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Autore: laulaury    06/08/2015    0 recensioni
[Skyrim]
[Skyrim][Skyrim]"Ero stesa a terra; sentivo il corpo intorpidito e un dolore pulsante dietro la nuca.[...] -Ehi! Sei ancora viva- ".
A tutti i fan di Skyrim o agli amanti delle ambientazioni fantasy propongo questa storia che incrocia la trama originale del videogioco con il mio personale gameplay e qualche licenza poetica per rendere più avvincente la storia. Se amate gli elfi, gli orchi, i draghi e compagnia bella provate a leggere.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II: L'inizio della fine

 
Due occhi vitrei ci fissavano. Un uomo dallo sguardo assolutamente innaturale ci stava aspettando. La sua enorme ascia pretendeva il nostro collo. Ora non saprei raccontare precisamente le emozioni di quel momento: rabbia, terrore, rassegnazione o forse disperazione. L'idea di fuggire era del tutto fuori questione. L'uomo Bosmer, mio camerata, ci aveva tentato appena usciti dalla botola. Aveva percorso solo qualche passo prima che il suo corpo venisse crivellato di frecce imperiali. In quegli attimi ho ammirato quell'uomo: era morto lottando. Io invece andavo incontro al mio fatale destino in totale passività. Di fronte al ceppo e al nostro aguzzino vi erano già altri prigionieri disposti in riga. I miei compagni di prigionia ed io li avevamo raggiunti. Mentre ci stavamo disponendo ordinatamente in fila un sacerdote aveva iniziato ad invocare gli Dei perché avessero pietà delle nostre anime. D'improvviso un prigioniero aveva urlato:"Facciamola finita, per Talos!" Interrompendo così la preghiera. Costui si era avvicinato al ceppo e ci aveva appoggiato la testa. Egli guardava in volto noi altri prigionieri. Avrei voluto che il mio sguardo potesse in qualche modo essere rassicurante e confortante ma appena il boia aveva lanciato l'enorme ascia dietro le sue spalle non ero riuscita a mantenere lo sguardo verso il condannato. Avevo scostato la testa girandomi di lato finché il sibilo dell'arma non era terminato. Poco dopo un forte rumore era rimbombato in lontananza. "Non é niente" asseriva la guardia " Facciamo alla svelta. Tu, mezzo sangue! Tocca a te.". Pareva che stesse indicando me. Non capivo il motivo di quell'appellativo e, speranzosa di tardare il più possibile il funesto destino, non mi ero mossa. "Su, avanti, sbrigati elfo! Non abbiamo tutto il giorno.". Era giunto il mio momento. Ciondolante mi avvicinavo al ceppo lercio del sangue del mio predecessore, e non solo il suo. Inginocchiandomi avevo potuto scorgere la testa dell'ultimo prigioniero nella cesta posta al di lá del ceppo. Con disgusto e non poca reticenza avevo appoggiato il collo su quel tronco. Non sarei stata in grado di sorreggere gli sguardi degli altri sventurati così mi ero voltata dall'altra parte. Vedevo un cielo limpidamente turchino che avvolgeva la solida e severa torre in pietra.
Ancora quel rumore profondo; stavolta pareva molto più vicino. Il cielo si era improvvisamente scurito. Sembrava essere coperto da nubi grigie; pareva essere fumo. La guardia aveva fatto cenno di proseguire. Il boia si era buttato l'ascia di nuovo dietro le proprio spalle, ma io non lo stavo guardando. Un immenso,  viscido e lucente drago aveva fatto capolino da dietro la torre. Il boia e la guardia si erano voltati incuriositi dalle facce sbigottite degli altri prigionieri. Uno di questi stava per urlare:" Un drago!" ma l'animale lo aveva preceduto. Un immenso e terrificante urlo era uscito dalle sue fauci; era talmente potente che aveva fatto perdere l'equilibrio al boia al quale era cascata anche l'ascia dalle mani. Prima che qualcuno dei presenti potesse iniziare a scappare il possente drago ci aveva sbuffato addosso delle ardenti fiamme. A causa della forza d'urto il mio corpo si era rovesciato a terra e avevo sbattuto la testa.
