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Autore: Atra    08/08/2015    3 recensioni
Un viaggio a piccole tappe nell'infanzia e nell'adolescenza di Seifer
Almasy e di sua sorella, Atra Almasy.
Sarà una lettura alla scoperta di un rapporto del tutto
particolare, che potrebbe addirittura stupirvi.
Ogni ricordo è scolpito integralmente nella mente di Atra,
che racconta disegnando i contorni di un Seifer totalmente diverso da
quello che siamo abituati a conoscere.
Buona lettura!
N.B. Il "What if?" della presenza di Atra è riferito alla
mia fanfiction a capitoli, "Il legame del sangue". 
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fujin, Nuovo Personaggio, Raijin, Seifer Almasy
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami'
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#3. Paradiso


Riassuntino: Dopo aver sostenuto il primo esame pratico da SeeD, andato evidentemente male, Seifer litiga pesantemente con Atra e la lascia sola a Balamb senza risolvere la cosa.

Dopo aver riflettuto molto e dolorosamente, Atra è intenzionata a tornare al Garden e sistemare le cose con il fratello. Tuttavia incontra Fujin e Raijin che le riferiscono che Seifer non vuole ancora vederla e Atra si rassegna a passare una notte in compagnia di tutti i suoi sbagli e rimpianti.


La notte era più silenziosa del solito. L'avevo constatato mentre osservavo le due di notte scattare sull'orologio della sveglia, le cifre rosse che proiettavano il loro riflesso sanguigno sul comodino.
Quel silenzio aveva iniziato a farmi fischiare le orecchie, mentre mi tiravo su dal letto per l'ennesima volta e guardavo fuori dalla stretta finestra.
La pallida luce della luna e delle illuminazioni esterne al Garden si proiettavano sul lenzuolo bianco dalla mia vita in giù, mentre il mio busto era completamente immerso nell'ombra.
Avevo scalciato il lenzuolo in fondo al letto con un fruscio, rimanendo solo in canottiera e pantaloncini. Nell'altra camera, separata dalla mia solo dal corridoio che condividevano, sentivo Fujin respirare lievemente, mentre dentro di me si agitava una tempesta silenziosa di emozioni.
Rimpianto. Rimorso. Disperazione.
Dolore.
Mi ero accorta che il mio respiro si era fatto più veloce, mentre mi raggomitolavo sul letto tremando, non di freddo.
Come sarebbe stato il giorno dopo? Seifer mi avrebbe parlato o avrebbe continuato a evitarmi? E per quanto tempo...
-Atra-.
La mia testa era scattata verso la porta, dove in quel momento una figura ancora più nera si stagliava contro il vano scuro.
-Seifer-.
Mio fratello aveva una mano appoggiata allo stipite sinistro della porta e sentivo il suo sguardo sfiorarmi la pelle.
Mi ero messa seduta sul letto, le gambe penzoloni dal lato sinistro. In quel momento il mio cuore si era messo a battere all'impazzata, forse perché d'un tratto si era fatto più leggero.
Il silenzio assoluto della stanza si era ridotto a un lieve rumore di sottofondo, dissipato  e scostato come una nebbia leggera dal rumore distinto dei nostri respiri affannosi, dovuti al nervosismo e alla paura di sbagliare di nuovo.
Ma no: era impossibile litigare al buio perché era davvero troppo rischioso.
Certi scontri implicavano il contatto visivo, per potersi imprimere nella mente il volto dell'altro, mentre le parole che volavano come frecce lo colpivano e lo segnavano. Serviva per pentirsene. Serviva per stordire l'orgoglio, per inebriarlo di lacrime.
Quella notte non so proprio dove avessi lasciato l'orgoglio. Credo che fosse rimasto sul cuscino bagnato di lacrime, mentre io ero seduta sul letto e sfioravo il pavimento con la punta delle dita dei piedi.
Cosa avrei dovuto dire? Come l'avrei dovuto dire?
Era davvero così difficile dire una parola così stupida? Se il mio orgoglio era davvero rimasto sul cuscino...il mio. Ma quello di Seifer?
Beh, ovunque fosse non era di certo lì con lui. Mio fratello era venuto da me di sua spontanea volontà, andando forse addirittura contro la sua stessa natura.
