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Autore: Lila May    07/08/2015    2 recensioni
Due squadre, Unicorno e Tripla C.
Mark Kruger e Esther Greenland. Una coppia alquanto strana, tuttavia efficace.
5 maschi e 5 femmine completamente opposti, se non quasi. E quindi guerra totale.
Tantissimi punti di vista diversi.
Molti, troppi problemi.
Poi condite il tutto con un po' di amori, cotte, risate, segreti, gelosie e verità scottanti.
Semplicemente un disastro.
---
Storia terminata.
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Dylan Keith, Eric/Kazuya, Mark Kruger, Suzette/Rika
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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VOGLIA DI BACI
 
Quella tiepida mattina di Luglio il sole splendeva alto in cielo, avvolgendo Los Angeles in un caldo abbraccio pieno di vita. Le auto sfrecciavano rapide sull'asfalto color pece della città, come se stessero sfuggendo da qualcosa, e tutt'intorno ai vicoli alleggiava un raccapricciante odore di petrolio, sale e gomma bruciata.
Erik, sveglio già da un po', s'infilò una barretta di cioccolato in bocca, abbandonò la sede e scese rapidamente le scale del campetto, desideroso di parlare un momento con Mark (il tutto, ovviamente, accertandosi che Suzette non fosse nei paraggi). Come si era ripromesso a cena, ieri notte aveva sviluppato la sua idea nei minimi dettagli, senza tralasciare nulla. Per metterla in atto, però, gli serviva il consenso del Capitano.
Del resto, era proprio quel biondo afflitto da sbalzi d'umore privi di senso che, con un sì o con un no, avrebbe cambiato le sorti del suo appuntamento. - Goodmorning, Mark! - lo salutò, facendogli un cenno a mo' di saluto per catturare la sua attenzione.
Mark, che stava preparando il campo per gli allenamenti, posò un paio di coni fluorescenti a terra e gli venne incontro con la solita faccia mista fra il vacuo e il divertito. - 'morning, Erik. Passata la rabbia? -
- Sì, dai. Ho trovato una soluzione per levarmi la tua Suzette di torno! - esclamò il castano, scuotendolo energicamente per le spalle.
- Ah, sì ...? Quale, sentiamo. -
- TU! -
- Ehm ... - Mark sollevò un sopracciglio e fece per ribattere, ma le parole gli morirono in gola. Aveva sentito bene? Come poteva lui, comune mortale, plebeo, salvare un appuntamento? - Come, prego ...? -
- Tu, Mark! - ripeté Erik, osservandolo cercare di darsi una risposta. - Mh, ti vedo perlpesso. -
Mark annuì, continuando a non capire, così il castano si prese la briga di spiegargli passo per passo.
- Ascoltami molto attentamente, Marky-wisky - iniziò, posandogli un braccio sulle spalle e prendendo a camminare in lungo e in largo per il perimetro del campetto. - Presente che oggi io e Silvia dobbiamo uscire? -
- Yes. -
- Ecco, e suppongo tu sappia anche che non voglio Suzette fra i piedi, quando sono con la mia migliore amica. -
- Yeah ...? -
- Bene ... il tuo compito sarà quello di intrattenerla per tutta la durata dell'appuntamento. -
Mark strabuzzò gli occhi e per poco non ruzzolò a terra, sconvolto dalla notizia.
- Wei, Mark, non ti uccider ...! - non riuscì a finire Erik che il Capitano della Unicorno, furioso, gli premette l'indice sul petto, minacciandolo con sguardo assassino a fare qualche passo indietro.
- Hai chiesto alla persona sbagliata, caro - sbottò, nervoso. - Sai che ho anche altre cose di cui occuparmi, quindi non coinvolgermi nei tuoi problemi! Anche perchè è già successo più volte, e ne sono uscito vivo per miracolo! -
- Oh, calmati "fratello"! Non siamo mica in quinta elementare, quella è una storia vecchia... - ridacchiò Erik, cercando di farlo tornare sereno. Gli serviva Mark, adesso più di ogni altra cosa. Non avrebbe accettato un no, non senza prima aver tentato di convincerlo. - Non ti piacerebbe passare ore e ore a parlare di non so cosa insieme a Suzette ...? -
- Ti ho detto che ... -
- A ridere con lei, provarci, rafforzare il vostro legame ... -
Mark taque un istante, indeciso. Ormai mezzo mondo sapeva cosa provava per Suzette (anche se, lo ammetteva, avrebbe preferito che il tutto rimanesse un po' confuso), e per lui passare ore e ore a soddisfare i piaceri di quella ragazza equivaleva al paradiso. Perché non prendersi un giorno di pausa e godersela fino a quanto il suo ruolo di "amico passeggero" gli avrebbe concesso?
Prese un respiro profondo, poi chiuse gli occhi e si decise. - E va bene. Ma sappi che lo faccio per il mio cuore, non per il tuo. Quindi adesso vatti a preparare, prima che cambi idea. -
Erik gemette di gioia e lo stritolò in un abbraccio quasi fraterno, poi gli batté una mano sulla spalla. - Ti ringrazio Mark, sei un amico. -
- Fin troppo ... - sospirò l'altro, osservandolo risalire i gradini con la velocità di un fulmine.