Un ulteriore ruggito aveva contribuito al mio risveglio. Ormai perdere i sensi pareva fosse naturale come respirare. Ero riuscita a sollevare le mie palpebre e vedevo guardie imperiali con l’arco teso verso quel mostro; gente in preda dal terrore che scappava e fiamme ovunque. Qualcuno mi aveva afferrato per il braccio e mi aveva trascinato di peso incoraggiandomi: “ Dai muoviti! Vieni con me.”. Ancora una volta Ralof mi aveva aiutata a riprendermi; a dire la verità questa volta mi aveva proprio salvato la vita. Ci eravamo rifugiati in una torre e lì con noi c’era anche Ulfrig, stavolta senza bavaglio. Con un cenno mi avevano esortato a seguirli su per le scale della torre: Ulfrig apriva il cammino di fronte a me, Ralof era alle mie spalle. Cercavo di stare al passo del mio salvatore quanto più mi era possibile ma le gambe erano vistosamente più corte e sottili delle sue. Ralof mi aveva ormai sorpassato; dopo pochi gradini si era voltato per controllare come stessi e per tendermi una mano. Lui ancora non lo sapeva ma mi sarebbe stato grato per averlo rallentato: in quell’attimo preciso la testa del drago aveva infranto la parete e aveva fatto capolino circa un metro più avanti del braccio del Nordico. I suoi occhi gialli incandescenti ci fissavano
. Il drago aveva preso un gran respiro indietreggiando. Senza pensarci troppo avevo afferrato con forza la mano di Ralof tirandolo verso di me. L’avevo trascinato giù per le scale e l’avevo fatto accucciare di fianco a me nel sottoscala. Ed ecco che il soffio infuocato era arrivato inesorabile e implacabile. Fortunatamente le scalinate di massi ci avevano riparato. Il Drago aveva ritirato il muso dal foro da lui creato e per un attimo sembrava aver cambiato obiettivo ma ecco che le sue enormi e viscide zampe sbucavano dalla porta d’ingresso. Prima che potesse scoprire il nostro nascondigli, Rolaf ed io ci stavamo dirigendo nuovamente verso la scalinata. I massi spostati dal drago impedivano di continuare a salire la torre. Rolaf guardava l’enorme apertura: “Non sembra così alto. Dovremmo riuscire a saltare giù da qui senza farci troppo male.”. Neanche aveva finito questa frase che già stava prendendo la rincorsa per prepararsi al balzo. Aveva saltato ed io, incredula, mi ero sporta per verificare che l’uomo fosse in grado di reggersi ancora sulle sue gambe. Ebbene, la caduta era stata meno rovinosa di quanto avessi potuto immaginare ed egli si era rialzato senza troppi acciacchi. Non mi sentivo ancora pronta per fare un gesto tanto azzardato; mi guardavo intorno ma non vedevo vie d’uscita. Avevo preso un bel respiro, una piccola rincorsa e avevo saltato.
Il balzo mi aveva portato su di un tetto di paglia che sotto il mio peso era ceduto, attutendo però la caduta che sarebbe stata certamente più dolorosa. Mi ero rialzata immediatamente e avevo corso in cerca di Ralof. Egli stava di fronte ad una taverna ormai completamente arsa e distrutta. “Ce l’hai fatta! Bene, seguimi. So come uscire da qui. Prenderemo i passaggi sotterranei.”.
 

[Note dell'Autore: Cari lettori, dopo un lungo lungo lungo tempo di assenza,sono tornata in attività! Come primo atto di auto-convincimento ho modificato il secondo capito che era un po' squallidino. Ora mi metto subito al lavoro per il seguito. Spero vi possa piacere. Ciao Ciao]
  
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