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Autore: Watashiwa    09/08/2015    2 recensioni
Raccolta sui personaggi di Naruto, a che fare con le loro emozioni più intime o più esplicite, a seconda delle situazioni che si troveranno ad affrontare e a vivere senza riserve.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più contesti
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Here
 
Anche quella mattina arrivò più presto di quanto si potesse immaginare.
Gli occhi verdi e malinconici di Temari si aprirono esattamente due minuti prima che il suono acuto della sveglia potesse farla innervosire di prima mattina e di questo, nonostante tutto, ne fu sollevata.
Tutte le mattine erano diventate meccaniche e prive di ogni colore da quando la sua abitazione non era più visitata da anima viva; specie dai suoi fratelli, linfa di coraggio e d’ispirazione per la sua esistenza, seppur non l’avrebbe mai esplicitamente ammesso al di fuori della sua testa.
Le sette e mezza e lei era già fuori casa, preparata ad affrontare il suo giorno libero esattamente in quel modo da lei prefissato, pur di crollare la sera con l’amaro in bocca e con il nervoso a fior di pelle.
La sua città natale, nella quale compiva i suoi passi silenti e cauti, era cambiata molto rispetto a quando era solo una bambina un po’ riluttante e scontrosa, come spesso diceva la sua maestra di scuola.
Ora si ergevano grattacieli, strutture più ampie e case più imponenti, facendo sentire Temari quasi come una sorta di puntino in un luogo che non le apparteneva più nel cuore, che non riconosceva più come quello placido e tranquillo dove lei e i suoi fratelli giocavano, si divertivano, conoscevano sempre più e respiravano quell’aria pura, innocente e salubre al tempo stesso.
Il suo portamento non era docile ed intimidito, ma da quando era rimasta realmente sola con se stessa aveva imparato a non perdersi troppo nello sguardo di nessuno, neppure quello degli sconosciuti in difficoltà.
Il suo sguardo era fermo e determinato verso le mete quotidiane da portare a compimento, senza che il mondo esterno potesse farle degli screzi o rivolgerle finti moralismi che mai aveva potuto digerire, complice la testardaggine che caratterizzava la sua personalità.
Quello che contava realmente per lei da due anni a quella parte è che i pezzi del suo cuore frantumato non si sperperassero altrove e lontano dalla sua testa in subbuglio, che avrebbe penato la perdita di quel poco di lucidità rimastale di fronte alle difficoltà.
Dopo aver proceduto piuttosto spedita, arrivò verso una struttura immensa che non aveva niente da invidiare ad altri progetti architettonici cittadini per l’ampiezza, ma che si distingueva da qualsiasi altro edificio per quello che custodiva al suo interno.
La bionda esalò un respiro coraggioso e poi varcò silenziosamente la porta d’ingresso, trovando la quasi monotona baraonda di sempre, tra dottori che facevano un andirivieni continuo da un corridoio all’altro, con facce assenti di persone in attesa di una chiamata, di attendere il loro turno, sfiduciate e vuote nell’animo, un po’ quasi quanto lei.
Invece di dirigersi verso alcune sedie libere, Temari preferì dirigersi verso la sala delle macchinette per rilassarsi prima che la dottoressa la cercasse quasi disperatamente per ribadirle che doveva fare presto e le era possibile andare nella stanza per vedere quella persona, eccezionalmente e a grande richiesta dal medico di fiducia.
Mille pensieri del passato riaffiorarono nella mente della giovane donna mentre si dirigeva alla macchinetta del caffè, senza notare affatto due occhi scuri che la scrutavano mentre muoveva le dita alla ricerca di qualcosa di forte capace di destarla completamente.
Una sera qualunque di due anni fa, le due di notte passate e tre fratelli che percorrevano un marciapiede un po’ innevato per tornare a casa dopo i festeggiamenti per il compleanno di Gaara, suo fratello minore che da lì a poco avrebbe svolto un incarico di alto prestigio nel mondo degli affari, in una cittadina vicina.
L’incontro di due tizi incappucciati dopo diverse centinaia di metri che bramavano vendetta nei confronti di Gaara per dei piccoli torti legati al passato, le pistole tirate fuori ed azionate troppo velocemente prima di arrivare ad un dialogo chiarificatore, Kankuro che cadeva a terra facendo da scudo ai suoi amati fratelli e un secondo proiettile che colpiva la fronte di suo fratello all’altezza della fronte macchiandosi di sangue, colando sul tatuaggio che recitava la parola “Ai”, che significava “amore” in giapponese.