Si passò una mano fra i biondi capelli e si sedette a terra, poi iniziò a navigare nel profondo dei suoi pensieri. Come intrattenere Suzette? Non la conosceva molto bene, aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse.
Pochi minuti e un'ombra formosa e familiare gli si parò davanti, oscurandogli il campo visuale. Sollevò il capo e incrociò gli occhi con quelli neri di Esther, che lo fissava sospettosa. Ecco il suo angelo salvatore.
Di sicuro lei lo avrebbe aiutato.
- Ti è morto il gatto? - gli chiese, tendendogli una mano.
- Ho un cane - replicò lui, afferrandogliela e tirandosi su con vigore.
- Ti è morto il cane? -
- No... dai, come sei macabra. -
- E allora che succede? - chiese Esther, voltando improvvisamente pagina. Mark sorrise. - Ho bisogno... -
- di me. Lo so, lo so... - lo interruppe la mora, carezzandolo fra i capelli con fare vanesio.
- Brava. -
- Grazie. Ma dimmi, sfigatello, che c'è? -
L'americano emise una smorfia, ma preferì non ribattere. - Presente che oggi Erik e Silvia devono uscire? -
- Certo! E? Pensavi di pedinarli? -
- No! -
- Stalkerarli, allora. -
- No! Solo, Erik mi ha chiesto se potevo intrattenere Suzette mentre erano via - le spiegò Mark, guardandola poco convinto.
Esther arrossì e scosse le spalle, un po' infastidita. - Va bene. In cosa posso aiutarti? -
- Cosa piace a Suzette? - le chiese lui, curioso.
- Rubare il ragazzo alle altre - ringhiò la mora, cominciando a scaldarsi. Erik non poteva incaricare... Bobby di tenere compagnia a quella smorfiosetta? Perché proprio Mark? Le venne voglia di prendersi a schiaffi, ma non lo fece. La gelosia era sempre stata la sua nemica peggiore, si stupì di come la stava dominando bene.
- Ehi ... - Mark abbassò il capo per cercare i suoi occhi, confuso. - ti ha fatto un torto? -
- All'asilo! - ammise lei, arrabbiatissima.
- Posso sapere cosa? -
- Ha baciato il mio primo ragazzo durante una partita a nascondino! -
Mark scoppiò a ridere, divertito, ma lei rimase seria. - Dai! E c'è bisogno di accusarla? Magari a lui non piacevi, che ne sai. -
- Certo, certo, a lui non piacevo, certo... - Esther sospirò irritata, poi incrociò le braccia al petto, scacciando quello spiacevol ricordo. - piuttosto, mi avevi chiesto ...? -
- Ah, ehm... cosa piace a Suzette? -
- fare shopping, sentirsi principessa, ascoltare musica ... -
Mark annuì, pensieroso. Forse sapeva come farla divertire, o meglio, corteggiarla. Qualche giro in negozio, due o tre complimenti e via. Il gioco era fatto. - Okay, basta così. Grazie. -
- Piuttosto ... - Esther si rabbuiò un istante, leggermente triste. - questo vuol dire che oggi mi devo allenare sola soletta? - domandò, guardandolo con occhi dolci.
- Oh, cara... - mormorò Mark, fingendosi intenerito. - cos'è, non puoi fare a meno di me neanche per un giorno? -
- Sì, certo che posso fare a meno di te, inutile uomo, ma ... -
- ERIK, ZUCCHERINOOOO! - strillò Suzette da lontano, interrompendo la conversazione dei due.
Il biondo trasalì e la cercò con lo sguardo, disperato. A forza di conversare con Esther, non si era minimamente accorto dei compagni che avevano lentamente invaso il campo.
Erik e Silvia iniziarono ad allontanarsi più rapidamente, desiderosi di uscire al più presto da lì.
- Ehi, aspettatemi, voi due! Mi devo sistemare le ballerine! - esclamò l'azzurra, zoppicando affanosamente verso di loro, quando Mark la prese al volo con quanta forza aveva in corpo, interrompendo la sua corsa.
- Presa! -
- Mark...! Scusa, mi piacerebbe molto passare un po' di tempo con te, ma adesso devo proprio andare... -
- No, tu non vai da nessuna parte - sbottò il ragazzo, posandola delicatamente a terra.
Suzette aggrottò le sopracciglia e lo squadrò qualche minuto, dubbiosa, poi rise. - Ah, sì...? -
- Oh, sì. -
- E chi me lo impone ...? -
Mark le sorrise malizioso. - Io. -
La dodicenne sospirò. A causa di quella bellissima interruzione dai capelli biondi e gli occhi turchini purtroppo aveva perso di vista Erik e Silvia, ma poco importava. Ormai era fatta. - Uffi, il mio tesorino si è dileguato! -
- Non ti preoccupare, ci sono qui io - continuò Mark, stupito di se stesso.
Esther fece spallucce e si allontanò dai due, alla ricerca di un pallone, poi si aggregò a Dell e Michael.
