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Autore: lovingbooks    07/08/2015    3 recensioni
[Modern!AU Highschool setting | Jarida | Già conclusa]
A Merida non è mai importato nulla di quello che gli altri pensavano di lei, fino a quando Jack Frost, uno tra i ragazzi più popolari della sua scuola, non le dice che tutti la considerano la DUFF (Designated Ugly Fat Friend) di Rapunzel, la sua migliore amica e una tra le ragazze più popolari della scuola. Cosa può succedere quando la persona che odi di più al mondo, è l’unica che può aiutarti?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost, Merida
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 16.Confessioni attese, farfalle nello stomaco e reginette del ballo
 
“Vedo che hai messo il vestito che ti ho regalato” disse, appoggiando la schiena accanto a me.
 
“Direi di sì” dissi, sorridendo.
 
Le nostre spalle si toccavano, e sentii un formicolio sulle braccia, ma non aprii gli occhi.
Alla fine, presi un lungo respiro e mi feci coraggio.
 
“Grazie Jack, per il vestito” gli dissi, aprendo finalmente gli occhi e girandomi verso di lui.
 
Lui mi sorrise. Non era un ghigno, non era un sorriso divertito, o arrabbiato. Era un sorriso sincero e sentii una strana sensazione, di caldo, nel mio stomaco. Quando si tolse la giacca, lo guardai con un’espressione confusa, che poi si trasformò in una di ringraziamento, nel momento in cui la mise sulle mie spalle. Non dissi nulla, semplicemente rimasi davanti a lui a sorridergli come una stupida. Solo che, appena incontrai il suo sguardo, mi sentii male. Aveva uno sguardo tremendamente triste e la voglia di stringerlo in un abbraccio mi travolse. E, questa volta, non la fermai. Mi avvicinai a lui, alzandomi sulle punte, gli misi le braccia intorno al collo, affondando il viso nella sua spalla. Lui, dopo un primo momento di sorpresa mi circondò la vita con le sue braccia, e posò il suo volto tra i miei capelli. Sentii le mie guance diventare sempre più calde, ma nessuno poteva vedere il loro rossore, lì fuori. Nessuno all’infuori di Jack, che si staccò poco dopo dall’abbraccio, lievemente in imbarazzo.
 
“Merida, non posso farlo” disse, mettendosi una mano dietro il collo.
 
Il mio cuore accelerò ed io mi sentii mancare la terra sotto i piedi: che cosa mi era venuto in mente? Tecnicamente, non avevamo ancora fatto pace.
 
“Uh, sì, hai ragione…ehm…sì, ecco, forse è meglio se vado…” dissi con gli occhi lucidi e feci per togliermi la giacca e fare dietrofront, quando lui continuò.
 
“No! Cioè, non intendevo quello. C’è una cosa che devi sapere, prima” mi disse, quando incontrai il suo sguardo.
 
“Dimmi” dissi, cercando, nel frattempo, di calmarmi.
 
“Io…uh, ecco…” iniziò, evidentemente in imbarazzo e, quando lo incalzai con lo sguardo, continuò “Io ti amo. Voglio dire, non so cosa sia l’amore e se esista veramente. So solo che ogni volta che ti sto accanto sento questa sensazione, dentro di me, che parte dal mio stomaco e si propaga per tutto il mio corpo. Mi sento bene quando sei nelle vicinanze, felice. È come se portassi via i miei problemi. E, quando ti vedo sorridere, il mio cuore perde un battito. Ogni volta che siamo vicini, provo il desiderio di abbracciarti e di baciarti. Quando, invece, non mi sei accanto, sono preoccupato. Io voglio proteggerti, voglio stringerti tra le mie braccia e portarti lontano dalle cattiverie della gente. Voglio ascoltarti, voglio vederti essere te stessa. Io non ti conoscevo, prima. Sentivo delle voci su di te e, quando sei arrivata da me e mi hai chiesto di aiutarti a cambiare te stessa, non ho esitato a dire di sì. Pensavo che fosse quello che volevi tu, pensavo che alla fine ci avremmo guadagnato entrambi. Con il tempo, però, ho capito che tu eri perfetta così come sei, che eri diversa e che dovevi rimanere così. Nessuno dovrebbe cambiarti ed io l’ho capito solo dopo. E forse è una pazzia, forse è troppo presto, ma io ti amo. E se l’amore non è il desiderio di proteggere l’altro, di essergli accanto nei momenti belli e in quelli brutti, di ridere, di piangere, allora cos’è? Se l’amore non è questo, allora non credo che lo proverò mai. Ma, Merida, io ti amo. E, dopotutto, credo di averlo sempre fatto”.
 