Brividi percorsero la schiena di Temari mentre arrivava al finale di quella sequenza oscena e quasi surreale; pigiava attentamente l’ultimo tasto dell’apparecchio di fronte a lei, proprio come aveva fatto in quella dannata fredda notte invernale con il telefonino che aveva con sé.
Era il 20 Gennaio e Gaara aveva appena compiuto 20 anni.
«Cosa provi?» fece il giovane uomo che la stava scrutando da un paio di minuti mentre Temari era immobile dandogli le spalle.
Lei, d’altro canto, non si girò nemmeno per verificare l’identità di quella voce così impastata unita ad un forte senso di pigrizia che aveva imparato a riconoscere fin troppo bene.
Avrebbe voluto rispondergli che ricordava ancora chiaramente come l’ambulanza da lei chiamata quella notte maledetta arrivò dieci minuti dopo le promesse da parte del centralino, non permettendo a Kankuro di salvarsi dalla ferita al petto.
Avrebbe voluto rimbeccargli il fatto che la sua testa era così pesante e dolorante che non sapeva fare come andare avanti, con una morte ingiusta ed una situazione statica come il coma di suo fratello, che non sembrava per niente reagire ai trattamenti.
Si limitò a dire seria ma risoluta che era…speranzosa.
Il dottore aveva espresso la volontà di volerla vedere quella mattina per discutere di cose importanti, sperando che capisse tutte le eventualità necessaria.
Si girò, contenta nel profondo che lui fosse – contro ogni sua previsione – venuto a trovarla e a infonderle coraggio da una città assai lontana dalla sua, inaspettatamente.
Non era abituata a vederlo così spesso di persona dopo il torneo di scacchi nazionale al quale avevano partecipato e nel quale si erano affrontati quando Temari aveva 15 anni, scoprendo le menti geniali - ma incomprese – dell’uno e dell’altra.
Dopo quell’occasione, la nascita di un rapporto che entrambi non pretendevano più di tanto definire anche per il loro essere seri e un po’ diffidenti con tutto e tutti.
«Mi aspetti?» fece leggermente più serena incontrando i suoi occhi neri con coraggio e desiderio, sapendo di potersi permettere di non essere giudicata o considerata miserevole «Ci vorrà un attimo, Shikamaru».
Invece che dire qualcosa di concreto, di tutta risposta si grattò la testa un po’ imbarazzato e mugugnò qualcosa di indecifrabile, come per darle risposta affermativa.
Temari bevette il suo caffè lungo tutto d’un sorso e si avviò verso le scale, un minuto prima che l’assistente potesse venirla a cercare e darle il permesso di andare liberamente dal suo superiore.
Sorrise, più libera e meno oppressa da quel senso di solitudine che spesso la imprigionava e non le permetteva di vedere la luce e confidare in qualcuno che in realtà c’era sempre stato, in un modo o nell’altro.
Quella giornata, pensò la donna con un po’ di lucidità, sarebbe stata unica nel suo genere, a distanza di tempo, qualunque cosa fosse successe dopo essere uscita da quello studio.
D’altro canto, anche Shikamaru voleva che questo accadesse.
Seduto in disparte in una sedia al di fuori dell’ospedale, pensò a tutti i luoghi preferiti di Temari e rifletté sul quanto avrebbe voluto starle più accanto, piuttosto che mandarle messaggi e chiacchierare con lei al telefono.
Le sarebbe stato più accanto, a partire da quel momento.
L’avrebbe portata a mangiare la zuppa al ristorante ogni qual volta ne avrebbe avuto bisogno, l’avrebbe portata al giardino botanico per fare in modo che tutti i suoi interessi personali non si assopissero per colpa di alcune tragedie di cui non aveva colpa.
Dopotutto era lì per quello, per ricordarle che la felicità poteva essere raggiunta, se avesse provato ad ascoltarsi di più e non essere troppo severa con il suo cuore.
E mentre estraeva dalla tasca una sorpresa che preannunciava una confessione a cuore libero, Shikamaru pensò a come, per una volta, tutto quello che stava facendo non era un’evidente seccatura…o almeno quasi.

 
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