Se Mark era felice, lei non doveva essere da meno. Anche perché, continuando a tenere il muso, di certo gli avrebbe rovinato la giornata, e l'ultima cosa che voleva fare era essergli un peso.
Così iniziò ad allenarsi con la sua migliore amica e il povero malcapitato che era finito sotto il suo comando (Michael, a farla breve), cercando di levarsi di dosso il pensiero.
 
 
Mark prese posto su una sedia e inchiodò lo sguardo addosso a un paio di ragazze che confabulavano fra loro, annoiato, poi si lasciò sfuggire un sospiro.
La compagnia di Suzette era una delle tante cose avrebbe dovuto custodire per sempre nel cuore, davvero. Ma era da quella mattina che facevano shopping. Solo... ed esclusivamente... shopping.
Non ne poteva più.
A distrarlo da quei pensieri fu un rumore a pochi passi da lui, segno che con ogni probablità la sua amata era uscita dal camerino.
Smise di fissare le due ragazze e portò le iridi addosso alla dodicenne, che rispose con un sorriso malizioso. - Come sto...? -
- Sei... - l'americano deglutì più volte, nervoso, e nel giro di qualche secondo le orecchie gli diventarono rosse come ciliege mature. - bellissima... - bofonchiò, passandosi una mano sulle ginocchia per scacciare la vergogna.
Bellissima era dire poco. Stupenda. Eccezionale. Meravigliosa. La magnificenza in tutta la sua perfezione (secondo lui). Indossava una camicetta a maniche corte nera, un gilet rosso corallo e una gonna a pieghe bordeaux, il tutto in bandan con un paio di dolci ballerine a pois. Ah. Le gambe, poi, dall'abbronzatura impeccabile e completamente nude.
- Io... - Kruger si coprì le orecchie con ambe le mani, fingendo di doversi pettinare le basette. - il rosso ti sta d'incanto... -
- Grazie, lo so! - esclamò l'altra, guardandosi l'abbigliamento con orgoglio. - Anche al tuo viso dona molto, come colore! -
- What!? - trillò Mark, scattando in piedi e stringendosi il naso con due dita. Ora sì che era nei guai. Tutte le volte che trovava una ragazza fin troppo bella o, come diceva sempre il suo caro, vecchio Dylan, bomba a tutti gli effetti, il volto gli s'incendiava e lui, poverino, assumeva le sembianze di un imbranato di proporzioni spaventose.
L'altro ieri, in spiaggia, gli era capitato tantissime volte, e per fortuna nessuno se n'era accorto. Meno male...
- Deve essere il caldo... - mentì, scostandosi la frangia all'indietro.
- Ah... - Suzette lo guardò sospettosa, comunque preferì non provocarlo. Mark imbarazzato era ancora più bello di quanto già non lo fosse.
- Beh, dai, adesso cambiati e usciamo di qui, che è quasi mezzogiorno - osservò lui, riportandola al presente. - non vorrai restare a stomaco vuoto, spero. -
- No, ovvio che no! - ridacchiò l'azzurra, entrando in camerino per reindossare i suoi vestiti, poi pagarono, anzi, lui pagò, uscirono e si persero nuovamente nel solito, caotico, stancante traffico americano.
- Dimmi un ristorante carino? - domandò lei, controllandosi lo smalto con aria snob.
La testa bionda di Mark comparve nel bel mezzo  di una miriade di buste colorate, affaticata. - seguimi... -
- Tutto bene? -
- Oh, yeah, sure... -
Suzette scoppiò a ridere e lo carezzò fra i capelli come fosse un tenero bassotto, obbligandolo a storcere le labbra in un dolce sorrisino affranto. - Mi dispiace, ma se non porti le buste quale Principe Azzurro saresti...? -
Il biondo la guardò per qualche istante, incerto, poi gonfiò il petto e sorrise malefico. - Dammi un bacio sulla guancia e farò tutto quello che vorrai. -
La ragazza arrossì e si chinò in avanti, a un passo dal volto dell'amico. Se avesse potuto, glielo avrebbe dato anche sulle labbra. 
Comunque lo accontentò, poi lui chiamò un taxy e raggiunsero il ristorante.
E se la Heartland aveva votato un ristorante a cinque stelle, Silvia e Erik, dall'altra parte della città, con due dollari e cinquanta erano riusciti a guadagnarsi un paio di deliziosi hot-dog.
Stavano seduti sul marciapiede di un viale poco affollato, a fissare le macchine sfrecciare sull'asfalto bollente della strada.
- Suzette ci sarà rimasta malissimo... - cominciò Silvia, dopo aver deglutito un pezzo di pane.
Erik non le rispose, il panino in mano e l'espressione vacua.
- Erik? Tutto bene? - la Manager della Inazuma gli posò una mano sul braccio, facendolo ritornare sui suoi passi.
- Silvia... -
- Stai bene? Ti vedo con la testa per aria. -
- No, io... -
La ragazza, stranita, iniziò a nutrire dentro di sé un certo sospetto. Ogni volta che Erik si comportava in modo impacciato c'era da preoccuparsi. Che cosa le stava nascondendo, sotto quello sguardo vispo e quelle labbra sempre (o almeno quasi) sorridenti?
