Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
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Autore: Piuma_di_cigno    05/08/2015    2 recensioni
Scarlett è una ragazza perfettamente normale, quando tanti piccoli cambiamenti stravolgono il suo mondo: attacchi di rabbia incomprensibili, una forza disumana che improvvisamente le scorre nelle vene, il fatto di non riuscire più a sentire il freddo ... Non capisce cosa le stia succedendo, finché un ragazzo, Will, pronuncia il nome della sua nuova condizione: licantropo.
Da allora, è una corsa senza fine, per cercare di capire quello che è diventata e quello che perderà della sua vita. E, soprattutto, tra queste perdite, ci sarà anche Daniel, il misterioso ragazzo che la salva nelle notti di luna piena? E se proprio lui, il suo salvatore, il suo scoglio nell'oceano, fosse il nemico peggiore?
Genere: Malinconico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 3 - Trasformazione

Sei lupi adulti ricambiarono il suo sguardo, gli occhi dorati placidi e soddisfatti, persino divertiti. I corpi allungati e lucidi riflettevano la luce della mezzaluna. Avevano le code alzate, e le muovevano.
(Frostbite - L'alba del licantropo, David Wellington)

Mamma ed Ellie erano sconvolte, ma cercarono in tutti i modi di non darlo a vedere. Percepii in loro una strana compassione per me, come … Come succedeva con una pazza. Una pazza furiosa per cui c'era ormai ben poca possibilità di ritorno.

Cercai in tutti i modi di comportarmi da persona normale. Quel giorno non dovevo lavorare, così quello che tentai di fare fu l'impossibile: ignorare la mia vista traballante, toccare tutto con estrema delicatezza e nascondere alla mamma che avevo rotto la maniglia della porta del bagno.

Sapevo che non potevo farlo per sempre, ma almeno ci speravo.

La mia forza e la mia agilità aumentavano di minuto in minuto e i battiti del mio cuore erano a dir poco frenetici. Mi sconquassavano il petto, come se qualcuno vi battesse con un martello. Avevo paura che il cuore mi rompesse le costole, un giorno o l'altro.

Ero sicura che fosse una malattia terribile … Che sarebbe inevitabilmente finita con la mia stessa fine. Mi avrebbe uccisa, pensai quel giorno mentre notavo che solo tenendo un piatto tra pollice ed indice vi stavo formando una crepa.

Ero iperattiva; il mio cuore mi costringeva. Era una malattia cardiaca. Era evidente.

Non potevo assolutamente dire nulla alla mamma e ad Ellie. Non avrei sopportato di entrare in un ospedale e, come se non bastasse, ogni volta che ci pensavo la nebbia invadeva la mia mente fino ad appannarmi la vista e a farmi rompere qualcosa.

Non erano più sopraggiunti attacchi di rabbia, ma non sapevo fino a che punto la nebbia fosse meglio o peggio. Mi controllava. Appariva quando voleva che non facessi qualcosa, e non riuscivo a fare quello che volevo quando c'era lei di mezzo.

A volte, mi faceva fare quello che volevo, come la corsa in mezzo ai boschi.

Cercai di non pensarci, mentre salivo in camera mia, preda di uno strano torpore. Quella notte non avevo dormito, eppure non mi sentivo stanca.

Era come se all'improvviso fossi diventata di più. Qualcosa di più forte, qualcosa di più incredibile.

Aprii la porta e attraversai la stanza, per sedermi alla scrivania.

Aprii piano uno dei cassetti in legno dove tenevo l'unica carta da lettere che avevo; era color avorio, con un'elegante fantasia dorata e delle buste in tinta.

Presi la penna più robusta che riuscii a trovare. Si incrinò comunque quando la strinsi delicatamente per cominciare a scrivere.

Care mamma ed Ellie,

penso di aver capito subito che non c'era cura. Il mio cuore batte troppo forte, mi impedisce di respirare normalmente e non credo che reggerò ancora a lungo. I polmoni mi bruciano, il mio corpo freme di continua energia.

Non so quanto andrò avanti, perciò scrivo ora questa lettera, perché temo che presto non sarò più in grado di pensare.

C'è una nebbia che avvolge continuamente la mia mente; mi fa fare cose che non vorrei e mi impedisce di fare quelle che vorrei. Spero che non mi ostacolerà nel consegnarvi questa lettera, in caso di una mia … Scomparsa.

Più di tutto desidero che sappiate che quelli con voi sono stati gli anni più felici e migliori che potessi desiderare: mamma, sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto. Sei l'unico esempio che voglio prendere per la mia vita futura, se per me ancora ne esiste una.

