove avremmo mangiato. Avevo avvisato mio cugino, che non si era trattenuto dal ridermi per telefono, ma mi avrebbe aspettato sveglio. Messaggi subliminari di un cugino maggiore? Di certo non aveva bisogno di ricordarmi di tornare a casa e di essere responsabile. L’adulta, tra i due, ero sempre stata io, nonostante tutto.
Robert mi fece accomodare in una magnifica stanza all’ultimo piano di un albergo in centro. Mi guardai intorno stupita. Quanto eravamo distanti noi due? “Se hai bisogno di qualcosa, basta dirlo. Quello in fondo è il bagno, fai come se fossi a casa tua.” “Un po’ difficile, ma ci proverò.” In bagno mi diedi una rinfrescata e optai per levarmi le scarpe: avevo i piedi distrutti. Fare i turisti era faticoso. Quando uscii trovai Robert al telefono che ordinava la pizza. Mi sorrise, notando i piedi nudi. “Anche i tuoi piedi soffrono, masochista di una turista?” “Da morire. Non ti spiace? Li ho lavati prima, non voglio farti svenire.” Si mise a ridere e si chiuse in bagno. Uscì poco dopo, a torso nudo, mentre frizionava i capelli bagnati. Ero in un sogno, sicuro! Non avevo mai visto tutto quel ben di Dio! Dire che era bello è poco, era splendido e bellissimo e dannatamente a suo agio a mostrarsi a petto nudo a una povera ragazza, semi sconosciuta, che voleva far morire di crepa cuore. Era stato un vero peccato non poter vedere per tutto il giorno i suoi capelli, nascosti dal berretto. Erano meravigliosi e stavo disperatamente bramando di poterci passare le mani in mezzo. Qualcuno bussò alla porta, dandomi il tempo di riprendermi un poco. Le pizze mi avevano salvato. “Non sapevo cosa preferivi allora ho preso quattro gusti.” Oltre che bello era estremamente gentile, quando voleva. “Mangio tutto io.” Lo aiutai a poggiare le pizze sul tavolo “E dovresti dirmi quanto ti devo.” Non volevo certo essere cafona. “Non dire scemenze, posso permettermi di offriti una pizza.” Lo fulminai ma era ovvio che fosse irremovibile nella sua scelta. “E ho una sorpresa.” Mi mostrò un dvd. Gli sorrisi. Quella si che era una sorpresa con i fiocchi. “Purtroppo è in inglese, ma in italiano non ci avrei capito un bel niente anche se lo so a memoria.” Gli afferrai il dvd dalle mani e gli mostrai l’opzione sottotitoli. Andò a inserirlo nel lettore, mentre io mi occupavo di tagliare le pizze. Avremmo assaggiato un po’ di tutto. Prima di tutto, per mia fortuna e del mio autocontrollo, si mise una maglia, privandomi di una magnifica visione. Mise le luci soffuse e lasciò partire il dvd. Una melodia molto familiare si diffuse nella stanza e sorrisi. “Ti tengo la mano alla scena cruciale.” Gli feci la linguaccia e addentai un pezzo di pizza. Quando giungemmo alla scena cruciale, come l’aveva chiamata lui, ci eravamo spostati sul divano con qualche pezzo di pizza nei piatti sul tavolinetto. Chiusi gli occhi come facevo sempre, ma Robert mi prese veramente per mano e io non resistetti ad accoccolarmi a lui. Mufasa era morto e una lacrima mi era sfuggita. Quante volte avrei dovuto vedere “Il re leone” prima di riuscire a non piangere? “Scusa.” Biascicai, allontanandomi. Mi sorrise e mi porse una birra, che rifiutai prontamente, preferendo l’acqua, come sempre. Non commentò e continuammo a vedere il film in silenzio. Mi incantai a guardare la scena cullata dalla voce di Elton John, adoravo quella scena. “Hai gli occhi a cuoricino.” Mi sussurrò Robert. Sussultai “Sono un’inguaribile romantica e questa scena è … splendida.” Sorrise. Stavo guardando “Il re leone” in una stanza di un lussuoso albergo con Robert Pattinson al mio fianco. Ero sicuramente finita imbrigliata in qualche sogno.