- Senti... se c'è qualcosa che mi devi dire, dimmelo. -
L'americano la guardò, un po' nervoso. Silvia sembrava sospettare di lui, e ciò non faceva altro che creargli sgomento. - Dopo... vorrei portarti in un posto. -
- ...tutto qui? Per questo non mi prestavi attenzione? - domandò la Manager, sempre più confusa.
- Io... - Erik si alzò con la scusa di andare a buttare il fazzoletto con cui aveva tenuto l'hot-dog, poi spianò le spalle contro il muro di un grattacielo e si nascose il volto fra le mani. La sua migliore amica cominciava a guardarlo torvo, e questo significava che al posto di emanare allegria stava trasmettendo solo rancore e sospetto.
Doveva fare qualcosa per farle svanire quell'odioso velo di preoccupazione dallo sguardo, adesso. Anche se poi, tanto, le cose non sarebbero cambiate più di tanto.
Prese un respiro, si posò una mano sul petto e la raggiunse sorridente.
- Andiamo? Abbiamo da camminare! -
- Come, di già? - Silvia finì di mangiare l'ho-dog, quindi si sistemò i capelli e si alzò dal marciapiede, poi gli strinse fedelmente la mano. - Trascinami. -
- Se vuoi ti prendo a cavallucc...! - non riuscì a finire il ragazzo che lei, divertita, gli montò sulle spalle senza neanche dargli il tempo di prepararsi.
Erik lottò contro un lieve senso di fatica per qualche secondo, poi la guardò malizioso. Gli venne in mente quando, da piccoli, giocavano sempre a "cavalluccio", e al povero Bobby che rimaneva sempre offeso perché non poteva mai montare su qualcuno. Questo lo fece sentire immensamente bene, e aggiuse il ricordo alla lista delle cose da rammentare quando sarebbe giunto il momento di dire addio alla Unicorno e segregarsi in ospedale. Rabbrividì. Meglio non pensarci. - Pronta? -
- Prontissima! - esclamò lei, come se lo facessero da una vita.
Il ragazzo acquistò velocità e iniziò a correre lungo il marciapiede, facendosi largo fra donne, bambini e turisti che, irritati, ogni tanto lo sgridavano.
 
- Era tutto delizioso! -
Mark sorrise e si portò le mani dietro la nuca, poi le gettò addosso una rapida occhiatina per assicurarsi che la sua bellezza femminile rimanesse come tale, splendida e lucente. - dovremmo uscire più spesso, io e te - le disse, mentre le labbra gli si piegavano in un amorevole sorriso infatuato.
Suzette lo guardò maliziosa, le iridi grigie languide e pure come diamanti, poi annuì convinta. - Certo! Naturale. -
- Ci conto - rispose l'americano, stringendosi nelle spalle. Uscire un po' con quella ragazzetta gli stava facendo molto bene. Prima di tutto, si rilassava.
Come secondo, temendo di sbagliare, stava facendo tutto alla perfezione. E non c'era soddisfazione più grande di vedere che i suoi sforzi stavano maturando, a poco a poco. Esther aveva ragione. Immerso nei suoi pensieri, non si era accorto che Suzette aveva acceso il cellulare.
- Cosa combini? - le chiese, sollevando un sopracciglio.
- Chiamo Erik! - dichiarò lei, cercando il numero del castano nella rubrica.
Mark sgranò gli occhi, si spinse in avanti e le tolse l'iPhone dalle mani, poi chiuse la chiamata e se lo infilò rapidamente in tasca.
- Cos...! - trillò la ragazza, la bocca spalancata.
- Suzette, stai uscendo con me - la informò lui, lievemente geloso. - sai che significa? -
- Ridammi il cellulare! -
- Significa che Erik deve essere l'ultimo dei tuoi pensier...! - non riuscì a terminare l'americano che Suzette gli si era gettata addosso, e tentava in tutti i modi di recuperare il suo iPhone.
- Ridammelo! -
- No! - ribatté Mark, agguantando il cellulare e sollevandolo in aria in modo che lei, bassa com'era, non potesse raggiungerlo.
- Mark, ti prego! - esclamò Suzette, quasi ribaltando l'acqua sulla tovaglia. Il biondo la fissò torvo. - Prometto che non farò nessuna chiamata! -
- No, promettimi direttamente che terrai Erik fuori da questa giornata. Ecco. -
Suzette fece una smorfia di disappunto, e una volta che il ragazzo le ebbe riconsegnato il cellulare si sentì in dovere di scoccargli un'occhiataccia. - Perchè non vuoi che lo chiami, scusa! -
- Stai uscendo con me, tienilo fuori - replicò Mark, mantenendo un tono calmo e controllato per non farla alterare ulteriormente.
La turchese lo fissò per qualche istante, mentre sul viso di lui si andava formando un sorrisino da vero diavoletto. - Va bene, ok - disse infine, alzandosi. - dove andiamo adesso? -
- Ehi, che fretta hai... abbiamo tutta una giornata ancora... -
Suzette lo afferrò per un braccio con una potenza tale da quasi farlo cadere giù dalla sedia. - voglio uscire di fuori, dai! - esclamò, accompagnandolo alla cassa.