Un rumore di passi mi aveva distratto dalle mille domande che mi stavano passando davanti agli occhi. Avevo risollevato lo sguardo e avevo trovato Seifer in piedi accanto a me. Non indossava il cappotto e sopra i pantaloni aveva la felpa blu con la croce bianca cucita sopra, le maniche arrotolate fin appena sotto la spalla. Aveva le mani lungo i fianchi, le dita che si contraevano secondo uno strano e insolito tic.
Avevo sollevato il viso per cercare di guardarlo, ma la luce della luna non arrivava al di sopra del suo petto. Allora avevo riportato le gambe sul letto abbracciandomi le ginocchia, per farlo sedere, sempre in silenzio.
Un fruscio e lui si era seduto di fronte a me a gambe incrociate, gli stivali che erano rimasti ai piedi del letto.
Avevo appoggiato il mento sulle gambe piegate mentre osservavo il suo viso scolpito nella penombra e nella luce proveniente dalla finestra; un ciuffo di capelli biondi appena più lunghi danzava al movimento nervoso del suo collo. Gli zigomi appuntiti proiettavano la loro ombra sulle guance, incredibilmente e inumanamente bianche alla luce della luna. Le sue sopracciglia arcuate e sottili si erano aggrottate improvvisamente, forse per reagire al corruccio evidente su quelle labbra strette, mordicchiate piano dai denti.
Mi ero morsa l'interno della guancia, continuando a guardarlo e reprimendo l'istinto di passargli una mano sui capelli per sistemarglieli.
Seifer si era grattato la nuca, prima di posare il suo sguardo su di me socchiudendo le labbra, come se questo avesse potuto aiutarlo a trovare le parole che mancavano anche a me.
A dire il vero, era una parola sola.
Era il coraggio di pronunciarla, spezzando quel silenzio così perfetto e quieto, che ci mancava, anche senza tutto il nostro orgoglio.
Ero rimasta ad ascoltare il mio cuore che tamburellava insistente nel mio petto, prima di cogliere il movimento lento e distratto della mano di Seifer, mossa in avanti a cercare la mia. Mi era sfuggito un sospiro di sollievo mentre intrecciavo le sue dita con le mie e risollevavo lo sguardo per scrutare la sua reazione.
A quel punto, il ghiaccio che sentivo sulla lingua si era sciolto senza il bisogno di altre parole sferzanti come sabbia o ardenti come sale sulle ferite:
-Scusa-.
A quanto pare, si era sciolto anche il suo ghiaccio: l'avevamo detto insieme.
Seifer aveva soffiato una risata silenziosa, scuotendo lentamente la testa, mentre io mi ero morsa un labbro per contenere un sorriso spontaneo. In quel momento le mie dita avevano preso a tremare da sole fra quelle di mio fratello, che aveva rafforzato la stretta e mi aveva lanciato uno sguardo preoccupato:
-Stai bene?-.
Avevo annuito subito, sorpresa dalla mia reazione stessa:
-Ora sì-.
Seifer aveva sorriso dolcemente, passandomi il pollice sul dorso della mano per tranquillizzarmi.
-Sai che non riesco a essere arrabbiato con te per troppo tempo- mi aveva rimproverato scherzosamente, inclinando il viso per scrutare il mio.
Avevo chinato lo sguardo sulle pieghe del lenzuolo:
-Questa volta avresti avuto le tue ragioni- avevo mormorato, mentre mi sfuggiva l'ennesimo sospiro sconsolato. Uno scatto aveva mosso l'angolo sinistro delle sue labbra, mentre l'altra sua mano si allungava a sfiorarmi il mento, prima che la sua voce risuonasse nuovamente, grave e amara:
-Non hai più colpe di me, Atra-.
Invece sì - volevo rispondergli - Sono un peso per te, ma tu non hai il coraggio di dirmelo.
-Non volevo...- avevo cominciato invece, trovando subito le sue parole secche e la sua espressione turbata:
-Nemmeno io - mi aveva interrotto Seifer, raddolcendo poi il tono - Nessuno dei due voleva. Basta questo, no?-.
Avevo annuito lentamente, nascondendo la lacrima che mi stava scorrendo sulla guancia, rivolgendo il viso al buio.
In quel momento Seifer, con un sospiro profondo, mi aveva afferrato il mento, asciugando la lacrima con il pollice:
-Dannazione, non mi perdonerò mai per averti fatto così male- aveva sussurrato chinando la voce, che si era fatta più roca. Avevo scosso piano la testa, non riuscendo a impedirmi di piangere silenziosamente:
-Sto bene- mi ero difesa, iniziando a sentire montare la rabbia verso me stessa. Non sapevo far altro che piangere quella notte?!