Ellie, sei stata una brava sorella. Ci siamo detestate per gran parte dell'infanzia, ma so, di tutto cuore, assolutamente ed inconfutabilmente che se qualcuno avesse fatto del male all'altra ci saremmo sempre difese.

Ed è così che vi ho sempre viste, vi vedo e voglio vedervi e ricordarvi per sempre: due persone forti e gentili che hanno occupato i posto migliori del mio cuore.

Non so cosa ci sia dopo, ma lascerò in ogni caso parte del mio cuore con voi.

Per sempre. Letteralmente.

Baci,

Scarlett.

Finii di scrivere la lettera con un sospiro e dopo averla chiusa nella busta e avervi scritto le destinatarie, la infilai nel cassetto con delicatezza, cercando di non rompere più niente dopo la penna.

Poi, ci ripensai e tirai di nuovo cuori la busta.

La aprii e tolsi la collana che portavo sempre: un cuore d'oro, a medaglione, con dentro le foto di Ellie e della mamma. La infilai nella busta assieme alla lettera e poi la chiusi definitivamente, riponendola nel cassetto.

Non mi scomposi per quello che avevo appena fatto. Non riuscivo ad accettare, né tanto meno a capire di avere una malattia, e non potevo averne paura.

Meglio così, in fondo. A volte era davvero meglio non realizzare quello che stava per succedere.

Io ero fatta così; non capivo la gravità delle cose fino all'ultimo, quando era troppo tardi. Forse il mio cervello aveva qualcosa di sbagliato.

Mi alzai e osservai la mia camera: il letto sfatto, la finestra che dava sul giardino e sulla strada, la scrivania di legno, l'armadio.

Mi misi a rifare il letto, e poi a riporre i vestiti nell'armadio. Riordinai il comodino e la scrivania, tolsi la polvere dai mobili e mi cambiai.

Indossai un paio di scarpe nere, senza lacci, e un paio di pantaloni neri che non mettevo mai, perché erano strappati sulle gambe. Misi l'ennesima canottiera nera che tenevo nell'armadio e pettinai i capelli con le dita.

Infilai un coltellino nella tasca posteriore dei pantaloni.

Perché lo stavo facendo? Non capivo più niente. Mi stavo vestendo in attesa di diventare un fantasma? In attesa che il mio cuore esalasse il suo ultimo respiro dopo aver battuto così freneticamente per giorni?

Non lo sapevo.

L'unica cosa che sapevo era quella che il mio istinto mi dettava, mentre la nebbia invadeva di nuovo la mia testa.

Presi la lettera dal cassetto e la appoggiai sulla scrivania, poco prima di gettarmi nella notte fuori dalla finestra. Per un istante, capii la gravità di quello che stava succedendo: non sarei tornata.

Mi misi a correre.

 

La corsa mi portò di nuovo ai margini silenziosi e bui del bosco.

Ma non avevo paura; i miei sensi e i miei pensieri erano troppo intorpiditi perché potessi anche solo permettermi di pensare alla paura.

Le uniche cose su cui mi concentravo erano quelle che di tanto in tanto riuscivo a percepire: odori, suoni.

Odore della cena che le persone stavano preparando nelle loro case, odore dello shampoo che stavano usando, persino del sapone con cui si stavano lavando le mani e del detersivo con cui stavano lavando i piatti.

Rumori: i passi nelle case, le risate, le voci della televisione, le conversazioni, le discussioni, i pianti, le richieste dei bambini ai genitori, il fruscio dei loro pennarelli sulla carta, mentre disegnavano … Ero sopraffatta da tutto quello che sentivo.

Seppure stordita, mi avviai di nuovo verso il bosco.

Quando le cime degli alberi si chiusero su di me, un nuovo mondo mi affiorò dentro: il frinire dei grilli, i movimenti degli animali notturni, lo scricchiolio delle zampette dei topolini nel sottosuolo, il verso di un gufo … E odori. Odori della natura, di terra smossa, di foglie scompigliate dalla brezza, di piume di uccelli predatori, il pelo di qualche piccolo animale che dormiva …

Mi girava la testa per la meraviglia di quelle nuove sensazioni.

Ma poi, mentre ancora camminavo, il dolore al petto mi stordì con la sua forza e il cuore accelerò ancora. Come era possibile?

Come poteva essere ancora più veloce?