Mark pagò imbarazzato, poi si lasciò trascinare fuori dal ristorante. Quella ragazzetta sapeva essere molto forte, quando si trattava di sballottare uomini da una parte all'altra.
- Andiamo a passeggiare un po' al mare? - propose, lasciandogli andare finalmente il braccio.
- Tutto ciò che vuoi - le rispose semplicemente Mark, accennando un sorriso carico di amore.
Suzette lo afferrò per il lobo della maglietta e iniziò a correre verso la spiaggia, che per fortuna era poco distante da dove si trovavano. Mark si sentiva felice, così felice da poter gridarlo ai quattro venti. Non vedeva l'ora di ritornare da Esther e raccontarle tutto. E magari qualcosa avrebbe detto anche a Dylan, così magari qualche buon insegnamento su come fare colpo lo avrebbe ricevuto anche da lui, che di certo ne sapeva quanto un'enciclopedia.
Solo quando le sue Vans a scacchi affondarono sulla sabbia si rese conto di essere arrivato in spiaggia. Suzette gli lasciò andare la maglietta, poi respirò a pieni polmoni, concedendosi anche il piacere di uno stiracchio. - Finalmente... -
- Già... - Mark la fissò qualche istante, incantato, poi si accomodò su un muretto poco distante per rilassare le gambe. - Non ti ho chiesto... - iniziò, posandosi ambe le mani sulle ginocchia. - l'altro ieri ti sei divertita? -
- Certo! - esclamò Suzette, fissando in lontananza le onde del mare infrangersi sulla riva come attirate dal centro della terra. - E' stato fantastico! Specialmente quando sono esplosi i fuochi d'artificio! Uno spettacolo stupendo! Tu? -
- Naturally - rispose l'americano, ripensando a quando aveva regalato i pattini a Esther. Le sue gote si tinsero di un debole color fragola, mentre le mani si andavano a incastrare fra qualche ciuffo di capelli per scacciare l'imbarazzo. Forse era stato fin troppo romantico, con lei. Però che ci poteva fare, quando si trovava davanti ad una donna fare il galante gli veniva quasi automatico, e senza che riuscisse a controllarsi subito le rivolgeva un delizioso inchino, accompagnato anche da un meraviglioso baciamano e qualche sguardo ammiccante. Meglio se ci dava un taglio, o avrebbe finito per ritrovarsi, a soli quattordici anni, con la mente di un trentottenne. A interrompere il flusso dei suoi pensieri fu della sabbia in volto, che arrivò rapida e improvvisa. Quando se la scrollò di dosso i suoi occhi lampeggianti si posarono immediatamente su quelli di Suzette, che senza badarci troppo gli lanciò un altro po' di granelli addosso.
Mark storse le labbra e scese dal muretto con un balzo, atterrando pesantemente a terra. - Oh, piccola cucciola... - mormorò, allungando una mano verso la sabbia. - non dovevi farlo! -
L'azzurra tentò di ridere, ma non appena aprì bocca una polvere beije le si spianò in viso, inondandole viso e capelli.
- Maledetto infame! - esclamò, scuotendosi la lungha chioma celeste.
L'americano assunse l'aria più bastarda e infame del mondo, corrucciando le labbra come solo lui sapeva fare. - Ahah, ride bene chi ride ultimo, stella. -
- Ma... argh! - Suzette afferrò un altro cumulo di sabbia, scagliandoglielo addosso con una rabbia che non sapeva di avere, ma lui riuscì ad evitarlo semplicemente spostandosi più a destra, agile come un gatto sul ciglio di un burrone.
E sorrise ancora, più intensamente, facendole accapponare la pelle di un piacere mai provato, piacere che nemmeno Erik, nonostante fosse un bel ragazzo, era mai riuscito a farle sentire così tanto.
Così, infastidita da quel sorrisino tanto bello quanto letale, diede il via libera a una tremenda battaglia all'ultimo granello di sabbia, cercando di farglielo sparire dalla faccia.
 
Silvia scese dalle spalle tremanti di Erik, imbarazzata, poi si tolse i sandali e cominciò a passeggiare lenta sulla passerella, permettendogli di riaquistare tutto il fiato che aveva sprecato nel portarla a cavalluccio fino alla spiaggia.
Perché sì, era quello il magico posto in cui lui aveva desiderato recarsi. Una normalissima spiaggia, qualche ombrellone sparso qua e là, mare limpido e splendente come gli occhi di Kruger.
Si chiese il motivo di tale luogo. Ma forse, nemmeno c'era.
- Silvia, sto morendo... -
La ragazza, sentendosi chiamata dal nulla, si voltò all'improvviso verso Erik, ritrovandoselo stremato e grondante di sudore. - Ehi! Tutto bene?! - gemette, posandogli una mano sul petto per aiutarlo a rimettersi dritto. Certo, comprensibile che dopo aver percorso tutto quel tratto a piedi si era stanchi, ma Erik non aveva una bella cera. Sudava troppo, ed era diventato pallido, un viso sbiancato con un paio di occhi spenti incastonati poco più su del naso.