-E piantala, una buona volta - aveva detto lui con uno sbuffo, prima di riprendere - Non so ancora come ho avuto il coraggio di parlarti così. Ho passato ore a cercare le parole per scusarmi, ma non sono mai abbastanza-. La calma tormentata con cui mi aveva detto queste parole mi avevano lasciata senza fiato, mentre l'ultima lacrima scivolava sotto le dita di Seifer.
-Basta pensarci - mi ero ritrovata a dire, sebbene in quel momento stesso le cattiverie dette da Seifer mi stessero echeggiando in tutte le stanze del cuore - Dopotutto, non sei tu ad avermi dato uno schiaffo in piena faccia...a proposito, ti fa ancora male?- gli avevo chiesto alla fine, sollevando una mano per accarezzargli la guancia che, alla luce della luna, era completamente pallida, come una distesa di ghiaccio senza crepe.
Invece in quel momento Seifer aveva sorriso:
-Beh, devo dire che hai colpito nel punto giusto...ma dall'arciera che sei mi sarei stupito se avessi sbagliato mira! Però lo sai che tuo fratello è una roccia!- aveva scherzato, alleggerendo l'atmosfera e alleviando il peso dei pensieri dal mio cuore, facendomeli dimenticare per qualche minuto.
-Ah, è per quello che mi sono fatta male- avevo borbottato. Seifer mi aveva subito preso la mano preoccupato e io avevo sussultato, mordendomi le labbra. Dannazione, la corda del mio arco doveva essere stata ben tesa...
-Cosa hai fatto qui?- mi aveva chiesto lui, sollevando il mio palmo alla luce della luna e rivelando il solco più scuro che lo attraversava.
-Credo che sia stata una punizione per la mano che ti ha colpito- avevo risposto vagamente, osservandolo scuotere la testa sconsolato:
-E io ti ho anche respinta attraverso Raijin e Fujin, che pezzo d'idiota che sono. A proposito...- aveva sospirato, ma io mi ero affrettata a interromperlo:
-Avrai avuto i tuoi buoni motivi, Seifer-. Lui aveva avuto uno scatto del collo e io mi ero affrettata a tacere, mentre diceva seccamente:
-No, adesso ascoltami - e poi, mentre sul viso gli si dipingeva un'espressione pentita - E' stato perché non volevo peggiorare la situazione. Avrei potuto dirti altre cattiverie, ne sarei stato assolutamente capace-.
Aveva fatto bene, allora. Aveva pensato a non farmi ancora più male anche nel momento in cui forse ne avrebbe avuto più voglia in assoluto.
Non potevo biasimarlo, davvero. Non era stato un codardo. Non lo era mai stato.
-Davvero, Seifer hai...- avevo tentato, ma lui aveva posato l'indice sulla mia bocca, un'espressione esasperata sul volto:
-Cosa devo fare per farti tacere, Atra? E dire che sono io quello che parla troppo a volte...- aveva sospirato, prima di sorridere quando io gli avevo restituito uno sguardo birichino - Comunque, voglio solo dirti che ho trascorso tutto questo tempo da solo anche io. Sono andato a farmi un giro a Balamb per pensare a cosa dirti...non sapevo se parlarti direttamente stanotte o domani mattina presto. Non riuscivo più a stare con il tormento di averti ferita così- a quelle parole mi ero avvicinata a lui, posandogli la testa sul petto. Lui mi aveva accarezzato i capelli, posando il mento sulla mia testa e poi aveva continuato:
-...fino a quando non sono arrivato al porto. Lì c'erano le solite bancarelle notturne dei vagabondi. Stavano smontando quando sono arrivato io, ma mi sono ritrovato a dargli un'occhiata. Fra le mille cianfrusaglie ho trovato qualcosa che aveva attirato la mia attenzione e ho chiesto al tipo se poteva incidergli sopra qualcosa. Guarda un po'-.
Mi ero staccata da Seifer per osservare qualcosa brillare al suo collo. Che strano, non me n'ero accorta fino a quel momento!
Era una catenella argentata con al centro una targa orizzontale e rettangolare, gli angoli ricurvi e leggermente concava.
Seifer si era spostato alla luce per farmi vedere la scritta, leggera e quasi invisibile.