In preda a uno spasmo, mi accasciai contro un albero, respirando violentemente e boccheggiando a tratti, come se i miei polmoni non funzionassero più.

Le mie ossa erano intorpidite e la pelle tirava, come se qualcuno mi avesse afferrata per le dita delle mani, tirate sopra la testa, e qualcun altro per quelle dei piedi e stesse tirando, tirando, tirando sempre di più.

Emisi un gemito soffocato di dolore.

Vedevo le stelle dietro le palpebre chiuse.

Sentii una voce, e mi sforzai di aprire gli occhi. Il viso di un ragazzo straordinariamente pallido, con i capelli castani, mi comparve davanti. Sembrava quasi che galleggiasse in mezzo alla nebbia. Non capivo nulla di quello che vedevo.

Mi giunse uno stralcio della sua voce, in mezzo al dolore.

“...me ti chiami?”

“Scarlett.” sussurrai appena, a denti stretti per impedirmi di urlare. Era la fine. Non avevo nemmeno dato un ultimo abbraccio a mamma e ad Ellie. Pensavo di avere più tempo.

Sentii una lacrima di dolore scivolarmi lungo la guancia, e un altro gemito strozzato mi proruppe dalla gola, quando quella sensazione atroce aumentò.

“... Daniel.” sentii appena.

Avvertii il tocco delicato e gelido come una scossa elettrica sul mio viso.

“Andrà tutto bene.” la sua voce era delicata e vibrante come una corda di violino, il suo fiato sul mio collo era freddo.

Mi costrinsi a trovare la voce per rispondere.

“Ho … Ho … Paura.” dissi in un sussurro strozzato, cercando i suoi occhi. Erano rossi, opachi, con sfumature violacee e nere, orlati da ciglia lunghe e scure.

Daniel sorrise.

“Lo so.” riuscivo a sentirlo in mezzo alle ondate di dolore. Per un attimo, sperai che mi avrebbe salvata.

“Ma finirà. Finisce sempre.”

Non riuscii ad impedire a un grido di prorompermi dalla gola. Ero terrorizzata.

Non sarebbe finita, mai. Avrebbe fatto sempre più male.

Il mio busto si sollevò da terra, come se qualcuno lo tirasse, e i miei pugni si strinsero attorno a foglie secche e ciarpame, nel disperato tentativo di mettere fine a quella sofferenza.

Ero nel panico più totale, la gola chiusa dalle urla di dolore, il viso che bruciava sotto il tocco di Daniel, gli occhi chiusi e le ossa … Non avevo mai provato un dolore simile, un dolore tanto atroce.

Se qualcuno avesse anche solo spostato una delle mie dita, avrei urlato ancora di più e mi avrebbero spezzata in due.

Poi, di colpo, la vidi.

La luna.

Non sapevo quando avessi aperto gli occhi, ma un attimo prima gridavo e un attimo dopo la sua luce argentea mi inondava, placando il dolore come aria fredda scaccia l'afa, come l'acqua in una giornata troppo calda.

Sentii la sua luce invadermi gli occhi e un calore, un piacere indescrivibile invadermi il petto, calmando il mio cuore e infondendomi sollievo ovunque.

Guardai incantata le mie mani brillare alla luce della luna, e vidi Daniel, inginocchiato poco distante da me.

Sorrise.

“Buona fortuna, lupetta.” disse soltanto, e sparì come in volo, saltando sul ramo di un albero. Dopo un attimo, non c'era più e io fissavo di nuovo la luna, con la testa inclinata.

Guardai i miei capelli neri brillare in morbide onde di luce, e poi di nuovo le mie mani.

Mi alzai in piedi, perché la luna mi vedesse e la sua luce mi colpisse su tutto il corpo.

Chiusi gli occhi, felice, quasi tendendo le braccia verso di lei, mentre calde lacrime di gioia scendevano sulle mie guance.

Un attimo prima ero una ragazza in preda al dolore.

Un attimo dopo le mie mani e i miei piedi diventavano zampe, il mio viso un grosso muso e mi spuntava la coda: un attimo dopo ero un lupo.

Spazio autrice: finalmente la nostra Scarlett si è trasformata! Ma che ne sarà ora di lei? Ora che si è ufficialmente aggregata ai licantropi con la sua prima trasformazione, chi si prenderà cura di lei? Come farà con sua madre e sua sorella? Tornerà da loro?
O troverà un nuovo posto nel mondo? Un posto per quelli ... Come lei?
Nella speranza di ricevere vostre recensioni,
Baci,
Piuma_di_cigno.

   
 
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