Lo fece sedere sul limite della passerella, poi lo aiutò a calmarsi. - Erik, respira... -
- Scusa, è che... -
- Non parlare, respira e basta. -
L'americano fece come richiesto, lasciandosi andare alle carezze premurose dell'amica. Dannazione, che figuraccia. Si era ripetuto mille volte di non cedere così davanti a lei, invece la prima cosa che aveva fatto era stata crollare come un debole. - Silvia, mi dispiace tanto... scusa... a quanto pare non sono più forte come una volta... -
- Forse è stato l'ultimo intervento, Erik... - gli sussurrò lei, dandogli un'amichevole pacca sulla schiena.
Il ragazzo si rabbuiò, ripensando al FFI, a tutte le implicazioni che gli erano capitate durante quei bellissimi momenti e a quanto rancore aveva portato a Mark e gli altri. E tutto ciò sarebbe accaduto di nuovo, cavoli, perché stava male, inutile negarlo a se stesso.
Reclinò il capo all'indietro, lasciandosi baciare il collo dai raggi solari. - Silvia... - disse, poi prese fiato, deglutì e si asciugò il sudore che gli imperlava la fronte, constatando con malcelato orrore che mai aveva sudato così tanto in vita sua. No. Non stava affatto bene. Doveva avere un aspetto a dir poco vomitevole. - Dobbiamo parlare. -
- Sì... - mormorò lei, cominciando a preoccuparsi seriamente.
- Okay... ecco, Silvia... io... non so... devo dirti una cosa importantissima... -
- Dimmi... dimmi, Erik. Di che si tratta? - chiese, stringendo con dolcezza le mani dell'amico. Non sapeva cosa provare, cosa sentire, era in ansia, e tutto quel tentennare le stava ingarbugliando lo stomaco in una morsa di nervoso. Le venne voglia di abbracciarlo, di carezzarlo, di aiutarlo ancora a ristabilirsi dalla corsa, ma non fece nulla di tutto ciò, preferendo non stressarlo inutilmente.
E attese in una qualche parola, il cuore in gola.
- Promettimi che non ti preoccuperai di ciò che fra poco ti dirò - annunciò Erik, concentrandosi nel profondo dei suoi occhi color bosco, femminili e scuri come due pozzi senza fine. Chissà se li avrebbe ancora rivisti. Di certo gli sarebbero mancati, anzi, lei tutta gli sarebbe mancata, i suoi sorrisi allegri, la sua voce dolce, quel suo fare innocente e maturo al contempo che tanto lo interessava, tanto lo attraeva.
Nemmeno Suzette, per quanto bella, poteva competere contro di lei. Suzette... tutto fumo e niente arrosto.
- Erik... non... -
- E promettimi che non ne farai voce con nessuno - si avvicinò al suo viso, serio. - con. Nessuno. Nemmeno con Mark. -
La ragazza esitò, indecisa, ma alla fine annuì. Come non mantere una sua promessa, del resto, come. Lei che per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, persino farsi investire.
Erik si prese del tempo per pensare, per trovare le parole giuste.
- Silvia... sono... -
"Concentrati Erik."
- Sono... non sto molto bene. Soffro. -
"Vai così, dai. Ti sta guardando curiosa, è stordita, spiegale, baciala e metti fine a questo dilemma."
- Silvia... -
- Erik, per favore, dimmi quello che senti... c'è qualcosa che non va? -
- Sto cercando di... di dirtelo, io...! Silvia... - il castano si addentò il labbro inferiore, quindi, in un gesto poco prudente, le avvinghiò malamente le spalle, arrivando a sfiorarle la bocca col naso. - Silvia, cazzo, ti amo. -
"Oh, lasciatelo dire e poche storie: Eagle, sei un gran coglione. Un grandissimo coglione."
Silvia rimase spiazzata dalla dichiarazione.
Completamente.
Rimase il silenzio, incapace di replicare, sentendo che quello era il modo migliore per evitare casini.
Erik, il suo migliore amico. Che l'amava.
Assurdo, folle. Non poteva essere.
Troppo splendido per darlo come vero. Si aggiustò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, imbarazzata, e per un po' non osò guardarlo negli occhi, dandosi mentalmente della sciocca. Poi, preso un po' di coraggio, parlò. - Erik, tu... -
- Sì, Silvia, ti amo. Ti amo da una vita. Può sembrare stupido, forse ti ho messo un po' troppa agitazione, ma... - Erik si fermò, pensando che continuare sarebbe stata una pessima idea. Che altro doveva dire? Il vero motivo per cui l'aveva invitata ad uscire non era stato in grado di confidarglielo, come un codardo. Al contrario, si era comportato in modo troppo precipitoso, dichiarandosi nel peggiore nei modi, sapendo che nonostante l'amore che provava per lei sotto c'era dell'altro più importante.
La sua salute. La sua vita.
Adesso era meglio se rimaneva zitto.
Zitto e basta. Di parole ne aveva già usate anche troppe, e male.
Fra i due calò un triste silenzio carico di tensione, e per attimi che furono interminabili nessuno dei due osò accennare a fare qualcosa per salvarsi da quella situazione più che imbarazzante.