Sentii le mie guance bagnate, ma era troppo tardi per fermare le lacrime. Tutte le mie sicurezze erano crollate con il discorso di Jack. Finalmente avevo dato un senso a tutto. La sensazione che sentivo nello stomaco quando passavo il tempo con lui, il formicolio della mia pelle quando ci toccavamo, i desideri che mi travolgevano. Capii perché il bacio con Hiccup era sbagliato: lui non era Jack, lui non era la persona che aveva preso il mio cuore. E così, feci la cosa più irrazionale che potessi fare, mi avvicinai a lui, che aveva un’espressione tra il preoccupato e il triste, e lo baciai. Poggiai le labbra sulle sue e sentii una scintilla che si propagava da quel tocco. Il mio stomaco fece le capriole e il mio cuore accelerò, battendo all’impazzata. Passai una mano tra i suoi capelli, arricciandoli tra le mie dita, come fece lui poco dopo. Sorridevo sulle sue labbra, mentre venivo colpita da un calore inaspettato. Probabilmente ero rossa come un peperone, ma non m’importava molto. Era questo ciò che una ragazza deve sentire durante il suo primo bacio, erano queste le sensazioni giuste, quelle di una ragazza innamorata. E fu in quel momento che, per la prima volta, usai quella parola per definirmi: ero innamorata di Jack, così come lui lo era di me. E fu per questo che quando lui si staccò per prendere aria, gli sorrisi. Mi sentivo felice, pensavo che il mio cure potesse esplodere. Poi, però, arrivò la consapevolezza dei miei sentimenti e di ciò che avevamo fatto: eravamo entrambi fidanzati e io non dovevo sentirmi così felice, stando con un altro. E il mio sorriso, piano piano, si affievolì.
 
“Che succede, rossa?” chiese, con uno sguardo preoccupato, senza però allontanarsi da me.
 
“Non dovremmo farlo, non dovrei sentirmi così…”.
 
“Così come?” chiese, con un tono quasi speranzoso.
 
“Felice. Forse è strano, forse è da pazzi, come dici tu, ma credo di amarti” gli dissi, guardandolo negli occhi, con tutta la sincerità di cui disponevo.
 
“E perché non dovresti sentirti così?”.
 
“Perché siamo entrambi occupati”.
 
Un silenzio calò tra di noi, pieno di parole non dette, fino a quando Jack non parlò.
 
“A dire il vero ho lasciato Elsa non appena ho capito tutto.  Non ero innamorato di lei. In fondo, credo di averlo sempre saputo. E forse speravo che tu t’ingelosissi, almeno un po’” mi disse, con uno sguardo colpevole.
 
Non potei fare a meno di sorridere.

“Ora entriamo, rossa. Hai una migliore amica con cui risolvere e un fidanzato con cui rompere” mi disse, posando delicatamente le labbra sulla mia fronte, poco prima che io annuissi.
 
Quando entrammo in palestra, mano nella mano, c’era silenzio e nessuno ci aveva notato, essendo tutti occupati a guardare qualcuno che parlava sul palco. Probabilmente stavano per annunciare re e reginetta, ma non avevo tempo per queste cose. O, perlomeno, così credevo.
 
Chiamarono il mio nome. Il mio nome. Io, Merida Dunbroch, ero la reginetta del ballo.
 
Cercai di scappare dai riflettori, lasciando la mano di Jack, per non salire sul palco, ma qualcuno mi spinse. Lo maledissi mentalmente più volte.
 
Non appena raggiunta la mia postazione, potevo vedere tutta la palestra. Non era così alto: era comunque un palco improvvisato. Tuttavia, riuscivo a intravedere Rapunzel, che era appoggiata al muro, bellissima nel suo vestito viola, pieno di fiori, con una lunga treccia che le ricadeva sulla spalla sinistra. Non potei fare a meno di notare il piccolo sorriso triste che aveva in volto, mentre guardava nella mia direzione. Vedevo anche Hiccup, che rideva con una ragazza mora. Non si era nemmeno accorto che ero entrata. E iniziai a domandarmi se si era mai degnato della mia presenza o se si era mai interessato a me. Forse solo all’inizio. O forse proprio mai.
 
Nel momento in cui annunciarono il re del ballo volevo scappare e nascondermi in un angolo, rinunciando alla mia corona. Poi, però, vidi il viso di Jack, che aveva i muscoli contratti in un’espressione quasi gelosa. Una volta posata la piccola tiara sulla mia testa, che mi faceva assomigliare più a una principessa che a una regina, capii che cosa dovevo fare.
 