Finito il film restammo sul divano, piedi contro piedi e mangiucchiammo gli ultimi pezzi di pizza, più per golosità che per fame. “Piaciuto?” “E me lo chiedi? Amo questo film e non mi importa di sembrare una bambina.” Sorrisi, guardando i miei piedi nudi sul divano di fronte ai suoi, nella stessa condizione. “Allora sono un bambino anch’io.” Mi disse. “Quella scena mi fa paura perché quando avevo solo tre anni i miei genitori mi portarono a vederlo in un cinema all’aperto, in una pineta. Credo rimasi terrorizzata dallo zio cattivo e quella scena, vista dagli occhi di una bambina, gigantesca, in bosco, un trauma.” Risi. Avevo pochi ricordi, ma fu un’esperienza assurda. “Ma me ne innamorai.” “Io amo questo film, con le mie sorelle lo guardavamo sempre. Quali altri film ti piacciono?” “Cartoni intendi? Amo tutti quelli della Disney. Sono una romanticona.” “E il tuo preferito?” Quanto era curioso il ragazzo! “Mm … vediamo. Troppo difficile, ma ti darò una sorta di rosa di nomi, ok? Cenerentola, perché è molto romantica e vuoi mettere la soddisfazione di venire dal nulla, essere quella ai margini ed essere vista dall’unica persona che non ti aspetti, il principe? Amo quando allo scoccare della mezzanotte lei si rende conto che non ha incontrato il principe, senza sapere che ce l’ha di fronte. È la dimostrazione che lei lo ami al di là di quello che è per la società.” Repressi un sospiro alle mie stesse parole. Quanto mi sentivo Cenerentola in quel momento? Non lo guardai, continuai a fissare le dita dei piedi. “Poi direi Mulan, perché una donna salva la Cina e credo che questo basti a spiegare tutto. E La bella e la bestia perché tutti si possono innamorare di un principe, ma di una bestia no. Belle è coraggiosa e sa vedere oltre il pregiudizio e la paura e io la amo per questo e amo la Bestia perché anche lei sa andare oltre le sue paure e si apre a Belle.” Mi decisi a guardarlo. Lui mi sorrideva. “Mi piacciono le tue scelte, proprio tanto.” E non aggiunse altro, lasciando che il silenzio ci circondasse. Poteva essere così spinoso un discorso sui cartoni animati? “I tuoi invece?” dissi con fatica “Vediamo … Il re leone, ma questo non vale, perché lo abbiamo già detto, Hercules e hai piedi gelati.” “Che?” si mise a ridere e mi accorsi che ero finita per puntare le dita dei piedi contro le sue. “Scusa. Credo di avere un problema di … come si dice? Circolazione?” annuì “Ho la soluzione!” mi afferrò per le caviglie e mi tirò un poco verso di se, quel tanto che bastava a ritrovarmi le dita dei piedi sotto la sua pianta bollente e con le mani sfregava i lati. Avvampai per l’imbarazzo di un’azione estremamente intima. Quante volte mi ero ritrovata a così stretto contatto con un ragazzo? Mai. Mi sorrise e io mi sciolsi, godendomi il momento, le sue mani sulla mia pelle, il caldo emanato da lui, il suo sorriso, i suoi occhi e la dolcezza di tutto. Ridacchiai pure io. “Odio i miei piedi: sono bruttissimi e sempre freddi, anche se ci sono quaranta gradi.” “Questo l’ho visto, ma non sono brutti, sono … buffi.” “Non ho certo i piedini di Cenerentola!” borbottai “Cosa?” per fortuna avevo parlato in italiano “Tu hai bei piedi.” Cosa mi era preso? Da dove mi era venuto? Mi sorrise. Avevo la testa poggiata sulle ginocchia, un sorriso ebete sulle labbra e mi specchiavo nei suoi splendidi occhi. Non mi ero mai sentita così in tutta la mia vita, in imbarazzo, ma allo stesso tempo a mio agio, come se ci conoscessimo da una vita, quando invece si trattava solo di poche ore. “Dovrei andare, mio cugino mi aspetta.” Dissi poco convinta e tutt’altro che contenta. Annuì e mi andò a prendere le scarpe, lasciate in un angolo della stanza. Feci per alzarmi ma mi bloccò, si chinò di fronte a me e, dopo aver accarezzato le caviglie, mi aiutò a calzare le scarpe. Cenerentola! Martellava nella mai testa. Cenerentola! Mi sentivo stordita e felice e leggera come non mai. “Ti accompagno.” Mi aiutò ad alzarmi dal divano, per