Poi, sul punto di esplodere, Silvia prese coraggio e lo baciò sulle labbra, in un gesto quasi disperato.
Non sapeva spiegarsi il motivo per cui aveva sentito il bisogno di farlo, lei che di solito inoltre eventi del genere li aveva sempre evitati, in un modo o nell'altro. Semplicemente, era amore ricambiato. Il resto era venuto da sé, si era lasciata guidare dal cuore e aveva sentito di necessitare della sua bocca.
Non durò molto, ma nemmeno durò poco, e quando interruppero il bacio...
 
- Mark! -
L'americano si fermò, ansante, poi squadrò Suzette con aria distrutta, come se da un momento all'altro sarebbe crollato di stanchezza. - Cosa c'è? -
- Quello è Erik, o sbaglio? - domandò lei, sollevandosi sulle punte con aria curiosa.
Mark sbiancò in volto, smettendo all'improvviso di ansimare. Erik lì, dannazione, nello stesso, medesimo luogo che aveva scelto Suzette. Con Silvia. Molto vicini, troppo.
Assurdo.
In un altro momento sarebbe stato orgoglioso di quei due, visto che dalle facce sembravano essersi scambiati un bel bacio da film, ma adesso non era il caso: i signorini sembravano intenzionati a darsene molti altri, e Suzette non doveva guardare.
O avrebbe fucilato loro, lui e, già che c'era, tutti gli altri lì presenti, tanto per spargere un altro po' di sangue innocente.
- Suzette! Sì, è Erik. -
- E' troppo vicino alla troia, per i miei gusti - borbottò Suzette, stringendo i pugni fino a sbiancarsi le nocche.
- Dai, sii cauta. Evidentemente devono parlare di qualcosa di importante. -
- Ma mi prendi in giro Mark?! Credi che non sappia riconoscere due persone quando...! -
- No, non si stanno per baciare, sciocca! - Mark la afferrò per un polso e la fece voltare bruscamente verso di lui, facendo in modo che non guardasse la scena. L'ultima cosa che voleva fare era cacciare Erik nei guai, uno dei suoi amici più grandi. Non gli andava di metterlo a rischio. Dovevano andarsene da lì. - Suzette, devi sempre pensare male - le disse, trascinandola via.
- Allora dai, dimmi cosa...! -
- Non lo so, Suzette, ahah! Non ti sei accorta che Erik già da prima doveva dirle qualcosa di importante? Starà parlando sottovoce, di orecchi indiscreti ce ne stanno fin troppi, qui. -
- E allora? - Suzette affondò i piedi nella sabbia, irrigendosi di tutto punto. Forse Mark aveva ragione, in fondo quei due erano amici, e le era già capitato più volte di vederli parlare fra di loro con così tanta riservatezza. Ma voleva lo stesso sapere.
Erik rimaneva comunque il suo ragazzo, anche se, indecisa com'era fra lui e quel magnifico biondo impegnato a trascinarla via da lì, ormai cominciava ad avere qualche dubbio al riguardo. - Non mi interessa niente dei loro problemi, voglio sapere cosa si dicono! -
- Suzette, sono fatti loro! -
- Non mi interessa! -
La ragazza fece per voltare il capo, iper curiosa, ma Mark riuscì a bloccarla ancora, per fortuna, e questa volta definitivamente.
In un modo che però avrebbe preferito evitare.
La tirò verso di sé, afferrandole il viso con ambe le mani, quindi la baciò, concentrando tutto se stesso in quel gesto folle ma necessario.
Il problema era che lui, per quanto bello agli occhi delle ragazze, a baciare non era mai stato granché, perché diventava nervoso.
No, in quello era più esperto Dylan.
Ma ben presto i problemi gli svanirono dalla mente, dileguandosi come vento, perché Suzette, che nel frattempo si era completamente abbracciata a lui, sembrava averci preso la mano, e nel giro di breve si ritrovarono persi l'uno nella bocca dell'altro, immobili come statue, gli occhi serrati per godere fino all'ultimo di quell'unione tanto inaspettata quanto dolce.
Fu lo stesso Mark a interrompere, prima che Suzette arrivasse a spingersi troppo in là. Perché sì, aveva dodici anni, ma dal momento in cui avevano scontrato le labbra forse si era via via andata a dimenticare la sua età.
Rigettò una rapida occhiata alla passerella, poi tirò un bel sospiro di sollievo. Erik non c'era più, e nemmeno Silvia. Dovevano essere ritornati indietro.
- Mark... -
- Scusami, non avrei dovuto agire così. Hai tutto il diritto di picchiarmi. -
Suzette si sfiorò le labbra con due dita, rossissima in viso, quindi prese il giusto slancio e gli saltò al collo, ridendo come una pazza. - Oh, Mark! Ti amo, ti amo, ti amo! Ti amo! -
Mark rise pure lui, lasciandosi stritolare, e si sentì lo stupido più felice del mondo. Lei lo amava, lui di lei era innamorato pazzo. Non poteva esistere cosa più bella. A fatica riuscì ad avere di nuovo le sue attenzioni, lottando contro tutto se stesso per non divorarle quel suo bel visino a furia di baci. - Allora, se mi ami e ti piacciono così tanto le mie labbra... - s'inchinò e le fece il baciamano, divertito nel sentirla fremere d'eccitazione. - Vuoi essere la mia ragazza...? - le chiese poi, smuovendo il Pomo d'Adamo appena sporgente dalla gioia, gli occhi brillanti e il sorriso insicuro.