Non potevo ballare con Hiccup, il re del ballo, o anche solo guardarlo, senza pensare al bacio che ci eravamo scambiati, a come mi abbia fatta sentire, a quanto fosse sbagliata la nostra relazione e a come fossimo distanti e diversi, pur essendo fidanzati. Così presi in mano la situazione.
 
“Fermi tutti!” esclamai, prima che il DJ si mettesse a suonare il lento, che in teoria dovevano ballare il re e la regina.
 
Tutti gli studenti, alla mia affermazione, avevano un’espressione piuttosto sbigottita, mentre Hiccup stava alzando le sopracciglia e mi stava facendo una domanda muta che assomigliava a: “Che cosa vuoi fare?”.
 
Mi avvicinai velocemente al microfono con le mani sudate e il passo tremolante, mentre tutti avevano gli occhi puntati su di me. Tutto ciò mi fece solo capire a quanto fossi inadatta ad essere popolare e a come volessi che tutti guardassero altrove. Tuttavia, mi bastò incrociare degli occhi azzurro ghiaccio per calmarmi. Presi un profondo respiro e iniziai a parlare.
 
“Non preoccupatevi, presto potrete ballare tutti quanti. Solo che volevo dire due parole, se me lo lasciate fare” un mormorio di dissenso di propagò per la palestra. Per fortuna, Jack li zittì tutti. Lo ringraziai con lo sguardo e ripresi a parlare.
 
“Sapete, è davvero ironico che stasera io sia su questo palco. Lo desideravo tanto, prima. Desideravo la popolarità, desideravo essere vista. In fondo, è quasi divertente. Ho desiderato questa cosa talmente tanto che, alla fine, non aveva più alcun significato. Essere popolari non ha alcun significato. Davvero: guardatevi intorno. Pensate che valere qualcosa al liceo vi aiuterà nella vita? Io non penso. State cambiando ciò che siete e ciò che volete fare per essere popolari, per piacere agli altri. Insomma, basta guardare me: non ho mai amato gonne e vestiti, i miei capelli li ho sempre preferiti ricci e sono stata sempre…ribelle” Mi fermai un attimo, ripensando a quando Jack mi aveva definito in quel modo. In quel momento non lo trovavo sensato, ora, invece, gli stavo proprio dando ragione. Sorrisi involontariamente, prima di riprendere un’altra volta.
 
“Eppure, non appena si è presentata l’occasione, ho iniziato ad indossare vestiti che prima disprezzavo, ho iniziato a piastrarmi i capelli e a truccarmi, ho mitigato il mio carattere. E ora ho capito che non è ciò che voglio. Non lo è mai stato. Ho perso la mia migliore amica solo per essere amata da tutti. Quindi voglio chiederle scusa: Punzie, mi dispiace tantissimo. È tutta colpa mia, lo so e avevi ragione. Sono stata una stupida, ma per favore perdonami” guardai in direzione della mia bionda preferita, che mi stava fissando con gli occhi spalancati e le labbra curvate in un sorriso.
 
Forse, mi avrebbe perdonato. Ma dopo il mio discorso, dato che ero bloccata sul palco. Ripresi a parlare per l’ultima volta, finendo il mio discorso.
 
“Quindi, per tutti questi motivi, rinuncio alla corona finta che ho in testa e può prenderla chiunque desideri” quando finii di parlare, ci fu uno strano silenzio, seguito dalle grida di diverse ragazze che volevano la corona, che lanciai in mezzo alla pista da ballo –il campo da basket.

 
NOTA AUTRICE
Buongiorno, gente!
Ecco, come promesso, il capitolo seguente. Sperando che un po' di cose si siano risolte, ai vostri occhi. Nel prossimo si capirà tutto molto meglio, purtroppo non so quando potrò postarlo.
Scomparirò, certo, ma tornerò! Altrimenti vi lascio con un po' di domande e non è carino da parte mia, insomma.
In più volevo dire: HO TROVATO UN SACCO DI PERSONE CHE AMANO LE PESCHE. SAPPIATE CHE VI AMO ANCHE IO.
Forse è esagerato, ma sul serio, ho una dipendenza ormai. Non ci posso più fare niente.
Detto questo, grazie mille a chiunque abbia letto o recensito la storia. Tra parentesi, sono arrivata a 30 recensioni e quasi non ci credevo! Sul serio, per me è tantissimo. Un grosso e grande abbraccio a chiunque abbia recensito, perché mi si riempie il cuore, quasi. Troppo sdolcinato? Never mind.
Ora me ne vado perché ho scritto un po' troppo e magari non ve ne frega nulla...tanto amore.
Abbracci solari (da Stella di Solaria),
lovingbooks
  
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