fortuna perché sentivo le gambe terribilmente deboli. “Ma poi dovresti tornare solo e non voglio, perché è una città e di notte da soli non è sicuro.” Sorrise di nuovo e mi diede un buffetto sulla guancia. Sentivo la pelle bruciare e forse brillava pure, come un vampiro con il sole. Ok, forse non era il caso di fare paragoni con vampiri e simili. “E ti lascio andare sola, così giri tu per la città tutta sola?” “Ma …” provai a fermarlo. Io non ero una star, non avevo nulla di prezioso che mi avessero potuto rubare, nessun riscatto cospicuo da chiedere. Ok, non sarei stata felice di girare sola di notte, ero pur sempre una ragazza ma … “Nessun ma, lasciami fare il cavaliere e non protestare.” Sbuffai e scendemmo per strada. Camminammo in silenzio per la città, godendoci le meraviglie sbocciare e aprirsi ai nostri occhi, illuminate dalla luna e dai lampioni. Roma era bellissima ed estremamente romantica. Guardai il mio accompagnatore: le mani in tasca, l’aria rilassata e un bellissimo sorriso sulle labbra. Era un ragazzo molto bello, per le strade di Roma ed era con me. Non mi sembrava vero. Poco dopo arrivammo sotto casa di mio cugino. “Senti, mi preoccupo a lasciarti andare solo.” Mi diede un tenero e dolce bacio sulla guancia “Ti chiamo appena arrivo, ok?” “E se non mi chiami io chiamo la polizia.” Mi sorrise e se ne andò, lasciandomi a guardare le sue spalle allontanarsi. Salii in casa e mio cugino mi aspettava al varco. “Allora?” Sospirai. Dovevo fare chiarezza, ero così confusa. Ebbi il tempo di accomodarmi sul divano, con un bicchiere di limonata in mano, pronta per l’interrogatorio, che a dir la verità non volevo nemmeno eludere, e il telefono squillò. Era già arrivato? “Mi hanno rapito.” “Scemo.” Sbuffai “Sono con la mia guardia del corpo, che ci ha seguiti in disparte e ora mi sta facendo compagnia e mi fa le linguacce mentre parlo con te al telefono.” “Scemo. Potevi dirmelo.” “Mi sembra di essere un bambino che ha bisogno di controllo e protezione sempre.” “Scemo. Io mi preoccupavo per te.” “Ehi, sono un vampiro con i super poteri, cosa poteva succedermi?” “Scemo.” “L’hai già detta. Comunque tranquilla, siamo già in albergo.” “Buona notte e grazie per la bella giornata e la splendida serata.” “Grazie a te, mi è piaciuto passare del tempo con te. Ti andrebbe di farlo ancora?” Cos’era quello sfrenante e assordante rullio? Ah, sì, il mio cuore! “Certo che mi va. Ci sentiamo domani e ci mettiamo d’accordo, ok?” “Si, certo. Ti chiamo io appena ho un poco di tempo libero.” “Va bene.” “Buona notte, Cenerentola.” Non riuscii a trattenere il sospirò che sfuggì e sembrò svolazzare per la stanza “Buona notte …” Cara la mia Bestia, aggiunsi solo mentalmente e la telefonata finì. Avevo le guance in fiamme, il respiro corto e il cuore in subbuglio. “La cosa si fa seria.” Gianni mi sorrise rassicurante e mi abbracciò. Sospirai. “Credo di si.”

*La storia è totalmente inventata e con questa non voglio recare offesa a nessuno.


AUTRICE: Salve a tutti ... eccomi tornata. Sono felice che questa storia vi stia piacendo, davvero molto felice, anche perchè come detto è la mia prima ff. Spero continuiate a recensire, a leggere e ad aggiungere la mia piccola storia tra seguite, preferite e ricordate. Un piccolo commento sul capitolo: la storia del romanzo è ispirata a me, a un romanzo che sto provando a scrivere, con un protagonista dagli occhi verdi e giuro che non avevo pensato a Robert Pattinson ( a proposito, ha vero gli occhi verdi? Se non fosse così prendetela come una licenza poetica); i film citati ecco sono i miei preferiti e sul serio la scena della morte di Mufasa non riesco a guardarla, perchè in quella pineta a tre anni c'ero io con i miei genitori, ma resta sempre il mio film Disney preferito. La smetto qui, altrimenti parlo  scrivo per ore. Alla prossima e un bacio a tutti.
PS Prometto di rispondere alle recensioni quanto prima
  
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