- Ah, oddio sìììììììì, sìììì, sììììì! Certo che voglio essere la tua ragazza, Mark! - strillò Suzette, buttandolo a terra con un mega abbraccio carico di affetto. Che domande, quale ragazza al mondo, dopo averlo assaggiato almeno un po', si sarebbe sognata di rifiutarlo come fidanzato.
Nessuna.
E lei in primis, lei che per lui provava più di semplice amicizia, e che con un bacio aveva saputo farle dileguare tutte le sue indecisioni.
Ritornati in sede avrebbe lasciato Erik, quell'ammasso di noia. Adesso, il suo obbiettivo era concentrarsi solo su Mark.
O meglio... sul suo, Mark.
Suo, suo, suo e solo suo.



 
Angolo Autric
oddio, vogliate scusarmi.
Sono sinceramente, tremendamente dispiaciuta per questo mio terribile ritardo, è... è inaccettabile, davvero. Chiedo perdono a tutte le persone che seguivano la fic, e che aspettavano questo capitolo da trentamila secoli: non vi preoccupate, la storia andrà avanti, ve lo prometto, non farò più un ritardo del genere. *s'inchina*
Certo, dei rilenti ci potranno ancora stare, ma davvero, adesso mi considero un mostro (?).
Sarà passato... UN ANNO. Un anno dalla pubblicazione di questa fic, un anno e sette mesi. E ancora non l'ho finita.
Chi mi conosce bene sa un po' i motivi di questo mio ritardo, però, siccome sono stata ingiusta, adesso mi sembra giusto dirveli: quest'anno mi sono capitate diverse cose, e purtroppo non sono nemmeno stata molto presente su EFP.
In primis, avevo scartato un po' la storia, perché non avevo voglia di riprenderla. E già per questo andrei bruciata viva, perché io amo Mark, l'ho... abbandonato T.T.
Come secondo, ho avuto dei problemi con una persona, anzi, 2, e quindi di conseguenza mi ero un po' demotivata. Infatti, se avete notato, ho ripreso il mio ritmo solo quest'estate :D! Weeeee. *spettacolo pirotecnico*
Eeeeee niente, il resto è la solita zuppa: compiti, scuola, impegni...
giuro solennemente che troverò uno spazio da dedicare a questa fic. Davvero, lo giuro.
Però vi avverto subito: il mio stile di scrittura è cambiato molto dall'ultima pubblicazione (non questa, quella precedente). Non vi spaventate se è migliorato di brutto (non lo dico per vantarmi, dico solo che non scrivo male come prima, ecco. (?)).
Ah, poi un'altra cosa: ho guardato tutti i capitoli precedenti, ve lo giuro, e li ho anche sistemati tutti, cavando molto di quel terribile fluff che andava a storpiare il mio Kruger (sì, me ne sono accorta da sola, sì. Non dite niente, è stato... doloroso. (?)).
Adesso so come funziona l'amicizia fra un maschio e una ragazza, anzi, l'ho proprio testata a pelle, quindi, IN TEORIIIIIIA, dovrei moderarmi abbastanza con lo zucchero, mi riferisco a Mark e Esther. *si sistema gli occhiali*
Riassumendo, riprenderò a dedicarmi a questa fic! Sperando di arrivare a concluderla, ma non dovremmo essere lontani. Insomma, finito Luglio viene Agosto, e finito Agosto viene Settembre.
Poi basta. Altri due mesi, Lila, dai. *si sgranchisce le ossa e fa un po' di jogging sul posto*
A parte questa pappardella noiosa, come vi è sembrato il capitolo, a grandi linee? La prima parte l'avevo scritta cento anni fa, sì, invece la fine solo adesso. Spero non si noti il cambiamento, ditemi, per favore.
Comunque... per le coppie ci siamo: Suzette finalmente sta col mio bel biondo americano, abituatevi a questo abbinamento che ne vedremo delle belle. *sfrega manine*
E nada, fuori praticamente restano Michael e Dell, Dylan e Daisy e Hellen e Bobby.
Proverò a occuparmi anche di loro, considerando anche che adesso Silvia se ne va, e quindi Erik (e Esther, ma vbb) resta solo come un cane.
Una coppia in meno, EVVAI! *si scatena*
No, adesso basta, me fuggo (?).
Se avete voglia di recensire fatelo, mi farebbe molto piacere.
E per favore, picchiatemi (???).
Alla prossima ^^!
Lilaccccchan
 
PS: un particolare grazie alla mia bella Titu che è arrivata con un gigantesco "CONTINUA QUESTA FIC" che mi ha fatta cadere dalla sedia :''D! AHAH, LA MIA AMORA <3. Non mi sarei presa la briga di continuare, se non fosse stato per lei ^^.
   
 
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