A. A. 22/09
-A. A. sta per "Atra Almasy", ovviamente. Ho pensato che...- aveva cominciato Seifer, ma io l'avevo interrotto abbracciandolo con una risata silenziosa per soffocare la commozione e...sì, ero anche un po' scocciata.
Insomma, come potevo essere arrabbiata con lui, se poi mi faceva quelle cose?
Seifer aveva riso, accarezzandomi la schiena:
-L'ho tenuto nascosto sotto la felpa per fartelo vedere al momento giusto - mi aveva spiegato con voce soddisfatta, mentre le sue mani improvvisamente fredde risalivano fino alla mia nuca - Comunque non ho finito. Mentre il tipo incideva le tue iniziali sul mio ciondolo ne ho notato uno uguale. E così...-.
Avevo sentito qualcosa di freddo cadermi sul torace, mentre le mani leggere di Seifer mi allontanavano gentilmente da lui prendendomi per le spalle. Avevo abbassato lo sguardo sul mio petto per vedere la stessa sua targhetta al mio collo. L'avevo presa fra pollice e indice, sentendone il contatto gelido sulla pelle e girandola alla luce per scoprire cosa c'era scritto, anche se potevo già capirlo.
S. A. 22/12
-Non sono il tipo sdolcinato, quindi approfittane finché ce n'è, perché non ho intenzione di litigare di nuovo per fare queste follie!- si era accigliato Seifer, mentre io mi portavo una mano alla bocca per nascondere il tremito delle labbra e rivolgergli uno sguardo riconoscente.
Doveva credermi, ero più stupita io di lui.
-Non significa niente in particolare, a parte strapparti un sorriso, razza di musona- mi aveva apostrofato Seifer per distendere l'atmosfera, che si era fatta esageratamente sentimentale.
Gli avevo lanciato uno sguardo esasperato:
-Oh senti, avrò preso da qualcuno - lo avevo rimbrottato, lasciando andare la parte più fragile di me e ritornando la solita, ostile Atra.
No, non avevo potuto dimenticare la sgradevole sensazione di essere il punto debole di Seifer e un peso per lui...ma avevo capito che, qualunque fosse la verità, a mio fratello andava bene così.
Alla fine, una vita si costruisce prendendo strade ben precise, senza chiedersi come sarebbe stato se ne avessimo presa una differente.
Non avrei rinnegato più niente. Giusto per non essere masochista, insomma.
-Allora pace, sorellina?- mi aveva chiesto improvvisamente Seifer, stranamente ansioso ma sicuro al tempo stesso. Lo avevo squadrato seria per un bel pezzo, osservando tutta la sua decisione scemare dal viso, prima di scoppiare a ridere:
-E pace sia, Seifer-.






Ed ecco che i nostri due Almasy hanno finalmente fatto pace e il nostro ricordo si conclude qui!
Chiedo subito scusa se il personaggio di Seifer sfocia un po' nell'OOC, però forse ancora più che nel capitolo "Aspettative" de "Il legame del sangue" ,qui si realizza il vero "What if?" della fanfiction.
I due fratelli sono sempre gli stessi quando sono con altra gente, ma quando sono solo loro due si rivelano anche loro bisognosi l'uno dell'altra...soprattutto dopo tutto quello che è successo nei capitoli precedenti.
Nel videogioco, Seifer ha davvero una targhetta così come l'ho descritta e mi piaceva l'idea che in un oggetto così semplice si racchiudesse l'essenza delle parole dette quella sera e poi mai più ribadite, come se fossero diventate una verità ormai risaputa. Seifer porterà sempre con sé le iniziali della sorella per non dimenticarsi mai delle sue origini; Atra porterà sempre con sé le iniziali del fratello per non sentirsi sola e quindi per non essere più un peso per il fratello.
Io spero che questi tre ricordi vi siano piaciuti e vi abbiano fatto scoprire chiaramente alcuni lati della personalità dei nostri due protagnisti...con questo ricordo credo che si possa iniziare ad avere una bella panoramica di coloro con cui abbiamo a che fare!
Io vi do appuntamento al prossimo ricordo e ringrazio tutti i meravigliosi lettori che seguono le vicende di Atra e Seifer! Vi invito a scrivermi per qualsiasi chiarimento o critica, perché si può sempre migliorare!
Ciao!
   
 
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